La cucina inglese di Miss Eliza

“Non le rispondo, perché sto pensando ad altro… alle spezie esotiche che arrivano ogni giorno dalle Indie Orientali e dalle Americhe, alle casse di arance dolci e ai limoni aspri della Sicilia, alle albicocche della Mesopotamia, all’olio d’oliva di Napoli, alle mandorle del Gargano…”

Profumi e aromi così si mescolano tra le pagine di questo libro delizioso e squisitamente britannico in ogni suo accento.
La cucina inglese di Miss Eliza di Annabel Abbs edito da Einaudi è un’opera di finzione che si ispira alle figure di Eliza Acton, poetessa e scrittrice di libri di cucina e di Ann Kirby che fu la sua aiutante.
La Acton, in collaborazione con la Kirby, pubblicò nel 1845 il volume Modern Cookery for Private Families divenuto poi famoso come il più importante libro di cucina inglese mai pubblicato.
Il romanzo della Abbs è una lettura molto gradevole e offre un interessante sguardo sulla condizione femminile in quell’ottocento inglese nel quale le donne si affannavano per trovare un loro ruolo e per rivendicare i propri diritti.
Al principio della storia la trentaseienne Eliza ha certe aspirazioni letterarie: vorrebbe pubblicare un libro di poesie ma i casi del destino e le necessità del quotidiano la condurranno a compiere altre scelte.
E così, con la madre, avvia nel Kent una piccola pensione nella quale prenderà a lavorare come sguattera la giovane Ann che ha appena 17 anni e una famiglia piena di guai.
Inizia così un percorso che vedrà le due donne condividere molti giorni delle loro vite e un nuovo sogno da realizzare con caparbia: il libro di cucina di Miss Eliza.

Le parola di Eliza e Ann, come le loro vite, si intrecciano e si alternano: un capitolo è narrato da Eliza e quello successivo da Ann, ogni capitolo ha poi come titolo una ricetta che entrerà a far parte del leggendario libro di Eliza.
Eliza con il tempo accrescerà le sue competenze e Ann, timidamente, scoprirà il suo amore autentico per la cucina.
E quelle loro ricette sono davvero come poesie semplici e preziose: gelatina di mele selvatiche, amaretti ai fiori d’arancio, pane tostato con sedano e burro, composta di prugnoli da siepe con panna addensata.
La cucina è arte ed è uno dei linguaggi dell’affetto, in fin dei conti.
Scritto con grazia e con il dovuto garbo il romanzo della Abbs mette in luce la difficile vita delle donne sempre dibattute tra famiglia e autodeterminazione, in un mondo che non concede loro molti spazi.
L’amore, i doveri, la maternità, il matrimonio come via d’uscita, la necessità di trovare un equilibrio: Miss Eliza farà delle scelte inconsuete e insolite e seguirà quel desiderio ormai divenuto ragione di vita.

“Penso al mio libro – al nostro libro, perché è tanto mio quanto di Ann – e immagino come sarà la sensazione di averlo tra le mani.
Lo vedo nelle cucine, macchiato di burro e farina, tutto appiccicoso di zucchero e frutta, pieno di ditate e con chiazze di olio e di sangue, le incrostazioni crepate e lucenti del bianco d’uovo.”

E segue la sua natura fiera di donna autonoma perfettamente compresa da Ann che usa parole semplici e chiare per descrivere la ferrea volontà di Eliza.

“Vuole poter avere i suoi soldi e non quelli che le dà un uomo. Non vuole avere gente che le dice cosa fare.”

Scorrevole, elegante, molto efficace nelle descrizioni, il libro della Abbs mi ha piacevolmente intrattenuta e nella sua trama non mancano sorprese e inattesi colpi di scena.
Pagina dopo pagina non si può che solidarizzare con queste donne tenaci e testarde, a volte molto provate dalla vita che riescono con la loro forza e con la loro costanza a superare molte difficoltà.
Trovandosi insieme, in un luogo speciale, tra i profumi delle spezie, dove è custodito il sogno immenso di Eliza e Ann.

“Prendete una cucina spaziosa, dico tra me e me, aggiungete un bel fuoco vivace e dieci padelle di rame ben rivestite, versatevi dentro cinque stampi, sette cucchiai di legno, un buon servizio di lame d’acciaio, e un’aiutante brava e fedele. Cospargete il tutto con una varietà di filtri per salsine, spolverini, setacci, colini, pinze, mattarelli, taglieri e pennelli da pasticceria…”

Una famiglia a Folkestone

L’inverno a Folkestone può essere rigido e freddo, nella città inglese che si affaccia sullo Stretto di Dover i giorni di gennaio sono sovente grigi e ventosi e allora, in questa stagione, occorre coprirsi bene.
La bimbetta dagli occhi chiari, infatti, è vestita di tutto punto, ha un bel cappottino pesante con i bottoni tondi e rifinito con una pelliccetta, sulla testa ha un cappellino caldo dal quale spunta la frangetta bionda.

Ecco poi il papà della piccolina in posa con un’uniforme della quale va molto fiero.
Sul suo cappello si legge The Salvation Army e cioè Esercito della Salvezza, movimento religioso nato in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento e dedito in particolare all’assistenza dei più bisognosi.

La piccina si appoggia con la manina alla sua mamma, una giovane dalla bellezza semplice e luminosa.
La donna porta una mantella e un cappello scuro con un grande fiocco laterale, ho scoperto che questo tipo di copricapo era utilizzato proprio da coloro che facevano parte dell’Esercito della Salvezza e quindi anche l’abito di lei dovrebbe essere una sorta di divisa.

Questo è il ricordo di un tempo felice, una memoria di famiglia catturata dal fotografo Marsh in questa fotografia in formato Cabinet fatta nello studio in Tontine Street a Folkestone.
Una bimba, i suoi genitori, un cammino da condividere e una missione da compiere.
Con gli sguardi verso il futuro, in un giorno lontano, a Folkestone.

La malizia del vischio

“Il Natale non è Natale senza la famiglia.”

Ed è la vigilia del 25 Dicembre, nella dimora del Sussex dell’anziana Rachel dove si apprestano a riunirsi i componenti di questa complicata famiglia inglese.
Non lasciatevi ingannare dalla zuccherosa citazione, peraltro fortemente evocativa delle atmosfere natalizie di casa March nel celebre Piccole Donne, a casa di Rachel tira tutta un’altra aria e i giorni di Natale, periodo nel quale si dipana la vicenda di questo romanzo, diventano il tempo della resa dei conti.
La malizia del vischio è un romanzo ironico, tagliente e sapientemente disincantato opera della penna arguta di Kathleen Farrell e ambientato in un imprecisato anno del dopoguerra.
Dato alle stampe per la prima volta nel 1951, è ora pubblicato in Italia da Fazi Editore.

E mentre il fuoco crepita nel caminetto, uno ad uno giungono i componenti di questa famiglia.
Ci sono Marion e Adrian, i figli di Rachel, ognuno dei due spicca per alcune mancanze agli occhi della madre, donna volitiva, assertiva e di carattere.
Ci sono le giovani Kate e Bess, quest’ultima vive con Rachel ma sogna una vita diversa e libera e nutre un certo trasporto per il cugino Piers, un giovane uomo molto centrato su se stesso.
Brioso, vivace ed elegante, il romanzo si incentra sulle quotidiane crudeltà della vita, sui sottintesi e sui malintesi, sulle parole non dette capaci di lacerare i cuori e di mutare il corso delle esistenze.
La Farrell ha una scrittura dallo stile asciutto ed efficace e si avvale volentieri di dialoghi serrati, il suo romanzo ha così una struttura piacevolmente scorrevole e si legge davvero in un soffio.
E molto spesso traspare, nelle sensazioni e nelle affermazioni, un senso di ineluttabile impermanenza.
Lo si coglie, ad esempio, in queste parole di Marion:

“Dovremmo tutti impiegare al meglio le nostre serate e le nostro giornate.. Dovremmo riempire ogni minuto perché non ce ne saranno saranno a sufficienza per nessuno.”

Oppure in quelle di Rachel:

“Ricordava quando, da ragazza, era lei a decorare l’albero ma faceva fatica a rievocare la felicità che provava allora, la sensazione che tutto andasse bene, che tutto fosse certo. Razionalmente aveva sempre saputo che niente sarebbe durato, ma nel profondo del cuore non ci aveva mai creduto.”

O anche nella spavalda arroganza di Piers:

“Possedeva poche cose, ed era fiero di aver imparato ad abbandonare tutto e allontanarsi senza provare rimpianto per quello che lasciava, che fossero persone, vestiti o oggetti personali. Laddove altri riempivano le loro esistenze lui restava libero.”

Bess che invece è ancorata ad una vita tranquilla, monotona e senza turbamenti finirà lei stessa per ricercare una sorta di instabilità che le doni emozioni a lei ancora sconosciute.
Emergono improvvise fragilità e sopite insicurezze, vengono a galla con i ricordi e così, mentre Rachel racconta alcune sue memorie del tempo della giovinezza e di un suo amore vissuto a Copenaghen la figlia Marion ascolta in silenzio ma dentro di lei ribolle un malcelato risentimento e un senso di incompresa inadeguatezza:

Che malriposta tenerezza, pensò Marion. Di rado mi ha rivolto una parola gentile, mia madre, men che meno una frase, ed eccola con gli occhi lucidi che romanticheggia su un posto che non vede da più di quarant’anni e di cui ricorda solo un bel giovane.”

Vivere a volte è tutta una questione di equilibri mancati, come accade tra le pagine del romanzo La Malizia del Vischio.
Ed è il tempo del Natale, tra scatole di frutta candita e posacenere d’argento, mentre si sorseggia garbatamente lo sherry come se la vita sapesse essere davvero dolce come le sue promesse.

Nuove abitudini

“Quando un uomo va in pensione e il tempo non è più una faccenda urgente e importante, di solito i colleghi gli regalano un orologio. Ma quella involontaria ironia è bilanciata da una pertinenza altrettanto involontaria, perché anche se non è più dominato da ore e minuti, un uomo in pensione desidera molto spesso sapere che ora è.”

E difatti è ciò che accade al Signor Tom Baldwin: dopo aver lavorato per 40 anni in un ufficio della City finalmente anche per lui è giunto l’agognato tempo della pensione e, come di rito, anche a lui i colleghi hanno regalato un orologio.
Mirabile rappresentante di una banale e al contempo affascinante normalità, il Signor Baldwin è il protagonista di Nuove abitudini, romanzo ambientato nell’Inghilterra degli anni ‘30 e scritto da Robert Cedric Sherriff nel 1936.
Il romanzo, pubblicato in Italia da Fazi Editore, segue lo stile e l’eleganza di Due settimane in settembre, altro godibile gioiello letterario di Sherriff proposto dalla medesima casa editrice.
Dunque, torniamo al signor Baldwin e alle sue spinose faccende quotidiane: dovete sapere che lui non vedeva l’ora di raggiungere l’agognato traguardo della pensione ma, adesso che ci si trova in mezzo, la questione pare assumere un ben diverso sapore.

“Era molto piacevole avvertire attorno a sé il lieve alito del tempo libero, ma non si sentiva del tutto a suo agio. La sera prima aveva chiuso la porta sul passato e rivolto il viso verso il futuro, ma quella mattina stava cominciando a scoprire che la porta si incurvava in malo modo, e le cose che aveva avuto intenzione di chiudere fuori si stavano insinuando attraverso le fessure.”

La vita è un gioco di miracolosi equilibri, un preciso mosaico di sensazioni e di usanze quotidiane: se sposti un solo tassello tutto quanto sembra andare irrimediabilmente all’aria!
Lo sa bene anche Edith, la moglie del signor Baldwin, che all’improvviso si ritrova il signor Baldwin per casa, tra l’altro lui ha pure preso il vizio di occupare la poltrona preferita di Edith proprio negli orari in cui lei ama rilassarsi in santa pace.
La Signora Baldwin è molto combattuta, sa che il suo Tom si è guadagnato il meritato riposo e tuttavia nutre una sorta di malcelata e inaspettata insoddisfazione.

«Nonostante tutta la gioia della loro vita in comune, quel giorno Edith capiva con una chiarezza mai sperimentata in passato che tale gioia si basava su un regolare e quotidiano periodo di reciproca lontananza».

Elegante, raffinato, deliziosamente ironico, questo romanzo di Sherriff è scritto con una straordinaria lievità capace di rendere ogni pagina assolutamente godibile.
Seguendo la loro vita semplice con i suoi ostacoli quotidiani, piano piano ci si affeziona ai coniugi Baldwin e si prova un senso di autentica gratitudine per aver potuto percorrere insieme a loro un tratto della loro vita ed è il talento di Sherriff a rendere possibile tale insolita sensazione.
Riuscirà il Signor Baldwin a raccogliere il filo del suo destino e sbrogliare la matassa della sua quotidianità?
A dire il vero lui qualche progetto ce l’ha: a 58 anni si è messo in testa di diventare uno storico ma sarà proprio questa la via da seguire?
Il passato mostrerà ai coniugi Balwin quali nuovi abitudini ha in serbo per loro il futuro e non svelerò di più, lasciandovi il piacere di scoprire le piccole avventure di vite normali.
E vi parrà di essere anche voi là, accanto al Signor Baldwin che cerca di far quadrare i conti per realizzare i suoi progetti mentre Edith lo incoraggia e lo sostiene.
È la straordinaria bellezza della normalità, narrata con lo stile garbato e inconfondibile di Robert Cedric Sherriff.

“I momenti migliori ci travolgono così all’improvviso che l’aspettativa non ha la possibilità di annacquare il piacere della realtà e passano così in fretta che nemmeno la realtà ha la possibilità di scavare i suoi buchi sgradevoli nei ricordi che restano.”

Le Figurine Liebig: ville antiche e moderne

Ritorniamo ancora a viaggiare nel tempo e in un certo passato con il dolce romanticismo delle Figurine Liebig, la serie che vi mostrerò è interamente dedicata alle ville antiche e moderne e risale al 1913, mia nonna collezionava queste figurine ed ora sono io a custodirle.
Andiamo allora sull’esclusiva riviera francese, nei pressi di Nizza.
Le palme, la rigogliosa natura di questa costa che si affaccia sul Mediterraneo, i profumi freschi e deliziosi.

Salendo ancora più a nord giungeremo in terra di Albione ed ecco così la tipica villa inglese sulla sponda del Tamigi.
Il prato è verde e lucente, tutto pare immerso in una quiete idilliaca e in una bellezza senza pari.

In Svezia, sul Lago Mälar, troveremo invece le ville trasportabili in legno, sul retro di ogni figurina c’è una dettagliata spiegazione e in questo caso si legge che queste ville si potevano smontare perzzo per pezzo per essere trasportate nei luoghi prescelti.
Qui si notano due abitanti del posto in costume tradizionale e sullo sfondo si vede il Castello di Gripsholm.

E ancora, il nostro viaggio ci porta nella campagna tedesca del XVI Secolo sul Reno, regione celebre per i suoi vigneti.
E sempre si appezza questo panorama bucolico e questa mirabile quiete.

Andando ancora più indietro nel tempo ci ritroviamo nell’antica Siracusa, dove sorgevano magnifiche ville greche, fastose dimore con splendide terrazze e magnifici pergolati.

E infine il nostro viaggio ci porta all’epoca dell’antica Roma: a Tibur, l’attuale Tivoli.
Qui sorgevano fastose ville con ricchi giardini allietati dai sentori delle rose e dai briosi aromi degli agrumi.
Un incanto che ritorna nella dolce poesia delle Figurine Liebig.

Al Portofino Kulm: la nuova vita di Miss Gwendoline

Miss Gwendoline giunse a Victoria Station e salì sul suo treno senza voltarsi indietro.
Si lasciava alle spalle un cielo livido di pioggia e un lungo fidanzamento destinato a sfociare in un comodo matrimonio che le avrebbe garantito una vita agiata e tranquilla.
Miss Gwendoline, tuttavia, aveva ben altre aspirazioni: da sempre coltivava l’amore per le buone letture e per la bella scrittura, da qualche tempo poi era anche autrice di una rubrica letteraria per una prestigiosa rivista inglese.
Nuovi progetti, nuovi orizzonti erano nel suo destino.
Così aveva chiuso la sua casa, aveva fatto recapitare al suo promesso sposo un laconico messaggio che non desse adito a fraintendimenti, infine aveva preparato i suoi bagagli e aveva lasciato l’Inghilterra.
Il viaggio era stato lungo, dopo la traversata della Manica Miss Gwendoline si era brevemente trattenuta in Francia: era stata a Parigi e poi sulla Riviera, per qualche giorno era rimasta a Nizza.
E infine aveva raggiunto l’Albergo Portofino Kulm dove le era stata riservata una stanza ampia e luminosa, il vento faceva danzare le tende chiare e spirava fresco di salmastro.
Miss Gwendoline era scesa così per una breve passeggiata e facendosi ombra con il suo parasole si era soffermata per un tempo indefinito ad ammirare il panorama.

L’azzurro del mare era limpido, l’aria era densa di profumi mediterranei, di freschezza di resine e di fiori, Miss Gwendoline si sentiva come immersa nella gloriosa bellezza della natura incontaminata e pura.
Le balenavano nella mente colori e parole, rime poetiche, sensazioni e nuove inaspettate emozioni.
Era un nuovo entusiasmante inizio.

A sera, nella sua camera al Portofino Kulm, si mise seduta alla scrivania, vi posò sopra la sua valigetta e da essa estrasse un taccuino e tutto il necessario per scrivere.
Era anche lei come un romanzo ancora da raccontare.
Sorrise, si scostò un ricciolo dalla fronte e poi senza esitazione intinse la penna nell’inchiostro e sulla pagina bianca vergò quel titolo che aveva in mente da tempo: The days of a traveller.
Così ebbe inizio la nuova vita di Miss Gwendoline.

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Miss Gwendoline con i suoi talenti è un mio gioco di fantasia ispirato dalla bella cartolina di uno spicchio incantevole del levante ligure.
Nella luce di un secolo nascente, di certo sarà esistita una signorina inglese che, ammaliata da quel magnifico panorama, avrà iniziato a scrivere le sue emozionanti memorie di viaggio.

Il pasticciere del re

“Il re, alla fine, si era messo a mangiare gelati. Ma solo con Louise. Ogni giorno ne mandavo uno diverso negli appartamenti della ragazza. Susina selvatica, falso frutto della rosa, pera, mora e le grosse nocciole del Kent.”

Londra, 1670: presso la reggia di Carlo II Stuart giungono Carlo Demirco, promettente pasticciere italiano e la giovane bretone Louise de Kérouaille, incantevole damigella di corte.
Ad inviarli è il re di Francia Luigi XIV che vorrebbe tramite loro rinsaldare un legame prezioso per gli equilibri politici e garantirsi l’appoggio del sovrano d’Inghilterra nel conflitto con l’Olanda.
Questa è una storia intricata, vivace e movimentata, ricca di eventi e di colpi di scena come solo le storie vere sanno essere ed è una storia dove fantasia e realtà si intrecciano con armonia: intrighi, segreti e trame sono sapientemente intessuti tra le pagine del romanzo Il pasticciere del re di Anthony Capella edito da Neri Pozza e Beat Edizioni.
È un libro delizioso, invitante e accattivante come i gelati favolosi creati dal leggendario Carlo Demirco, personaggio realmente esistito al quale si attribuisce il merito di aver fatto in modo che il gelato non fosse privilegio esclusivo dei re, come scrive nell’epilogo Capella medesimo.
Nel romanzo poi i capitoli dedicati all’estroso pasticciere di corte si aprono con citazioni e brevi ricette prese da The book of ices, trattato di Carlo Demirco dedicato appunto ai gelati.
La bella Louise, invece, ha in serbo altre sublimi dolcezze per il sovrano del quale diverrà l’adorata amante e consigliera, la ragazza conquisterà con caparbia una buona posizione e una certa influenza.
E i gelati di Demirco strabiliano i nostri occhi come una delizia inusitata, qualsiasi bontà voi abbiate gustato vi apparirà banale paragonata agli accostamenti arditi del pasticciere del re.

“Dopo lunghe riflessioni decisi di confezionare un sorbetto alla melagrana con una salsa allo champagne, una gelatina di mela e crisantemo e una granita con latte aromatizzato al finocchio.”

E riga dopo riga si viene così conquistati dalle esclusive bontà che giungono sulla tavola del sovrano.
Sono dolcezze avvolgenti, una fantasmagoria di sapori e profumi: dalla crema inglese al ribes rosso, dall’acqua di rose al bergamotto e poi accenti di spezie, bontà di ciliegie e di fragole succose, freschezza di limoni e sentore di vaniglia, brio di chiodi di garofano e morbidezza di pere e di pesche e leggerezza di nespole.
Ogni riga è una poesia, impareggiabile e fresca come il gelato di Carlo Demirco.
E poi ci sono i modi rocamboleschi per conservare il ghiaccio, all’epoca era tutto più complicato e non mancano gli stratagemmi per celare i segreti di un ottimo gelato.
E che stupori!
Non potete immaginare gli sguardi quella volta che Demirco fece giungere nelle cucine reali un delizioso ananas, tutti quanti si sporgevano per scorgere quello strano frutto mai veduto!
I talenti culinari di Demirco si alternano alle affascinanti astuzie femminili di Louise, una creatura magnifica della quale l’autore ci restituisce un sapiente e piacevole ritratto, è impossibile non simpatizzare per la bella Louise, è una giovane donna amabile e davvero gradevole.
E a proposito di lei aggiungo una piccola curiosità: tra i suoi discendenti figura anche Lady Diana.
Brioso, gradevole, incalzante, questo romanzo lascia spazio ai sentimenti e ai diversi sobbalzi del cuore.

“L’amore è come il ghiaccio. Vi assale di nascosto, vi si insinua dentro con l’inganno, rompendo ogni difesa, scovando gli anfratti più nascosti della carne. Non assomiglia a calore, dolore o bruciore, ma piuttosto a un’insensibilità interna, come se il cuore stesso si stesse indurendo, trasformandovi in pietra. L’amore vi afferra, stritolandovi con una forza che può spezzare le rocce o frantumare gli scafi delle navi.”

Il pasticciere del re è un libro splendido e sorprendente, scritto con talento e con vera competenza frutto di accurate ricerche storiche che sanno rivelare una certa Francia e poi in una certa indimenticabile Londra.
Tra trame di palazzo e tra i sospiri delle cortigiane vi ritroverete così in quel mondo e avrete anche il piacere di assaporare uno dei gelati deliziosi del pasticciere del re.

“I gelati, come la vendetta, si consumano meglio freddi; ma come la vendetta, se sono troppo freddi si gusteranno meno.”

Due settimane in settembre

“Tutti gli uomini sono uguali in vacanza: tutti liberi di fare castelli in aria senza preoccuparsi delle spese e senza possedere competenze da architetto. Sogni fatti di una materia così impalpabile devono essere coltivati con venerazione e tenuti lontani dalla luce violenta della settimana seguente.”

Così iniziano le vacanze della famiglia Stevens, in certe giornate luminose sul finire dell’estate.
Gli Stevens abitano a Dulwich, un sobborgo nel sud est di Londra.
Gli Stevens, ogni anno e ormai da molti anni, sono soliti trascorrere le vacanze sempre nello stesso posto: la pensione Vistamare a Bognor Regis.
Il loro soggiorno poi ha sempre la stessa durata: esattamente Due settimane in settembre, come recita il titolo del magnifico romanzo dedicato alle avventure di questa famiglia inglese scritto da R. C. Sherriff nel 1931 e pubblicato in Italia da Fazi Editore.
Facciamo così la conoscenza degli Stevens: il Signor Stevens è impiegato, la moglie è casalinga, i due hanno 3 figli, Mary e Dick sono già grandicelli e lavorano entrambi, Ernie è invece il piccolo di casa e ha appena 10 anni.
Ogni anno, con grande aspettativa, tutti si preparano con cura per trascorrere l’agognata vacanza a Bognor Regis: a dire il vero la pensione Vistamare non è proprio lussuosa, anzi è piuttosto modesta e mostra diversi segni di decadenza ma per gli Stevens è un luogo del cuore.
La partenza per Bognor Regis prevede tutta una serie di precisi rituali: si tratta del ruolino di marcia del signor Stevens.
Meticoloso e metodico, il capofamiglia è solito compilare una lista precisa di tutte le incombenze da sbrigare prima delle vacanze e non si scorda di affidare il canarino ad una solerte vicina che se ne occuperà.
Per arrivare a Bognor Regis c’è un lungo viaggio in treno da affrontare e si protrae per molte pagine, è una vera delizia viaggiare con gli Stevens mentre al di là del vetro scorre rapido il panorama e la meta si avvicina.

E tutto è così normale, tranquillo e deliziosamente famigliare: questo romanzo, nella sua disarmante semplicità, rappresenta un autentico elogio della quotidianità e delle piccole gioie della vita.
Pagina dopo pagina, grazie al mirabile talento dell’autore, sembra quasi di conoscere davvero gli Stevens.
Al mare, a Bognor Regis, si fanno lunghe passeggiate sulla spiaggia e ci si diletta con i passatempi tipici del posto, ogni anno si sceglie un souvenir da portare in regalo alla vicina di casa e bisogna darsi un po’ da fare per aggiudicarsi la cabina migliore.
La Signora Stevens in queste vacanze ama in particolare le ore della sera quando tutti se ne vanno fuori e lei se ne può restare in santa pace in poltrona a dilettarsi con il suo cucito e a sorseggiare il suo Porto.
In questo luogo che suscita emozioni contrastanti e piccoli tumulti dell’anima:

“Uno strano sentimento, venato di tristezza, ti assale quando entri in una stanza che ti sussurra i ricordi di una lunga serie di anni.”

In questo luogo dove si diventa grandi e nei giorni della giovinezza si aprono spiragli inaspettati sul futuro:

“Mary aveva sempre considerato la vita qualcosa che iniziava prima che te ne rendessi conto e poi andava avanti senza scosse finché morivi: non aveva mai saputo che potesse finire e poi ricominciare, così splendida.”

Ho amato ogni riga di questo romanzo.
Ho amato lo stile garbato, asciutto ed elegante.
Ho amato la vena britannica che attraversa ogni pagina di questa storia come un raggio di luce.
Ho amato la semplicità, a volte persino prevedibile, vera e credibile.
Ho amato la sensazione di serenità che si assapora leggendo il romanzo di Sherriff, si resta a Bognor Regis con questa piacevole compagnia alla quale è davvero facile affezionarsi.
E così anche a noi lettori rimane salda nel cuore un sorta di inspiegabile nostalgia per quel tempo trascorso in quella quiete, per quelle memorabili due settimane in settembre.

“Una vacanza è così. I primi giorni indugiano quasi interminabili. Verso sera il sole si posa dentro una conca tra le colline e rimane li, ostinato, a sfidare la notte. Domenica, lunedì, martedì: ti sembra di essere al mare da settimane intere.”

Lady Butterfly – Diario di una cacciatrice di farfalle

“15 Aprile 1883
Tra un mese avrò raggiunto i ventun anni, e allora sarò libera di scegliere la mia strada nella vita. La mia passione dominante è l’indipendenza.”

Questa è la storia straordinaria di Margaret Elizabeth Fountaine, instancabile viaggiatrice e appassionata entomologa nata a Norwich nel 1862.
La sua vicenda venne alla luce nella maniera in cui lei stessa aveva disposto: dovete infatti sapere che Miss Fountaine morì nel 1940 e con il suo testamento destinò al Castle Museum di Norwich la sua collezione di 22.000 farfalle.
Miss Fountaine però lasciò dietro di sé anche una capiente scatola con l’indicazione che venisse aperta il 15 Aprile 1978.
Così accadde e, quando il coperchio fu sollevato, all’interno della scatola furono trovati 12 pesanti volumi: i diari di Miss Fountaine dal 15 Aprile 1878 fino al 1939, cento anni erano passati da quando Margaret aveva scritto la prima parola delle sue memorie.
Lady Butterfly – Diario di una di una cacciatrice di farfalle di Margaret Fountaine, pubblicato da Elliot nella collana Antidoti, è così la storia magnifica di questa donna cresciuta secondo le regole e i dettami dell’epoca vittoriana e tuttavia autonoma, indipendente, libera nelle azioni e nei pensieri.
Le pagine scelte da quei suoi diari restituiscono il ritratto di una donna volitiva, caparbia, fiera e scevra da incertezze, Miss Fountaine ha spirito di iniziativa e carattere, hanno particolare rilievo poi le sue tormentate e a volte bizzarre questioni amorose che sono narrate con vera ricchezza di dettagli.

Miss Fountaine disegna cattedrali e scopre fin da ragazza che la sua ambizione è viaggiare per il mondo, trovare nuove farfalle e conoscere usi e costumi dei popoli.
Miss Fountaine, disponendo di una certa rendita, riuscirà così a realizzare il suo desiderio: viaggerà in tutti i continenti, armata di retino e di autentica curiosità.
Quante avventure Miss Fountaine!
Ad esempio, in compagnia di sua sorella, partirà da Nizza per attraversare l’Italia in bicicletta: le due spediscono il loro bagaglio per ferrovia e si apprestano a pedalare fino a Venezia.
Che sorprendenti viaggiatrici vittoriane in gonna lunga!
Immaginate Miss Fountaine e sua sorella alla scoperta del mondo, alla partenza dalla Francia l’entusiasmo è alle stelle.

“Fu delizioso volare sulle nostre biciclette, io con la mia Kodak Bullseye fissata al cestino davanti a me, così che ogni qual volta un gruppetto di contadini o di animali colpiva la mia immaginazione, non avevo altro da fare che saltar giù dal sellino e cogliere qualche istantanea. Eravamo alla moda, con le nostre biciclette… Inoltre ero alla moda con la mia Kodak”.

Temeraria Miss Fountaine, le sue avventure sono ai nostri occhi fantastiche e sorprendenti: Miss Fountaine salirà sull’Orient Express, cavalcherà con sicurezza, scoprirà l’Africa e l’Oriente, sarà sempre libera e autonoma, sebbene in sottofondo, nei filo dei suoi pensieri, si colga netto e presente il retaggio della sua educazione vittoriana.
Ad accompagnarla per un lungo tratto della sua vita sarà un giovane ragazzo siriano che è la sua guida nei viaggi in terre lontane: lui ha 24 anni e lei 39 quando tra loro nasce un amore difficile e complicato, non vi svelerò di più di loro ma, come dicevo, Miss Fountaine in tutto il corso del libro finisce sempre per stupire.
Va anche detto che, a un certo punto della vita, smetterà di collezionare farfalle, farle morire era per lei una pena e inizierà invece ad allevare le larve, restituendo all’universo un numero elevatissimo di nuove farfalle.
Miss Fountaine troverà all’estero interessanti compagni di viaggio, incontrerà nobili inglesi e studiosi come lei, in un giorno di aprile i suoi occhi si poseranno poi sui manifesti che raccontano la tragedia del Titanic e lei scriverà sul suo diario che quella è la nave più grande del mondo e che possa affondare è completamente da escludere.
Con grazia, determinazione e spirito Miss Fountaine ci ha così consegnato il suo sguardo su quel mondo che volle conoscere in ogni sua particolarità, leggere le sue memorie è una notevole emozione, questo libro è una lettura inaspettata e stupefacente, avvince, affascina e lascia, nel cuore e nell’animo, la leggerezza del sorriso.
Seguendo lei, Margaret Elizabeth Fountaine, con la sua sete di libertà che la condusse per le strade del mondo.

“Sostai ad Atene due notti, ma non vedevo l’ora di tornare nel mondo solitario della natura, libera di vivere la mia vita autentica, lontano dalle convenzioni della civiltà. La libertà è la gioia suprema della vita.”

I fratelli Lamb

“Uno dei passeggeri sulla carrozza per Stratford aveva avuto l’imprudenza di chiedergli: « Qual è dunque la vostra occupazione, signore?» Dopo averlo fissato per un istante in silenzio, Samuel Ireland aveva risposto: «Mi occupo del mestiere di vivere, caro signore.» ”

Raffinato, elegante, fortemente evocativo e squisitamente british, ecco un romanzo che delizierà gli amanti della letteratura inglese e gli estimatori della terra di Albione.
I fratelli Lamb è un raffinato romanzo storico scritto dall’ineffabile Peter Ackroyd ed edito in Italia da Neri Pozza.
Ackroyd, uno dei massimi autori britannici, offre uno spaccato straordinario della Londra del passato portando il lettore nel lontano 1795.
I protagonisti del suo volume sono persone realmente vissute: si tratta infatti dei fratelli Charles e Mary Lamb, entrambi autori di romanzi ed opere letterarie.
E tuttavia l’autore avverte il lettore: ha inventato personaggi e modificato le vicende della famiglia Lamb per amore della narrazione.
Per amore della narrazione: arte della quale Ackroyd è incomparabile maestro.

Dunque, la vicenda del romanzo è tanto semplice quanto intrigante.
Il giovane Charles Lamb lavora per la Compagnia delle Indie ma aspira a divenire un celebre scrittore, la sorella Mary condivide con lui l’amore per la poesia e la letteratura, lei è una ragazza dal viso segnato dal vaiolo e vive per lo più nell’ambiente domestico.
Per un caso del destino i due fratelli Lamb si imbattono nel giovane William Ireland, libraio con il padre Samuel a Holborn Passage.
E sapete qual è la circostanza stupefacente?
Il giovane Ireland ha scoperto per ventura alcuni manoscritti di William Shakespeare e l’emozione per tutti loro è davvero incredibile!
Sui manoscritti e sulle presunte opere shakespeariane non vi svelerò nulla di più, sappiate comunque che il colpo di scena è sempre dietro l’angolo e che anche Ireland è realmente esistito.
Questo romanzo ha il profumo della carta e degli antichi manoscritti, vi è inoltre ancora una protagonista fondamentale e nessuno come Ackroyd è capace di narrarla in tale maniera nei nostri tempi: la città di Londra.
È una città a volte fosca, caotica, complicata, per le sue vie si muovono carri e calessi, in questa Londra si incontrano poi personaggi particolari:

“Jonathan Baker era un omino tarchiato dall’aria completamente esausta, con la bocca ripiegata verso il basso e le palpebre pesanti. A Samuel Ireland sembrò una sorta di Pantalone appena uscito da una commedia. Si presentò nell’ufficio con un bizzarro berretto a punta di datazione incerta.”

E i luoghi di Londra, poi, sono descritti in maniera indimenticabile:

“Il palco Amleto odorava di paglia fradicia, cordiale alla liquerizia e ciliegie. L’odore dei teatri di Londra. A William piaceva quell’odore e si sentiva inebriato dai profumi di essenze e unguenti che si levavano a ondate dalla platea eccitata e mormorante.”

In ogni riga di questo romanzo emerge, netto ed evidente, il talento narrativo di Ackroyd e spicca la sua innata capacità di affascinare e coinvolgere in maniera totalizzante i suoi lettori.
Su ogni evento descritto tra le pagine del libro aleggia la figura misteriosa di William Shakespeare, il Bardo è a suo modo anch’egli uno dei protagonisti del romanzo I fratelli Lamb.
Adorato, amato, riletto, i suoi versi sono mandati a memoria e per sempre immortali.
E le sue opere, all’improvviso divengono persino palpabili.
Ecco la sua calligrafia, ecco le sue maniere di scrivere, ecco i personaggi riconoscibili e ritrovati in certi manoscritti davvero straordinari: un’emozione destinata a mutare il destino di certe vite.

“Dunque Shakespeare aveva tenuto quel libro fra le mani… proprio come stava facendo lui in quel momento. L’assoluta reciprocità del gesto gli diede il capogiro.”