L’edicola di Vico di Campo Pisano

È un’edicola ricca e finemente decorata, sulla sommità è così custodita dalla grazia gentile di piccoli angeli.

Come narrano gli storici Remondini, l’edicola di Vico di Campo Pisano ospitava un tempo un dipinto scuro raffigurante la Madonna con il Bambino.
Oggi non vi è più traccia di quell’immagine, scrive Riccardo Navone nel suo Viaggio nei caruggi che il dipinto semplicemente non è più distinguibile.

E tuttavia ritrovarsi in questo tratto di Vico di Campo Pisano ci offre l’opportunità di ulteriori scoperte.
Osservando l’edicola in questa prospettiva si nota un raggio di sole che filtra tra l’edificio giallo e quello rosso.
In quel punto, in tempo diverso dal nostro, si trovava Vico Chiuso del Cannone.

Ora guardiamo questi edifici da un diverso punto di vista, sono esattamente i due palazzi più a destra nella foto sottostante e dall’immagine si evince che chiaramente non c’è più traccia del piccolo Vico Chiuso del Cannone e di molti altri luoghi ormai scomparsi.

Così come è sparita l’antica Via Madre di Dio che brulicava di vita lì, sotto l’antico ponte di Carignano.

Un mondo da immaginare, osservando con gli occhi della fantasia e del rimpianto.

Lo sguardo ritrova comunque ancora la bella edicola.

E lì accanto, finestre aperte e panni stesi.

Una bellezza semplice in una parte dei nostri caruggi che resta tenacemente legata al suo passato e alla sua antica identità.
Queste strade custodiscono l’anima dei luoghi che non possiamo più percorrere, raccontano anche le vie e le piazzette che non ci sono più e che erano così simili a ciò che invece si è preservato.

E così il cielo chiaro di Genova ancora sovrasta le case antiche di Campo Pisano, le scale ripide, le edicole sacre e tutto ciò che evoca i nostri giorni lontani.

Lo Scoglio Campana e la nostalgia del mare

Nessuno di noi lo ha veduto, nessuno di noi ha udito il mare frangersi imperioso su di esso.
Nessuno ne conserva memoria, lo scoglio Campana è scomparso dagli sguardi dei genovesi ormai da molto tempo e tuttavia la sua silenziosa e rimpianta presenza è ammantata da una sorta di affettuosa nostalgia.
Lo scoglio Campana rimane, in qualche maniera, nella nostra memoria emotiva come un luogo che appartiene al tesoro dei nostri ricordi.
Lo scoglio Campana si ergeva tra il flutti di fronte alle Mura delle Grazie e alle Mura della Marina, affiorava con quella sua tipica forma ed era così perfettamente riconoscibile.
Accadeva in quello scorcio di Ottocento nel quale il mare, con la sua potenza, sferzava le Mura della Marina e le Mura delle Grazie.
Il mare arrivava lì, sotto l’Oratorio di Sant’Antonio Abate.

Le città cambiano, le rivoluzioni urbanistiche mutano l’aspetto dei luoghi e così avvenne anche in questa parte della città dove le tempeste implacabili infuriavano sotto le case dei genovesi.
Intorno al 1880, infatti, venne realizzata la costruzione della Circonvallazione a Mare e in seguito ai riempimenti la strada prese il posto del mare.
Lo scoglio Campana venne interrato e sparì dagli sguardi, insieme alle onde e oggi quel tratto di Genova si presenta in questa maniera.

È rimasta, immutata e tenace, la memoria di quella bellezza aspra, impervia, così autenticamente ligure.
Lo scoglio Campana venne immortalato anche nel dipinto di William Parrott dal titolo veduta del Porto di Genova dallo Scoglio Campana e risalente al 1854.
Ho avuto modo di vedere e fotografare questo dipinto in occasione della mostra La città della Lanterna e così, grazie ad un dettaglio di questo magnifico quadro, provo a riportarvi a quel tempo.
Un uomo a cavallo percorre le mura, i gabbiani volano bassi e un marinaio è intento nel suo lavoro.
E lì, circondato dalla spuma bianca del mare, affiora lo scoglio Campana.

E lì, dove un tempo il salmastro si levava il spruzzi altissimi, vi è ora la strada.

Osserviamo meglio lo scoglio Campana e gli archi sullo sfondo.

Gli archi sono ai nostri giorni quasi del tutto interrati, resta emersa soltanto la parte più alta oggi occupata da esercizi commerciali.

La nostalgia del mare, in quel luogo antico e davanti a quelle case svettanti oltre le mura.
La nostalgia del mare, del libeccio e delle onde che si inseguono e sommergono lo scoglio Campana e poi si ritirano e ancora si abbattono su di esso.
La nostalgia del mare e del suo canto ammaliante.
Allo scoglio Campana è dedicata anche un’opera buffa di Domenico Monleone risalente al 1929 dal titolo Schêuggio Campann-a: era viva anche allora la nostalgia del mare.

E allora provate ad immaginare le onde che si insinuano sotto quegli archi, la risacca, i pesci guizzanti, le voci dei pescatori, il vento che scompiglia i capelli delle donne e fa arrotolare i panni stesi.

Provate a vedere il nostro passato dove ne resta una fragile traccia.

Una distesa salmastra, le vele dondolanti, le nuvole vaghe, i remi che fendono l’acqua, il profilo della costa, lo Scoglio Campana e in lontananza la Lanterna.

William Parrott Veduta del Porto di Genova dallo Scoglio Campana (1854)

E il cielo azzurro e l’aria e nel cuore la nostalgia del mare.

Le meraviglie dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina

È un luogo dalla straordinaria bellezza, varcare questa soglia significa lasciarsi emozionare da un misticismo lontano che ancora sa restituire le suggestioni di antiche atmosfere.
L’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina così che si staglia contro il blu di Genova.

Alle spalle di Sarzano e arroccato sopra le antiche mura di Genova  l’Oratorio domina il porto e la città, un tempo qua sotto si frangevano le onde.

La luce così filtra a rischiarare le molte ricchezze dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina.

Questo luogo di antica devozione venne fondato nel 1460 e fu gravemente colpito durante il bombardamento francese del 1684 voluto da Re Sole.
L’oratorio fu poi ricostruito nel 1706 e in seguito  restaurato e ristrutturato nel 1828 ad opera degli architetti Carlo Barabino e Niccolò Revello, come si legge sulla Guida di Genova di D. Castagna e M. U. Masini.

Posuerunt me custodem: mi posero come custode, così si legge sulla facciata sotto la piccola l’immagine di Maria.

La targa proviene dall’antica porta della Lanterna.

Era là collocata insieme alla Statua della Madonna Regina di Genova opera di Bernardo Carlone e risalente alla prima metà del XVII Secolo,
Quando la porta della Lanterna fu demolita la statua di Maria venne condotta qui e vi rimase per molti anni, in seguito venne posizionata a Palazzo San Giorgio dove ancora la possiamo ammirare.

Sulla facciata dell’Oratorio c’è anche una targa apposta di recente.

Sopra il portale poi si trova l’immagine seicentesca di Sant’Antonio Abate e al di sotto di essa la lapide che indica la consacrazione avvenuta nel 1836 ad opera dell’Arcivescovo Placido Maria Tadini.

Si accede all’Oratorio da Vico Sotto le Murette e aprendo la porta subito si torna a un tempo lontano che ha lasciato in qualche modo la sua traccia di devozione.
Come si legge nel volume “Gli oratori di Genova” di Paolo Novella ed edito da Compagnia dei Librai qui officiava una delle venti Casacce dei Disciplinanti che aveva origine nella perduta Chiesa di San Domenico.
Questa Casaccia iniziò ad operare nel 1445 e i confratelli si adoperavano per assistere i lebbrosi dello Spedale di San Lazzaro.
Con il tempo e con lo scorrere dei secoli confluirono qui poi anche altre diverse confraternite.

Un raggio di luce radioso filtra e così rischiara l’Oratorio.

Nella volta si ammirano gli affreschi di Giuseppe Da Passano che narrano le vicende di Sant’Antonio Abate.

Qui è conservato un prezioso Crocifisso bianco di Anton Maria Maragliano.

Maragliano è magnifico e celebrato artista e ha lasciato nelle Chiese di Genova e della Liguria le suggestive sculture sacre che ancora oggi sanno commuoverci.

E qui, nell’Oratorio di San’Antonio Abate, si custodisce anche una cassa processionale di particolare magnificenza opera settecentesca di Pasquale Navone.
Questo è San Giacomo Maggiore che sconfigge i Mori, la cassa proviene dal perduto Oratorio di San Giacomo delle Fucine che venne demolito sul finire dell’Ottocento.

È un’opera dalla vivacità straordinaria che restituisce il senso del movimento, intensi sono gli sguardi e pieni di furore i volti di coloro che qui sono effigiati.


Paiono roteare nell’aria le lame lucenti, si notano tra gli attributi del santo le molte conchiglie.

E San Giacomo appare così trionfante in sella al suo cavallo.

Ogni dettaglio è studiato con cura per suscitare un senso di stupore e di meraviglia.

È la testimonianza di un’epoca davvero lontanissima.

Luccicano di oro le ricchezze dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate.

E spicca questa dolcezza materna.

Ancora, su uno degli altari, è posta la statua della Madonna Immacolata di Ignazio Peschiera.

E ai piedi di lei certe reliquie di Sant’Antonio Abate.

E angeli, candidi e innocenti.

E dondolano davanti a questo sguardo amoroso i cuori che narrano di ex voto e di suppliche devote.

Il portone così schiude davanti all’azzurro di Genova.

Davanti all’oratorio potrete imboccare la scalinata ripida che conduce alle Mura delle Grazie.

E ancora, di fronte ai vostri sguardi, avrete il porto e la città.

L’’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina è aperto il sabato pomeriggio dalle ore 16.00 alle 17.30.
Qui si celebra la Santa Messa in latino nella forma straordinaria del Rito Romano, accade tutte le domeniche alle 9.45 e nelle solennità di precetto.

Questo luogo è una delle bellezze nascoste di Genova antica e merita una visita.

Se varcherete quella porta, oltre a tutto ciò che vi ho mostrato, potrete ammirare anche la ricca quadreria dal perduto Oratorio di San Giacomo delle Fucine.

Qui dove si staglia la figura ieratica di un santo venerato.

Sotto l’azzurro del cielo, tra le antiche case della Superba queste sono le meraviglie dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina.

I colori della vita

Camminare in un pomeriggio di sole in certi luoghi che mai mi stanco di scoprire.
Antichi, impervi, entusiasmanti e misteriosi, ritrovati, così fedeli alla loro autentica identità, sono luoghi che custodiscono memorie e ricordi di vite passate.
Come se ancora li percorresse una giovane fanciulla di un’epoca diversa, un allegro garzone, un’indaffarata massaia che sale certi gradini reggendosi un lembo della gonna e tenendo sotto il braccio una capiente cesta carica di panni o di chissà che altro.

Adesso, come allora, sventolano le lenzuola alle Mura della Marina.

C’è un suono diverso, in sottofondo, è il rumore di quest’epoca moderna, frastuono di traffico e di velocità, non lo si saprebbe raccontare a chi non lo ha vissuto.
Provate a immaginare cosa accadrebbe se qualcuna di quelle persone che qui visse più di cento anni fa potesse aprire una di quelle finestre e affacciarsi su questa Genova così diversa.

Adesso, come allora, la vita percorre queste strade e si manifesta nella sua prepotente bellezza.
Ha tutti questi colori la vita, sono tinte sgargianti di abiti estivi o tenui di vestitini da bimbi.
La vita ha ancora respiro, dolcezza, immensità e desiderio di far tornare ancora nuova vita e passi incerti di piccini che si avventurano nel mondo, in quell’eterno ritornare che segue il ritmo del tempo.

Candide lenzuola si gonfiano sospinte dal vento di mare in Campopisano.

Adesso come allora.
Oltre le scalette, sotto un archivolto, in un luogo che ti pare di aver scoperto tu per la prima volta, proprio là resta ancora la memoria di vite lontane.

Caruggi, fili da stendere e campanili

Caruggi, fili da stendere e lenzuola.
Stamattina, sotto il cielo limpido, chiaro e brillante.
Esco, senza meta.
Esco, giro per i vicoli, semplicemente cammino.
E mi trovo qui, in Campopisano.
Persiane verdi, quell’ocra così caldo sulle facciate.

Campopisano (2)

E guardo verso il cielo.
E’ il cielo d’ottobre con i suoi bagliori.
E’ carico di luce e di aria, è il cielo di Genova.

Campopisano

Tendine, colori confetto e ombre.
E fili da stendere come un pentagramma.
E forse potrei attendere che il sole faccia virare i suoi raggi e mi regali altre meraviglie.
E invece no, va bene così.

Campopisano (3)

Scendo, passo oltre il Vico Sotto le Murette.
E cammino, penso anche a voi che mi leggete.
A quante fotografie di lenzuoli, tovaglie e camicie avete già veduto su queste pagine.
Tante, le trovate qui  e qui.
Quante ancora ne verranno?
Davvero non so, non dipende da me, lo sguardo è mio ma gli artisti sono altri, sono coloro che stendono a questa maniera.

Vico Sotto le Murette

E così salgo a Sarzano e guardo il vicolo dall’alto.
E’ luce e colore vivo e vivace.

Vico Sotto le Murette (2)

E cammino, lungo le Mura della Marina.
E se non bastassero i panni stesi ci sono le loro ombre, la realtà e la sua immagine.

Mura della Marina

E’ una giornata calda e bella.
E non so nemmeno più cosa sto fotografando.
Forse i maglioncini grigi lassù?
La tenda rossa?
Forse le case e il cielo così blu?
Davvero non so, ma sono qui, adesso.

Mura delle Grazie

E poi ancora, trovo concerti di fili da stendere e mollette.

Caruggi - panni stesi (4)

E quel rosa così carico attira la mia attenzione.
E le persiane.
Chiuse o aperte? Non so, ma il risultato è pura armonia.
Lenzuola, cordami e reti da pesca.
Un’insegna di un negozio che non c’è più e parole che narrano questa città.

Caruggi - panni stesi (2)

Un’allegra confusione di bucato e una dichiarazione di fede calcistica.
Alle finestre dei miei caruggi.

Caruggi - Panni Stesi (3)

Cammino.
Dove vado?
Non so, cammino.
E la gente si volta a guardare, non capiscono cosa stia fotografando.
Ma è ovvio, quella corda da stendere lassù!

Vico della Rosa

In giornate come queste la luce regala colori ancora più accesi.
Giù al Molo, blu di Genova e di mare.

Caruggi - Panni stesi

Cielo turchese, in Vico Malatti.
E qui non c’è nessuno, ci sono solo io a cercare le imprendibili prospettive dei caruggi.

Vico Malatti

E le trovo sempre.
Le infinite declinazioni del colore, a volte così splendente, allegro e luminoso.

Vico Bottai

E altre volte tenue e delicato, sullo sfondo la chiesa di San Marco.

Vico Palla

Ma questa è stata una giornata particolare.
Qualche passo indietro.
E questa è diventata una poesia che narra di bucato e campane e campanili.

Vico Palla (2)

E sì, oggi era una giornata così.
Anche in Piazza di Santa Maria in Passione il campanile della chiesa si rifletteva sulla facciata.
Istanti irripetibili, la perfezione dell’attimo.

Piazza Santa Maria in Passione

Cammino.
Nei caruggi che amo, con i muri antichi che narrano vecchie storie e vite passate.
E Vico Vegetti è da sempre il mio viaggio nel tempo, ve ne parlai qui di cosa si prova a scendere giù per quel caruggio.
E a fermarsi a guardare, è quasi un bianco e nero.

Vico Vegetti (2)

E poi ancora, Vico Del Dragone.
Ed è un’allegra e colorata magia di magliette, calzoncini e camicie.
Non la vedo solo io, vero?

Vico del Dragone

E l’ho detto, questa era la giornata dei campanili.
Sant’Agostino, i panni stesi e la poesia dei vicoli.

Vico del Dragone (4)

E alzo lo sguardo.
Io sono fortunata, è sempre lo stesso cielo ma c’è sempre un cielo nuovo sopra di me.

Vico del Dragone (2)

E sono tornata a casa con la bellezza negli occhi.
E’ una bellezza semplice che profuma di sapone di Marsiglia.
E’ un quadro ogni giorno diverso, mai uguale a se stesso.
Ed è una piccola magia da cogliere ed ammirare.
Così, semplice.
Un’edicola, una tenda sottile.
La magia.

Via Ravecca