La Domenica delle Palme

E venne la Domenica delle Palme.
In questo giorno si celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, ad accoglierlo fu una folla festante che agitava rami di palma e così questa festività viene celebrata con le palmette e con i rami d’ulivo che vengono benedetti in occasione di questa solennità religiosa.
E in un tempo lontano di Genova erano certe infaticabili donne ad intrecciare le palme: le loro dita si muovevano rapide e nodose, cariche di una sapienza antica e di instancabile dedizione.
In un giorno distante, in Piazza Nuova, così era denominata nel passato la nostra Piazza Matteotti.
E c’erano loro: due donne, davanti a Palazzo Ducale.
Ed ecco l’ulivo della Liguria che cresce sotto il sole radioso e sulle fasce coltivate e curate dal lavoro dell’uomo, in quei luoghi di Riviera sospesi tra terra e mare.
Due donne, hanno i capelli bianchi e i visi solcati da rughe, sono abbastanza in là negli anni eppure non trovano riposo, si affaccendano indefesse e senza sosta.
E ascoltano le voci di quella Genova antica che vive attorno a loro e della quale fanno parte, testimoni di un tempo destinato a svanire e a rimanere memoria rimpianta e lontana.
Ho trovato questa fotografia in uno di quei mercatini dove il passato ancora rimane sotto i nostri sguardi per svelarsi ancora e ancora ad occhi desiderosi di scoprire e di ritornare a quelle epoche mai vissute.
Così ho portato qui le due donne con il loro ulivo e le loro palme così sapientemente intrecciate, in quest’epoca che non è loro e nella quale guardiamo a quel passato come ad un tesoro di tradizioni da riscoprire e da custodire.
A tutti voi buona Domenica delle Palme.

Amore eterno

E poi un’immagine che racconta l’amore e l’armonia.
Una coppia di giovani sposi, a ritrarli il Fotografo Stender di Sanremo che li immortalò nel 1903 in questa posa formidabile capace di catturare lo splendore della giovinezza, la grazia e la complicità.
La fiera posa di lui, la sua eleganza, i baffi importanti, lo sguardo saldo e rassicurante.
Il profilo dolce di lei, i capelli mossi raccolti in una morbida acconciatura, i riccioli a incorniciare la fronte, gli orecchini piccoli ai lobi, gli occhi che paiono chiari come acqua limpida.
E un amore composto di promesse e di fiducia, di progetti e di speranze, di passi compiuti insieme lungo un percorso condiviso.
Un amore dolcemente eterno.

Ceci in zimino

È un piatto semplice, rustico e gustoso, i ceci in zimino sono perfetti per le giornate fredde.
Chi come me ama i legumi apprezza anche le infinite possibilità di proporli e questa ricetta della tradizione genovese è una vera coccola.
Ecco a voi gli ingredienti:

400 grammi di ceci, 1 mazzo di bietole, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, 1 carota, passata di pomodoro, olio extravergine d’oliva, sale, pepe, pane casereccio.

Mettete i ceci in ammollo nell’acqua a temperatura ambiente per circa 10/12 ore.
Sciacquateli bene, poneteli in una pentola con acqua fredda e fateli cuocere per 45 minuti circa, aggiungendo il sale alla fine.
Nel frattempo tritate sedano, carota e cipolla e fate rosolare nell’olio per una decina di minuti, quindi aggiungete le bietole tagliate a pezzetti e lasciate cuocere ancora 15 minuti.
Versate nelle verdure i ceci con la loro acqua di cottura e lasciate cuocere a fuoco basso ancora per circa 30 minuti, alla fine aggiungete il sale, una spolverata di pepe e un giro d’olio extravergine d’oliva.
Aggiungete due fette di pane casereccio tostato e gustate così i vostri ceci in zimino.

Polpettone di fagiolini e patate

È un piacevole conforto, una semplice coccola, una delizia che si prepara con i doni dell’orto.
Il polpettone di fagiolini e patate è un piatto della tradizione genovese, la ricetta originale prevede anche l’uso dei funghi secchi e della cipolla e una rosolatura ma, come è noto, ognuno ha la propria versione di ogni ricetta ed così ecco come si prepara in casa mia il polpettone di fagiolini e patate.

Questi sono gli ingredienti: 700/800 g di fagiolini, 4 patate non tanto grandi, una vaschetta di prescinsêua o di ricotta, 3 uova, abbondante maggiorana, parmigiano, sale, pan grattato e 2 spicchi d’aglio (sì, lo so, nella foto mancano gli ultimi due ingredienti ma me ne sono accorta a ricetta sfornata!)

Fate bollire le patate, quando saranno pronte sbucciatele e schiacciatele con una forchetta o con uno schiacciapatate.
Pulite i fagiolini, lavateli e fateli bollire, a cottura ultimata passateli con il passaverdure.
Tritate con il mixer la maggiorana (io ne uso tanta perché mi piace moltissimo), un bel pezzo di parmigiano e gli spicchi d’aglio e versate il composto in un terrina dove avrete già unito le uova sbattute e la prescinsêua (o la ricotta), quindi aggiungete il sale.
A questo punto versate nella terrina anche le patate schiacciate e i fagiolini passati e mescolate bene.
Prendete una teglia di medie dimensioni, versate un filo d’olio e quindi disponete il composto livellandolo con attenzione, quindi fate le righe sul polpettone passando sulla superficie i rebbi della forchetta creando così la classica griglia.
Spolverate con il pan grattato e da ultimo versate un filo d’olio extra vergine di oliva sulla superficie, infornate a 190°- 200° C per circa 25/30 minuti.
Il vostro polpettone sarà pronto quando sulla superficie si sarà formata una bella crosticina croccante e potrete gustarlo tiepido oppure freddo.
E buon appetito con il polpettone di fagiolini e patate!

Una bellezza pericolosa

Nel tepore della luce settembrina sbocciano piano certi fiori, al margine del bosco, così li ho veduti a Fontanigorda in una mattina fresca e soleggiata.

Timidi ma tenaci, tra l’erba verde madida di rugiada.

Così sorretti da fragili steli.

Tra foglie accartocciate e rametti spezzati, nella perfetta armonia di uno scenario costruito ad arte dalla natura.

E così lentamente un petalo si apre e svela la sua pericolosa bellezza così a lungo protetta.

Questo fiore, così simile al croco, è il colchico autunnale ed è una pianta tossica e velenosa.
Osservando con attenzione, tuttavia, è possibile non confonderlo con il nobile croco che dona il preziosissimo zafferano.
In particolare il colchico ha sei stami, mentre il croco invece ne ha soltanto tre.

Inoltre, quando è il tempo della fioritura, il colchico alla base è privo di foglie.
E così, incontrando questi fiori tra le foglie cadute limitiamoci ad ammirare la loro leggiadria.

È questo uno dei fiori che preannunciano l’arrivo dell’autunno.

Così sboccia e si mostra agli sguardi, in una stagione che muta, il colchico autunnale.

Ritorno sui banchi di scuola

E poi venne anche per loro il tempo di ritornare sui banchi di scuola.
Amici, fratelli, compagni e complici.
Tre cuori, tre anime, tre destini.
Stringendosi per mano, così vicini.

E poi venne il tempo di ritornare sui banchi di scuola per tutti i bimbi che furono ritratti insieme in in un giorno di marzo del 1911, a Ognio, in Val Fontanabuona.
Passo l’estate e tornò l’autunno ed eccoli ancora tutti insieme, con il cognome ricamato sul grembiulino.

Vestiti alla marinara, con le frangette corte.

Alcuni distratti, timidi, impacciati, semplicemente spontanei come sanno essere i bambini.

Seduti a gambe incrociate, con le braccia conserte e tutta la vita davanti.

Con lo sguardo rivolto verso un compagno là dietro, in quell’istante breve della fotografia.

Con i capelli biondi, le fossette, i boccoli, i fiocchetti, la riga nel mezzo.
Con il ricordo delle pagine infinite di aste e di lettere, delle addizioni e delle sottrazioni, delle filastrocche e delle poesie in rima.

Con una certa improvvisa ritrosia, le labbra un po’ serrate, gli occhi grandi spalancati sul futuro.

Sempre tenendosi per mano.

Custodisco questi sorrisi, questi sguardi e questa fotografia di un tempo distante.
Loro sono i bambini di Ognio e venne per tutti loro il tempo di ritornare sui banchi di scuola.

Ritornando a casa

Sono pronta a partire, domani si ritorna a Genova.
Ho salutato gli amici, le creature del bosco, i prati e gli alberi, i fiori e i gatti.
Qui a Fontanigorda sto in un sottotetto e sopra di me abitano certi uccellini, hanno il nido qua sopra, sono dei vicini simpatici e allegri.
Quando tornano a casa arrivano in picchiata verso il tetto e se per caso mi trovano affacciata alla finestra della cucina virano rapidi e volano distanti.

E così quando li vedo arrivare ho la buona abitudine di chiudere la finestra della cucina per permettere ai miei piccoli amici di tornare al loro nido.
Ho scattato queste fotografie ai primi di luglio, nel cuore dell’estate, ero appena arrivata qui.
E ora, come i piccoli pennuti anch’io torno a casa.

Saluto questo luogo del mio cuore, questo panorama, questi monti e questi alberi, l’airone superbo e i dolci daini, le farfalle, le api ronzanti e i gli uccellini.
Saluto te, mia sempre amata Fontanigorda.

Il principe del bosco

Lui è il principe del bosco.
Cauto, attento e sempre circospetto.
Non è mai solo, con lui c’è sempre anche il re di questi luoghi: un daino più adulto, più maestoso, molto più scuro.
Lui è il principe del bosco, questi due girano sempre insieme e li ho visti più di una volta.
Difficile fotografarli, i nobili signori dei castagni e dei noccioleti fuggono svelti tra gli alberi, regali e magnifici.
L’altro giorno nuovamente li ho incontrati.
Il re era più distante, il principe era nei pressi di un albero di mele ben visibile dalla strada e con il suo palco di corna scuoteva i rami per far cadere i frutti.
Si è voltato, ci siamo guardati.
Occhi negli occhi, per qualche istante.
E poi, insieme al re, si è girato verso gli alberi ed entrambi sono scomparsi tra i rami.
Buona vita, principe del bosco.

I daini nella luce di settembre

C’era una luce radiosa, era presto.
Silenzio, aria fresca, i prati madidi di rugiada, di mattina, qui a Fontanigorda.
E aggraziati sull’erba i daini, nella luce di settembre.

Sono rimasta in silenzio e loro non mi hanno vista e non mi hanno sentita, così ho potuto osservarli a lungo e scattare queste fotografie, le più belle che abbia mai fatto a queste splendide creature, grazie alla luce splendente del mattino.

Crescono forti i più piccini, sul capo hanno già piccole corna.

E gustano le tenere foglioline.

E condividono questo istante di assoluta bellezza.

Erano in cinque, non c’erano i daini possenti con i grandi palchi di corna ma solo questi giovani esemplari con le macchie.

Creature magnifiche, per me sono parte della componente fiabesca della natura e dell’universo che così di rado siamo capaci cogliere.

Liberi, infinitamente liberi.

Sono rimasta ad osservarli in sacro silenzio per un tempo magnifico scandito solo dalla grazia dei loro movimenti, i daini paiono leggeri come il vento.

Poi piano si sono avvicinati agli alberi.

Come in una fiaba, con questo incanto.

Svelti e rapidi, con quei balzi sull’erba sanno arrivare lontano.

Nel fitto del bosco che li nasconde e li protegge.

Dopo aver goduto del calore del sole, della freschezza dell’erba e di quei germogli per loro deliziosi da assaporare.

Sono creature meravigliose e sono grata per aver avuto il dono della loro compagnia, per questo meraviglia e questo stupore.
Sono i magnifici daini nella luce chiara di settembre.