Le meraviglie dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina

È un luogo dalla straordinaria bellezza, varcare questa soglia significa lasciarsi emozionare da un misticismo lontano che ancora sa restituire le suggestioni di antiche atmosfere.
L’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina così che si staglia contro il blu di Genova.

Alle spalle di Sarzano e arroccato sopra le antiche mura di Genova  l’Oratorio domina il porto e la città, un tempo qua sotto si frangevano le onde.

La luce così filtra a rischiarare le molte ricchezze dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina.

Questo luogo di antica devozione venne fondato nel 1460 e fu gravemente colpito durante il bombardamento francese del 1684 voluto da Re Sole.
L’oratorio fu poi ricostruito nel 1706 e in seguito  restaurato e ristrutturato nel 1828 ad opera degli architetti Carlo Barabino e Niccolò Revello, come si legge sulla Guida di Genova di D. Castagna e M. U. Masini.

Posuerunt me custodem: mi posero come custode, così si legge sulla facciata sotto la piccola l’immagine di Maria.

La targa proviene dall’antica porta della Lanterna.

Era là collocata insieme alla Statua della Madonna Regina di Genova opera di Bernardo Carlone e risalente alla prima metà del XVII Secolo,
Quando la porta della Lanterna fu demolita la statua di Maria venne condotta qui e vi rimase per molti anni, in seguito venne posizionata a Palazzo San Giorgio dove ancora la possiamo ammirare.

Sulla facciata dell’Oratorio c’è anche una targa apposta di recente.

Sopra il portale poi si trova l’immagine seicentesca di Sant’Antonio Abate e al di sotto di essa la lapide che indica la consacrazione avvenuta nel 1836 ad opera dell’Arcivescovo Placido Maria Tadini.

Si accede all’Oratorio da Vico Sotto le Murette e aprendo la porta subito si torna a un tempo lontano che ha lasciato in qualche modo la sua traccia di devozione.
Come si legge nel volume “Gli oratori di Genova” di Paolo Novella ed edito da Compagnia dei Librai qui officiava una delle venti Casacce dei Disciplinanti che aveva origine nella perduta Chiesa di San Domenico.
Questa Casaccia iniziò ad operare nel 1445 e i confratelli si adoperavano per assistere i lebbrosi dello Spedale di San Lazzaro.
Con il tempo e con lo scorrere dei secoli confluirono qui poi anche altre diverse confraternite.

Un raggio di luce radioso filtra e così rischiara l’Oratorio.

Nella volta si ammirano gli affreschi di Giuseppe Da Passano che narrano le vicende di Sant’Antonio Abate.

Qui è conservato un prezioso Crocifisso bianco di Anton Maria Maragliano.

Maragliano è magnifico e celebrato artista e ha lasciato nelle Chiese di Genova e della Liguria le suggestive sculture sacre che ancora oggi sanno commuoverci.

E qui, nell’Oratorio di San’Antonio Abate, si custodisce anche una cassa processionale di particolare magnificenza opera settecentesca di Pasquale Navone.
Questo è San Giacomo Maggiore che sconfigge i Mori, la cassa proviene dal perduto Oratorio di San Giacomo delle Fucine che venne demolito sul finire dell’Ottocento.

È un’opera dalla vivacità straordinaria che restituisce il senso del movimento, intensi sono gli sguardi e pieni di furore i volti di coloro che qui sono effigiati.


Paiono roteare nell’aria le lame lucenti, si notano tra gli attributi del santo le molte conchiglie.

E San Giacomo appare così trionfante in sella al suo cavallo.

Ogni dettaglio è studiato con cura per suscitare un senso di stupore e di meraviglia.

È la testimonianza di un’epoca davvero lontanissima.

Luccicano di oro le ricchezze dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate.

E spicca questa dolcezza materna.

Ancora, su uno degli altari, è posta la statua della Madonna Immacolata di Ignazio Peschiera.

E ai piedi di lei certe reliquie di Sant’Antonio Abate.

E angeli, candidi e innocenti.

E dondolano davanti a questo sguardo amoroso i cuori che narrano di ex voto e di suppliche devote.

Il portone così schiude davanti all’azzurro di Genova.

Davanti all’oratorio potrete imboccare la scalinata ripida che conduce alle Mura delle Grazie.

E ancora, di fronte ai vostri sguardi, avrete il porto e la città.

L’’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina è aperto il sabato pomeriggio dalle ore 16.00 alle 17.30.
Qui si celebra la Santa Messa in latino nella forma straordinaria del Rito Romano, accade tutte le domeniche alle 9.45 e nelle solennità di precetto.

Questo luogo è una delle bellezze nascoste di Genova antica e merita una visita.

Se varcherete quella porta, oltre a tutto ciò che vi ho mostrato, potrete ammirare anche la ricca quadreria dal perduto Oratorio di San Giacomo delle Fucine.

Qui dove si staglia la figura ieratica di un santo venerato.

Sotto l’azzurro del cielo, tra le antiche case della Superba queste sono le meraviglie dell’Oratorio di Sant’Antonio Abate alla Marina.

Le vicende di Porta Pila

Sorgeva lungo le fronti basse delle fortificazioni ed è una delle porte monumentali della città: Porta Pila ha origini molto antiche, è opera di Bartolomeo Bianco e venne costruita nella prima metà del Seicento, sulla sua sommità si trova una statua della Madonna opera di Domenico Scorticone.
La Regina della Città a presidio della porta di accesso, sopra le mura edificate in difesa della Superba.

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Sul finire dell’Ottocento il destino della porta divenne oggetto di complesse e controverse discussioni e per comprendere cosa accadde si dovrebbe tentare di cogliere lo spirito dell’epoca.
La città sta cambiando, è il tempo delle innovazioni e degli ampliamenti, è il tempo di grandi rivoluzioni urbanistiche e delle nuove edificazioni.
Andiamo a quel 1892, al periodo che precede la grande Esposizione Italo-Americana organizzata per i 400 anni della scoperta dell’America: sulla Spianata del Bisagno, corrispondente alla zona compresa tra Piazza Verdi e Piazza della Vittoria, si terranno importanti manifestazioni che attireranno un folto pubblico.
In quell’epoca si inizia a costruire Via XX Settembre che sorgerà sul tracciato di strade destinate a scomparire: Via Giulia, Via della Consolazione e Via di Porta Pila.
Si guarda avanti, verso il futuro.
Vengono abbattute quelle fortificazioni note come fronti basse, parte di esse si trovava proprio davanti all’inizio dell’antica Via di Porta Pila, in quel tratto che oggi corrisponde all’incrocio tra Via Fiume e Via XX Settembre.
Osservate questa fotografia e prestate attenzione al palazzo che si vede sulla destra.

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Lo ritroviamo in questa bella immagine appartenente ad Eugenio Terzo e in primo piano, davanti all’edificio, svetta la maestosa Porta Pila.

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Ebbero così inizio vivaci discussioni, le due fazioni erano molto agguerrite, un interessante resoconto di quelle vicende fu scritto da Mario Bettinotti e si trova nel volume “Ma Se ghe penso…” pubblicazione di Realizzazioni Grafiche Artigiana risalente al 1972.
Da una parte c’erano i sostenitori della modernità e del cambiamento, tra essi l’ingegner Cesare Gamba, architetto ed ingegnere che progettò Via XX Settembre.
Come lui molti pensavano che la porta dovesse sparire da lì, tanti la trovavano anacronistica, soprattutto in vista della grandiosa Esposizione Italo-Americana, la porta era per loro un inutile ed ingombrante ammasso di pietre.
Luigi Arnaldo Vassallo, giornalista del Secolo XIX a tutti noto come Gandolin, disse la sua e scrisse queste poche taglienti parole: faccia ridere o faccia rodere quello è un rudere da radere.
Erano di diversa opinione altri rappresentanti del mondo della cultura, come ad esempio lo scultore Rota: costoro sottolineavano la valenza storica e artistica della porta, non meno importante era l’aspetto religioso e il fatto che essa fosse custodita dalla Madonna Regina di Genova.
Con buona pace di tutti, per l’Esposizione Italo-Americana la porta rimase al suo posto ma l’esacerbato dibattito continuò.

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Tra coloro che levarono la propria voce in difesa di Porta Pila chiedendo di lasciarla nella sua originaria collocazione anche Giuseppe Migone, ho avuto la fortuna di trovare un suo libretto pubblicato nel 1895 su una bancarella, sulla copertina egli stesso si definisce avvocato che non esercita.
In queste pagine egli esprime autentico affetto per questa costruzione, simbolo dell’indomito coraggio dei genovesi nella difesa della loro città, l’autore si addentra anche nella descrizione degli eventi storici che la riguardano.

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Dedica quindi diverse righe ad una questione che concerne le origini della porta.
Infatti diversi studiosi ritengono che Porta Pila provenga da Porto Maurizio, località alla quale era da principio destinata.
Citando vari studi Migone accredita invece una diversa versione: la porta in pietra di Finale condotta a Genova da Porto Maurizio non fu collocata a Porta Pila, quelle pietre andarono a rivestire la Porta Romana che si trovava all’ingresso di San Vincenzo, di questa porta non resta più traccia in quanto venne del tutto demolita.
A sostenere questa tesi anche altri illustri personalità come Francesco Podestà e Alfredo D’Andrade.
Questa circostanza, scrive Migone, dovrebbe ancor più far riflettere sul valore di Porta Pila in quanto le sue decorazioni sono state create apposta per lei e non provengono da un altro sito, inoltre egli non manca di sottolineare che malgrado ciò nulla esclude che sia opera di Bartolomeo Bianco.
Ed ecco l’immagine che c’è sul mio libretto, sotto di essa si legge: Porta Pila come si propone venga ridotta per conciliare le esigenze della viabilità e dell’estetica col dovere di conservare in loco un monumento che ha per Genova importanza storica artistica e religiosa ad un tempo.

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Pochi anni dopo la Porta venne smontata e ricostruita, destino volle che venisse collocata lungo il bastione di Montesano.
E indovinate un po’ cosa c’era a breve distanza? La villa di Cesare Gamba, uno dei più tenaci avversari della conservazione della porta nella sua originaria collocazione.
In questa immagine di Eugenio Terzo vedete Porta Pila e dietro di essa sulla destra il profilo della villa di Gamba.

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E ancora, osservate con attenzione questa immagine di Piergiorgio Gagna.
Tra la stazione Brignole e la villa di Gamba si scorge la sommità di Porta Pila.

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Sic transit gloria mundi, la dimora dell’ingegnere venne in seguito abbattuta ma la porta sopravvisse alla mano degli uomini.
Passarono altri anni e a metà del ‘900 Porta Pila venne ancora spostata e ricostruita a breve distanza e ancora adesso lì si trova, in Via di Montesano, racchiusa tra palazzi che ne sviliscono la grandiosa bellezza.

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Da Via Fiume quasi non la si nota, è davvero sovrastata dalla modernità.

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Si trova in una posizione non degna di lei, non sono solo i turisti a non conoscerla, anche molti genovesi non sanno che quella è una delle porte monumentali della città ora situata in una zona non certo di passaggio.
Meriterebbe cura e attenzione, meriterebbe una nuova collocazione più adatta alla sua magnificenza.

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E dispiace dire che avrebbe certo bisogno di un’accurata pulizia, anche le lapidi che raccontano i suoi giorni lontani risultano annerite e trascurate.

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Eppure anche questa è una parte importante della storia di Genova.

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Posuerunt me custodem, mi posero custode, così si legge sotto l’immagine della Madre di Dio.

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E sul marmo sono incise parole in latino a memoria dell’importanza strategica della porta per la città di Genova, spicca chiara una data: 1633.

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Una patina scura adombra anche le parole che consacrano Genova a Maria.

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Porta Pila non merita di cadere nell’oblio, meriterebbe invece una nuova valorizzazione e una nuova vita.
Sono trascorsi i secoli e Porta Pila svetta ancora nel cielo di Genova.

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E ancora il sole bacia i tratti dolci di Maria, custode della città.

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Il Presepe della Chiesa di San Sisto

In questo periodo dell’anno non può certo mancare una visita alla Chiesa di San Sisto, ho già avuto modo di narrarvi le sue tante storie, mi piace ricordarvele ancora perché questo luogo fa parte dell’antica storia di questa città, qui trovate il mio post dedicato a San Sisto.
Torno sempre volentieri in questa piccola chiesa stretta tra le case di Prè, nel cuore della città vecchia.

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E chiaro e luminoso il Natale di San Sisto.

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E c’è un abete decorato con le luci e le palline colorate, è proprio l’albero che piace ai più piccini.

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Qui troverete una cappella per una bambina speciale e non potete venire a San Sisto senza portarle un saluto: è Maria Bambina e questa sua statua il giorno 8 Settembre viene condotta in processione  tra la gente dei caruggi, questa è una tradizione sentita e molto commovente.

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Il Natale a San Sisto si celebra anche con un presepe semplice ma molto suggestivo.

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E poco distanti ci sono certi angeli  in perfetta armonia con la Natività.

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Sono entrata in chiesa e ho avuto la fortuna di incontrare Don Rinaldo che mi ha spiegato perché il presepe della chiesa di cui lui è parroco viene allestito in tale maniera, come potete notare è come diviso in due sezioni.
Il Bambino che nasce, mi ha detto Don Rinaldo, è Colui che poi morirà sulla croce, la sua parole e il suo messaggio vengono poi portati nel mondo proprio dai Santi.

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Così in questa rappresentazione della Natività in preghiera davanti alla Sacra Famiglia e in attesa della nascita di Gesù trovate San Francesco d’Assisi.

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E poi Sant’Antonio Abate.

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Sullo sfondo la croce e Santa Teresa del Bambin Gesù e Don Bosco.

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Così avviene la venuta al mondo del Figlio di Dio, tra i Santi.

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Sotto a questo cielo e sotto a questi colori tenui e delicati; è sempre una gioia tornare in questa chiesetta dei vicoli, se non la conoscete vi invito davvero a scoprirla.

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E poi, sapete, mi è anche capitata una cosa bellissima.
Uscita da lì ho continuato la mia passeggiata in Via Prè.
Poco lontano, in corrispondenza di Piazza Statuto, c’è una statua della Madonna Regina di Genova posta al di là di un vetro.
E c’era il sole, c’erano le nuvole, c’era uno stupefacente riflesso.
Così Maria per qualche istante è rimasta avvolta in quella evanescenza di cielo e nuvole chiare.
Un incanto di luce, in questi giorni così vicini a Natale.

Via Prè

Edicole e immagini sacre in Via Prè, sulle tracce della devozione

La devozione e il senso del sacro in una delle strade più caratteristiche e più note di Genova.
E allora addentriamoci in un sestiere dai tanti volti, alla ricerca delle vestigia di una religiosità antica e ancora presente su queste mura.

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Quante vie conosceva la fede e quale cammino seguiva la speranza nel mondo celeste?
E quante maniere c’erano un tempo per affidarsi alla divina provvidenza e alla generosità altrui?
La città era disseminata di cassette delle elemosine, di certe sono rimasti solo i vani che le ospitavano, ne ho trovati altri che presto vi mostrerò.
E c’erano le edicole dove erano collocate statue della Madonna o dei Santi.
Alcune ve lo ho già mostrate in questo articolo ma oggi vi porto proprio in Via Prè, saliamo da Piazza Santa Fede e osserviamo le edicole o ciò che ne rimane, il passato ancora vive prepotentemente su queste strade.

Via Prè

Un tabernacolo offuscato dalla patina degli anni, le devote donne di Prè in altri tempi avranno portato i loro pensieri e gli affanni che angustiavano le loro vite in questo luogo.

Via Prè - Edicola

Qui giungevano sospiri e speranze, magari si deponevano fiori per la Madre di Dio.
In un’edicola dipinta di blu troviamo questa statua, non è certo l’originale, c’è anche un intrico di fili, eppure ha ancora la sua antica sacralità.

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E’ a mani giunte un’altra Madonnetta, chissà quante preghiere in Via Prè!

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Poco distante ancora un tabernacolo, non c’è traccia di immagini ma sono sicura che questo luogo sia stato meta di tanti genovesi.

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Via Prè di Santi e di Madonne.
In questa zona un tempo c’era l’Oratorio di Sant’Antonio, ad di là dell’archivolto ancora c’è la bella Chiesa di San Sisto con le sue storie e i suoi misteri.

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E come avete potuto notare dall’immagine precedente lì c’è anche una piccola edicola che ospita una statua di Santa Caterina da Genova, una donna che fece molto per gli ultimi di questa città.

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Via Prè e i suoi palazzi antichi, dove gli edifici sono stati restaurati il colore si illumina della luce del sole.

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Ancora un’edicola vuota, nei pressi di Vico Dora.
E di nuovo il pensiero va a chi ha pregato in questo angolo della città vecchia, chiedendo soccorso ed aiuto in un momento di difficoltà.

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Si sale e poi ci si volta indietro, sul muro si può ammirare una splendida opera.

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E’ la Madonna della Misericordia, un ampio mantello scende sulle sue spalle, ai suoi piedi c’è il beato Botta raccolto in preghiera.

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Via Prè di colori e di contrasti.

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Via Prè di Santi e di Madonne.
E c’è anche il Santo più noto, il nostro San Giorgio che sconfigge il drago.

San Giorgio

Via Prè e l’antica religiosità di un tempo, l’ultima edicola si trova alla confluenza con Salita di San Giovanni, la statua rappresenta nuovamente la Madonna della Misericordia.

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Le preghiere e i pensieri, le preoccupazioni e il conforto.
Quante parole sussurrate, quanti piccole nascoste speranze.
E ancora c’è un’immagine che chiuderà questa passeggiata tra le figure sacre che troverete in Via Prè.
Percorrendo il percorso a ritroso occorre fermarsi all’altezza di Piazza Statuto.
Lei è lì, dietro a un vetro infranto e neanche tanto pulito ma nulla può appannare il suo splendore.
E’ la Madonna Regina di Genova, tiene a sé il suo bambino, il suo sguardo benevolente si posa sul coloro che percorrono la nostra antica Via Prè.

Madonna Regina di Genova