Un terrazzino sopra Via San Luca

Accadde un po’ di tempo fa: ero sulla terrazza panoramica del Museo di Palazzo Spinola di Pellicceria.
E lì di fronte c’è un terrazzino.
Sapete, una di quelle meraviglie incastonate tra i tetti e l’azzurro del cielo.

Tetti di Genova (3)

Faccio una foto, la condivido su Twitter e scopro che questa è la casa di coloro che dispensano preziosi consigli sulla Superba: Genova4Tourist, dritte e bellezze per chi visita Genova direttamente da chi vive in città.
E ieri, sotto un sole scintillante, sono salita lassù.
E così oggi vi racconto Genova da quel terrazzino, è sempre un’emozione grande scoprire la Superba da un nuovo punto di vista.
Una scaletta, le geometrie spioventi del tetto, qualche gradino.

Tetti di Genova (4)

E ad ogni passo Genova si svela.

Tetti di Genova (5)

Guarda, ecco la celebre terrazza di Palazzo Spinola, è a breve distanza.

Tetti di Genova (5a)

Cielo azzurro, niente vento, il caldo d’inizio estate.

Tetti di Genova (6)

E i consueti stupori.
Da un palazzo all’altro, nella città vecchia, il panorama muta e ogni volta puoi scoprire nuove bellezze.
E vedi la linea del mare,  la vita di una città portuale, la curva della sopraelevata che si snoda tra le case alte.

Tetti di Genova (7)

Guarda lassù, i palazzi della Spianata e l’ascensore di Castelletto.

Tetti di Genova (8)

Mentre sbocciano i fiori e davanti a te si estendono gli splendori della Superba.

Tetti di Genova (9)

Ed è un continuo susseguirsi di campanili, finestrelle, altri terrazzi, il tempo di Genova sfiora il cielo.

Tetti di Genova (10)

E svetta maestosa la Torre degli Embriaci.

Tetti di Genova (11)

A sinistra dell’immagine si vede parzialmente la chiesa di San Luca, su tutto predomina la Cattedrale di San Lorenzo.

Tetti di Genova (12)

E poi persiane aperte ed abbaini.

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Vicoli, caruggi e piazzette sono sotto di te.
Ed è proprio quella città, la sua poesia è in certe parole di Giorgio Caproni che amo sempre citare:

Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria, scale.

Tetti di Genova (14)

E se hai un terrazzino come questo cosa fai?
Ci metti un tavolino, le sedie e ti lasci accarezzare dalla luce delle calde sere d’estate.

Tetti di Genova (15)

Tra comignoli, profili di caruggi ed ancora campanili.

Tetti di Genova (16)

E non potrai mai dire di aver veduto Genova se non hai ammirato la distesa dei suoi tetti, lo sanno bene i visitatori che salgono la scaletta che porta al terrazzino di Palazzo Rosso.

Tetti di Genova (17)

C’è un silenzio magico sopra San Luca, mentre osservo la città nella cornice della ringhiera.

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Sono queste le armonie che svelano la sua identità, il suo spirito fiero, quella bellezza che dovremmo saper esaltare.

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Cartoline da Genova, da un terrazzino sopra i tetti, in una mattina di giugno.

Tetti di Genova (19a)

E tutto attorno è un trionfo di fiori, piante e alberelli che respirano l’aria del mare.

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Genova d’azzurro, di acqua e di cielo.
Si staglia candido il profilo di Palazzo San Giorgio, non lo avevo mai veduto da questa prospettiva.

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E poi.
E poi, chiacchiere tra amici, ancora ardesia, estate e focaccia.
Lassù, sui tetti.

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E petali che si aprono al sole e si dischiudono generosi.

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Le campane suonano, i gabbiani si librano alti e un aereo sorvola la città.

Tetti di Genova (24)

Ringrazio gli amici che mi hanno ospitato, mi hanno regalato ancora nuove meraviglie.
Questa è la mia Genova, la città che amo, vorrei che tutti potessero vederla così.
Splendente, nella sua unicità.
Vera e Superba, da un terrazzino sopra Via San Luca.

Tetti di Genova (25)

#maresottosopra, navigando da Camogli a Genova

Navigando verso Genova, durante l’avventura di #maresosopra.
E se ancora non siete innamorati della Liguria basterà questo breve viaggio a imprimerla per sempre nel vostro cuore.
Si lascia Camogli, con un tiepido venticello.

Maresottosopra (2)

Davanti a noi la costa e le case arrampicate sulla collina.

Maresottosopra (3)

Una barca veleggia dolcemente davanti al litorale di Recco.

Maresottosopra (4)

Sulle onde che lambiscono la terra di Liguria con lo sguardo segui il susseguirsi di luoghi noti e tanto frequentati in qualunque stagione dell’anno.

Maresottosopra (5)

E quando vedi le casette alte e una chiesa sulla spiaggia sai di essere di fronte a Sori.

Maresottosopra (6)

Sul mare, nel tepore del sole di primavera.

Maresottosopra (7)

E tra le tante case una è davvero particolare, bianca e rotonda, è come posata sulla roccia.
Immagino una terrazza, una veranda e piante rigogliose, penso alla magia di sedersi lì ad attendere il tramonto mentre l’onda si frange sugli scogli.

Maresottosopra (8)

Navigando verso Genova, una delle emozioni di #maresottosopra.
E poi vedi un ponte, a destra una ripida salita, una spiaggia e una chiesa che domina il mare e allora sai che stai ammirando Bogliasco, una delle mete predilette dei genovesi.

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Navighiamo e ci avviciniamo all’estremo levante della Superba.
E ancora si vedono le belle case immerse nel verde rigoglioso delle pacifiche colline.

Maresottosopra (10)

Eppure non sì può fare a meno di notare un particolare che non ha nulla di romantico.
Lì, davanti ai nostri occhi, appare ben evidente lo squarcio della frana, siamo a Capolungo, fragile terra di Liguria che merita cura e rispetto da parte di tutti noi.

Maresottosopra (11)

E da qui in poi si distende Genova con le sue tante bellezze.

Maresottosopra (12)

La passeggiata di Nervi.
E ci sono due innamorati appoggiati alla ringhiera, la signora con il cagnolino, il ragazzo con lo skate e quello seduto sui gradini.

Maresottosopra (13)

E ancora, casette colorate e tinte pastello e un’amata e celebre insenatura, il porticciolo di Nervi.

Maresottosopra (14)

E non credo che servano altre parole.

Maresottosopra (15)

La nave solca l’azzurro e si supera il levante cittadino.

Maresottosopra (16)

Qui, davanti a noi, lo scoglio di Quarto e il monumento ai Mille.

Maresottosopra (17)

E poi vedi il profilo di un castello proteso sul mare, siamo a Capo Santa Chiara.

Maresottosopra (18)

E un piccolo borgo, tu sai che i gozzi sono là posati sui sassi e davanti alla gelateria c’è la solita coda.
E questa è Boccadasse vista dal mare.

Maresottosopra (18A)

Piano, piano verso il centro di Genova, ecco la chiesa di Sant’Antonio e la parte finale di Corso Italia.

Maresottosopra (20)

La spiaggia spaziosa, l’abbazia di San Giuliano e certo laggiù c’è qualcuno seduto sul muretto.

Maresottosopra (21)

Una vela bianca, il mare, il faro.

Maresottosopra (22)

Le ampie strade della Foce.

Maresottosopra (23)

E il profilo dei palazzi di Piazza Rossetti.

Maresottosopra (24)

La Fiera del Mare e ancora le alture.

Maresottosopra (25)

Si rientra e intanto altri prendono il largo su una maestosa nave da crociera.

Maresottosopra (26)

Il porto e la sua vita, la città che si estende sulle colline.

Maresottosopra (26A)

Mare blu, intenso e tutti i colori di Genova.

Maresottosopra (27)

Osservi, cerchi i monumenti, le chiese le strade che percorri ogni giorno.

Maresottosopra (26A)

E poi lo sguardo incontra la Lanterna.

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E il campanile della Cattedrale di San Lorenzo e poco distante la Torre degli Embriaci.

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Bellezze e stupori della Superba.

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E se sei genovese mentre ti avvicini al tuo approdo una musica e certe parole risuonano nella tua testa, a cantarle è la voce inconfondibile di Ivano Fossati.

Chi guarda Genova sappia che Genova
si vede solo dal mare
quindi non stia lì ad aspettare
di vedere qualcosa di meglio, qualcosa di più.

Maresottosopra (33)

Ti volti indietro, ancora una volta.

Maresottosopra (34)

E poi giungi all’imbocco del Porto Antico, ecco il luogo dove noi andiamo ad ammirare il tramonto.

Maresottosopra (35)

E cerco la mia casa sulle alture, lo faccio sempre quando sono da queste parti.

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Le barche si riflettono nel blu.

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Ed ecco Genova, così la vedi arrivando dal mare.

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E qui termina il viaggio, nel cuore del Porto Antico.
Ringrazio ancora Pecoraverde , Whalewatch Genova, Paolo Ratto e tutti coloro che hanno contribuito a rendere l’evento di #maresottosopra un’esperienza affascinante che ha regalato a tutti noi splendide emozioni.
Ci ha donato anche questo, abbiamo veduto la costa di Liguria e Genova dal mare.

Maresottosopra (39)

Un terrazzino in Vico di Coccagna

Accadono cose strane e belle, a volte.
Taluni sono lettori silenziosi, frequentano queste pagine senza manifestarsi.
E tra loro c’era anche lei, Daniela.
E poi un bel giorno Miss Fletcher ha svelato il suo nome e così Daniela ha scoperto che questo blog lo scrive una persona che lei conosce bene, da tanto tempo.
Compagne di liceo e di università.
Ve l’ho detto, accadono cose strane e belle, a volte.
E lei legge, legge che amo andar per terrazzini, lassù dove si vedono i tetti e le ardesie.
E mi porta lassù, su quel terrazzino che circonda la sua casa, in una parte di caruggi che amo particolarmente, a ridosso di Via Ravecca.
Due amiche, i ricordi di scuola, una giornata di sole e una tazza di caffé.
Qui, su un terrazzino di caruggi.

1

E tutto attorno la città che amo, che è così vicina eppure silenziosa.
Lassù, nel regno dei gabbiani che volteggiano in cielo e compiono parabole infinite, seguirle è un gioco della mente.

2

Tetti spioventi, finestre e piante grasse.
E la linea perfetta, il mare.

3

Cammino tra i fiori, sopra la città.
Osservo, scopro cose mai vedute, mutando punto di osservazione la città si svela e mostra i suoi segreti.

4

E volano quassù gli uccellini, c’è un angolino tutto per loro.
A volte la vita sa essere dolce, è vero?
Qui, su un terrazzino in Vico dei Coccagna.

5

Un terrazzino? No, due!
Una scaletta che porta in alto, sopra le ardesie, davanti ai comignoli.
Un tavolino, una sdraio, i gerani.
E un orizzonte infinito, tutto intorno.

6

E lassù, su un terrazzino di caruggi, puoi persino avere un piccolo orto!

7

Le case, abbarbicate sulle alture della città in salita.

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Storie di caruggi e campanili, voi genovesi li riconoscete?
Da sinistra verso destra si notano San Silvestro, Sant’Agostino e Santa Maria in Passione.

9

Storie di una città ogni giorno da scoprire, il suo bianco teatro e le cupole del Palazzo della Borsa.

10

La misteriosa Torre dei Maruffo, quando cammini per le strade di Genova non la vedi, è chiusa tra le case di Canneto, nascosta ed invisibile da certe prospettive.
Eppure è così alta, ogni volta vederla è un’emozione!

11

E’ una mia debolezza cercare le superbe torri della Superba, se guardate gli antichi quadri Genova ne era disseminata.
E sono ancora la testimonianza della sua grandezza, dell’orgoglio di Genova e dei suoi abitanti.
Chissà se un giorno riuscirò a salire sulla Torre degli Embriaci!
Continuo a scriverlo nella speranza che il desiderio si avveri.

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Sì, io cerco le antiche torri.

13

Lassù, sul terrazzino sul tetto, si guarda giù, verso altri tetti e verso l’altro terrazzino che ci attende al termine della scaletta.

14

La città è di vetro, a volte.
Di vetro e specchi, specchi che per me hanno solo un pregio, riflettono le antiche case della città vecchia.

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Di vetro e acciaio davanti a Santa Maria in Passione.

16

Io in posti come questo mi perdo.
Mi perdo nella profondità del vicolo, a seguire le curve gentili della mia città.

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Ad ammirare chiese e campanili, non puoi vederli in questa maniera da nessun’altra parte, solo su un terrazzino di carruggi.

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Sì, la vita è dolce quando hai un’amaca per dondolarti al sole.

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E quando hai un tavolo di ferro e quattro sedie, i vasi con le piante e il silenzio che ti regala l’altezza.

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E per me è ancor più dolce quando riesco ad andare lassù, sopra le ardesie calde di sole.

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La vita è dolce quando si conserva il desiderio di sorprenderci di ciò che conosciamo bene, quando sappiamo trovare gioia nel nostro quotidiano, quando sappiamo scoprire la bellezza attorno a noi.

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Quando dalla finestra della tua cucina vedi i tetti e la città.

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E quando ti affacci e davanti ai tuoi occhi trovi il mare calmo e azzurro.

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Ringrazio la mia meravigliosa amica per avermi aperto la sua splendida casa, tornerò qui a guardare un tramonto o un cielo denso di nubi cupe e minacciose cariche di pioggia, ho immaginato i lampi squarciare le nuvole e il tuono rimbombare in lontananza.
Ho immaginato questo, mentre ero lassù,  in una giornata limpida e tersa.

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Via San Bernardo, un terrazzino e la poesia dei tetti

Venite con me, vi porto ancora a guardare la città dei tetti.
E ci sono arrivata per un caso lassù, per una circostanza bella e fortunata ieri ho conosciuto una persona che abita in un palazzo in Via San Bernardo.
Proprio all’ultimo piano, vicino al cielo.
Oh, meraviglia!
E così ho posto la consueta speranzosa domanda:
– Potrei venire a casa tua a guardare Genova dal tuo terrazzo?
Sì, sì, ho detto proprio così!
E mi sono ritrovata su un minuscolo terrazzino sospeso sopra la città dei tetti.

Genova

Ogni volta che si osserva Genova dall’alto, ci si ritrova davanti uno spettacolo differente.
Una diversa prospettiva e rimani a cercare campanili, chiese, strade.
E piazze e caruggi, là sotto.
Via San Bernardo, ecco le sue case alte dai colori caldi.

Genova (2)

Ma guardare la città dei tetti significa seguire le ardesie spioventi e le loro geometrie.

Tetti

Simmetrie verticali, sullo sfondo un cielo velato di nuvole.

Tetti (6)

E poi piante, tende parasole e finestre spalancate.

Tetti (5)

Il piccolo terrazzino, le case che lo circondano e la poesia dei tetti.

Genova (5)

E lì, a pochi metri, la magnificenza della Torre degli Embriaci.
Eh, un giorno o l’altro ce la farò a salire lassù!

Torre Embriaci (2)

Un punto di osservazione unico e privilegiato.
E’ misteriosa la città dei tetti, sotto di sé cela i vicoli ombrosi, i muri di pietra, le colonne levigate dal tempo.
E’ muta e silenziosa, non si ode voce, suono o frastuono.
E’ chiara, di luce e di aria.

Tetti (4)

E provi a indovinare ogni casa, ogni dimora.
Cammino spesso in queste strade, da quassù tutto è diverso.

Tetti (3)

E dalla città dei tetti si parte per volare lontano.

Tetti (2)

La città dei dogi, la Croce di San Giorgio che sventola sulla Torre Grimaldina, il candore del Teatro Carlo Felice.

Genova (4)

E ancora bianco, che si perde tra le ardesie chiare.
Il campanile di San Lorenzo e al centro dell’immagine si nota la Torre dei Maruffo.

Genova (3)

La torre sovrasta Canneto il Lungo, da San Bernardo si vede la sua parte posteriore.
Sono le vedute particolari di certi terrazzini dei vicoli.

Torre Maruffo

Sono rimasta un po’ lassù, in un pomeriggio d’estate, non posso che dire grazie alla generosa padrona di casa che mi ha aperto la sua porta.
E mi accade spesso, è una cosa bella.
La città dei tetti, così differente da lassù, svela scorci mai veduti, nasconde angoli ben noti, cammino ogni giorno tra quelle case, conosco le strade, le piazze, i caruggi eppure li cerco quando guardo la città dall’alto.
Da un minuscolo terrazzino in Via San Bernardo, accanto alla torre degli Embriaci.

Torre Embriaci

Sono rimasta lassù.
Senza vento, nessun suono e nessun frastuono.
E’ la mia città e non smette di stupirmi.
Ha le sue maniere di svelarsi e di mostrarsi, ha i suoi misteri e i suoi incanti anche per me che la vivo ogni giorno.
E così sono rimasta lassù.
Tra luce e ombra, tra cielo e ardesia, davanti alle stupefacenti prospettive della mia Genova.

San Lorenzo Campanile

Zena e la Torre degli Embriaci, la vista dal campanile di Santa Maria di Castello

E si ritorna, si ritorna a Santa Maria di Castello.
Il giardino è fiorito, splende la primavera e ci attende un’ascesa verso l’alto su per quel campanile che tante volte ho guardato da là sotto.
Ah, come sarebbe bello salire lassù e ammirare la Torre degli Embriaci che si stagliano contro il cielo della mia Zena!

E sono salita, insieme al mio amico Gian, che mi ha accompagnata fin lassù!
Eh, resta da comprendere perché una che soffre di vertigini si intestardisca in queste imprese, vallo a capire!
Ma queste sono le scale, con i gradini ricoperti della polvere dei secoli passati.

E si sale, verso l’alto.

E cosa può capitare di vedere, secondo voi, salendo su un campanile?
Oh, una stanza piena di candelabri preziosissimi, a decine!
Finemente intarsiati e lavorati, ricoperti dalla foglia d’oro.

E poi si sale, si sale ancora.
E c’è l’ultima stanza, guardate bene il soffitto, noterete  un foro.

Credo proprio che da lì passasse la corda, era organizzato il campanaro di Santa Maria di Castello, cosa credete!
Mica si faceva tutte queste scale!

Ancora un piccolo sforzo, coraggio che ci siamo quasi, la vedete la luce in cima alla scala?
Ah, le vertigini qui non le ho mai sentite, finalmente!
Sarà stata la felicità!

E finalmente le campane!
Ieri, nel giorno del Lunedì dell’Angelo, mentre molti altri si affollavano sui prati  per il consueto ed abituale picnic, io ero qui, sul campanile di Santa Maria di Castello.
Ve l’ho detto che sono strana!

Erano quasi le dieci del mattino e il mio amico Gian mi ha insinuato un ragionevole dubbio:
– Può darsi che tra poco suonino…
E infatti, con un tempismo eccezionale, sono riuscita ad essere lassù proprio nel preciso istante nel quale è partito un allegro suono che si è diffuso nell’aria, raggiungendo i vicoli circostanti e le case che circondano Santa Maria di Castello.
Che esperienza!
Sapete, stavo guardando fuori, quando le campane hanno iniziato a suonare e ho fatto un salto per lo spavento, ma accidenti!
Bellissimo!
I miei timpani comunque sono rimasti indenni, nessun problema!

E qui, sul pavimento, ci sono i fori dai quali passava la corda per azionare il movimento delle campane.

E là fuori, la Superba.
Se ancora non la conoscete ve la presento, la città delle ardesie e della tramontana, con il cielo velato di nubi, il Bigo, i campanili, le case arrampicate sulla collina, questa è Zena.

E poi ancora, questo è il mare, il porto e l’orizzonte di Liguria.

E i caruggi, le nuvole scure e minacciose che sovrastano  la chiesa di Santa Maria in Passione e le sue rovine.

E poi ciò che desideravo di vedere da tanto tempo, così in alto, così vicina.
La torre del valoroso crociato Guglielmo Embriaco.

Eh, come mi piacerebbe arrivare anche lassù in cima, voi non sapete!
Ma l’ho veduta da quell’altezza, ho visto i suoi merli, le sue pietre, quegli antichi mattoni, quella fierezza lontana.
La torre di Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio.

E poi sono scesa, piano piano per non scivolare!
Con ancora negli occhi e nel cuore la vista della mia meravigliosa Genova da lassù.
Una piccola porta, chiusa a chiave.
Che mai ci sarà al di là?
Il tetto della chiesa.
Il mare, una nave.
Il cielo.
E Zena.

Santa Maria di Castello, splendori e ricchezze di una chiesa

Una salita ripida, nel cuore della vecchia Genova.
Una salita, che conduce a un luogo antico e ricco di storia, quante vite, quanti uomini hanno calpestato queste strade!
Osservate bene,  c’è un ferro piantato nel muro.
E’ un ferro di sostegno e tanti ce ne sono nei nostri caruggi.

E si sale, passo dopo passo, su per la mattonata.

E poi lo sguardo va al di là del muro, e in mezzo alle case la si scorge, non senza stupore se non l’hai veduta mai, Santa Maria di Castello.

Questa chiesa, alle spalle del quartiere del Molo, è situata in una zona antichissima.
Sorse qui il primo tempio di culto dedicato alla Madonna, denoniminato Santa Maria de Castro e fondato nel 658 da Ariperto, re dei Longobardi.
In seguito venne costruita l’attuale chiesa, che fu poi consacrata dal Patriarca di Gerusalemme nel 1237.
Dal 1442 la chiesa è affidata ai frati Domenicani, che qui hanno anche il loro convento.

Questa zona, secondo alcuni, prende il suo nome dal castello a tre torri che qui sorgeva a difesa della città in epoca romana.
Altri, invece, sostengono che l’origine di tale denominazione sia legata alla famiglia Castello, che qui aveva possedimenti e case.


A fianco della chiesa svetta alta ed imponente la torre medievale che appartenne a Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio, eroe delle crociate che con le sue gesta diede gloria e lustro al nome di Genova; trovate qui  il mio racconto delle sue stupefacenti imprese.

Santa Maria di Castello  è una chiesa magnificente, ricca di tesori.

E quando varcherete la sua soglia, potrete vederli con i vostri occhi.

Vorrei potervi mostrare ogni opera d’arte, ogni raffinata ricchezza che qui è conservata, ma quante ce ne sono!
Questo è solo l’inizio, l’inizio di un viaggio che vi porterà tra le navate di questa chiesa, tra gli stucchi e le decorazioni, tra i dipinti di grandi artisti e opere dal valore inestimabile.
Intanto camminiamo insieme e voltiamoci indietro.
Nella controfacciata si trova un affresco di Lorenzo Fasolo, Madonna con il bambino tra i Santi Domenico e Pietro Martire e il Beato Raimondo di Capua, che un tempo si trovava nel convento dei Santi Giacomo e Filippo, ormai non più esistente.

Al lato opposto si trova invece un crocifisso ligneo, proveniente dalla chiesa di San Domenico, ormai perduta.
Quanti luoghi non esistono più, quanti altari, quante confessionali, quante acquasantiere!

In questa chiesa c’è anche un altro crocifisso, ma di lui vi parlerò in seguito, perché la sua storia è talmente complessa ed affascinante da meritare di essere narrata a parte.
C’è molto da scoprire, sotto queste navate.
Ed è un gioco di luci ed ombre, che si alternano e si inseguono nella pace di questa chiesa.

C’è una cappella, dedicata a Santa Rosa da Lima, in questo splendido quadro di Domenico Piola.
Ai suoi piedi, la prima urna dove vennero conservati i resti di Jacopo da Varagine, frate domenicano, arcivescovo ed autore della Legenda Aurea.

Sapete, io sono davvero fortunata.
Entrambe le volte che sono stata in questa chiesa, in tempi recenti, ho incontrato un volontario che mi ha guidato alla scoperta dei misteri meravigliosi di questo luogo, il signor Gian Bertolini che mi ha narrato storie, curiosità, aneddoti.
E mi ha mostrato il coro del XVI secolo, appena restaurato con i suoi legni splendidamente restituiti alla loro antica bellezza.
Poi ha aperto uno sportellino, ce n’è uno davanti ad ogni seduta.
E mi ha chiesto: lo sa che cosa sia?
Io no, e voi? E’ una sputacchiera, signori.
A quei tempi non si godeva certo di buona salute ma di sicuro si aveva un certo senso pratico!

E si cammina, lungo queste navate.
E si incontra la Vergine del Rosario, circondata da angioletti,  ma l’immagine non rende davvero  giustizia a questo capolavoro di Pasquale Navone.

E oltre, in un’altra cappella, un’opera di indescrivibile bellezza, luccicante di oro e di colori, è il polittico dell’Annunciazione di Giovanni Mazone, risalente al 1469.
E di fronte a capolavori come questo, si resta ammirati, senza parole.
Sapete, io a volte mi chiedo se ai nostri tempi esista ancora qualcuno capace di creare opere simili, perfette ed uniche in ogni dettaglio.

E’ un lungo viaggio questo, sapete, ed è appena iniziato.
E allora vi lascio qui, davanti a questa porta. preludio di altri splendori, altri incanti, altre meraviglie.

Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio

E’ il genovese più valoroso, l’eroe delle crociate, il conquistatore di Gerusalemme e di Cesarea, il signore di Gibeletto, le sue imprese hanno segnato la storia della cultura occidentale.
Guglielmo, della famiglia degli Embriaci, con molti possedimenti nella contrada di Santa Maria di Castello, visse qui, in questa Torre.


Di carattere indomito, forte, scevro da ogni timore, dotato di grande valore guerresco Guglielmo Embriaco si guadagnò il soprannome di Testa di Maglio.
Nei suoi “Annali della Repubblica” Monsignor Giustiniani attribuisce questo appellativo alla fortezza sua, spiegando che il suo significato è capo di martello.
Fu anche abile architetto, stando a quanto racconta Raffaele Soprani nel suo testo “Vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi“, dove si legge che Guglielmo progettò potentissime macchine da guerra.
Lo definisce uomo di gran prudenza in tutti gli affari, valoroso, ardito, sollecito e di mente svegliata.
Il Soprani racconta che Guglielmo nacque intorno al 1070, da famiglia assai stimata a Genova.
Ma come giunse Guglielmo sotto le Mura di Gerusalemme?
Lo racconta il Caffaro, diplomatico ed annalista che seguì i Crociati nelle loro imprese, narrando le gesta eroiche ed avventurose di questi uomini.
La storia narra che Goffredo di Buglione si recò in Terra Santa in visita al Santo Sepolcro.
Al tempo, come dice il Caffaro, per accedere a quel luogo sacro, bisognava pagare il pedaggio di un soldo di Bisanzio.
I genovesi, al seguito di Goffredo, adempirono al proprio dovere ma Goffredo, in assenza del suo servitore che portava i suoi denari, tardò a versare il suo obolo.
Un soldato di guardia al Sepolcro lo colpì con un pugno e Goffredo, per quell’ offesa, chiese a Dio di concedergli la vendetta.
E’ un’epopea la storia delle Crociate, un romanzo d’avventure ricco di eventi e di colpi di scena. Narra sempre il Caffaro che a Goffredo di Buglione appare l’Arcangelo Gabriele, che gli comanda di liberare la Terra Santa.
Il condottiero chiama a raccolta i più valorosi tra gli uomini, raduna il popolo presso la chiesa di San Siro; promette, a chi lo seguirà, la remissione di tutti i peccati.
L’armata si mette in viaggio, nel 1097 conquistano Nicea, assediano ed espugnano Antiochia, quindi puntano su Gerusalemme.
Da Genova nell’anno 1099, a bordo di due galee, in soccorso all’esercito dei cristiani, partono Guglielmo Embriaco, suo fratello Primo ed un seguito di molti uomini.
Giungono a Giaffa e, per evitare che i saraceni si impossessino delle loro navi, le smontano e si portano dietro il legname, con l’intento di usarlo come materiale per una macchina da guerra.
E qui subentra il genio di Guglielmo Embriaco, la scintilla, il furore della mente che distingue un uomo di grande valore, in questo caso un guerriero, da una persona mediocre.
Guglielmo, di concerto con Goffredo di Buglione, progetta e fa costruire una torre tutta di legno, che essendo fasciata con il cuoio, è in grado resistere alla forza del fuoco.
Il legno è quello delle galee e la torre, essendo ripartita in diversi pezzi, è facilmente trasportabile.
I crociati piazzano la torre sotto le mura di Gerusalemme e lì la posano, pronti per dar l’assalto.
Gli assediati tentano la difesa: con una trave tentano di spingere indietro l’infernale macchinario ma è tutto inutile, l’Embriaco taglia le funi che reggono la trave la quale, cadendo, ritorna utile ai Crociati, divenendo una sorta di ponte coperto sul quale Guglielmo e i suoi compagni passeranno fino a giungere alle mura e alla porta della città.
Questa verrà sfondata e i Crociati conquisteranno così Gerusalemme.
Ma non sono finite le imprese dell’Embriaco.
Tornato in patria, ripartirà di lì a breve nella veste di Generale e condottiero alla conquista di Laodicea e poi ancora, al comando dei suoi uomini, espugnerà Cesarea.
E’ un prode Testa di Maglio e Caffaro, come lui genovese, ne restituisce un ritratto al limite dell’agiografia, lo proietta nel mito e lo ammanta di un alone di incommensurabile fascino.
Racconta di come, sotto le mura di Cesarea, i Crociati posarono le scale per dar l’assalto alla città.
Si apprestano a salire, Guglielmo è in testa a tutti, ma durante l’ascesa la scala si spezza e i compagni dell’Embriaco cadono a terra.
Lui, rimasto solo, non si arrende, continua ad ascendere la torre.
E nella sua salita gli si fa incontro un saraceno, ma nessuno può fermare l’Embriaco e lui, trionfante, conquista la cima della torre, sguaina la spada e voltandosi verso i suoi grida con tutto il furore che ha in corpo: “Salite, salite e prendete in fretta la città!”
Da quell’impresa Guglielmo tornò a Genova portando, tra gli altri, un cimelio che ancora si conserva nel Museo del Tesoro di San Lorenzo: il Sacro Catino, che al tempo si riteneva essere il piatto usato da Gesù nell’ultima cena.
E’ il simbolo del suo valore e della sua vittoria per il quale l’Embriaco nel 1102 fu nominato console della città di Genova.
Otterrà, ad ancor maggior gloria, la signoria sulla città di Byblos, anche detta Gibelletto, in Libano.
Non restano ritratti del condottiero genovese.
Resta la sua mirabile torre, ai piedi di Santa Maria di Castello.

 

Resta la memoria delle sue imprese e del suo coraggio.
Resta, sulla facciata di palazzo Sangiorgio, un affresco, che lo raffigura, imponente, maestoso, con la spada al fianco e l’elmo sul capo.
Nella mano sinistra stringe il Sacro Catino, quello che  Guglielmo Embriaco, detto Testa di Maglio, portò a Genova da Cesarea.