Jacopo Ruffini, anima pura e potente, nella Torre Grimaldina

Jacopo mi fu amico: il primo e il migliore.
Dai nostri primi anni d’Università fino al 1831, quando prima la prigione, poi l’esilio mi separarono la lui, noi vivemmo come fratelli.
Non credo di aver mai avuto conoscenza più compiuta d’un’anima; ed io lo affermo con dolore e conforto, non ebbi a trovarvi una sola macchia.
L’immagine di Jacopo mi ricorre sempre alla mente ogni qual volta io guardo uno di quei gigli delle valli che ammiravamo sovente assieme, dalla corolla d’un candido alpino, senza involucro di calice e dal profumo delicato e soave.
Egli era puro e modesto come essi sono.
E finanche il lieve piegarsi del collo sull’omero che gli era di abitudine m’è ricordato dal gentile tremolio che incurva sovente quel piccolo fiore.

Così ricorda Jacopo il suo amico fraterno Giuseppe Mazzini.
Erano nati, per fatalità, nello stesso giorno, il 22 giugno 1805.
Si conoscevano fin dall’infanzia e condivisero per tutta la vita ideali, speranze e lotte.
Jacopo, insieme al fratello Giovanni, nel 1829 aderì alla Carboneria.
Erano anni difficili, dopo il fallimento dei moti del 1821, vigeva a Genova un opprimente regime di polizia, tuttavia le repressioni e gli arresti non bastarono a placare i cuori né gli animi.
Mazzini, da Marsiglia, coltivava il suo sogno l’Italia libera dallo straniero, l’Italia, repubblicana e indipendente.
L’apostolo della libertà fondò così La Giovine Italia.
A Genova, a capo del movimento c’era lui, il suo amico Jacopo. Venne eletto per acclamazione da tutti i suoi compagni e la riunione si svolse in Via delle Grazie, nella casa natale dei fratelli Ruffini.


Jacopo, malgrado fosse convinto quanto Mazzini del proprio pensiero, ebbe un presentimento.
Al momento della sua elezione, alla presenza degli altri capi dell’insurrezione, ovvero suo fratello Giovanni, Federico Campanella, il Marchese Cambiaso e Napoleone Ferrari, pronunciò queste parole che, con il senno di poi, suonano come una triste profezia.

Eccoci in cinque giovani, molto giovani, con assai scarsi mezzi e siamo chiamati ad abbattere un governo stabilito. Noi non possiamo contare che su altri aiuti che su quelli i quali potremmo da noi medesimi procrearci. Ho il presentimento che a pochi di noi sarà dato vivere per poter vedere la vittoria, ma il seme sparso fruttificherà dopo di noi e il pane gettato sopra le acque sarà di nuovo trovato.

Jacopo fu tratto in arresto nella notte tra il 13 ed il 14 maggio 1833 e venne condotto nella torre Grimaldina di Palazzo Ducale, dove ancora è possibile visitare le carceri.

Fu rinchiuso in una cella, buia, umida ed angusta.


Riconosciuto come il capo della cospirazione mazziniana, per oltre un mese venne sottoposto al fuoco di fila degli interrogatori di polizia fino a che, il 19 Giugno 1833, Jacopo si tolse la vita.

 Si dice che si uccise per non rivelare i nomi dei suoi compagni e che per farlo usò una lamina di ferro, parte del rivestimento della porta della sua cella.
Alcuni storici non concordano con questa versione e, in considerazione del fatto che Jacopo era stato condannato a morte per impiccagione, ritengono che il suo suicidio sia stata una messa in scena delle autorità.
Infatti sostengono che, trattandosi di un personaggio molto popolare, non si voleva rischiare che la sua pubblica esecuzione incendiasse ancor più gli animi, sollevando ulteriori rivolte.
Tuttavia, altri obiettano a questa seconda teoria, argomentando che se Jacopo fosse morto sul patibolo, sarebbe stato considerato un eroe, mentre invece darsi la morte volontariamente era, al tempo, considerato un gesto vile e vigliacco.
E allora forse davvero Jacopo Ruffini si uccise, per mantener fede alle sue promesse.
Jessie White Mario, nella sua biografia di Mazzini, narra che Jacopo scrisse col proprio sangue sul muro della cella queste parole indirizzate ai suoi compagni: “Ecco la mia risposta – la mia vendetta ai fratelli”.
Forse, tra le molte scritte, ci sono anche quelle lasciate da Jacopo.

Sono numerose le scritte lasciate dai carcerati sulle mura di questa e delle altre celle della Torre Grimaldina e fa certamente una grande impressione vederle.

Su alcuni muri le parole sembrano essere state impresse usando dei tappi di sughero bruciati.

Se verrete in visita alla cella di Jacopo e alle Carceri della Torre, proverete un senso di pena, un disagio facilmente percepibile, ma se lo  affronterete vi renderete  conto di cosa siano stati questi luoghi.
I corridoi e le celle sono angusti, stretti, le porte basse e per la visita vi forniranno un caschetto, per proteggervi la testa da eventuali colpi.

Per rendere ancora più realistico questo viaggio, una delle celle è sprofondata nei buio e sui suoi muri viene proiettata una simulazione, con attori veri, che personificano i carcerati, e si può vederli adagiarsi su un giaciglio oppure sedersi sulla panca di legno, con una ciotola in mano, intenti a consumare il loro pasto.

Giuseppe Mazzini, nel ricordo del suo amico, usò sempre parole intense e struggenti, con le quali ci ha tramandato un ritratto indelebile di lui: “un’anima pura e potente, un vasto e profondo intelletto, il più dolce giovane, il più delicato e costante negli affetti che mai si vedesse”.
In una lettera del 1833, indirizzata ad Amedeo Melegari, il pensatore genovese, nel pieno del rimpianto e del rimorso, scrisse: “Io non ne parlo mai, ma quel cadavere mi sta davanti, e vado ripetendomi con amarezza che neppure il trionfo può ridargli la vita”.
Jacopo Ruffini morì, in quella cella, a soli 28 anni.
Sul muro esterno della Torre Grimaldina, a sua eterna memoria, queste parole ricordano il suo sacrificio.

 Consacrò queste carceri il sangue
di Jacopo Ruffini
mortovi per la fede italiana
1833

22 pensieri su “Jacopo Ruffini, anima pura e potente, nella Torre Grimaldina

  1. Insomma, il povero Jacopo lo hanno “suicidato”. Deja vu Miss Fletcher.
    Ma davvero ho provato più di un brivido nel vedere quelle scritte sui muri.
    Che orrore, che angoscia,che paura. E’ sempre così avvilente pensare che qualcuno possa privare un suo simile della libertà, per piegarlo ed annullarlo.
    Il carcere è tuttora una vera barbarie, inconcepibile.
    Un baciotto Susanna Cerere

  2. Miss, stasera mi hai fatto venire la pelle d’oca. Mi piacerebbe venirle a visitare queste carceri. Mamma mia, ma ci rendiamo conto la vita che hanno fatto certe persone? gente che li c’è stata veramente. Che ci ha dormito, ci ha mangiato, ci ha vissuto…

    • Sai Claudia, a volte quando scrivo questi post, mi chiedo…ma loro, i lettori, chissà…magari non sono argomenti che a tutti interessano. Poi io comunque li scrivo, perchè sono temi che a me appassionnano e spero sempre di riuscire a renderli interessanti. Poi qualcuno, in questo caso tu, cara, mi lascia un commento come questo e tu non lo sai quanto mi fa piacere leggere queste parole….grazie Claudia, di cuore.
      E nel scriverlo a te estendo il ringraziamento a tutti i miei lettori, per me non è così scontato essere letti…è sempre una bella sorpresa!

  3. Sono ritornato ai tempi della scuola che bello:)
    Un luogo di tanta sofferenza, ma anche di umanità, di amore per il prossimo, per una vita libera, migliore, dignitosa. Sono eroi, eroi che rimarranno impressi nella storia, ideali impressi nella coscienza di un popolo che non può assolutamente permettere che certi episodi possano ripetersi.

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  8. Miss, io sono rientrato in Italia, da grandicello, per cui, so più dei patrioti argentini che di quelli italici… a Buenos Aires, però, quando ero un bimbetto, mio padre mi portava a vedere i monumenti di Garibaldi e di Mazzini (questo, opera di Monteverdi e stando a internet, il primo dedicatogli nel mondo, ancor prima che in Italia… ti risulta?) e mia madre gli diceva. “t’hu mai vist inscì patriota, cume da quand te lassaa l’Italia”… eh sì, la patria lontana chiamava, eccome!… quando leggo i tuoi post sul Risorgimento, lo faccio con attenzione, così imparo… questo su Jacopo Ruffini è davvero da brivido, senza contare che 28 anni sono pochissimi per morire, sia pur per un grande ideale… noi posteri, così come succede per i partigiani, dovremmo ricordarci molto di più di loro… ma, finita la messa, non c’è più di religione o se preferisci, occhi che non vedono, cuori che non sentono…

    • Buongiorno Sergio, conosco la statua della quale parli, davvero bella.
      Eh, ventotto anni sono pochi, hai ragione, le vicende di questi patrioti mettono sempre i brividi, erano giovani, idealisti e coraggiosi, dovrebbero essere ricordati e celebrati più spesso.
      Grazie a te, ti auguro buona giornata.

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