Aglaja – Una rinascita

“Il bianco del grande battello contrastava nettamente col verde cupo del Nilo, un colore unico al mondo, da millenni portatore di vita e di morte. Ecco, pensava Aglaja, questo è il Nilo, una striscia scura che corre da sempre in mezzo ai colori caldi e forti dell’Egitto.”

Il viaggio che sta iniziare a bordo del Karnak II è quello che compirà la protagonista del romanzo dal titolo “Aglaja – Una rinascita” di E. M. Mikalis nom de plume di una scrittrice brillante e arguta, amante della storia, della filosofia e dell’arte in ogni sua forma.
Queste sue passioni animano anche lo spirito della giovane donna protagonista del suo libro: Aglaja è di Sidney, è una redattrice di successo di una rivista di viaggi e si trova in Egitto per lavoro.
Ad accompagnarla sono due colleghe con le quali Aglaja vivrà alcuni notevoli contrasti, il suo carattere del resto non le consente compromessi, Aglaja e una donna forte e determinata.
Ed è esile e sensuale, poliedrica, testarda e battagliera ma anche molto tormentata e in lotta con le sue fragilità, l’animo di lei non conosce pace.
Il suo viaggio, poi, è anche la metafora di un viaggio più profondo ed intimo alla scoperta di se stessa nel quale lei si svelerà come “una viandante intrepida”.

In questa sua avventura il destino pone Aglaja in una situazione imprevista: ritroverà Frederick, un suo antico amore con il quale i conti non sono per niente chiusi.
Va detto che alla nostra giovane protagonista non mancano certo gli spasimanti: Aglaja è una che lascia il segno ma Frederick ha lasciato una traccia profonda dentro di lei.
E le vite dei due, fatalmente, si intrecciano ancora.
Dal misterioso Egitto alla scintillante New York le ambientazioni del romanzo sono accattivanti e suggestive, delineate sempre in maniera onesta e credibile.
La cornice restituisce poi un dipinto d’insieme e al centro di esso c’è sempre Aglaja e il suo gioco con il proprio destino.
Tra queste pagine non mancano le digressioni filosofiche e i caratteri dei diversi personaggi sono tratteggiati con sapienza e ben definiti, la scrittura della Mikalis è puntuale, efficace, fa subito centro e va dritta al cuore: come Aglaja, del resto.
Nella trama si intrecciano così vicende sentimentali e tormenti dell’anima più legati alla personalità che al trasporto amoroso e quando si crede che i protagonisti si siano avviati su un certo cammino ecco che l’autrice ribalta la situazione e finisce per sorprendere il lettore.
E così si svela una nuova Aglaja, con nuovi talenti, uno spirito ancor più combattivo e un orizzonte per nulla prevedibile.
È un romanzo godibile e dal ritmo sempre sostenuto, Aglaja sa essere una piacevole compagnia e se vorrete conoscerla e leggere la sua storia qui potete acquistare il volume.
Ognuno ha il proprio sguardo sul mondo, quello di Aglaja è certamente insolito e non lascia indifferenti.

“Se la Vita era un pendolo che oscillava tra noia e dolore, sosteneva Aglaja, allora bisognava cogliere ogni frutto possibile quando toccava la sua acme, quando era al culmine.”

Amore eterno

E poi un’immagine che racconta l’amore e l’armonia.
Una coppia di giovani sposi, a ritrarli il Fotografo Stender di Sanremo che li immortalò nel 1903 in questa posa formidabile capace di catturare lo splendore della giovinezza, la grazia e la complicità.
La fiera posa di lui, la sua eleganza, i baffi importanti, lo sguardo saldo e rassicurante.
Il profilo dolce di lei, i capelli mossi raccolti in una morbida acconciatura, i riccioli a incorniciare la fronte, gli orecchini piccoli ai lobi, gli occhi che paiono chiari come acqua limpida.
E un amore composto di promesse e di fiducia, di progetti e di speranze, di passi compiuti insieme lungo un percorso condiviso.
Un amore dolcemente eterno.

L’altra metà del ricordo

Il ricordo, il battito del nostro passato che ritorna davanti ai nostri occhi.
Ogni ricordo ha una sua particolare essenza, una sorta di palpabile presenza.
A volte i ricordi ci sfuggono via: vorremmo che fossero come solida roccia saldamente ancorata al suolo, inamovibile e perenne, mai sfiorata o danneggiata da sferzanti intemperie.
Il ricordo, invece, talvolta è labile ed effimero, si perde, svanisce e ci sembra confuso e indecifrabile.
Ogni ricordo è davvero nostro in quanto ritroviamo in esso alcune parti di noi che ci parevano perdute, trascorse, passate: un giorno d’infanzia felice, una cara amica adolescente che ride forte insieme a noi, un amore che ci pareva eterno.
Osserviamo noi stessi come in uno specchio che ci rimanda un’immagine di noi che non sempre sappiamo vedere così chiaramente ma resta, offuscata e nostalgica, soffusa nella penombra del nostro ricordo.
Ogni ricordo che ci riporta a una persona a noi cara è parte di un tutto che condividiamo con quella persona: c’è qualcuno che conserva l’altra metà di ogni nostro ricordo.
E non è la medesima memoria, la stessa identica sensazione, non è la stessa emozione e si compone di fotogrammi diversi: è l’altra metà del ricordo e viene custodita e preservata in maniera differente da ciascuno di noi.
Così per coloro che amiamo e che ci amano siamo in un ricordo, in una memoria, in un pensiero segreto che non sappiamo immaginare.
Il ricordo muta, tende a trasformarsi, non rimane mai identico a se stesso, a volte acquista forza e altre volte invece si affievolisce, sa essere amaro e al tempo stesso dolce, ci tocca nel profondo con la sua reale consistenza che inesorabile scivola via dalle nostre mani.
È impossibile afferrare un ricordo, lo si sfiora, lo si sente ma resta in un certo nostro altrove, in quella dimensione nutrita dall’immaginazione e dal sentimento e riaffiora insieme a certe emozioni magari grazie a un luogo del cuore, ad una musica cara o a una particolare circostanza.
Così riemerge la nostra metà del ricordo, improvvisa e reale.
Nulla è saldo e immobile come roccia: come acqua tra i sassi i ricordi scorrono impetuosi e paiono non arrestarsi mai.
E poi si fermano, svelando un immagine di noi che non sapevamo di ricordare.

Gente di Via Giulia

Dopo aver scritto dell’antica Via Giulia ho ritenuto opportuno ritornare in quel passato e rivolgere un pensiero anche a coloro che videro quella strada con i propri occhi.
Gente che attraversò Via Giulia, persone che potrebbero raccontarci una Genova che non conosciamo: è tutta là, nei loro sguardi di un tempo lontano.
Due sposi, loro conobbero Via Giulia, in un giorno che non conosco infatti si recarono con i loro bambini presso lo studio del fotografo Rossi per alcuni ritratti di famiglia che adesso sono io a custodire.
Due sposi: un uomo solido dall’aspetto affidabile, una moglie paziente e gentile.

E una ragazzina che sarà diventata una giovane ambiziosa, è biondina e ha la pelle chiara.

Mano nella mano con la sua mamma.
L’abito bello con un grande fiocco sul davanti, i bottoncini sui polsi, una posa studiata ad arte per la fotografia.
Lei si diverte, io credo, penso alla sua emozione di ragazzina in una giornata distante.

I suoi fratelli, invece, se ne stanno stancamente annoiati su una panchina dello studio.
Obbedienti, certo.
Le loro espressioni, tuttavia, sono decisamente eloquenti.
Il più piccino dei due, a mio parere, è il più vivace ed irrequieto, il più grandicello invece sembra un tipo più tranquillo.

E ancora eccoli tutti insieme per questo ritratto che sarà stato tenuto molto da conto.

E ve li mostro ancora in un’altra fotografia in formato Cabinet come la precedente.
La mano di lei sotto il braccio di lui.
Lui così saldo, rassicurante, un uomo concreto e protettivo.
La sua consorte mi pare, in questo frammento di tempo, assoluta protagonista: lei si racconta con l’espressione degli occhi che svelano la sua modestia, il suo carattere generoso e anche la sua fierezza per la sua bella famiglia.
Un’ombra di timidezza sul viso, gli orecchini piccoli, la spilletta a chiudere il colletto di pizzo e lo sguardo che esprime tutto il suo orgoglio di moglie e di madre.

I due fratellini mi sembrano ancora, di nuovo, irrimediabilmente preda della noia, soprattutto il piccolo che sembra proprio non poterne più di starsene lì.
Magari, per essere stati bravi, avranno poi avuto in premio un zuccherino, chissà!

Il tempo ha cancellato Via Giulia e ha anche lasciato qualche guasto sulla fotografia, alcune macchie adombrano la figura della ragazzina.
Lei se ne sta ritta in piedi, molto seria con il suo fiocchetto sulla testa.

Questo era il tempo felice di una famiglia di Genova.
Non so nulla di loro ma mi è piaciuto fantasticare sulle loro vite e ho anche immaginato che, trascorsi un po’ di anni, avranno ripensato con nostalgia a quel giorno in Via Giulia, alla strada che non c’era più e alle cose che fatalmente cambiano, in un modo o nell’altro.
Quel giorno erano tutti insieme, in un tempo ormai svanito, in Via Giulia.

Una cartolina per Natalia

È un’atmosfera romantica e c’è una barca a vela che lenta dondola sull’acqua.
E sbocciano i fiori delicati che fanno da cornice al messaggio destinato a lei, Natalia.
E sono parole ferventi d’amore e di assoluta dedizione da Gigi alla sua adorata, forse lui non avrebbe saputo esprimersi meglio e trovare frasi più intense da scrivere a lei e così, in un giorno che non so, acquistò questa cartolina e la indirizzò a lei.
Le scrisse poche affettuose e timide parole, c’era già tutto ciò che lui avrebbe voluto dire.
Lei raccolse la cartolina, forse distrattamente, ma quando la lesse il suo viso si illuminò di una gioia vera e realmente mai perduta, il suo cuore traboccava d’amore per lui.
E quel sentimento vivo e corrisposto era là, in quelle dolce cartolina per Natalia.

Promesse

Sono promesse.
Sono parole, per sempre, per tutta la vita, perdonami e non andare via, resta con me.
E stringimi e sogna e non smettere mai.
Sono gioie, abbracci, ricordi, tramonti infuocati, mare che canta, vento che soffia e dita che si intrecciano e respiri e sorrisi.
Sono baci, memorie e dolcezze e tempi bellissimi.
Sono istanti vissuti e ancora luccicano, davanti al mare, all’Isola delle Chiatte.

New York 1916

“Lasciò vagare la mente e le mani le andarono dietro, accerchiò la melodia, la inseguì, ci giocò, l’abbandonò e la riprese fino a quando quel che stava suonando non somigliava più alla musica sul leggio, fino a quando quella musica divenne jazz.”

Le dita che svelte si muovono sui tasti del pianoforte sono quelle di Monroe Simonov, inquieto venditore di canzoni sempre in cerca di successo e di una buona opportunità nella città che non dorme mai.
Monroe è uno dei protagonisti di New York 1916, superbo e intricato romanzo dell’autrice britannica Beatrice Colin e pubblicato in Italia da Beat Edizioni.
Il pianista vive una travagliata storia d’amore con Inez Kennedy, aspirante ballerina proveniente dal Midwest che sbarca il lunario come modella in un grande magazzino di mode.
Il loro è un amore fatto di contrasti, inganni e incomprensioni, di distanze e riavvicinamenti, di segreti taciuti e di imprevisti colpi di scena.
Inez troverà poi posto nella buona società sposando il ricco Ivory Price, magnate dell’areonautica sopravvissuto al disastro del Titanic, un uomo scaltro che non conosce timori.
Terza figura di rilievo è Anna Denisova, intellettuale di San Pietroburgo che nella sua terra ha lasciato un figlio tanto amato e mai dimenticato, Anna è animata da certi ideali e attende, in questo scorcio di inizio del secolo, che la sua patria sia liberata dallo zar.
Le vite dei tre protagonisti si intrecciano sapientemente nello scenario di un’epoca scandita dal ritmo di una musica nuova: è il jazz che prende piede nei locali e nei clubs, quell’azzardo di note che conquista e stravolge tutti i canoni fino ad allora conosciuti.

La Colin costruisce in maniera magistrale una trama ricca di dettagli e affresca una società che pullula di personaggi minori, la sua storia racconta l’amore, il senso dell’amicizia, le differenze sociali, il desiderio di integrazione e la disillusione dei propri ideali.
Mentre in Europa infuria la Guerra Mondiale, da questa parte dell’oceano si arruolano giovani soldati destinati a combattere in quel conflitto e tra costoro non mancano gli episodi di diserzione: Monroe è uno di questi e per lui, all’improvviso, ogni speranza pare crollare.
Nella postfazione del libro è l’autrice stessa a spiegare quale mondo abbia voluto descrivere: è quella città nella quale tramano rivoluzionari russi in esilio e anarchici di origine italiana, ognuno ha un volto e una storia che l’autrice narra con sapienza e senza tralasciare i dettagli.
Lo scenario è quella New York che la Colin sa descrivere con attenzione, rendendola viva e presente ai nostri sguardi:

Gli era sempre piaciuta quella parte di Brooklyn, le tende da sole dei negozi che pubblicizzavano servizi di tappezzeria, orologi, articoli da modista e torte di pecan, le tate con i bambini in carrozzina e le signore anziane, con i cagnolini imbacuccati in tessuti scozzesi, che indugiavano davanti alle vetrine analizzando sciarpe, cappelli o sontuosi modelli in gesso di torte parigine.”

Le vite dei protagonisti si snodano così in una ricchezza di situazioni diverse, tra intrighi e trame politiche, tra gli eventi che hanno caratterizzato un’epoca, dall’epidemia di spagnola all’avvento del proibizionismo.
Scivolano via avvincenti le oltre 400 pagine di questo libro nel quale la Colin restituisce al lettore la bellezza di un grande romanzo corale nel quale spiccano imperiose alcune voci più di altre.
Beatrice Colin, autrice di diversi testi teatrali e radiofonici per la BBC, costruisce una trama ricca e varia che sarebbe davvero una splendida sceneggiatura.
Il mondo cambia, la guerra giunge al termine e le vite di Monroe, Inez ed Anna si avviano verso esiti che il lettore non saprebbe immaginare.
Resta un finale sorprendente e inaspettato come quella musica nuova che risuona per le strade di New York.

“La vita è una serie di momenti inaspettati. Se questa fosse musica, si disse tra sé, sarebbe jazz.”

Il linguaggio dei francobolli

L’amore romantico e tormentato, l’amore felice e corrisposto: l’amore, in qualunque modo, trova sempre parole emozionanti per esprimersi.
E in quell’altro tempo distante e più lento del nostro le parole d’amore venivano affidate alle lettere e a talune cartoline a volte sdolcinate.
L’amore, poi, cerca a volte un modo per raccontarsi solo alla persona che si ama, l’amore vuole rimanere segreto e nascosto e certe parole sono destinate soltanto a chi fa battere forte il cuore.
E così ecco l’intrigante linguaggio dei francobolli: ogni francobollo assumeva un diverso significato a seconda di come veniva applicato.
E allora, ad esempio, il francobollo rovesciato significava ti aspetto, posizionato in un diverso modo voleva dire ti penso.
E poi pensami.
E mille baci.
E poi speranza.
E ancora.
L’amore, semplicemente l’amore, al tempo delle cartoline e dei francobolli.

 

Mano nella mano

La sposa era bellissima.
Ed era così giovane, era appena una ragazza sbocciata nella sua leggiadra femminilità.
La sposa era timida e ritrosa, aveva il viso perfetto, le labbra rosse a cuore, gli occhi grandi, la carnagione diafana e delicata.
La sposa aveva quella pettinatura complicata, orecchini pendenti ai lobi e una collana con un ciondolo importante.
Lo sguardo sognante, il cuore palpitante di emozioni.

Lo sposo teneva la mano di lei.
Stringeva le sue dita con un gesto che narra di un sentimento di protezione, di accudimento e di un cammino da percorrere insieme, sulla stessa strada, mano nella mano.
E si nota il vitino di vespa di lei, chiaramente indossava uno di quei corsetti in voga a quel tempo, l’abito poi è ricco di raffinate decorazioni e immagino che fosse sui toni del blu.

Gli sposi erano giovani e sofisticati, di certo appartenenti al bel mondo.
Avevano classe, eleganza, stile.
E amore eterno.
Per sempre.
Per tutta la vita.
E tutta una vita da trascorrere insieme.
E già conoscevano i nomi che avrebbero dato ai loro figli, il Signore li avrebbe mandati e la casa si sarebbe riempita di voci felici.
Gli sposi avevano i loro sogni e i loro desideri segreti ed io spero che si siano tutti avverati.

Lui e lei furono, per qualche breve momento, nello studio del bravo fotografo Giulio Rossi che così immortalò su una Carte de Visite la loro garbata giovinezza, il loro cammino di felicità nel mondo.
In un tempo distante, mano nella mano.

All’amata Angioletta

Questa romantica cartolina è ancora per lei, l’amata Angioletta che faceva ardere il cuore del suo spasimante, lui le scrisse diverse sdolcinate cartoline e ho già avuto modo di mostrarvele in passato, qui trovate la traccia di quella corrispondenza amorosa adesso in mio possesso.
All’amata Angioletta, quindi, giunse anche questo cartoncino: era estate, lei se ne stava al fresco in quel di Rossiglione e il suo innamorato le scriveva che in quei giorni d’agosto lui invece era tornato al lavoro in ufficio.
Ed era appena trascorso l’onomastico di lei, così lui si rammarica di non poter essere stato insieme a lei e le domanda se abbia ricevuto i suoi fiori.
I fiori per l’amata Angioletta, chissà che emozione per lei!
In questa belle serie di cartoline mancano purtroppo le risposte di lei, sarebbe stato molto emozionante poterle leggere.
Uno steccato, lievi toni pastello nell’abito, un grande cappello e il principio di un bacio.


Vi vorrei poi far notare che questa bella cartolina ha anche delle decorazioni aggiunte con artistica maestria: sono i pallini i bianchi sul parasole, sul cappello e sull’abito di lei, se ci passa sopra il dito ci si accorge che sono in rilievo.
Un onomastico da celebrare, un amore sempre ardente e un sorriso lieto forse molto simile a quello dell’amata Angioletta.