Fratello e sorella

Sono due piccoletti ritratti insieme in un giorno lontano dal fotografo Alfred Noack.
Ho immaginato che fossero fratello e sorella e a vederli così vicini, nella foto del ricordo dei giorni d’infanzia, non penso di essere in errore.
Sono due bimbetti, vestiti con cura con abiti all’apparenza piuttosto ricercati e di buon gusto.
Sono due bimbetti di un altro tempo eppure, ad osservarli con attenzione, hanno dei visetti che ci sembra di riconoscere, sono proprio come i loro coetanei della nostra epoca.

L’espressione vivace e curiosa, un mezzo sorriso appena immaginato.
E un fiocchetto e un completo a quadretti.

E le calze bianche, gli stivaletti e i piedi incrociati che forse lui vorrebbe poter dondolare avanti e indietro.

La sorellina, con il suo vestitino chiaro tutto pizzi, tiene una manina sulla gamba di lui, ha i capelli tirati indietro e tenuti fermi da un cerchietto.
E osserva, in questa maniera.
E magari è un po’ timida e magari un po’ sogna, immagina, si perde nelle sue fantasie di bimba.

In un giorno distante, nei caruggi di Genova.
In Vico del Filo, nello studio del fotografo Alfred Noack, fratello e sorella, così vicini, con tutta la vita davanti.

Le scatole dei bottoni

In ogni famiglia, custodite in qualche luogo della casa, si conserva con cura la scatola dei bottoni.
A dire il vero io ne ho diverse, oltre a queste che vi mostrerò ne ho anche una più piccina dove ho sistemato tutta una serie di bottoncini colorati acquistati in anni recenti da me.
Nelle scatole dei bottoni si custodiscono poi anche i giorni d’infanzia e i sorrisi delle persone care, il rumore della macchina da cucire Singer della nonna, le merende con pane, burro e zucchero e molte altre dolci memorie.
Nelle scatole dei bottoni, inoltre, si tengono anche i bottoni, naturalmente.
E non sappiamo se li useremo mai: intanto li teniamo.
Le scatole dei bottoni di casa mia, quindi, sono queste due.
La scatola sulla sinistra credo sia nota a molti di voi, sono certa che molte altre mamme degli anni ‘70 l’abbiano usata a questo scopo ed è perfetta come scatola dei bottoni.
La scatola blu sulla destra, invece, è stata dipinta e decorata da me con la tecnica del decoupage.

E, come dicevo, le scatole dei bottoni celano un’infinità di ricordi e frammenti di vissuto comuni a molti di noi.
Era il tempo dei sandalini con gli occhietti e delle calzine bianche, era il tempo di Carosello e poi subito a letto, era il tempo del formaggino sciolto nella minestrina e della mela grattugiata che ci sembrava chissà quale delizia.
Era il tempo dei jeans al ginocchio, delle mani sporche di mirtillo nei pomeriggi d’estate trascorsi nel bosco, dei maglioncini in vita quando si andava in bicicletta.
E non saprei enumerare quanti bottoni abbiamo sfiorato nei tempi diversi delle nostre vite.
Alcuni si conservano in certe scatole, in quella blu teniamo in prevalenza quelli chiari e di tutte le misure, adatti alle camicie e ai maglioncini.

I bottoni delle giacche, dei cappotti e dei tailleur venivano scuciti con attenzione e poi erano tenuti insieme con un nastrino o con un filo molto resistente.
Non si sa mai: potrebbero servire.
E comunque c’è la scatola dei bottoni.
E là ci sono anche le memorie delle prime comunioni, dei pranzi di Natale e delle foto di famiglia, dei giorni in cui ti facevano i codini o le trecce, il ricordo del tempo delle ginocchia sbucciate.
E dei bottoni rossi, blu, color rame, argentati, verdi e neri, quadrati o rotondi, di ogni forma e misura.
Sono racchiusi nella scatola dei bottoni e quando la si apre, se si presta attenzione, pare di sentire in lontananza il cigolio della macchina da cucire della nonna.

Fiocco di neve

Fiocco di neve era un biondino con la riga da un parte e gli occhi chiari e vispi.
Fiocco di neve era un tipo sveglio, dall’intelligenza pronta e vivace, basta guardare il suo faccino per capirlo.

Fiocco di neve, un bel giorno, venne vestito così: da fiocco di neve, per l’appunto.
Va detto che aver riconosciuto questa maschera è merito della mia amica Cristiana che ha compreso subito che non poteva esserci altra spiegazione per tutta questa candida morbidezza.
Dunque, Fiocco di neve se ne andava il giro portandosi dietro tutto questo ambaradan piuttosto ingombrante e mi pare di vederlo mentre esce di casa trotterellando dietro alla mamma e dietro alla sorellina.
Sì, perché Fiocco di Neve doveva essere il fratellino minore della Piccola Eva, ho trovato le loro fotografie insieme e sono state scattate dallo stesso fotografo, mi pare poi di notare una certa somiglianza tra i due bimbetti e così mi sembra possibile supporre che fossero davvero fratelli.

Nulla era lasciato al caso anche nell’abito di questo piccoletto.

Erano giorni diversi dai nostri ma la gioia del Carnevale resta identica per i bimbi di ogni tempo.
Ritto in piedi, con tutta la vita davanti, c’era anche lui: un piccolo bellissimo Fiocco di neve.

Una piccola Eva

È una piccola Eva vissuta in un tempo lontano e ad osservarla sembra proprio avere tutte le carte in regola.
Per amor di precisione specifico che io chiaramente non so se la bimba sia vestita in questa maniera magari per qualche recita scolastica, tuttavia tendo a credere che il suo abito sia proprio un costume di Carnevale.
Dunque, la piccola Eva se ne sta chiaramente nel Paradiso Terrestre, è molto seria e rimane così ritta in piedi accanto all’albero della conoscenza carico dei suoi frutti proibiti.
E ha gli occhi grandi e il visetto incorniciato dalle chiome folte e bionde che le cadono sulle spalle.

Stringe una mela in una mano e la sua figuretta è così avvolta dalle spire del serpente, il rettile minaccioso ha la lingua biforcuta.

Questa fotografia risale naturalmente ad un’epoca distante e da qui, da questo tempo così diverso, vorrei rivolgere un pensiero alla mamma di questa bambina: a questa giovane donna di certo non mancavano la fantasia e anche un certo spirito a mio parere davvero notevole.
E così, nei giorni di Carnevale di un altro tempo, il nostro sguardo si posa ancora su questa fotografia nella quale è ritratta una dolce piccola Eva.

Una piccola regina

È una piccola regina e porta sul capo la sua ricca corona dorata e tempestata di pietre preziose.
È una piccola regina e osserva il suo regno con occhi ingenui e stupefatti e con autentica purezza nello sguardo.
È una sovrana con la frangetta, la bocca a cuore e un ciondolino al collo.

E il suo trono è una seggiolina, lei sta lì con la calzamaglia bianca, tiene le gambe incrociate e mantiene la posa che le è più consona.
Ha un anellino luccicante al dito e stringe tra le mani un mazzo di fiori colorati e odorosi.
In un giorno lontano di Genova, nello Studio Fotografico del Cavalier Ugo Campana in Via San Vincenzo.

In un giorno d’infanzia e di un tempo gioioso, in una di quelle stagioni senza pensieri.
Con un regno di castelli in aria e di fantastiche fantasie, lei è una piccola regina dei suoi giorni felici con tutta la vita davanti.

Un piccolo Pierrot

Ed ecco uno scorcio d’infanzia e del nostro passato genovese, il tempo del Carnevale è tra prediletti dai più piccini.
La maschera di Pierrot poi doveva essere un tempo una delle più comuni e ambite, questa infatti è la terza fotografia della mia collezione con un bimbetto vestito con il costume di questo personaggio malinconico.
E così ecco un piccolo Pierrot ritratto dal fotografo Santacroce.
Il bimbetto sarà arrivato lì tenuto per mano dalla sua mamma e poi si sarà messo in posa, così compreso nel suo ruolo.
Il colletto vaporoso, l’espressione stupefatta, un frammento di giorni felici.

Le ditina passano lievi sulle corde di un mandolino che evoca una musica languida.

In bianco e nero, come si conviene, con i pon-pon sulle scarpette chiare.

Era il tempo di un altro Carnevale e di una diversa infanzia e lui era allora un piccolo Pierrot.

Ricordo di una bella compagnia

E questo è il ricordo di una bella compagnia.
Tutti loro furono ritratti in un luogo dalla quiete bucolica, sui tavolini bottiglie e bicchieri e forse si potrebbe supporre che queste persone si trovassero in qualche località termale celebre per le proprietà delle sue acque.

Baffi, cappello d’ordinanza, cravattino, espressione computa.
Il signore sullo sinistra porta una paglietta e gli occhialini tondi, il suo viso però è parzialmente coperto dal favoloso copricapo della signora seduta lì davanti a lui.

E ancora, il signore in primo piano sfoggia dei bei baffi a manubrio, indossa l’immancabile gilet e stringe tra le mani un bastone da passeggio.
Sullo sfondo certe composte gentildonne ritrose osservano serie verso il fotografo.

E poi gli abiti candidi e il cappello di paglia della ragazzina, il sorriso del bimbetto più piccino e la spavalda sicurezza del bambino ritto in piedi dietro di loro.
E per loro tutta la vita davanti da scoprire.

Era un giorno di un tempo che non so e loro erano là.
Mi ritrovo sempre a domandarmi a cosa stessero pensando coloro che rivediamo nelle immagini del passato lontano e colgo nei loro sguardi, a volte, diverse sensazioni ed emozioni che traspaiono nette e chiare.
E allora provo a trattenerle, a sedermi al tavolo anch’io, a sentir tintinnare i bicchieri durante un brindisi colmo di gioia benaugurante tra tutto coloro che facevano parte di questa bella compagnia.

A San Quirico

Era giorno di un tempo lontano, una calligrafia incerta ha lasciato traccia del luogo che fu scenario di questa fotografia, sul retro infatti si legge una scritta a matita: San Quirico.
Era un giorno di una stagione forse tiepida, lo si intuisce dagli abiti leggeri delle persone.
C’è un ragazzino vestito alla marinara, accanto a lui c’è una giovane donna, si coglie una certa somiglianza e così credo che potrebbe trattarsi della sua mamma.
Lei ha quest’abito chiaro rifinito con raffinatezza, indossa l’immancabile cappello e stringe un ventaglio tra le dita, al collo porta una lunga collana e pure da questa epoca moderna, cara signora del tempo passato, comprendo che si tratta di un gioiello favoloso che sarebbe alla moda anche ai nostri tempi e forse viene custodito con cura da qualcuno che sa apprezzarlo.
Era un giorno di un tempo lontano, a San Quirico.

E accanto al ragazzino si nota anche colui che io penso sia il capofamiglia.
Sullo sfondo il panorama e tutto attorno la freschezza della natura di questo scorcio di Liguria.

Questa fotografia ha suscitato il mio interesse per la sua particolare composizione, per la posa a mio parere straordinaria dei tre protagonisti.
Ritti in piedi, così distanziati, avvolti da una sorta di insondabile mistero che mi induce a fantasticare su di loro.
Con questo stile, con questa eleganza.
A mio parere è una fotografia per molti versi eccezionale, la troverei perfetta per la locandina di un film o per la copertina di un libro, è una storia da immaginare.
È il ritratto di loro, in un tempo svanito, a San Quirico.

Sette bambini

Sono sette bambini, stanno in posa e sorridono.
Sono sette bambini, forse sono tutti fratelli o magari si tratta di cuginetti.
Uno dopo l’altro, dal più grande al più piccino, in scaletta.
Al centro ci sono le bambine con i loro abitini deliziosi e raffinati, la più grandicella porta un cappello candido e ha gli occhi grandi e chiari e quell’espressione sognante.
La seconda sembra più timida, mentre la più piccolina sfoggia un sorriso allegro e mi pare che si possa intuire il suo carattere vivace e gioioso.

In cima alla fila ecco il ragazzino più grande con il suo completo alla marinara, dietro di lui c’è una bimbetta dai lineamenti perfetti, ha il nasino all’insù e le labbra a cuore.

Ed ecco infine i più piccolini, il cappellino sul capo, una manina posata sul fianco, una certa impacciata indecisione tipica dell’infanzia.

Sono sette bambini.
Sono sette sorrisi e altrettante speranze e sogni e desideri da realizzare nel tempo che verrà, con tutta la vita davanti.

I regali più belli

I regali più belli sono quelli che suscitano entusiasmo, stupore e una sorta di meraviglia che da bambini conoscevamo bene.
È la bellezza dell’infanzia, il desiderio di nuove esperienze e di nuove scoperte, da piccoli tutto è diverso.
Giocare, imparare, divertirsi, sbagliare e poi ricominciare.
E credo davvero che fosse proprio così anche per certi piccoletti ritratti in una foto del passato: ecco la gioia di una biciclettina con il campanello che fa drin drin!
Un vestitino alla marinara e tutta la vita davanti.

E un abitino bianco, la cuffietta, una bamboletta da portare in giro sul passeggino.

E poi un cavallino di legno per trastullarsi un po’, con dolcezza.

Un tempo da ricordare, il tempo dei giorni bambini e dei regali più belli.