È soltanto un breve caruggio dalle parti della Maddalena, Vico della Galera è una traversa di Vico Salvaghi.
E l’altro giorno passavo da quelle parti e così ho veduto questa solita bellezza: una corda e i panni stesi tra le case, una di quelle solite geometrie genovesi che piacciono a me.
E poi l’antico vicoletto che è un modesto caruggio di antica memoria e chissà quanti volti di bimbi si sono affacciati da quelle finestre e quante famiglie hanno ospitato quelle antiche mura preservando storie, memorie, speranze e felicità.
Davanti ad una di queste dimore ci sono alcuni gradini: sono quegli scalini altissimi e vertiginosi che si trovano nella città vecchia e quando ti capita di fare un paio di rampe di quelle scale lì sperimenti una fatica insolita alla quale non siamo più abituati.
Il vicoletto ha un toponimo che si presta a molteplici interpretazioni e ne scrive con la consueta vivacità il mio fido amico Amedeo Pescio che riporta tutte le possibili interpretazioni.
Lo storico infatti esclude che il toponimo si riferisca ad un’oscura prigione e a suo parere non si tratterebbe neanche di un riferimento alle galee, antiche imbarcazioni usate al tempo della Repubblica di Genova.
Pescio per parte sua predilige un’altra interpretazione e sostiene che, secondo la sua opinione, il vicolo prende il nome dalla nobile famiglia Galera originaria di Loano.
Sono tracce del tempo passato, di un’epoca ricca misteriosa e lontana ma il cielo è azzurro come allora e così sovrasta Vico della Galera.