“Il Natale non è Natale senza la famiglia.”
Ed è la vigilia del 25 Dicembre, nella dimora del Sussex dell’anziana Rachel dove si apprestano a riunirsi i componenti di questa complicata famiglia inglese.
Non lasciatevi ingannare dalla zuccherosa citazione, peraltro fortemente evocativa delle atmosfere natalizie di casa March nel celebre Piccole Donne, a casa di Rachel tira tutta un’altra aria e i giorni di Natale, periodo nel quale si dipana la vicenda di questo romanzo, diventano il tempo della resa dei conti.
La malizia del vischio è un romanzo ironico, tagliente e sapientemente disincantato opera della penna arguta di Kathleen Farrell e ambientato in un imprecisato anno del dopoguerra.
Dato alle stampe per la prima volta nel 1951, è ora pubblicato in Italia da Fazi Editore.
E mentre il fuoco crepita nel caminetto, uno ad uno giungono i componenti di questa famiglia.
Ci sono Marion e Adrian, i figli di Rachel, ognuno dei due spicca per alcune mancanze agli occhi della madre, donna volitiva, assertiva e di carattere.
Ci sono le giovani Kate e Bess, quest’ultima vive con Rachel ma sogna una vita diversa e libera e nutre un certo trasporto per il cugino Piers, un giovane uomo molto centrato su se stesso.
Brioso, vivace ed elegante, il romanzo si incentra sulle quotidiane crudeltà della vita, sui sottintesi e sui malintesi, sulle parole non dette capaci di lacerare i cuori e di mutare il corso delle esistenze.
La Farrell ha una scrittura dallo stile asciutto ed efficace e si avvale volentieri di dialoghi serrati, il suo romanzo ha così una struttura piacevolmente scorrevole e si legge davvero in un soffio.
E molto spesso traspare, nelle sensazioni e nelle affermazioni, un senso di ineluttabile impermanenza.
Lo si coglie, ad esempio, in queste parole di Marion:
“Dovremmo tutti impiegare al meglio le nostre serate e le nostro giornate.. Dovremmo riempire ogni minuto perché non ce ne saranno saranno a sufficienza per nessuno.”
Oppure in quelle di Rachel:
“Ricordava quando, da ragazza, era lei a decorare l’albero ma faceva fatica a rievocare la felicità che provava allora, la sensazione che tutto andasse bene, che tutto fosse certo. Razionalmente aveva sempre saputo che niente sarebbe durato, ma nel profondo del cuore non ci aveva mai creduto.”
O anche nella spavalda arroganza di Piers:
“Possedeva poche cose, ed era fiero di aver imparato ad abbandonare tutto e allontanarsi senza provare rimpianto per quello che lasciava, che fossero persone, vestiti o oggetti personali. Laddove altri riempivano le loro esistenze lui restava libero.”
Bess che invece è ancorata ad una vita tranquilla, monotona e senza turbamenti finirà lei stessa per ricercare una sorta di instabilità che le doni emozioni a lei ancora sconosciute.
Emergono improvvise fragilità e sopite insicurezze, vengono a galla con i ricordi e così, mentre Rachel racconta alcune sue memorie del tempo della giovinezza e di un suo amore vissuto a Copenaghen la figlia Marion ascolta in silenzio ma dentro di lei ribolle un malcelato risentimento e un senso di incompresa inadeguatezza:
“Che malriposta tenerezza, pensò Marion. Di rado mi ha rivolto una parola gentile, mia madre, men che meno una frase, ed eccola con gli occhi lucidi che romanticheggia su un posto che non vede da più di quarant’anni e di cui ricorda solo un bel giovane.”
Vivere a volte è tutta una questione di equilibri mancati, come accade tra le pagine del romanzo La Malizia del Vischio.
Ed è il tempo del Natale, tra scatole di frutta candita e posacenere d’argento, mentre si sorseggia garbatamente lo sherry come se la vita sapesse essere davvero dolce come le sue promesse.