Vi porto con me, a passeggio per il mio quartiere.
Una curva, poi un rettilineo.
Ci fermeremo qui, in questo punto di corso Firenze.

Questo tempo è stato un altro tempo, così era questo tratto di strada all’inizio del ‘900, le immagini che vedrete sono tratte da due cartoline del mio impagabile amico Eugenio che qui ringrazio.
Questa è la città che muta e si estende sulle colline, con i corsi della Circonvallazione.
I due palazzi che vedete sul fondo ai nostri tempi sono coperti dai rami degli alberi.

Qui se ne vedono gli ultimi piani: il palazzo giallo sulla sinistra fa angolo con Via Bernardo Strozzi, poi c’è il secondo edificio di colore verde e il terzo palazzo con le persiane ocra al tempo della nostra cartolina deve ancora sorgere.

Questa invece è un’altra prospettiva dei due edifici ritratti nel secolo scorso.

E osservate ancora l’immagine antica, noterete che in Corso Firenze ancora non c’è il palazzo che qui si nota sulla sinistra.

Venne costruito nel 1908 e con l’occasione invio un grato saluto agli architetti del bel tempo andato che avevano questa utile consuetudine di apporre le date di costruzione sopra gli edifici.

Alziamo gli occhi, verso le alture che circondano Genova.
Ecco l’Hotel Righi, con la sua vista impagabile sul Golfo.

Ed esiste tuttora, ai nostri giorni qui ci sono delle abitazioni private.

Inconfondibile si distingue la Chiesa della Madonnetta, io la vedo dalla mia finestra e sento il suono delle sue campane.

I luoghi cambiano ma a volte sembrano restare identici a com’erano un secolo fa.

Osservo i dettagli, una particolare costruzione è un buon punto di riferimento, da Corso Firenze è anche ben visibile il profilo di una nicchia.

Ci sarà ancora questa casetta?
Certo, è questa palazzina verde, attualmente coperta da altri edifici, accanto si nota una creuza che sale.

E allora percorriamo Salita della Madonnetta, tra sole a picco e ombra confortatrice.

E quasi in cima troviamo l’edificio che ci interessa, all’epoca da Corso Firenze si potevano vedere la creuza e la palazzina.

E poi c’è Lei, la Madre di Dio che presidia ogni angolo della città della quale è Regina.

La città cambia e cresce, gli uomini la ampliano in base alle loro esigenze.

E osserviamo ancora, torniamo in Corso Firenze: alle spalle di uno degli edifici immortalati sulla cartolina c’è una piccola abitazione che si distingue per il tetto spiovente.

Guarda bene tra i palazzi di Corso Firenze.

Il tempo perduto è una piccola casetta gialla.


Il tempo perduto è il tempo del quotidiano, oggi più frenetico, allora più lento.
Trattieni il tempo perduto, appoggia la mano sulla ringhiera.

Corri, nel futuro e nel passato.
Nel tempo di mezzo, tra il domani che verrà e quello sconosciuto tempo trascorso.
Appoggia la mano sulla ringhiera.

Il tram sferraglia, c’è una scala tra il muro e il palo, in fondo si vede una sorta di carrettino, non so proprio di cosa si tratti: Eugenio mi ha detto che secondo lui erano in atto lavori stradali, probabilmente si stavano mettendo dei pali per l’elettrificazione del tramway.

A breve distanza ci sono dei giardini.

Corri, corri nel tempo perduto.
E troverai su quell’erba due bambine, forse sono sorelle, indossano lo stesso cappellino.
Una è più grandicella, ha la giacca con grandi bottoni chiari, l’altra bimbetta invece porta un abitino con il colletto ampio impreziosito da una raffinata rifinitura.
È il tempo dei giochi, si va in Corso Firenze con una carriolina di legno.
E mi sono chiesta chi l’abbia costruita, davvero!
E queste due piccine avranno avuto poi una lunga vita felice?

Alle loro spalle, oltre la ringhiera, a destra della chiesa, poche case e poi alberi.
In quello spazio vuoto, in quel luogo che deve ancora nascere c’è tutta la mia vita e quella di molti genovesi.
Lì sorgerà la mia casa, ci saranno i miei ricordi, i quaderni, i fiori, i libri, la scrivania sulla quale scrivo.
In quello spazio. Vuoto. C’era il tempo ancora da immaginare, c’era la vita che ancora non esisteva.

E poi.
E poi il tempo scorre.
Lì è sorta la mia casa.
Lì ci sono i miei ricordi, i quaderni, i fiori, i libri, la scrivania sulla quale scrivo.

E sul prato c’è ancora il tempo perduto.
È negli alberi appena piantati, cresceranno e diventeranno alti e rigogliosi.
È nei passi incerti di una piccolina, sua sorella è quella che regge la carriola.
È ancora là, quel tempo perduto, ha il suono dolce delle risate di due bambine.
