Monumento Danovaro: la luce della Fede

Camminando sotto gli alberi nella parte alta del nostro Cimitero Monumentale di Staglieno, lungo il viale che sovrasta Valletta Pontasso, si scorge la fiera bellezza di una figura femminile che così è posta a guardia del sepolcro.

Ritta, austera, nulla pare temere.

Ha il viso bello dai lineamenti perfetti e regolari.

E il sole sfiora le pieghe del suo abito e quei drappeggi leggeri.
La scultura bronzea è opera dell’artista Vittorio Lavezzari e risale al 1914: questa giovane fanciulla che così custodisce la tomba di Tomaso Danovaro brandisce con fermezza una croce e rappresenta la Fede.

Lo si legge inciso sulla tomba nelle parole scritte in memoria del defunto: visse modestamente morì beneficando fisso in quella fede che qui volle effigiata.

E Lavezzari diede quindi alla sua Fede il volto di una fanciulla che salda trattiene in una mano quella croce e la eleva sopra ogni cosa, simbolo di cristianità, di fiducia e fratellanza.
Colpiscono, in questa giovane donna, l’armoniosa fisicità e quella folta chioma smossa da invisibile vento che le solleva i capelli ma non può scalfire la sua incrollabile fermezza.

Così rimane, in questa misteriosa ombra.

Leggiadra, mistica e fidente.

Nella quiete formidabile di questo viale.

In un tempo senza tempo mentre la luce sfiora le sue dita sottili e quella croce che così si staglia radiosa tra gli alberi.

Monumento Pinoli: come colomba

È una dolce fanciulla a custodire il sepolcro della famiglia Pinoli e a scolpirla fu il valente Federico Bringiotti che negli anni ‘30 lasciò ampia testimonianza del suo talento in diverse sculture presenti nel nostro Camposanto.
La fanciulla che qui vedete posò poi anche per altri monumenti, con la sua grazia così si staglia mentre alle spalle di lei si nota un simbolico volo di colombe.

Eterea e gentile, così si erge nella seconda galleria frontale a ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno.

Ai piedi di lei sono incise parole latine tratte da un Salmo della Bibbia e il loro significato è il seguente:

Chi mi darà le penne affinché io come colomba voli e trovi riposo?

Lieve e leggera è la fanciulla e i suoi piedi paiono appena sfiorare il suolo.

Tra fiori in sboccianti e colombe, candore e purezza.

Le dita sottili, i gesti, il viso dai tratti perfetti.

E la leggiadra bellezza della fanciulla che così veglia sul sonno eterno della famiglia Pinoli.

Monumento Susto: la dolcezza e la grazia

È una giovane fanciulla e i suoi occhi sono intrisi di sensazioni e di dolcezza.
Osserva, guarda lontano.
Oltre il tempo, oltre la vita terrena.

E la luce sfiora il suo bel viso.

Alle spalle di lei sono incise l’Alfa e l’Omega che indicano il principio e la fine.
E così, nel Porticato Inferiore a Levante del Cimitero Monumentale di Staglieno, lei custodisce il sonno eterno della famiglia Susto.

Con questa grazia donatale dal talento di Luigi Beltrami, l’artista che realizzò quest’opera nel 1904.
Le labbra morbide, gli occhi grandi, l’inesplicabile mistero dell’ignoto.

E le dita sottili di lei.

Il sole lambisce la veste ed  evidenzia una gestualità armoniosa.

I capelli raccolti, l’espressione pensierosa, un respiro che pare trattenuto, una leggiadria semplice.

Un tempo imperscrutabile, una muta attesa.

Delicata come i fiori dai petali color pastello la fanciulla là rimane, nella sua silenziosa preghiera.

E i suoi occhi cercano l’infinito, con questa sua grazia perfetta.

Giovanni Battista Albini: un uomo e il suo mare

Ha l’espressione indomita e fiera, luccicano sul suo petto le molte decorazioni al valore e le medaglie conquistate durante la sua carriera.
Ecco lo sguardo intenso, la figura solida e il nome di lui: Giovanni Battista Albini, militare della Real Marina Sarda e della Regia Marina, nella sua esistenza verrà promosso al grado di Contrammiraglio.
Originario di La Maddalena, nacque nel 1812 dall’Ammiraglio Giuseppe Albini e da Raffaella Ornano, aveva appena 11 anni quando entrò a far parte della Regia Scuola Militare di Marina di Genova.
La sua vita si svolse così all’insegna del coraggio e dell’audacia, le sue imprese e le notizie sulle sue gesta sono ampiamente riportate con ricchezza di dettagli sul sito del Ministero della Difesa.

E così si legge il lungo elenco delle onorificenze ricevute da Albini e citandone alcune vorrei ricordare che egli partecipò alla Campagna di Guerra in Adriatico (1848-1849) per la quale ricevette la Croce di Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, prese poi parte alla Campagna di Crimea (1855-56) e per le sue gesta ottenne la Legion d’Onore.
Inoltre partecipò alla Campagna dell’Italia meridionale e all’assedio di Ancona che gli fece guadagnare la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:

Pel modo ardito e sotto ogni aspetto commendevole con cui si comportò nell’assedio di Ancona.
R.D. 4 ottobre 1860.

Un giorno il mio sguardo ha trovato quello di questo italiano del passato, i soggetti militari non sono così frequenti da reperire e in realtà io in genere prediligo altri ritratti.
In questo caso, tuttavia, ho fatto un’eccezione, mi hanno colpita proprio il portamento fiero di lui e il suo aspetto nobile così ho aggiunto la sua fotografia alla mia piccola collezione.
Ci tengo a specificare che non è mio il merito di aver riconosciuto nella Carte de Visite un personaggio di tale caratura, a svelare il suo nome è stato infatti il Signor Claudio Scarpellini che nuovamente ringrazio anche da qui.
Giovanni Battista Albini, contrammiraglio, venne così ritratto dal celebre fotografo Célestin Degoix.

Albini lasciò le cose del mondo in un giorno d’estate del 1876 a Cassano Spinola e venne sepolto a Genova, nel nostro Cimitero Monumentale di Staglieno.
E così sono andata là, a portagli un saluto, egli riposa in una tomba monumentale sita nel Porticato Inferiore e opera del bravo scultore Antonio Rota.

Per rendere omaggio ad un uomo di mare Rota scelse proprio un marinaio così effigiato nell’atto di rendere il dovuto omaggio al defunto.

E una prua intanto fende la spuma bianca: ogni dettaglio del monumento richiama i giorni trascorsi per mare da Giovanni Battista Albini.

La lapide scolpita in memoria di lui è semplice ed esprime il dolore dei suoi cari per la grave perdita.

Non distante da qui, nella Galleria Inferiore a Ponente, riposa anche la madre di Giovanni Battista Albini e di lei vengono rammentate le numerose virtù.

Sulla tomba di Giovanni Battista Albini si trovano poi anche le cime marinare e una grande ancora, elementi che di nuovo ricordano il legame con il mare.

Una preghiera, un omaggio silente.

Nella mia visita a Staglieno ho voluto portare con me la Carte de Visite di Degoix, mi pareva giusto che l’Ammiraglio ritornasse proprio là, nel luogo del suo eterno sonno e dove si trova un marinaio in ginocchio davanti al sepolcro che racchiude le sue spoglie mortali.

Nella quiete e nell’ombra mistica del Cimitero Monumentale di Staglieno.

Un angelo per Matilde

Il perenne sonno di Matilde è custodito da un angelo colmo di grazia, è una creatura celeste dai tratti perfetti.
Il viso dolce, le chiome morbide, lo sguardo rivolto verso l’eternità e un fremito nelle ali.
E i nastri e un fiocco a incorniciare la sua figura così scolpita in un tondo.

Di Matilde a noi resta il ricordo inciso sullo lapide.
Matilde e la sua gioventù, aveva poco più di trent’anni.
Matilde e il suo amore, il suo sposo Giuseppe.
Matilde e il suo cuore di tenera madre troppo presto strappata ai suoi piccini.
E il dolore della sua assenza è nella scelta delle parole, nel ricordo che si volle lasciare di lei e del suo tratto di strada nel mondo.

Il cippo di Matilde Fontanarossa è collocato nel Porticato Inferiore a Ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno e fu scolpito da Santo Varni nel 1860.

Un angelo, raccolto in devota preghiera, custodisce la memoria di Matilde e i suoi sogni infranti.

Acqua zampillante in vita eterna

Ritorno con voi nella penombra silenziosa del Cimitero Monumentale di Staglieno, nella Seconda Galleria Frontale a Levante si trova il monumento funebre delle famiglie Cozzetti Perelli Vaccarezza.
L’opera risale al 1931 e si deve al prolifico e talentuoso scultore Federico Bringiotti, un artista che fece della grazia armoniosa uno dei suoi tratti distintivi.
Una palma, la figura ieratica di Cristo.

E l’acqua cristallina che fluisce sulle rocce, una fanciulla così raccoglie l’acqua della vita nel palmo della sua mano.

Lo sguardo di Gesù, la sua amorevole figura.

La veste che tocca i suoi piedi, i suoi sandali.

Il manto che si posa delicatamente sulla caviglia della fanciulla, lasciando scoperto il piede.
Questo dettaglio ricorda la postura della ragazza del Monumento Consigliere.

E osserviamo ancora meglio l’insieme della monumento marmoreo scolpito da Federico Bringiotti.

Lasciamo Staglieno e seguiamo la luce che così sfiora il porticato del Cimitero della Castagna a Sampierdarena.
A custodire l’eterno riposo dei componenti della famiglia Riccardi è ancora un’opera di Federico Bringiotti.
In questo caso le due figure sono in bronzo.

La stessa dolcezza, la stessa mano amorosa.

La stessa acqua che scorre, rapida e ineluttabile.

Acqua salvifica, pura e perennemente sgorgante.

Il sole illumina questa grazia, le mani, le labbra, l’abito che copre la figura.

E l’acqua scende per l’eternità e cade ancora nella mano di una terza fanciulla, rappresentata nella medesima postura delle due precedenti.

Tra fiori sboccianti, in questa perfetta armonia, queste è l’opera di Federico Bringiotti posta sulla Tomba Bonanini e sita nella Galleria delle Edicole del Cimitero Monumentale di Staglieno.

Alla base di queste tre tombe sono scolpite le medesime parole tratte dal Vangelo Secondo Giovanni.

Acqua zampillante in vita eterna, così narrata in maniera magistrale dallo scultore Federico Bringiotti.

Basilica di Santa Maria Immacolata: le ricchezze della facciata

La Basilica di Santa Maria Immacolata è una delle chiese più fastose di Genova: progettata nella seconda metà dell’Ottocento venne realizzata su progetto dell’architetto Maurizio Dufour e aperta al culto nell’anno 1873.
Si tratta di un edificio di particolare ricchezza, è una chiesa ampia e vasta costruita sull’ottocentesca Via Assarotti che è una delle vie di quella Genova Nuova pensata e immaginata dagli uomini di quel tempo e rimasta a noi come preziosa eredità.
Vorrei mostrarvi, in questa circostanza, alcune delle ricchezze che abbelliscono la facciata della Chiesa, sono opere di artisti che lasciarono la traccia del loro indiscutibile talento.

Ho consultato a tal scopo l’esaustivo ed interessante libretto scritto da Ferruccio Mazzucco e disponibile presso la Basilica stessa.
Osserviamo la chiesa nella sua indiscutibile magnificenza, la facciata venne realizzata utilizzando diversi tipi di marmi pregiati e abbonda di decorazioni ed ornamenti diversi come fiori e foglie rampicanti.

Nella parte superiore, nel grande frontone centrale, si trovano dei tondi scolpiti da celebri artisti: al centro si trova il Cristo di Domenico Carli, ci sono poi San Marco di Pietro Costa, San Giovanni di Federico Fabiani, San Pietro di Domenico Carli, San Paolo di Giovanni Scanzi, San Matteo di Lorenzo Orengo, e infine San Luca dello scultore Giacobbe.
Questi artisti lasciarono la loro eredità di bellezza in molti luoghi diversi, primo tra tutti il Cimitero Monumentale di Staglieno.

E al di sotto ecco sette angeli, sono magnifiche creature celesti opera dello scultore Antonio Canepa.

E suonano una musica celestiale per celebrare la gloria di Dio: uno legge la musica e un altro soffia gentile su un flauto.

Uno pare intonare una melodia armoniosa e uno muove le dita svelte sul suo mandolino.

E infine uno suona la tromba.

Si staglia nel cielo chiaro la bella statua della Madonna Immacolata posta sul culmine della cupola e opera di Giuseppe Pellas su modello di Giovanni Scanzi.

Sulla sommità della Chiesa, invece, si erge l’amorevole figura del Cristo Risorto scolpito da Antonio Canepa.

Sulla facciata trovano spazio poi due bassorilievi realizzati da Antonio Burlando su modello di Antonio Canepa.
A sinistra del portale è così rappresentata l’Annunciazione.

Sull’altro lato invece si trova la Visitazione.

Osserviamo ancora questa maestoso portale: nella lunetta si ammira il magnifico mosaico nel quale è rappresentata l’Incoronazione della Vergine realizzata sui disegni di Cesare Maccari.

Sulla sommità del portale invece si erge lieve e gloriosa la figura dell’Arcangelo Michele che stringe in una mano la sua spada, la scultura si deve ancora ad Antonio Canepa.

Due nicchie sono poste ai lati del portale e accolgono le opere di due artisti di impareggiabile talento.
Il sole così lambisce la figura ieratica di San Giovanni Battista scolpita dal talentuoso Giovanni Battista Villa.

Il Patrono della Superba è rappresentato mentre stringe a sé la bandiera di Genova.

Sull’altro lato si staglia poi nella sua fierezza un altro santo molto caro ai genovesi: ha l’armatura, lo scudo, le sue doti guerresche sono bene rappresentate.

E tiene sotto il suo piede il serpente: è il nostro San Giorgio magistralmente scolpito da Giovanni Scanzi.

Non è il solo luogo nel quale potete trovare questo sguardo indomito.
Lo scultore Giovanni Scanzi, infatti, volle un’identica statua di San Giorgio a custodire il suo sonno eterno e così la si ammira sulla tomba dell’artista nel Porticato Inferiore a Levante del Cimitero Monumentale di Staglieno.

La Basilica di Santa Maria Immacolata è una chiesa ricca e imponente, al suo interno si conservano opere di abili scultori e artisti, sull’altare maggiore è collocata la splendida Madonna Immacolata di Santo Varni e numerose sono le altre opere degne di nota delle quali tornerò a parlare.
Vi ho mostrato, con semplicità e alla mia maniera, il sole che sfiora i tratti degli angeli che custodiscono questo luogo.

Percorrendo Via Assarotti lo sguardo incontra questa grazia e questa leggiadria.
Soffermatevi ad ammirare tutta questa bellezza che così si svela sulla facciata della Basilica di Santa Maria Immacolata.

Monumento Consigliere: la dolcezza di Gesù

È l’opera magnifica di uno scultore novecentesco che ha lasciato la sua firma e la prova del suo talento su diversi monumenti funebri siti al Cimitero Monumentale di Staglieno, le opere di Federico Bringiotti si distinguono per alcune caratteristiche che le accomunano, io ho imparato ad apprezzarle durante le mie frequenti visite a Staglieno.
Il monumento della Famiglia Consigliere, risalente al 1935, è collocato nel settore C del Porticato Montino ed è una scultura che spicca per formidabile armonia.
Un grande albero sullo sfondo e Gesù a braccia aperte: egli così accoglie la fanciulla che rimane con il capo posato sulle ginocchia del figlio di Dio.
Sotto le due figure un’iscrizione latina: è un verso delle Sacre Scritture, questo è uno dei tratti caratteristici di Bringiotti che accompagnava sempre le sue opere con citazioni tratte da sacri testi.
In questo caso qui si leggono le parole “In pace, in idipsum dormiam et requiescam” tratte dal Salmo 4.9 e significano “in pace mi coricherò e in pace dormirò”.

Gli occhi chiusi per sempre, l’abito che cade in morbidi drappeggi.

Sotto lo sguardo dolce e amorevole di Gesù.

In questo dialogo muto Lui la osserva, la custodisce e la protegge nel suo eterno sonno.

Grazia diafana nella fragilità nella vita.

I gesti, l’abbandono, il senso di ogni cosa.
Le mani, le dita sottili.
L’eternità.

Le palpebre serrate, i capelli mossi che cadono sul collo, le labbra carnose, i tratti armoniosi.

E una perfetta armonia di gesti e di linee, un senso di straordinaria lievità.

È una delle opere magnifiche di Federico Bringiotti, scultore per me straordinario.

E a volte poi la luce e l’ombra si alternano e fugacemente sfiorano queste figure e un’incantevole misticismo così le avvolge, nella dolce bellezza del monumento Consigliere.

Ricordando Margherita

Pensando a lei, bisogna tentare di immaginarla nei giorni della sua felicità.
È giovane Margherita: è figlia, sposa e madre.
Ed è amorevole, gentile e paziente, Margherita ha quattro bambini che sono la sua gioia e il suo respiro.
E nelle stanze della sua casa li vede crescere, mettere il primo dentino, li aiuta ad alzarsi esitanti sui piedini, li coccola e e li abbraccia, dolce mamma amorosa.
E canta la ninna nanna e muove un sonaglino davanti ai loro occhietti assonnati.
Lei è Margherita, ma come la racconti la fragile bellezza di una vita? E come la ricordi?
Pensando a lei, poi provate a immaginare il suo sposo e il suo indicibile dolore.
Perdere Margherita: no, non lo aveva certo mai previsto di rimanere su questa terra senza di lei.
Lui ha impresso nella mente il viso di lei, i suoi tratti gentili, la sua grazia femminea.
E in un giorno che non so, con tutta probabilità, il giovane vedovo consegnò al bravo scultore una fragile fotografia: è il ritratto di lei, della sua Margherita.
Per ricordarla ancora, per rivedere ancora quel suo viso giovane e delicato.

Il destino fu crudele con lei, Margherita ebbe poco tempo per godere delle sue gioie e per poter crescere i suoi quattro bambini.
Poche parole ci narrano di lei e della sua felicità perduta, la lapide evoca il senso di dilaniante smarrimento causato dalla sua prematura dipartita.
Margherita spirò a soli 28 anni il 9 Marzo 1891, colpita da una di quelle malattie che nella sua epoca non lasciavano scampo.
E le sue dolcezze svanite sono tutte lì, nelle parole incise in sua memoria.

Ho trovato il suo sguardo in un giorno di primavera, lei riposa nel Porticato Inferiore a Levante del Cimitero Monumentale di Staglieno.
Ho notato i suoi tratti dolcemente perfetti e mi sono detta che chissà quante cose ci sarebbero da raccontare su di lei, se solo il tempo non avesse posato il suo velo sui suoi giorni.
Così l’ho immaginata, io non so nulla di lei e ciò che ho scritto in questo post è solo una mia fantasia.
Eppure, pensando a Margherita, mi pare proprio di vederla mentre attraversa il lungo corridoio della sua casa, porta il bustino stretto e una gonna ingombrante.
In lontananza si sentono le voci allegre dei bambini, mentre la luce batte sulle finestre.

E Margherita si ferma davanti alla grande specchiera dove si riflette la sua immagine.
È una giovane donna, ha i capelli mossi perfettamente pettinati, gli orecchini piccoli, un fiocco che cade vaporoso sul suo petto e una camicia vezzosa con il colletto di pizzo.
E sono i giorni della sua giovinezza di figlia, sposa e madre.
E così io voglio ricordarti, cara Margherita.

Monumento Piantelli: la memoria dolente

È una sottile figura femminile e resta così posata con grazia a custodire sepolcro dove dormono il loro sonno eterno i membri della famiglia Piantelli.
Tiene le dita intrecciate, ad osservarla pare di udire il suo sospiro affannoso che accompagna il tempo del suo struggimento.

Il monumento è situato nella Galleria Inferiore a Levante del Cimitero Monumentale di Staglieno ed è la vivida rappresentazione del dolore e della tristezza suscitate dal senso di perdita.

Incisi nel marmo, là dove cade il drappo, l’anno di realizzazione dell’opera e il nome dell’artista che la scolpì, il talentuoso Giovanni Battista Villa che, come ricorda il Resasco, venne definito dai suoi contemporanei il poeta dello scalpello.

Lei resta, silente e abbandonata, nella sua desolata solitudine.

Porta la sua vezzosa borsina attaccata ad una cintura, secondo la moda dell’epoca.

E i suoi occhi racchiudono tutto il suo sentire, tutto il suo rimpianto, tutta la potenza del ricordo.
Le memorie paiono attraversare la sua mente per toccare il suo cuore e la sua anima.

E appare così fragile, dolente e affranta, così ostinatamente inconsolabile.
Il tempo è fermo, per lei, al tempo della sua perdita.

Smarrita, nella sua dolcezza gentile.
Perduta nei pensieri, nelle parole da ricordare, nelle immagini che si riaffacciano improvvise davanti al suo sguardo.

Così lei rimane, muta e dolente, custode di certe memorie e del suo dolore.