C’era una volta un albero noto per la sua pazienza: quando nel bosco si parlava di lui erano tutti concordi, quell’albero era accomodante e di buon carattere, nessuno lo aveva mai sentito lamentarsi.
Eppure anche lui avrebbe avuto le sue buone ragioni per farsi sentire, tra i suoi vicini fracassoni c’era ad esempio una famiglia di petulanti civette e quando di notte attaccavano a cantare non c’era verso di chiudere occhio!
L’albero taceva e sopportava stoicamente.
Non si era nemmeno mai lagnato con gli scoiattoli che in certe giornate di sole facevano su e giù sul suo tronco, mai si sarebbe poi messo a discutere con i ricci, quelli non erano tipi con i quali affrontare argomenti spinosi, era meglio soprassedere.
L’albero era schivo e tollerante e tuttavia, malgrado fosse così solitario e anche un po’ timido, in certi periodi dell’anno attorno a lui si affollava una moltitudine di personaggi: le ghiandaie planavano intrepide sui suoi rami e poi se ne stavano lì a cianciare per un tempo infinito.
E l’albero paziente rimaneva in silenzio.
La volpe una volta aveva detto di aver sentito l’albero sospirare, era rimasta così ferma immobile in attesa di qualche altra reazione ma nulla, non era accaduto più nulla!
Era poi sopraggiunta anche una giovane faina e le due bestiole, ai piedi dell’albero, si erano messe a questionare sul famigerato sospiro che la volpe andava ripetendo di aver sentito mentre la faina scuoteva la testa e sosteneva di non saperne niente!
L’albero paziente restò in silenzio ad aspettare che quelle benedette creature finalmente se ne andassero.
Erano così certi giorni dell’anno, l’estate poi portava gioia ed allegria, l’albero non l’aveva mai confidato a nessuno ma lui era veramente felice quando il piccolo paesino si popolava di villeggianti e la strada si riempiva di bambini e lui se ne restava là, sempre in silenzio, a guardarli correre e giocare.
Ah, quello era davvero il suo diletto preferito!
E se non fosse stato un tipo così riservato qualche volta avrebbe anche voluto dire qualche parola a quei bimbetti scatenati che gli passavano davanti ogni giorno.
E che emozione vederli crescere e diventare grandi, alcuni di loro li conosceva ormai bene.
E poi il caldo finiva e molti di quei piccini ritornavano in città, lentamente avanzava l’autunno, cadevano le foglie, l’aria si faceva più frizzante e fresca, le giornate divenivano ogni giorno più corte.
E come sempre tutto mutava, così è l’avvicendarsi delle stagioni.
Accadde poi un fatto in un giorno di dicembre: c’era un bel cielo azzurro e terso, il sole brillava e l’albero se ne stava tranquillo a godersi quel piacevole tepore.
Passarono in quell’istante alcuni visitatori venuti da lontano, l’albero non li conosceva, non li aveva mai visti prima ma sentì chiaramente che parlavano di lui e udì una voce femminile esclamare:
– Ma guarda che sterpi, che rami spogli!
L’albero paziente non se ne curò, non se la prese e come sempre non disse nulla, attese che tutti se ne andassero.
Non gli importava niente di quello che dicevano di lui: in cuor suo sapeva molto bene che la neve sarebbe caduta e poi sarebbe tornata la primavera e infine sarebbe rifiorita la calda estate.
E i suoi rami si sarebbero di nuovo ricoperti di gemme e di foglioline verdi, i bambini con le loro biciclette e le loro risate sarebbero ritornati e una nuova felicità sarebbe sbocciata ancora.
E lui era un albero paziente e sapeva aspettare.
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La strada che porta nel bosco
La strada che porta nel bosco vive differenti armonie, a seconda della stagione.
E quella panchina nella notte di San Lorenzo è il luogo ideale per ammirare le stelle e per vederle scintillare nell’oscurità.
A volte, in certe giornate d’estate, mi fermo lì a leggere.
E così ho fatto lo scorso agosto: d’un tratto alle mie spalle, quatta e circospetta, è spuntata una faina, rapida ha attraversato la strada ed è scomparsa tra il fitto dei cespugli.
Stupori della natura a Fontanigorda: sono rimasta attonita a guardare con il libro tra le mani.
E il bosco era un tripudio di verde.
La strada che porta nel bosco, in autunno, diviene una magia di riflessi dorati, un incanto silenzioso la riveste.
In estate i rami degli alberi regalano una piacevole ombra, scosse dal vento le foglie cantano la loro musica lieve che dolcemente accompagna il canto degli uccelli.
E poi, il tempo.
E le stagioni.
E arancio e bronzo e l’aria che diviene fresca e frizzante.
E poi aspetta, sarà anche così.
La strada che porta nel bosco nei mesi del solleone è spesso affollata di biciclette e di bambini che corrono, di sportivi che raggiungono il campo da tennis o quello da pallone, mentre altri villeggianti passeggiano pigramente.
E poi viene una nuova stagione e la strada che porta nel bosco ritorna ad essere solo delle creature del bosco e di coloro che abitano in ogni giorno dell’anno in questi luoghi.
E poi l’inverno raffredda i colori caldi e predomina il bianco luminoso della neve e l’azzurro del cielo tra i rami spogli degli alberi.
Adesso è ancora stagione di foglie frementi ed è tempo di ritrovare i profumi e i sapori dell’autunno.
Si riaprono le seconde case, si cammina per le strade del paese.
Torte, caldarroste e altre delizie: domani a Fontanigorda si terrà la tradizionale castagnata, è un appuntamento che attira molti affezionati, se anche voi desiderate partecipare potrebbe essere l’occasione per ammirare le incantevoli suggestioni della Val Trebbia.
E così è la strada che porta nel bosco, vestita della magia della luce d’autunno.
Il Calendario Rivoluzionario Francese
Le grandi rivoluzioni tendono a voler modificare il quotidiano dei popoli allo scopo di creare un nuovo modo di vivere e di pensare ed è in quest’ottica che si inserisce la nascita del Calendario Rivoluzionario Francese.
Una diversa maniera di contare i giorni, nomi e parole dal fascino suggestivo.
E così oggi andiamo a quel tempo, apriamo un libro che ci conduce a quell’epoca di furore, Cittadini di Simon Schama, un testo che consiglio a chiunque ami questo periodo storico.
Innanzi tutto, per quale ragione era necessario avere un nuovo calendario?
L’autore spiega che all’epoca si sentiva il bisogno di discostarsi da tutto ciò che in qualche maniera era legato alla vecchia Francia e serviva un nuovo immaginario nel quale potersi rispecchiare, esaltando l’aspetto rurale e contadino della Francia di quegli anni.
E così studiosi e scienziati si misero all’opera e inventarono un calendario del tutto innovativo.
Ho in casa un serie di antichi libri preziosi, la Storia Universale di Cesare Cantù, su uno di questi volumi ci sono tabelle e chiare spiegazioni su Calendario Rivoluzionario e così vi si legge:
Col 22 settembre 1792, in cui fu proclamata detta Repubblica, si promulgò una nuova era che fu poi abolita col primo gennaio 1806. Contava gli anni da esso 1792, cominciandoli la mezzanotte del giorno che succede all’equinozio vero d’Autunno per l’Osservatorio di Parigi.
Cantù spiega che ci sono 12 mesi, ognuno è di 30 giorni, per un totale di 360 giorni.
E così a fine anno sono previsti 5 giorni aggiuntivi oppure 6 nel caso dei mesi bisestili, questi giorni erano dedicati a certe feste particolari dedicate a precise virtù, Schama nomina ad esempio il talento, l’industriosità e le imprese eroiche.
Ogni mese è diviso in 3 decadi e i giorni si chiamano: primidì, duodì, tridì, quartidì e così via fino al decadì.
In pratica non esisteva più la settimana.
A parte questa complessa questione numerica veniamo ai nomi dei mesi e questi per me sono davvero poetici e particolari, indicherò per ognuno la traduzione suggerita da Cesare Cantù.
Dunque, l’anno inizia il 22 settembre, è il mese del vino e dell’uva e viene così denominato Vendemmiaio.
E continua l’autunno con il tempo della nebbia, tra ottobre e novembre sono i giorni di Brumaio.
E poi arriva il freddo e con esso è il tempo di Glaciale.
Incombe l’inverno e il 21 di Dicembre inizia Nevoso, sarà poi la volta di Piovoso e Ventoso.
E quindi sboccia e rinasce la natura ed è tempo di primavera, la linfa vitale regala il nome ai giorni tra marzo e aprile, Germile o anche detto Germinale, parola nota agli amanti della letteratura francese perché così si intitola un celebre romanzo di Zola.
E poi sbocciano le corolle gentili ed è tempo di Fiorile.
Gli succede un periodo ancor più lieto, è allegro e spensierato Pratile, corrisponde a questi giorni dell’anno, il mese inizia nell’ultima decade di maggio e termina il 18 o 19 giugno.
E infine arriva l’estate, il tempo delle spighe e dei campi di grano, è il tempo delle messi generose, tra giugno e luglio c’è Messidoro.
E poi il caldo si fa più forte e potente, l’epoca del solleone è Termidoro.
Da ultimo il tempo dei frutti, tra la fine di agosto e settembre gli alberi sono carichi di doni e questo è Fruttidoro.
Oltre a ciò, Simon Schama spiega che ogni giorno di ogni mese era associato a un dono della natura come fiori, frutti, piante o a un animale o ad un attrezzo agricolo, è la massima esaltazione della vita agreste e rurale.
Questo era il tempo al tempo della Rivoluzione, in epoche assai lontane dalla nostra.
Siamo in pieno Pratile, attendiamo che giunga dorato di luce Messidoro.