Il delizioso pane dei Kunkl: una storia di Genova

Questa è una storia che inizia in un giorno lontano e in un luogo distante: è una storia di successo, intuito e intraprendenza che si dipana per le vie della vecchia Genova.
E per raccontare da capo questa vicenda bisogna andare in Tirolo, a Neumarkt, in italiano nota come Egna.
Lassù, tra quelle maestose montagne, nasce il giorno 11 novembre 1813 Giovanni Martino Kunkl, in quel periodo il territorio di Egna è incluso nel Regno di Baviera ma, dopo breve, sarà unito all’Austria.
E proprio con il suo passaporto austriaco Giovanni Martino intraprende l’avventura della sua vita: siamo nel 1847 e Kunkl parte alla volta di Genova che diverrà la sua città di adozione.
Certo non sarà stato facile per un austriaco inserirsi in una città come la Superba che con gli austriaci, come ben sappiamo, aveva avuto un passato di contrasti politici.
Giovanni Martino però è un giovane di belle speranze, ha 34 anni e porta con sé la saggezza di una professione nella quale eccelle: Giovanni Martino è panificatore e porterà la sua sapienza nei caruggi di Genova, in particolare in quella Via Lomellini a me tanto cara.

Giovanni Martino non è solo, con lui ci sono la moglie Giuseppina e le prime tre figlie nate in Austria: Maria, Vittoria ed Enrichetta, a Genova vedranno poi la luce Anna e Stefano.
Restiamo in questi caruggi, qui dove Giovanni Martino inizia la sua fiorente attività, la prima traccia della sua presenza, naturalmente con riferimento alle Guide e ai Lunari di mia proprietà, è sul magnifico libro di Edoardo Michele Chiozza dal titolo Guida Commerciale descrittiva di Genova del 1874-75.
Qui il nostro Giovanni Martino viene annoverato come fabbricante di pane di lusso ad uso di Vienna e la sua attività si trova Via Lomellini 3.

Il tempo, poi fugge via veloce e, in un giorno fatale del 1877, Giovanni Martino Kunkl lascia le cose del mondo.
Naturalmente io sono andata a cercare traccia di lui nel nostro Cimitero Monumentale di Staglieno e così ho trovato il suo nome inciso nel marmo nella Galleria Inferiore a Ponente.
È una tomba semplice la sua, simile a quella di tanti genovesi del suo tempo che qui riposano.

A succedere a Giovanni Martino nella conduzione dell’impresa di famiglia sarà Stefano, il suo ultimo figlio.
Quando il padre muore, in quel 1877, Stefano è un giovane di 26 anni: dal padre ha appreso tutti i segreti del mestiere, custodendoli e mettendoli a frutto per il bene suo e della sua famiglia.
Ed è il nome di Stefano a comparire così tra le pagine dei libri e a rifulgere nel commercio della città.
Stefano ha talento, intuito e capacità imprenditoriale, espande l’attività con successo e lo troviamo citato sui lunari del Signor Regina del 1881 e del 1887 tra i fabbricanti di paste e galette e come proprietario di due negozi, il primo si trovava in Via Lomellini 61, nella parte alta della strada.

L’altro negozio era invece in Via Roma.

Il segreto del pane delizoso e rinomato in tutta Genova risiedeva nella scelta accurata di ingredienti di prma qualità.
Stefano Kunkl, infatti, ogni estate si recava in Austria o in Ungheria per acquistare la farina da usare per il suo pane: la sua farina aveva un alto potere lievitante senza agenti aggiunti, in pratica era l’equivalente della manitoba.
Fu così che il segreto dei Kunkl portò loro il meritato succcesso, nel 1899 si aggiunse un ulteriore punto vendita, citato ovviamente nel Lunario del Signor Regina, in Via ai Quattro Canti di San Francesco.

Stefano, con il suo innato fiuto per gli affari, fu poi talmente abile da divenire, insieme al figlio Silvio, stimato fornitore della Real Casa: l’attività di famiglia sarà infatti denominata Panificio Reale Stefano Kunkl.
E in punta di piedi entriamo nell’ufficio di Stefano Kunkl: qui lo vediamo insieme al figlio Silvio.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

Come specificato, la fotografia è di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl e mi è stata inviata dall’Architetto Chiara Kunkl che un giorno è capitata casualmente su queste pagine e ha così generosamente condiviso con me questa magnifica storia di famiglia che vi racconto, la ringrazio anche da qui per questo, le molte informazioni da lei fornite e le immagini di famiglia, unite alle mie ricerche a Staglieno e tra le pagine delle guide, mi permettono di narrarvi questa vicenda.
Ecco ancora Stefano Kunkl: lui è al centro della foto vicino alla moglie Angela e tiene in braccio una nipotina.
Accanto a Stefano siede Silvia, la moglie di Silvio che è in piedi alle spalle di lei, insieme ad altri parenti.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

E riporto qui una frase tratta dal documento trasmessomi da Chiara Kunkl, queste parole riassumono interamente lo spirito dei Kunkl e il senso del loro operare: si tramanda che Stefano Kunkl raccomandasse ai suoi figli di dividere l’utile di ogni anno in due metà uguali fra loro di cui la prima doveva essere accantonata e reinvestita nell’attività mentre la seconda doveva obbligatoriamente e interamente essere spesa al fine di ricordare a se stessi quali benefici potessero portare un anno di duro lavoro.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

Tra le notizie inviatemi da Chiara Kunkl c’è anche un articolo di Edilio Pesce dedicato allo storico panificio con l’elogio delle michette e delle rosette deliziose, con il rimpianto per gli sfilatini che si acquistavano uscendo dalla messa in San Filippo Neri.
E certamente da Kunkl avranno fatto anche la focaccia!
Va inoltre anche ricordato che furono i Kunkl a introdurre a Genova i libretti, un tipo di pane molto apprezzato dalle nostre parti.
E continuiamo il nostro giro per Genova, in cerca dei luoghi di Stefano e Silvio Kunkl.
Già nel 1913 avevano un negozio al 110 rosso di Piazza Soziglia, all’epoca i mei antenati avevano un negozio in Campetto, chissà quante volte avranno comprato il pane dai Kunkl!

Il negozio in Via Lomellini fu spostato poi al numero 48 rosso.

Il Panificio era in Via della Maddalena 29, ecco qui l’edificio.

Un altro panificio era in Vico del Fornaro, il caruggio dal toponimo perfetto!

Tutte queste notizie sono presenti sui lunari del tempo, nel 1926 c’era un Panificio Kunkl anche in Via Frugoni, traversa di Via XX Settembre.
E sul Lunario del 1902 si trovano pure i numeri di telefono.
Per dire, il negozio di Via Lomellini aveva il numero 341 e a leggerlo ho pensato: ora chiamo e ordino un chilo di libretti!

La vita non era facile per nessuno, in quel tempo, come in tutte le famiglie anche i Kunkl ebbero i loro tragici lutti.
Come vi dissi da principio, Giovanni Martino Kunkl aveva avuto 5 figli.
La seconda figlia Vittoria morì a soli quattro anni e la terza, Anna, spirò appena ventunenne.
La primogenita Maria si sposò e lasciò questo mondo ad appena 24 anni, io ho trovato la sua tomba nella Galleria Inferiore a Ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno.
È collocata in alto, questo rende difficile la lettura della lapide e allora, in memoria di lei, la riporto per intero.

A Maria Lanfranchi nata Kunkl
figlia e sposa affettuosa ed esemplare
che immatura morte rapiva
il 6 Aprile 1867
lo sposo e i suoi desolatissimi
quale attestato di affetto questa lapide consacrano

Stefano Kunkl morì nel 1913 e in seguito alla sua dipartita il figlio Silvio prese in mano le redini dell’Azienda e divenne presidente dell’Associazione Panificatori ed insegnante, tramandando così alle nuove generazioni i segreti per fare il pane.
A Staglieno ho trovato anche la tomba di Stefano Kunkl, egli riposa nella Galleria Frontale, accanto alla moglie Angiolina.
La loro tomba è opera dello scultore Luigi Orengo.

I viaggi nel passato rappresentano l’emozione di ritrovare i luoghi che non abbiamo veduto e di osservare i volti di coloro che non abbiamo conosciuto: eppure in qualche modo ci sembrano vivi e presenti, ci osservano da un’immagine in bianco e nero e si raccontano, con sincerità e verità.
Ringrazio ancora di cuore Chiara Kunkl per aver permesso a me e a voi questo percorso a ritroso sulle tracce di Giovanni Martino e della sua numerosa famiglia.
C’è ancora un piccolo tratto di strada da fare insieme, proprio là, in cima a Via Roma.
In quello slargo oggi denominato Largo Eros Lanfranco e un tempo noto come Largo di Via Roma.
È un giorno qualunque di un tempo distante: due eleganti genovesi passeggiano vicine, chiacchierano tra loro amabilmente.
Osservate con attenzione alle loro spalle e dietro al signore con la bombetta: si vede un negozio, non è del tutto visibile l’insegna ma se ne legge chiaramente una parte, S. Kunkl, spiccano in particolare i caratteri gotici.
Ecco qui il favoloso negozio di Via Roma più volte citato e ritrovato nelle guide, l’immagine è un dettaglio di una cartolina che di seguito trovate pubblicata interamente e appartiene all’amico Stefano Finauri che qui ringrazio.

La memoria e il ricordo sono ricchezze da custodire, raccontare certe storie significa far tornare tra noi sorrisi, sguardi e vite di un altro tempo.
E quando passate in Via Roma rammentatevi che là, accanto all’imbocco di Galleria Mazzini, un tempo si sentiva il profumo del pane fragrante dei Kunkl, memoria preziosa del passato della nostra Genova.

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

4 Febbraio 1913: Fortunello al Carlo Felice

E torniamo a viaggiare nel passato, la mia macchina del tempo ci porterà dritti dritti al 4 Febbraio 1913.
Eccoci qua, la città è in gioioso fermento, già nella giornata del 3 Febbraio il quotidiano Il Lavoro annunciava la bella notizia con grande entusiasmo: al Teatro Carlo Felice è arrivata la compagnia di Fortunello e tutti quanti sono pronti ad allietare i piccoli genovesi che in maschera accorreranno in teatro.
Ci sarà da divertirsi in questo pomeriggio di inizio secolo, sarà una festa che resterà nella memoria della città come una delle più riuscite, questa è una tradizione che fa felici i bambini ed è una buona occasione per svagarsi.
E quanti premi per la lotteria alla quale concorreranno i bimbi con le loro maschere!
Sono premi straordinari e molto ambiti: ci sono bambole e macchinette fotografiche, una confetteria di Via XX Settembre ha mandato 10 bomboniere, il profumiere Frecceri ha inviato invece i suoi almanacchi profumati, ci sono in palio pacchi di dolci e ben 2 abbonamenti al Corriere dei Piccoli, monili in argento e un magnifico trenino, ci sono anche 12 fotografie al platino dono del bravo fotografo Barone.
E insomma, sarà una gran giornata al Carlo Felice!

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Eccoli qua i piccoli genovesi, i bimbetti sfilano e sorridono tutti emozionati.
Ecco l’indiano e il pastorello, uno è vestito da Napoleone e un altro è Pinocchio, una bimba è una principessa e l’altra è una ballerina, una è una fata, uno è un pagliaccio.
E non mancano il prode d’Artagnan e un nobile marchese, una bella Cenerentola e una dolce giapponesina.
Ognuno con la sua maschera, per godere delle gioie effimere e fantastiche del Carnevale.
Tutti se ne tornarono a casa con il loro meritato premio e forse, una volta diventati grandi, avranno pensato a quel giorno dello spettacolo di Fortunello e della fantastica lotteria: era il 4 Febbraio 1913 al Carlo Felice.

Honoré de Balzac, un francese a Genova

Correva l’anno 1837 quando a Genova giunse uno straniero.
Non era la prima volta che Honoré de Balzac capitava nella Superba e a condurlo qui non fu un viaggio di piacere: la sua meta era la Sardegna dove intendeva concludere certi fiorenti affari, a Genova si fermò per circa una settimana.
Ad accoglierlo con tutti gli onori fu il Marchese Di Negro, celebre figura che negli agi della sua Villetta era solito ospitare tutto il jet set della sua epoca.

Villetta Di Negro (18)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Balzac conobbe anche un altro nobiluomo, il Marchese Damaso Pareto, ne conseguì che entrambi gli aristocratici genovesi finirono immortalati tra le pagine di Honorine, romanzo del nostro Balzac.
Dalla realtà alla finzione, tra le pagine di questo libro ci si ritrova davanti ad una tavola riccamente imbandita, ci sono illustri ospiti nella dimora del Marchese di Negro, nella dolcezza della villetta si tiene un pranzo in terrazza.

Villetta Di Negro (26)

E come viene descritta colei che dà il titolo al romanzo?
La fanciulla è una ricca ereditiera genovese, una giovane dalle doti non comuni:

Onorina Pedrotti est une de ces belles Génoises, le plus magnifiques créatures de l’Italie, quand elles sont belles.
Onorina Pedrotti è una di quelle belle genovesi, le creature più splendide d’Italia, quando sono belle.

Ah queste genovesi, ammaliano gli scrittori, la loro indicibile avvenenza è decantata anche da Mark Twain, l’americano ne restò semplicemente incantato.
Balzac accenna poi a un costume tradizionale ligure che fa da ornamento alla grazia femminile, anzi la cela:

A Gênes la beauté n’existe plus aujourd’hui que sous le mezzaro, comme à Venise elle ne se rencontre que sous les fazzioli.
A Genova la bellezza oggi non esiste che sotto il mezzaro, come a Venezia essa non si incontra che sotto i fazzioli.

Mezzari

Palazzo Bianco

Non mancano gli elogi per il padrone di casa, il Marchese di Negro nel romanzo di Balzac viene definito in questa maniera:

ce frère hospitalier de tous le talents qui voyagent
questo fratello ospitale di tutti i talenti in viaggio

Un’amicizia idilliaca, verrebbe da dire.
E qui, invece, giungono le dolenti note perché a quanto scrive Umberto Monti nella sua biografia sul Marchese di Negro quest’ultimo non aveva per niente in simpatia Balzac, bisogna dirlo!
Eh già, il nostro nobiluomo era un ardente patriota e non poteva tollerare che il francese criticasse l’Italia e ne parlasse con poco rispetto.
Tra il resto l’eccentrico Di Negro si dilettava pure con la poesia e dedicò a Balzac certi versi un po’ pungenti e parecchio ingenui, nulla a che vedere con la caratura artistica del padre della Commedia Umana.
Lo scrittore francese, per parte sua, in certe sue lettere alla sua futura moglie non esitò a scrivere che aveva trovato Genova di una noia mortale, arrivò persino a definirla una galera.

Genova

Tuttavia, forse, nutriva verso la mia città sentimenti ambivalenti, infatti in certe righe di Honorine dedica alla Superba parole che sono poesia vera.
Profumi, suoni, armonie, luci che declinano.
Magie e malie di una città, riflessi sul mare, un cielo trapunto di stelle, la pioggia che scroscia incessante.
La pura bellezza di Genova nelle parole di Honoré de Balzac.

Si la demi-nuit est belle quelque part, c’est assurément à Gênes, quand il a plu comme il y pleut, à torrents, pendant toute la matinée; quand la pureté de la mer lutte avec la pureté du ciel…
…quand les étoiles brillent, quand le flots de la Méditerranée se suivent comme les aveux d’une femme.

Se la mezzanotte è bella da qualche parte lo è sicuramente a Genova, quando la pioggia è caduta come vi cade lì, a torrenti, per tutta la mattina; quando la purezza del mare lotta con la purezza del cielo…
… quando le stelle brillano, quando le onde del Mediterraneo si seguono come le confidenze di una donna.

Genova

Da Castelletto a Borgo Incrociati, un mugugno sul giornale

Era il mese di luglio del 1921.
L’aria era calda, le serate scorrevano nella languida dolcezza dell’estate e tuttavia in un certo quartiere serpeggiava lo scontento.
Basta, non si poteva andare avanti in questa maniera, un nutrito gruppetto di solerti cittadini pensò che fosse giunto il momento di farsi le sue ragioni.
E così gli abitanti di Castelletto si riunirono e muniti di carta e penna scrissero una bella lettera a un celebre quotidiano cittadino, Il Lavoro, su quelle pagine appaiono spesso mugugni e lamentele dei genovesi.
A chiare lettere misero nero su bianco la questione: tutto quel trambusto in Spianata Castelletto era inconcepibile.

Spianata Castelletto

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E non era la prima volta che accadeva: ogni anno per la festa della Madonna sempre la stessa storia!
La solita gente del solito comitato aveva di nuovo allestito quella fiera da villaggio: giostre, baracconi e tiro a segno, la faccenda non era più tollerabile.
Forse i membri del Comitato vorrebbero persino essere ricordati con dei busti da apporre nelle aiuole della Spianata? Per carità!
No, una fiera del genere non si potrebbe sopportare neppure a Borgo Incrociati, così scrissero i seccati abitanti della zona.

Spianata Castelletto

Ora, naturalmente il giornale era letto in tutta la città.
Così al giornale giunse una nuova, bella letterina, questa volta ne erano autori quelli di Borgo Incrociati, giustamente scocciatissimi per essere stati chiamati in causa da quelli di Castelletto.
Lor signor non vogliono i baracconi?
E davvero pensano che questi sarebbero adatti a una zona come il Borgo?Borgo Incrociati (2)

Arriva nelle ultime righe la stoccata finale ed è un colpo di fioretto ben piazzato!
Infatti i mittenti della lettera sottolineano che se quei gentiluomini la pensano in questa maniera è perché quelli di Borgo Incrociati sono dei lavoratori e nessuno di loro si sognerebbe mai di protestare contro questi baracconi impedendo così ad altri di guadagnarsi onestamente il pane.
Fine della questione, un caro saluto al direttore dagli assidui di Borgo Incrociati.
Non so se poi la faccenda abbia avuto un ulteriore seguito, nei quotidiani dei giorni seguenti non ho trovato altre lettere relative alla questione, sarebbe interessante consultare il giornale negli anni successivi.
Una lettera a un giornale sa restituire inediti frammenti di quotidiano, questo battibecco tra cittadini mi ha strappato un sorriso, mi sono figurata queste persone che si riuniscono per far sentire la loro voce.
E una cosa è certa: baracconi, tiro a segno e giostre?
Francamente non riesco a immaginarmeli né in Spianata Castelletto né a Borgo Incrociati!

Borgo Incrociati

L’Imperatrice Sissi per le strade di Portoria

È la memoria di un celebre cronista genovese a tramandare un episodio poco noto che ci porta ancora al passato.
A narrare questo aneddoto è lo straordinario Amedeo Pescio in un articolo inviatomi dal mio amico Eugenio, dal ritaglio non si evince la testata del quotidiano ma presumo che il pezzo sia tratto da Il Secolo XIX in quanto Pescio scrisse a lungo per questo celebre giornale della mia città.
E dunque, andiamo ad altri anni.
II nostro Amedeo ricorda un giorno della sua giovinezza, lui all’epoca era appena un ragazzino e se ne andava a zonzo in Via Roma in compagnia di uno sgamato giornalista che gli insegnerà i trucchi del mestiere.
D’improvviso l’esperto cronista ha una stupita reazione di entusiasmo, in Via Roma incedono aggraziate due dame molto eleganti che attirano la sua attenzione.

Via Roma

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Una delle due lo colpisce in modo particolare: indossa un abito scuro, un cappellino da viaggio e regge un ombrello con il manico d’argento.
Ha una bellezza diafana ed eterea, sebbene non sia più così giovane è sempre una donna affascinante.
Osserva le vetrine della lussuosa via genovese, indugia incuriosita davanti al Magazzino Viennese.

Via Roma

E poi ancora, insieme a colei che l’accompagna, si sofferma ad ammirare una mostra di fiori, quindi posa lo sguardo sulle lussuose vetrine di Issel.
Il giornalista segue con gli occhi l’illustre visitatrice, non la perde mai di vista.
E d’un tratto, trafelato, gli viene incontro un collega, così i due cominciano a confabulare tra di loro:
– Ma è lei? – domanda uno.
– Certo che lo è! – risponde prontamente l’altro.
Incuriosito da questo scambio di battute il giovane Pescio chiede di chi stiano parlando e il famoso cronista senza esitazione ribatte:
– L’Imperatrice d’Austria!
Sì, era proprio la celebre Sissi che all’epoca viaggiava in incognito con il suggestivo pseudonimo di Lady Parker, di quei suoi giorni genovesi vi ho già ampiamente parlato in questo articolo.
Torniamo all’interessante racconto di Pescio, per l’appunto è lui a ricordare un fatto poco noto, egli stesso scrive che non è stato tramandato dalle cronache ufficiali.
Eccola Sissi, in compagnia della dama e di una guida si avventura alla scoperta della città, chiede di visitare una particolare parte di Genova, domanda di vedere Portoria.

Portoria

La guida affabile la conduce per quelle strade, le mostra l’Ospedale di Pammatone, si dilunga a narrarne le vicende.
E insomma, cerca di sorvolare su un argomento che potrebbe essere spinoso: in quella zona c’è una memoria storica di rilievo, quel luogo ricorda il gesto di Balilla, simbolo della ribellione dei genovesi al nemico austriaco.

Portoria Balilla

E Sissi è Imperatrice d’Austria, pertanto è necessaria una certa cautela, si rischia l’incidente diplomatico.
Eppure è proprio lei a chiedere di vedere la statua del prode ragazzino, Sissi desidera essere condotta al suo cospetto.

Balilla (2)
E non ha neanche bisogno che le si racconti la storia, a quanto pare conosce bene le vicende di quel periodo.
E pronuncia una frase in proposito, queste parole che meritano di essere ricordate:
– Non si può comandare in casa degli altri!
Non è la sola traccia del suo passaggio nella mia città, i cronisti dedicarono diversi articoli a quei suoi giorni nella Superba.
Di quella sua visita nella zona di Portoria scrisse Amedeo Pescio, grande giornalista e incomparabile narratore della storia di Genova.
Era un aneddoto rimasto nella sua memoria, risaliva ai tempi della sua fanciullezza.

Piazza Pammatone (2)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Genova, 1899: le celebrazioni per San Giovanni Battista

Nulla accadde per caso, eppure è il caso a regalare le scoperte più sorprendenti.
Tempo fa stavo sfogliando un album di fotografie di proprietà di Lorenzo Dufour, tra i ritratti di famiglia alcune particolari immagini hanno suscitato il mio interesse: una folla accorsa alla processione per la festività di San Giovanni Battista, frammenti di vita che oggi vedrete insieme a me.
Vergata a penna con una calligrafia elegante questa data: Genova, 2 Luglio 1899.
Questo ha risvegliato ancor di più la mia curiosità: San Giovanni Battista si celebra il 24 giugno, per quale ragione in quell’anno la processione si tenne a luglio?
Così ho cercato notizie sui giornali dell’epoca e tra le pagine di La Settimana Religiosa ho scoperto la ragione di questo evento straordinario.
In quel glorioso scorcio di secolo si celebrarono gli 800 anni delle traslazione delle ceneri di San Giovanni Battista a Genova avvenuta nel lontano 1099: nella Superba, 800 anni dopo, in onore del patrono si allestirono feste speciali.
E allora andiamo a quei giorni, Genova vuole tributare tutti gli onori a colui che la protegge.
Gli eventi sono numerosi e di diverso genere, non riuscirò neppure ad elencarli tutti, sono feste religiose e intrattenimenti popolari che avranno inizio a metà maggio per poi terminare proprio il 2 Luglio.

San Lorenzo (4)

Sono previsti treni speciali dalle regioni circostanti, di particolare rilievo sarà la festa delle bandiere sulle quali è effigiato San Giovanni Battista, i vessilli verranno benedetti in Duomo e poi sventoleranno in tutta la città.
I genovesi che desiderano avere questa bandiera dovranno recarsi in Via Lomellini dove ha sede il comitato per i festeggiamenti.Via Lomellini

Non sono solo feste religiose, per il centenario vi saranno una mostra vinicola, un’esposizione zootecnica, un corso fiorito, concerti e un concorso ginnastico, in Piazza Paolo da Novi si terrà un’esposizione bovina, sulla Spianata del Bisagno i fuochi artificiali guizzeranno in cielo.
Ci sarà un pranzo per i poveri e naturalmente sono previsti pellegrinaggi, per l’occasione sono state stampate cartoline e fotografie, è stata anche coniata una medaglia commemorativa, in bronzo, in argento oppure dorata.
Il 18 giugno si terrà la festa dei fiori all’Acquasola e non andrà tutto per il verso giusto: la folla accorrerà numerosa ma si verificheranno anche dei gravi disordini con tanto di intervento delle autorità.

Acquasola

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E tuttavia Genova luccica per il suo patrono, dai forti al porto, tutti i cittadini sono invitati a illuminare le finestre per la sera del 23, dai caruggi alle alture la Superba sfavilla di luci e non mancheranno le consuete usanze che caratterizzano questa festa.
Il grande rito della processione si terrà il 2 Luglio e porterà le ceneri del Battista al pontile delle Grazie, qui l’arca verrà imbarcata su un pontone e condotta al nuovo porto dove ci sarà la benedizione del mare: tutte le navi sono impavesate, le artiglierie dai forti sparano per celebrare il sacro momento.

Arca Processionale
Poi l’arca sbarcherà a Ponte Morosini e si unirà alla processione che percorrerà le strade più importanti di Genova.
E tra quella moltitudine di fedeli ci siamo anche noi.
La storia più bella del mondo è la storia delle persone, la storia più bella del mondo è nel respiro fragile dell’umanità.
E in questo giorno glorioso tutta la città festeggia il Santo patrono.

Processione

Queste fotografie sono state scattate dall’alto, restava da capire in quale strada di Genova.
La logica deduzione è questa: colui che immortalò questi istanti lo fece da una delle case dei Dufour, come ho già scritto appartengono ad uno di loro queste belle fotografie.
Una strada ampia e larga dove passava la processione.
In Via Balbi, in questo edificio un tempo abitava questa nota famiglia genovese.

Processione (2)

E osserviamo con attenzione, i più fortunati assistono allo spettacolo da un punto di vista privilegiato.

Processione (3)

Affacciati da queste finestre che si trovano di fronte al palazzo dei Dufour.

Processione (4)

La storia più bella del mondo: le vite degli uomini.
E le voci sommesse, le preghiere, le speranze riposte in colui che protegge te e tutta la città.
Sfila lenta la processione, incede tra la folla che si accalca al bordo della strada.

Processione (5)

E c’è anche lei, la giovane donna che sorride: ha la gioia dipinta sul viso, è felice di essere qui.

Processione (7)

E ci sono le guardie, controllano che tutto fili liscio.

Processione (8)

Non tutti hanno tempo di fermarsi, qualcuno va di fretta: questa genovese, come molti altri, ha l’ombrello sotto il braccio, chissà se le serve per ripararsi dal sole o da qualche acquazzone improvviso.
Alle spalle di lei, sul muro, la pubblicità del Caffaro, tutti a Genova leggono questo celebre giornale!

Processione (9)

In un altro istante all’imbocco del vicolo si radunerà una piccola folla: ci sono due uomini che si guardano alle spalle, vorrei tanto sapere perché!
Poco distante si notano due bambine grandicelle, una di loro tiene in braccio una piccina.
Due amiche passeggiano conversando amabilmente, sono eleganti e raffinate, non saprei dirvi se siano interessate all’evento religioso che avviene a pochi passi da loro, a me sembrerebbe di no!

Processione (11)

Osservate con attenzione: l’insegna dell’Hotel Milano e una serie di porte e finestrelle.

Processione (12)

E guardate bene: tutto muta e tutto resta uguale, non vi sembrerà vero eppure è proprio così.

Processione (13)

E sulla porta dell’albergo un monumento alla vita: un uomo anziano, bianco di capelli, con la barba lunga, quanta vita nei suoi occhi stanchi.
Ha attraversato gli anni, ha veduto nascere questa nazione chiamata Italia, ha visto guerre, cambiamenti e nuovi progressi, quando storie potrebbe narrarci.
Ed ora è qui, sul finire di un secolo che sta per svanire.

Processione (14)

I bambini: loro sembrano prendere molto sul serio il loro compito.

Processione (16)

I bambini: cosa si studiano per poter assistere allo spettacolo, se ne stanno in equilibrio sulle finestre!

Processione (10)

C’è da comprenderli: le feste del centenario sono magnifiche e grandiose!

Processione (17)

Lo spettacolo più bello del mondo sono sempre loro: le persone.
Il papà e il suo bambino vestito alla marinaretta, l’uomo d’affari che avanza con passo sicuro, la ragazza con l’abito chiaro persa nei suoi pensieri.

Processione (18)

E il bottegaio con il grembiule e la donna che va di fretta.

Processione (19)

E poi lei, una personcina che da sola è un romanzo tutto da scrivere.
Si affaccia da un negozio, Roncati Frutta Secca.
E forse la mamma si è raccomandata con lei e le ha detto di non allontanarsi: c’è troppa gente, c’è pericolo di perdersi e lei è troppo piccola per andare in giro da sola.
No, deve stare nelle vicinanze, per carità!
E allora lei si è ingegnata: con il suo vestitino chiaro da ragazzina perbene è salita in piedi su delle casse, cerca di guardare lontano.
Curiosa e desiderosa di vedere, di conoscere e di scoprire.

Processione (20)

Nulla passa e svanisce, se tu lo ricordi.
E quando sono stata in Via Balbi mi sono soffermata a lungo davanti a quel luogo dove lei era e mi è bastato poco per commuovermi.

Processione (21)

Nulla passa e svanisce, se tu lo vuoi.
Se guardi bene vedrai una bimbetta, si sporge dalla bottega dei suoi genitori, davanti ai suoi occhi scorre la processione per il Santo patrono della città.

Processione (22)

Accadde tanto tempo fa, nel 1899.
Ed è come se fosse adesso.
Nulla passa.
Mai.
Buona festa di San Giovanni Battista a tutti voi.

Processione (23)

Francesco Biso: da Lerici all’America, la musica di uno chef

Lui suonava dove voleva lui.
E dove voleva lui era in mezzo al mare, quando la terra è solo più luci lontane, o un ricordo, o una speranza.
Era fatto così.

Alessandro Baricco – Novecento

Ognuno, nel mondo, ha una propria musica da suonare.
Note e accordi, la sinfonia di una vita.
Questa storia ha in sottofondo il suono melodioso dello sciabordio del mare e ha inizio a Lerici, nel 1886: qui nasce Francesco Biso.

Lerici (38)

Il tempo dei giochi è breve per lui, ha appena 13 anni quando sale come mozzo a bordo del piroscafo Rapido che copre la rotta tra la sua Lerici e Genova.
Dal Mediterraneo all’Atlantico, in breve tempo un nuovo imbarco lo condurrà in Centro America.
Sai, il sogno.
E tu sei un ragazzo e hai proprio quel sogno là: New York.
Hai la tua musica da suonare, ricordi?
Un viaggio di fortuna e infine le mille luci della Grande Mela e un futuro da immaginare.
Trova lavoro in un piccolo ristorante, da lì a poco finirà in cucine ben più prestigiose: ha 17 anni, inizia dal basso con umili mansioni ma è destinato al successo, il suo talento ai fornelli è innegabile.
Avrà tempo per scoprirlo, adesso deve tornare in Italia dove la sua famiglia reclama la sua presenza, da cuoco di bordo porterà anche la divisa della Marina al tempo della Prima Guerra Mondiale.
E viene poi il tempo del matrimonio e anche il tempo luminoso di altre navigazioni, a bordo di lussuosi transatlantici.

Piroscafo

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri 

Fino al 1927, per sette anni,  è chef sul Principessa Mafalda, sulla rotta Genova Buenos Aires.
In seguito sarà imbarcato sui altri celebri transatlantici: sarà a bordo del Duilio sulla rotta tra Genova e New York, poi sul Conte Grande e sull’Augustus.
E nell’epoca in cui lui fu un celebre chef i viaggi per mare avevano ben altro fascino, un ritmo lento e cadenzato, quella dolcezza di vivere era una melodia accompagnata dai deliziosi manicaretti di Francesco Biso.
Sinfonia e note.
E lui, lo chef, ha una passione per la musica e l’opera, questa sua professione lo porta a incontrare le figure più celebri del panorama artistico dell’epoca: da Ottorino Respighi a Richard Strauss, da Tito Schipa alla soprano Sara Menkes, fino a Beniamino Gigli che gli regalò i suoi dischi autografandoli.
Ed è davvero infinito l’elenco dei suoi celebri estimatori, tutti loro apprezzano le raffinatezze dello chef Francesco Biso.

Francesco Biso (2)

Hai la tua musica da suonare, ricordi?
E la tua musica ha gli aromi e i profumi di piatti prelibati, Francesco Biso è il re dei cuochi ed è amico degli artisti.
E il suo talento è riconosciuto da questi sodali incontrati durante i viaggi: autografi, dediche e fotografie testimoniano la stima delle celebrità che conobbe.
In uno dei suoi viaggi gli capita di incontrare un passeggero particolare, lui consuma i suoi pasti in cabina.
Ha una predilezione per un certo tipo di spaghetti conditi con fegatini di pollo, mele, pomodoro, burro e parmigiano: spaghetti alla Caruso, il viaggiatore è proprio lui, l’indimenticabile Enrico Caruso.
Egli ha una vera e propria predilezione per il nostro cuoco lericino, tanto da dirgli queste parole:
– Vedi il destino, tu sei un artista senza voce!
E lui, Caruso, non manca di invitare il suo amico cuoco ai suoi spettacoli a New York, in una particolare circostanza si diletta persino a fare una buffa caricatura del Biso.
Sono diversi gli aneddoti a testimonianza di un’esistenza ricca di riconoscimenti e soddisfazioni.
E andiamo al 1934, il transatlantico Conte Grande solca il mare.

Mare

A bordo c’è un alto prelato, è il Cardinale Segretario di Stato Eugenio Pacelli, il futuro papa Pio XII, la sua destinazione è l’Argentina dove egli si reca come Legato Pontificio del Congresso Eucaristico di Buenos Aires.
Anche il futuro pontefice apprezza i piatti di Francesco Biso, come ringraziamento gli farà avere una speciale decorazione vaticana e persino una benedizione papale per lui e la sua famiglia.
Ecco una foto di gruppo scattata durante la navigazione.

Francesco Biso (3)

E tra decine di marinai c’è Biso con il suo cappello da chef e poco distante il Cardinale Pacelli.

Francesco Biso (4)

Francesco Biso tornò a vivere nella sua Lerici, dalla moglie e dalla sua famiglia, infine lasciò il mare e la terra nel 1942.
E se vi state chiedendo come sia possibile che io conosca questa storia con tutta questa ricchezza di particolari soddisfo subito la vostra curiosità.
Come spesso accade, a questo blog contribuiscono i miei lettori, uno di essi mi ha scritto per dirmi che aveva certe fotografie di Genova da inviarmi: le vedrete presto, sono scatti affascinanti di un mondo lontano.
La persona che mi ha scritto si chiama Marco Biso, Francesco era il suo bisnonno.
Ringrazio Marco per avermi inviato le immagini di famiglia che corredano questo post e gli articoli dai quali sono tratte le notizie sullo Chef di Lerici (Un Re dei Cuochi amico degli artisti di Silvio Barberis su Il Mattino del 17-3-1938 e Marittimi Lericini: Francesco Biso di Luigi Romani su Il Golfo dei Poeti Maggio 1966).
Ringrazio anche Stefano Finauri per le cartoline delle navi nel Porto di Genova.

Porto

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Per introdurre questa splendida vicenda ho citato alcune parole tratte da un celebre testo di Alessandro Baricco.
È una storia che amo: anche quella è mare, musica e una nave che solca le onde.
E l’America sognata e immaginata, laggiù in lontananza.
Ricordi?
Ognuno, nel mondo, ha una propria musica da suonare.

Lui suonava dove voleva lui.
E dove voleva lui era in mezzo al mare.

Francesco Biso

Corso Firenze: l’incantevole Palazzina Weil

I libri celano storie e ti portano in un altro tempo, leggi e così inizia il tuo viaggio.
Di recente ho acquistato un corposo volume dal titolo Genova Nuova, venne pubblicato nel 1902 dai Premiati Stabilimenti Cromo-Tipografici A. E. Bacigalupi.
Il libro narra i mutamenti della città nei suoi diversi aspetti ed è arricchito da belle immagini, curiosamente non è indicato l’autore del testo, gli mando comunque un sentito ringraziamento per le piacevoli passeggiate virtuali che mi sta regalando.
Genova Nuova: una città che cresce con strade ampie e eleganti, questa è l’epoca di importanti rivoluzioni urbanistiche e alcuni le hanno vedute con i loro occhi.
Il narratore segue lo spirito del tempo ed esalta le opere di valenti architetti e ingegneri, è un viaggio che ci riporta in luoghi noti permettendo di scoprire anche ciò che si è perduto: sono trascorsi più di cent’anni, quella Genova nuova del 1902 ha ancora mutato volto.
Tic tac, tic tac, tic tac.
Mettiamo indietro le lancette dell’orologio ed andiamo a quegli anni, in Corso Firenze.

Corso Firenze 3

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Qui sorge una lussuosa dimora progettata dall’architetto Dario Carbone, la Palazzina Weil ha alle sue spalle una verde collina, è immersa in una ridente quiete bucolica.
È dotata di una loggia, ha un’elegante torretta e le sue finestre si aprono su un ampio orizzonte luminoso.
Un luogo incantevole, pacifico e paradisiaco.
E il nostro autore si lascia persino andare a divagazioni romantiche: dice che questo sarebbe il posto perfetto per “nascondervi i primi tête-à-tête” o per gioiose feste tra amici.

Palazzina Weil (2)

Immagine tratta da Genova Nuova – 1902 Libro di mia proprietà

Ecco il magnificente vestibolo, sullo sfondo si scorgono le vetrate.

Palazzina Weil (3)

Immagine tratta da Genova Nuova – 1902 Libro di mia proprietà

E poi i marmi pregiati dello scalone e della balaustra, opere di Giuseppe Novi.
Seguendo le suggestioni dello scrittore è facile immaginare due amanti che si inseguono su per queste scale per poi ritrovarsi lassù, a sospirare sulla torretta.

Palazzina Weil

Immagine tratta da Genova Nuova – 1902 Libro di mia proprietà

L’edificio aveva ricche decorazioni, il salone era abbellito da opere di Cesare Viazzi, l’immagine che segue è un dettaglio di un dipinto dal titolo Diana Cacciatrice, un altro dipinto ritraeva le sirene.

Palazzina Weil (4)

Immagine tratta da Genova Nuova – 1902 Libro di mia proprietà

L’incanto della Palazzina Weil è catturato in certe immagini dell’epoca, forse ricordete una cartolina scritta da una certa Ester.
Ecco la dimora decantata nel tempo dei cambiamenti di Genova, si trovava su quell’angolo di Corso Firenze dove inizia Via Paride Salvago.

Corso Firenze (3)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri 

Ai nostri tempi la Palazzina Weil non esiste più, la sua bellezza è svanita come il ritmo di una musica jazz che lentamente diviene silenzio, il prestigioso edificio ha lasciato posto a una diversa costruzione.

Corso Firenze (2)

Camminando in Corso Firenze, verso la spianata voltate gli occhi verso Castello Bruzzo, al di sotto di esso vedrete proprio questa palazzina rosa.

Corso Firenze

Tic tac, tic tac, tic tac.
Mettete indietro le lancette del vostro orologio e guardate ancora.
E d’improvviso è un altro tempo.
Sotto la torre di Castello Bruzzo svetta un’altra armoniosa torretta, era parte dell’incantevole Palazzina Weil.

Corso Firenze 7

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Le tracce di Piazza Ponticello

È una piazza che non ho mai veduto ma ci sono stata tante volte e voi siete venuti con me.
Là ho trovato figli del popolo, portavano scarpe scalcagnate e giacchette lise, avevano guance arrossate per l’emozione e occhi ingenui.
Ragazzini vissuti in un tempo distante, tutti riuniti attorno alla fontana di Piazza Ponticello.

Piazza Ponticello 9

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E poi ho incontrato una donna ciarliera e chiacchierona, quanto mugugnava Madama Cinciallegra per gli schiamazzi della gente del quartiere: casa dopo casa, bottega dopo bottega, lei ha passato in rassegna tutti gli abitanti della piazza ed è stato come proprio come vedere ognuno di loro.
E poi sono entrata in ogni negozio di Vico Dritto, c’erano mercerie e ombrellai, salumerie e friggitorie, tutti i vivaci colori della vita per nulla appannati dallo scorrere del tempo.
Quella piazza è perduta e scomparsa, non so quanti genovesi sappiano dire come davvero fosse, per quanto si provi ad immaginarla credo che sia impossibile esserci davvero, anche se io a volte credo di vivere proprio in quel mondo là che non ho mai veduto.
Cammino per le strade e mi sembra di trovarmi in luoghi che non esistono più, sono nella mia immaginazione e nelle fotografie in bianco e nero di quel tempo ormai svanito.

Vico Dritto di Ponticello

E a volte in un istante scorgi dettagli che in realtà sono sempre stati lì: sei tu che non li hai mai notati.
E questo è ciò che mi è accaduto qualche giorno fa, camminavo in Via Fieschi e andavo verso via XX Settembre.
Ho alzato gli occhi e ho visto quella Piazza e quel palazzo sulla destra, come già vi ho detto in precedenza la parte in ombra era Via Rivotorbido, adesso lì sorgono altri edifici.

Piazza Ponticello (4)

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Questa zona ai giorni nostri si presenta in questa maniera.

Via Fieschi

Osserviamo meglio, torniamo indietro nel tempo e incontriamo ancora quella numerosa famiglia della quale ho immaginato la vita, queste persone si sono fatte fotografare davanti alla loro bottega.

Piazza Ponticello (11)

E alzate gli occhi, guardate l’edificio che adesso si trova tra via Fieschi e Via Porta d’Archi.
Abbiamo salvato frammenti del nostro passato e li abbiamo anche dimenticati, non so quanti genovesi conoscano l’originale collocazione di questi marmi.

Via Fieschi (2)

Al centro c’è una lastra in memoria di Antonio Gallo, notaro e cancelliere del Banco di San Giorgio, sodale di Colombo del quale narrò i viaggi, credo che la storia di questo genovese meriti il dovuto approfondimento.

Antonio Gallo

E forse ricorderete, sull’edificio che ospitava la macelleria si vedevano parzialmente un Crocifisso e la Madonna Addolorata raccolta in preghiera.
Quel palazzo ai giorni nostri non esiste più.

Piazza Ponticello (9)

Gesù e Maria, invece, sono ancora nel luogo dove un tempo erano, in quella che in altri anni fu Piazza Ponticello.
Non so proprio descrivervi il mio stupore, per qualche istante mi è davvero sembrato di essere in quella Piazza tante volte immaginata.

Crocifisso

All’estrema destra dell’edificio c’è anche una Madonna con il Bambino, entrambe le statue meriterebbero qualche riguardo e certo se fossero pulite da questa patina scura la loro bellezza risalterebbe maggiormente.

Madonna con il Bambino

C’è un tempo che non abbiamo vissuto e non sappiamo nemmeno ricordarlo, non sappiamo trattenere quel filo che ci unisce a ciò che siamo stati.
Come già vi dissi in un precedente articolo, nelle cartoline d’epoca che ho veduto sull’angolo di Piazza Ponticello si nota quel Crocifisso, il lato del palazzo sul quale era collocata la Madonna con il Bambino non è entrato nelle inquadrature.
Di una cosa sono certa: la gente di Ponticello rivolgeva le sue preghiera alla Madre di Dio e a quel Suo Figlio venuto al mondo per la salvezza del mondo.
Un segno della croce, una preghiera sommessa, una speranza sussurrata davanti a quelle statue che molti di noi non hanno neanche mai veduto.

Piazza Ponticello (3)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri 

Una misteriosa colonna in Via Dante

Di recente mi sono regalata un volume che è una miniera di informazioni sulla mia città: si tratta della rivista Genova, il Bollettino Municipale Mensile del Comune, ho acquistato l’intera annata del 1924 ed è una lettura molto interessante.
Queste pagine sono ricche di notizie preziose e mi hanno portato nei pressi della piccola dimora nota come Casa di Colombo, come tutti ben sapete alle spalle di essa si trova il chiostro della perduta chiesa di Sant’Andrea.

Chiostro di Sant'Andrea

Chiostro di Sant’Andrea

Le notizie che leggerete sono tratte dal fascicolo nr. 7 del 31 luglio 1924, in certe righe si legge che nell’area verde prospiciente Via Dante è stata posta una colonna.
Ecco un’immagine d’epoca dell’amico Finauri, osservate con attenzione la parte destra, la colonna si trova proprio di fronte al chiostro, poco distante, ancor più sulla destra, c’è la ringhiera di separazione.

Chiostro di Sant'Andrea (2)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri 

Il tempo scorre e le cose cambiano, naturalmente sono subito andata a verificare la situazione attuale.
E mi si perdoni, magari per alcuni lettori questa non sarà una sorpresa ma io non avevo proprio mai notato questa colonna eppure è sempre stata al suo posto, tra gli alberi ormai cresciuti, là dove venne messa il 24 giugno del 1924.

Colonna

Questo è un tronco di colonna romana che in precedenza si trovava a Palazzo Bianco e in quell’anno si decise di collocarla qui.

Colonna (4)

Ed è visibile dall’area del chiostro e anche da Via Dante.

Colonna (2)

Come si può notare sulla colonna è riportata una lunga ed elaborata iscrizione latina, venne stilata dal professor Achille Beltrami, le sue parole sono il ricordo di ciò che un tempo c’era in questa zona.
Il chiostro in precedenza si trovava in un’altra zona e durante i lavori per la sua collocazione in quest’area vennero rinvenute due necropoli: la prima risaliva al IV e V secolo a. C., la seconda invece al IV secolo d. C., sulla rivista si legge che le tombe ritrovate sono state poi trasportate a Palazzo Bianco.
L’iscrizione sulla colonna, oltre a rammentare al passante la grandezza di Cristoforo Colombo e la bellezza del chiostro di Sant’Andrea, è una memoria perenne posta in ricordo di greci, etruschi e campani che qui trovarono il luogo del riposo eterno.

Colonna (5)

Nel centro della nostra città, dove noi camminiamo ignari di ciò che è stato.
Nel nostro tempo che è un altro tempo, così frettoloso e distratto, la nostra memoria è labile.
Quando passate in Via Dante guardate anche voi oltre la ringhiera, vedrete una colonna non più misteriosa della quale ora anche voi conoscete la storia.

Colonna (6)