Ricordando Claruccia

Il suo viso resta nell’ombra e nel silenzio, lei là rimane, nel Porticato Montino del Cimitero di Staglieno.
Piccola Claruccia, troppo presto strappata all’abbraccio amoroso della sua mamma e del suo papà, la bimba era nata nel 1921 e visse quindi in un’epoca di grandi cambiamenti e anche la statua nella quale lei è effigiata è una testimonianza del gusto del tempo.
Dolce Claruccia, lei era la figlia del pittore Ubaldo Isolabella il quale affidò allo scultore Eugenio Baroni la realizzazione del monumento funebre che venne ultimato nel 1930.

Il visino di lei appare anche nel tondo che ci restituisce l’immagine ingenua di questa tenera bimbetta.

Eugenio Baroni, autore tra il resto del Monumento ai Mille sito nella zona di Quarto, era all’epoca padre di una bambina che aveva all’incirca l’età della piccola Claruccia e quindi sapeva comprendere lo strazio dei poveri genitori.
A proposito di questa vicenda ho tratto alcune notizie dal libro “Lo Scultore Baroni” di Sergio Paglieri edito da Prima Coop. Grafica Genovese nel 1994, un volume che vi consiglio vivamente se siete interessati ad approfondire la vostra conoscenza sull’opera di questo artista.
Nel suo accurato lavoro Paglieri narra che Baroni vide le fotografie e i filmini di famiglia e così ritrasse la piccola nella sua eterea fragilità.
Così la mostra, attonita e sorpresa, la sua postura è l’immagine del dolore, la fine la coglie prematuramente e la rapisce portandola via, Claruccia spalanca così gli occhi stupiti e apre le braccia nel vortice che la condurrà lontana dalla sua vita di bimba.

È una rappresentazione potente e commovente, insolita e particolare.
Lei è là sospesa, in quel frammento straziante nel quale è stata ritratta.

Claruccia Isolabella lasciò le cose del mondo in un giorno d’estate del 1926, scrive ancora Paglieri che a stroncare la piccina fu una difterite letale contratta durante una vacanza in montagna.

Eugenio Baroni effigiò nel marmo il suo abitino ondeggiante in quel vento sinistro che la travolse, il suo viso stupefatto e inquieto, le sue braccia esili e le manine semichiuse in un tempo che non le lasciò scampo e salvezza.

E ancora là resta la piccola Claruccia, così fragile e per sempre bambina.

Un tram per Quarto dei Mille

Il ragionier Vincenzo, meticoloso e puntuale, era sempre tra i primi ad arrivare.
In verità le corse erano piuttosto frequenti e non c’era pericolo di arrivare in ritardo ma Vincenzo era solito salire sul tram sempre alla stessa ora, era ormai abitudine consolidata.
Il tram per Quarto dei Mille partiva da Piazza De Ferrari: la linea 40 giungeva a Quinto, con la 39 si arrivava sino a Nervi.
Il tram sferragliava gagliardo giù per Via XX Settembre, passava sul Ponte Pila e proseguiva per Corso Buenos Aires continuando poi il suo percorso fino alla sua meta.
Il viaggio in tram era divenuto ormai da diverso tempo una comodità quasi scontata, il ragioniere spesso rifletteva su questo notevole segno dei tempi: alla fin fine ci si abitua a tutto e si tende a dimenticare come si era.
Sul tram per Quarto dei Mille si vedevano spesso i soliti utenti abituali che facevano ogni giorno la stessa tratta: tra di loro la signorina Amalia.
Da principio a Vincenzo era sembrata una ragazza anonima e quasi incolore, con quella carnagione slavata, gli abiti semplici, i lisci capelli scuri raccolti sulla nuca.
Aveva un aspetto fragile, ai primi freddi le sue labbra si illividivano e questo accentuava ancor di più il suo pallore.
Malgrado le apparenze Amalia era invece una ragazza energica e dinamica, ogni giorno andava dalla signora marchesa a stirare e a fare altre faccende: durante il viaggio sul tram per Quarto dei Mille si immergeva nei suoi sogni.
In una bella mattina di primavera, la ragazza guardava scorrere lento il panorama della costa quando ad un tratto una ciocca ribelle di capelli cadde sulla sua guancia e lei con rapida prontezza la raccolse per sistemarla nel suo chignon.
Accadde allora: solo in quell’istante Vincenzo colse quella vivacità nello sguardo di lei e notò la sua tenera fossetta, vide quel suo profilo delicato che fino a quel giorno non aveva notato mai.
Amalia, per parte sua, rimase nei suoi pensieri vaghi e non si accorse nemmeno di essere osservata.
Quando il tram giunse poi davanti al Monumento ai Mille la fanciulla come sempre si voltò per ammirare l’opera dell’estroso artista: le sembrava un’ardita stravaganza, una modernità per la quale non si sentiva preparata, però quell’Eugenio Baroni era uno stimato scultore e figurarsi, per carità, nulla da dire anche se la sua opera la lasciava sconcertata.
Poco distante da lei Vincenzo la osservava silenzioso.
E così fece nei giorni a seguire, senza mai avere il coraggio di dirle una parola.
Ogni giorno.
De Ferrari, Ponte Pila, Corso Buenos Aires, Piazza Tommaseo, Albaro, Sturla.
Amalia davanti al finestrino, Vincenzo un po’ più indietro.
Ogni giorno.
Vincenzo taciturno, timido e impacciato.
C’era tutto quel viaggio da fare.
Ogni giorno.
Amalia con l’abito grigio, il soprabito fin troppo leggero per la stagione, le forcine a fermare i capelli, i suoi sospiri, il monumento di Eugenio Baroni così difficile da capire, i panni della marchesa da stirare.
E i sogni, i desideri nascosti, le parole che non si sanno dire.
Ogni giorno.
Ogni giorno, sul tram per Quarto dei Mille.

Galleria Nino Bixio, gli sguardi di due illustri genovesi

Se scenderete da Via Martin Piaggio lasciando dietro di voi il monumento a Giuseppe Mazzini è così che vedrete queste due imponenti statue.

Statue Baroni (2)

Ritte ed austere, sono dedicate a due illustri concittadini, sulle spalle di ognuno è posato un lungo mantello il cui drappeggio arriva fino a terra.

Statue Baroni (3)

Là, sulla balaustra che sovrasta la Galleria dedicata al patriota Nino Bixio vigilano silenziosi due grandi genovesi, il loro sguardo viene da lontano, dai tempi della grandezza della Superba.

Statue Baroni (5)

A effigiare i loro tratti fu lo stimato scultore Eugenio Baroni, colui che realizzò il monumento di Quarto e che impresse il suo stile in diverse opere che potete ammirare al Cimitero Monumentale di Staglieno.

Statue Baroni (4)

Le statue che sovrastano Piazza Corvetto, come si può leggere sui basamenti, risalgono al 1929.

Statue Baroni (7)

Un particolare già svela il carattere guerresco di un uomo indomito e senza timori.

Statue Baroni (6)

Il suo sguardo è fiero e lungimirante, non lo fermò mai nulla durante le sue imprese.

Statue Baroni (8)

Ha la spada sul fianco e l’armatura, questo è l’orgoglio di Guglielmo Embriaco detto Testa di Maglio, qui trovate la sua storia.
Così lo rappresentò Eugenio Baroni.

Statue Baroni (9)

Gli è accanto una figura altrettanto illustre per questa città, ha occhi magnetici e severi, lo contraddistingue il piglio deciso di un valoroso condottiero.

Statue Baroni (16)

Statue Baroni (10)

È l’Ammiraglio Andrea Doria e la sua imponente figura svetta contro il cielo azzurro di Genova.

Statue Baroni (11)

Le statue, come ho già scritto, sono del 1929 e quando vennero collocate sulla Galleria la stessa era intitolata alla Regina Elena.
E insomma, c’è da dire che all’epoca non incontrarono proprio il gusto estetico del tempo, sulle pagine di Il Secolo XIX si trovano lettere di protesta, il gusto e lo stile di Baroni non andavano a genio a diverse persone.
Un lettore suggerisce di collocare al posto delle statue dei bei vasi come quelli che si trovano sulla balaustra di Via Garibaldi.

Statue Baroni (12)

A quanto si evince dal giornale anche i membri dell’Associazione A Compagna ebbero da ridire sulle statue, proprio non erano gradite e fecero storcere il naso a tanti genovesi.
Ebbene, con buona pace dei cittadini del passato che espressero così apertamente la loro disapprovazione, l’Embriaco tuttora domina orgoglioso su quella balaustra.

Statue Baroni (13)

E vicino a lui c’è il più celebre dei Doria.

Statue Baroni (14)

Posano il loro sguardo austero sui genovesi di questo tempo, su coloro che sono nati e vivono nella città che li vide risplendere per il loro valore.

Statue Baroni (15)