Neve e rami d’inverno a Genova

E questa è una storia di neve, di aria frizzante e di rami d’inverno in una città di mare.
Quando scende la bianca visitatrice, qui sulle nostre alture diventa per noi una piccola avventura: questo non è il nostro elemento e ci regala così una sorta di stupore quasi infantile.
Alla fermata della funicolare, tra diverse sfumature di bianco.

E bianco sulle creuze, sui muretti e sulle salite.

Sugli agrumi profumati che pendono dagli alberi.

Sull’olivo gentile che freme al freddo d’inverno.

Sulle ringhiere, sulle tegole, sulla chiesa della Madonnetta.

E sono diverse variazioni di gennaio, inattese eppure gradite.

E cartoline dall’inverno di Genova così particolari per noi.

La neve si posa sui rami spogli degli alberi e ne disegna i contorni.

Regala queste magie, effimere bellezze di stagione.

Abbagliante, lucente, gelido candore.

Sulle grate, sui binari della funicolare, silenziosa ospite.

Mentre si sentono cianciare i pettirossi che se ne stanno ben nascosti senza farsi vedere!

Una nevicata incantevole ha portato queste gocce di meraviglia ai nostri sguardi.

Ha avvolto ogni cosa nel suo freddo chiarore.

E questa è così una storia di neve e rami d’inverno a Genova, città di navi, barche, caruggi e tramontana.
Città di cieli turchesi e di onde, qui la neve è ospite inconsueta.
E così quando piano si accendono le luci del porto questa diventa una storia di oro, di tenue celeste e di bianco in una sera d’inverno e di Genova.

Storia di una nuvola

Questa è la storia di una nuvola che giorni fa ha dato spettacolo nel cielo di Genova.
Gonfia, candida, sembrava un vortice sospeso nel cielo.

Certe nuvole, a volte, catturano il tuo sguardo e tu resti semplicemente a guardarle e attendi soltanto di vedere cosa accadrà di loro.
Questa nuvola si stagliava contro l’azzurro accanto alla Chiesa della Madonnetta.

Poi, ad un tratto, il sole ha disegnato i contorni della nuvola e da questa si sono staccate certe piccole parti che hanno iniziato a fluttuare nell’aria della sera.

Talvolta il cielo è una magia e ha in serbo regali imprevisti.

Luce, sole, acqua, colori del tramonto e diverse sfumature di nuvole.

Striature di bianco, mutevolezza inquieta e continuo movimento.

E ancora, sulla nuvola, impalpabile cipria rosa.
E poi, con mio stupore, mi è parso di notare ancora qualcosa in più: le nuvolette piccole, in basso a destra, per qualche istante hanno presto le sembianze di due piccoli delfini guizzanti in questo mare celeste che ci sovrasta.

E poi ancora, oro sfavillante mentre il sole salutava la maestà del mondo.

E piano si è allontanato, lasciando le ombre e un velo grigio anche su quella nuvola, regina del cielo in una sera marzolina.

La neve di marzo

E alla fine è arrivata la neve di marzo e non era sola, qui a Genova si è fatta accompagnare da un vento arrabbiato ancor più potente qui sulle alture.
Poi la neve si è posata sul tetto della chiesa della Madonnetta.

Ed è rimasta per breve tempo candida e intatta, nessuno l’ha calpestata.

L’altra mattina c’erano pochi fiocchi sulla creuza ma la neve con questo vento gelido a diventare ghiaccio davvero ci mette poco.

Poi ancora, di bianco si sono coperte le mie tenere primule.

E una soffice coltre si è posata su certi scalini.

Neve sui tetti spioventi, sulle ringhiere e sui fiori di lavanda.

Neve sulle piante grasse e nei vasi.

E anche sui miei garofani rosa.

E poi, sapete, taluni sono più coraggiosi di altri.
Lo diceva anche De Gregori, ricordate?
Gli uccellini nel vento non si fanno mai male, hanno ali più grandi di me.

Altri, invece, sembrano patire il freddo e la potenza implacabile del vento.
Alcuni dei miei narcisi erano completamente abbattuti e così ho pensato di metterli in un vaso e di portarli in casa, almeno per qualche tempo mi regaleranno ancora la loro bellezza.

Mentre cadeva la neve, sull’orizzonte di Genova e sui miei fiori.

Corso Firenze, camminando nel passato

Vi porto con me, a passeggio per il mio quartiere.
Una curva, poi un rettilineo.
Ci fermeremo qui, in questo punto di corso Firenze.

Corso Firenze

Questo tempo è stato un altro tempo, così era questo tratto di strada all’inizio del ‘900, le immagini che vedrete sono tratte da due cartoline del mio impagabile amico Eugenio che qui ringrazio.
Questa è la città che muta e si estende sulle colline, con i corsi della Circonvallazione.
I due palazzi che vedete sul fondo ai nostri tempi sono coperti dai rami degli alberi.

Corso Firenze (2)

Qui se ne vedono gli ultimi piani: il palazzo giallo sulla sinistra fa angolo con Via Bernardo Strozzi, poi c’è il secondo edificio di colore verde e il terzo palazzo con le persiane ocra al tempo della nostra cartolina deve ancora sorgere.

Corso Firenze (2a)

Questa invece è un’altra prospettiva dei due edifici ritratti nel secolo scorso.

Corso Firenze (5)

E osservate ancora l’immagine antica, noterete che in Corso Firenze ancora non c’è il palazzo che qui si nota sulla sinistra.

Corso Firenze (3)

Venne costruito nel 1908 e con l’occasione invio un grato saluto agli architetti del bel tempo andato che avevano questa utile consuetudine di apporre le date di costruzione sopra gli edifici.

Corso Firenze (4)

Alziamo gli occhi, verso le alture che circondano Genova.
Ecco l’Hotel Righi, con la sua vista impagabile sul Golfo.

Hotel Righi

Ed esiste tuttora, ai nostri giorni qui ci sono delle abitazioni private.

Hotel Righi (2)

Inconfondibile si distingue la Chiesa della Madonnetta, io la vedo dalla mia finestra e sento il suono delle sue campane.

Madonnetta

I luoghi cambiano ma a volte sembrano restare identici a com’erano un secolo fa.

Madonnetta (2)

Osservo i dettagli, una particolare costruzione è un buon punto di riferimento, da Corso Firenze è anche ben visibile il profilo di una nicchia.

Salita Madonnetta

Ci sarà ancora questa casetta?
Certo, è questa palazzina verde, attualmente coperta da altri edifici, accanto si nota una creuza che sale.

Salita Madonnetta (2)

E allora percorriamo Salita della Madonnetta, tra sole a picco e ombra confortatrice.

Salita Madonnetta (3)

E quasi in cima troviamo l’edificio che ci interessa, all’epoca da Corso Firenze si potevano vedere  la creuza e la palazzina.

Salita Madonnetta (4)

E poi c’è Lei, la Madre di Dio che presidia ogni angolo della città della quale è Regina.

Salita Madonnetta (5)

La città cambia e cresce, gli uomini la ampliano in base alle loro esigenze.

Salita Madonnetta (6)

E osserviamo ancora, torniamo in Corso Firenze: alle spalle di uno degli edifici immortalati sulla cartolina c’è una piccola abitazione che si distingue per il tetto spiovente.

Corso Firenze (6)

Guarda bene tra i palazzi di Corso Firenze.

Corso Firenze (7)
Il tempo perduto è una piccola casetta gialla.

Salita Madonnetta (7)

Corso Firenze (8)

Il tempo perduto è il tempo del quotidiano, oggi più frenetico, allora più lento.
Trattieni il tempo perduto, appoggia la mano sulla ringhiera.

Corso Firenze (9)

Corri, nel futuro e nel passato.
Nel tempo di mezzo, tra il domani che verrà e quello sconosciuto tempo trascorso.
Appoggia la mano sulla ringhiera.

Corso Firenze (10)

Il tram sferraglia, c’è una scala tra il muro e il palo, in fondo si vede una sorta di carrettino, non so proprio di cosa si tratti: Eugenio mi ha detto che secondo lui erano in atto lavori stradali, probabilmente si stavano mettendo dei pali per l’elettrificazione del tramway.

Corso Firenze (11)

A breve distanza ci sono dei giardini.

Corso Firenze (12)

Corri, corri nel tempo perduto.
E troverai su quell’erba due bambine, forse sono sorelle, indossano lo stesso cappellino.
Una è più grandicella, ha la giacca con grandi bottoni chiari, l’altra bimbetta invece porta un abitino con il colletto ampio impreziosito da una raffinata rifinitura.
È il tempo dei giochi, si va in Corso Firenze con una carriolina di legno.
E mi sono chiesta chi l’abbia costruita, davvero!
E queste due piccine avranno avuto poi una lunga vita felice?

Corso Firenze (13)

Alle loro spalle, oltre la ringhiera, a destra della chiesa, poche case e poi alberi.
In quello spazio vuoto, in quel luogo che deve ancora nascere c’è tutta la mia vita e quella di molti genovesi.
Lì sorgerà la mia casa, ci saranno i miei ricordi, i quaderni, i fiori, i libri, la scrivania sulla quale scrivo.
In quello spazio. Vuoto. C’era il tempo ancora da immaginare, c’era la vita che ancora non esisteva.

Madonnetta (3)

E poi.
E poi il tempo scorre.
Lì è sorta la mia casa.
Lì ci sono i miei ricordi, i quaderni, i fiori, i libri, la scrivania sulla quale scrivo.

Madonnetta (4)

E sul prato c’è ancora il tempo perduto.
È negli alberi appena piantati, cresceranno e diventeranno alti e rigogliosi.
È nei passi incerti di una piccolina, sua sorella è quella che regge la carriola.
È ancora là, quel tempo perduto, ha il suono dolce delle risate di due bambine.

Corso Firenze (14)

Creuze sotto la neve

La neve!
La neve in sé ha quella magia, quel fulgido candore.
Il mondo sembra quasi ovattato sotto la neve, i suoni si attutiscono, il freddo si fa sempre più pungente.
Noi siamo gente di scoglio, non di montagna.
E abbiamo una città che è tutta un saliscendi e quanto è complicata viverla quando fuori nevica!
C’è poco da fare, noi liguri non siamo certo creature da climi rigidi e freddi.
E sì, certo la bianca visitatrice ha il suo incanto e il suo fascino, nessuno lo discute!
Il fatto è che dalle nostre parti abbiamo le creuze, incantevoli mattonate ripide ed irte, portano al mare, ma anche sulle alture.
E insomma, con la neve non sono proprio agevoli le nostre belle creuze.

E allora saliamo, su per le scalette attenti a non cadere, mi raccomando!

Piano, piano, senza scivolare!

Le prossime tre immagini sono state scattate lungo le strade del levante cittadino dalla splendida nipote di Miss Fletcher.
Fare un bel ruzzolone giù per questa discesa direi che è semplicissimo!

Ma anche arrancare su di qua non sembra tanto rassicurante!

Questa è corso Europa, avvolta in una nuvola lattiginosa.

Ha iniziato a nevicare a mezzogiorno e finora non ha smesso.
Ovviamente qui il vento non manca mai, così i fiocchi scendono allegramente in ordine sparso!
E si posano sulle foglie che reggono piacevolmente quel dolce peso.

Tutto intorno è un fuggi fuggi di passerotti intirizziti! Che freddo, voliamo al riparo che qua ci gelano le piume!
Mentre tornavo a casa ho visto questa mimosa, ancora non troppo carica di neve nel momento in cui l’ho ritratta.

Eh, io non ci avevo pensato, ma la mia romantica nipotina ha disegnato questo sulla neve, ma che meraviglia!

E scende la neve, silenziosa e gelida.
La chiesa della Madonnetta, che ieri avete visto baciata dal sole, oggi si presentava così, spolverata di bianco, in questa sera d’inverno, sotto la neve che ancora cade.

L’attimo

L’attimo è quella minuscola frazione di tempo che può mutare un destino, è in quell’istante, che scorre rapido senza apparentemente lasciare traccia, che a volte capita l’imponderabile.
Può essere un incontro, un’immagine, un pensiero, una musica o un movimento.
Ed ha lo spazio di un attimo, durante il quale tutto può accadere.
L’attimo, quel nostro attimo, arriva a sorpresa, inaspettato, ti lascia senza capacità di reazione, non ti concede di pronunciare la parola giusta, provi a rifletterci,  ma  l’attimo sembra essere già svanito,  fuggito via verso un passato che non è più tuo.
Ma anche quell’attimo, per uno di quegli scherzi che gioca il tempo, ti è appartenuto, in qualche maniera.
E se è stato un attimo di incommensurabile felicità, allora ne senti la mancanza.
Ti volti indietro, come a cercare qualche appiglio, qualche legame che ti ricongiunga a quella sensazione, perchè in quell’attimo c’era tutto.
C’era lo stupore, l’incanto, il senso che ogni cosa fosse possibile.
C’era la meraviglia, la fretta, il desiderio di imprimere nella mente la bellezza rinchiusa in quella porzione di infinito, concatenata a mille altri attimi, assai più banali, molto meno memorabili.
C’era l’indecisione, l’esitazione, come lo si trattiene un istante nel quale si manifesta tutta la grandiosità dell’universo?
Non ci sono parole adatte ad esprimere ciò che si prova in certi attimi, forse i poeti le hanno, le hanno coloro che sanno inanellare frasi, rime e ricordi ed immortalarli per sempre,  è davvero difficile, a volte, scegliere le parole.
E’ inverno.
Certe mattine il cielo è plumbeo, quasi metallico, è un cielo d’ardesia e d’argento.
Ci sono nuvole scure che si inseguono, si sovrappongono l’una all’altra, in infinite tonalità di grigio.
E’ stato questo, un attimo quasi imprendibile, rapido ed evanescente, casuale ed imprevisto.
Era freddo, con questo cielo cupo.
E poi d’un tratto, un raggio di sole, non saprei dire se fosse timido o prepotente, di certo so che si è fatto strada tra quel grigiore e le nuvole gli hanno ceduto il passo, ed ha brillato per un attimo, un attimo che è sembrato eterno.
E la sua luce è caduta dorata e trionfante sul campanile della Madonnetta, ha luccicato vittoriosa e solare, senza rivali, al di là delle nuvole e della stagione presente.
Nella natura e nei suoi motori c’è una potenza che va oltre la nostra capacità di comprensione, ci è semplicemente donata e concessa, senza che noi abbiamo fatto nulla per meritarla.
E’ stato un attimo, solo un attimo.
Ed io sono andata via prima che svanisse.

26 Gennaio 2012, Chiesa della Madonnetta