La nuova poesia errante di Ma Rea

È tornato a Genova e ancora una volta ha lasciato l’armonia dei suoi versi nelle nostre strade e nei nostri caruggi.
Ma Rea è un poeta errante, vive a Bologna e con le parole e con una certa grazia dona a chi la sa trovare la bellezza della sua poetica, lo Stendiversomio, che potrebbe capitarvi di vedere in qualche luogo della nostra città da lui visitato.
Ad esempio, passando in Piazza dei Truogoli di Santa Brigida c’è traccia di Ma Rea.

Il suo vivace e poetico bucato dondola sospinto dall’aria del mare.

E poi io ho veduto i suoi versi all’incrocio tra Via Luccoli e Vico del Fieno.

Fermatevi a leggere, regalatevi un istante di poesia.

Non è la prima volta che dedico un post al poeta errante, lo feci già nel lontano 2017 con questo post, posso dire di avere un debole per le sue incursioni poetiche e non solo per la bellezza dei suoi versi ma anche per il garbo, per il rispetto verso i luoghi, per la discrezione e l’eleganza, le poesie di Ma Rea non sono mai invadenti.
Sono un breve respiro, armonioso e inaspettato e potreste trovarle in molti altri posti in giro per Genova.

E allora alzate lo sguardo, i vostri occhi potrebbero così trovare la poesia errante di Ma Rea.

Via San Vincenzo

Guido Gozzano: il mare d’innanzi

È un giorno di dicembre del 1907 e a Genova si trova un giovane poeta angustiato dalla cattiva salute.
Guido Gozzano ha appena 24 anni e soggiorna nella Superba dove cerca ristoro per i suoi polmoni malandati, di quelle sue ore genovesi ho già avuto modo di raccontarvi in questo post.
L’inquieto poeta dalla penna sagace e nostalgica scrive alcune sue impressioni alla scrittrice e poetessa Amalia Guglielminetti, le parole che leggerete sono tratte da una sua missiva inclusa nel volume “Lettere d’amore” di Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti edito da Alter Ego.
E così troviamo Guido che a lei parla di sé e così le scrive da San Giuliano d’Albaro:

“Povera amica, ho il mare d’innanzi e Voi non ci siete più! Che cosa strana! Si saluta una creatura, si sale in treno, si va, si va, si discende, ci si guarda intorno: e la creatura non c’è più! … E ho riveduto il mare, il mare che sa consolare di tante cose, anche di questo nostro cattivo ultimo giorno… Ritornando qui, nel luogo stesso dove avevo ricevuto le vostre prime lettere, il mio spirito si è ricongiunto al tempo nel quale ancora Voi eravate per me “Amalia Guglielminetti”.”

Il mare è taumaturgico, miracoloso, vitale, nella sua potenza Guido pare ritrovare la sua stessa energia e l’afflato della sua esistenza.
E trova anche le parole per descrivere quella forza e le sue sono parole perfette ed evocative:

“Il mare è pur sempre il grande purificatore: io mi sento l’anima leggera e monda, nata da ieri! C’è un tepore, una gaiezza nell’aria! Tutto l’orizzonte che traspare dalla mia finestra non è che l’armonia di due fasce azzurre: una più cupa: il mare; una più chiara: il cielo…”

Ed il dono del conforto e di una sorta di equilibrio e Guido vi si aggrappa con sincera speranza sebbene la situazione nella quale si trova non sia proprio delle più confortevoli.
Scrive infatti ad Amalia che ancora gli manca la scrivania, la camera è squallida e ci sono tutti i bagagli in giro, anche il suo aspetto non è dei migliori, sostiene di essere spettinato e barbuto.
E nell’elencare tutte queste sfortunate circostanze Guido scrive più di una volta una frase:

“Ma c’è il mare fuori!”

E poi ci sono le piccole incombenze quotidiane come procurarsi l’acqua bollente per le inalazioni, riordinare i cassetti, farsi il caffè e tante altre piccole seccature.

“Ma c’è il mare fuori: e (sic) sono felice!”

E poi ci sono le parole per Amalia e per il loro tormentato legame.
I baci, i ricordi, gli addii, il sangue che pulsa nelle vene, le distanze, il mistero dei sentimenti e l’incapacità di comprendere persino se stessi.
E Amalia è lontana e anche Torino lontana.

“E quest’oggi ho il mare d’innanzi! Sono libero e sono felice. V’ho scritto giorni fa che in questa pace l’immagine vostra sarebbe risorta nella mia memoria.”

E l’aria salmastra si lascia respirare, intrisa di freschezza tumultuosa e il mare diviene per Guido presenza assoluta e imperiosa, il mare fa sentire a Guido tutte le tonalità delle sua voce, si svela con un volto ancora diverso e sa turbare, far riflettere ed emozionare, ancora.
In un giorno di dicembre del 1907, a Genova.

“Vado a vedere il mare prima di salutarvi. Il mare è furibondo: s’accartoccia sotto la mia finestra ribollendo con voce sorda… Non m’ha salutato e non mi lascia di salutarvi. Io penso, guardandolo ed ascoltandolo, a un giudice iroso che ci ammonisca entrambi. È così!”

La primavera

And the Spring arose on the garden fair,
Like the Spirit of Love felt everywhere;
And each flower and herb on Earth’s dark breast
Rose from the dreams of its wintry rest.

E la primavera si levò sul bel giardino,
Come lo Spirito dell’Amore sentito ovunque;
E ogni fiore ed erba dal bruno seno della terra
si destò dai sogni del suo riposo invernale.

Percy Bisshe Shelley – The Sensitive Plant

Come in una poesia di Giorgio Caproni

A volte la poesia è lì, davanti ai tuoi occhi.
Un frammento di città, un istante di una giornata, la luce pomeridiana prima del tramonto.
L’acqua del mare che si increspa, il tempo che scorre.
E le parole, le parole di un grande poeta.

Genova tutta colore.
Bandiera. Rimorchiatore.

Litania – Giorgio Caproni

All’autunno

All’autunno che lascia indietro la gioiosa estate e così si posa sul nostro cammino.
All’autunno che spande gocce di pioggia e profumo di cannella, all’autunno che dona mele succose e grappoli d’uva, foriero di inquiete tempeste e di nuvole vaghe.
All’autunno celebrato dai versi di un poeta romantico prematuramente perduto, John Keats lasciò le cose del mondo a 26 anni e ne aveva appena 24 quando compose l’ode dedicata alla stagione dei caldi aromi e questo è l’incipit della sua poesia:

Season of mists and mellow fruitfulness,
Close bosom-friend of the maturing sun;
Conspiring with him how to load and bless
With fruit the vines that round the thatch-eves run;

Stagione delle nebbie e del raccolto maturo,
Amica vicinissima del sole fecondatore;
Con lui cospiratrice del carico e del dono
dei frutti sulle viti lungo i cornicioni di paglia.

All’autunno dalle screziate sfumature e dai profumi intensi, mentre il fuoco arde nel caminetto, tempo di castagne e di vino versato nei bicchieri per brindare alla stagione nuova.
All’autunno prodigo di promesse che ancora si rinnovano.
All’autunno e agli alberi che si vestono di oro, di ocra e di arancio, con le foglie che tintinnano appena smosse dal vento sui rami leggeri.
All’autunno, stagione di questa ritrovata bellezza.

Fontanigorda – Bosco delle Fate

Le ultime ore dell’estate

La luce delle ultime ore dell’estate è a suo modo straordinaria.
Brillante, briosa prepotente e vivace, ha accompagnato il ritmo di questi ultimi giorni che ci avvicinano all’autunno.
Con un calore forse anche inconsueto per questo tempo di settembre, un regalo di chiarore e ritrovata libertà.
La luce delle ultime ore dell’estate scivola via come effimera felicità, l’ho veduta sfiorare l’acqua scrosciante, il selciato e le facciate dei palazzi.
E l’ho seguita accompagnare i passi che si susseguivano come in una dolce danza e a vederla ho pensato alle parole di un celebrato poeta, così ritorna davanti agli sguardi quella bellezza da lui decantata.

Già a frotte s’avventurano
I viaggiatori alla città tonante
Che stende le sue piazze e le sue vie:
La grande luce mediterranea
S’è fusa in pietra di cenere:
Pei vichi antichi e profondi
Fragore di vita, gioia intensa e fugace.

Dino Campana – Genova (Canti Orfici)

Celeste si posa

Celeste si posa
fragile come dolcezza perduta.
E dondola, si culla, tentenna e freme,
respira, vibrante come gioia taciuta.
Come memoria che affiora,
come parola che risuona ancora.
In un battito leggera ti sfiori
e ritorni a te, bellezza fugace,
lieve per sempre,
come brezza d’estate.

I giorni genovesi di Guido Gozzano

“Mio cuore, monello giocondo che ride pur anco nel pianto,
mio cuore, bambino che è tanto felice d’esistere al mondo…”

Così si racconta Guido Gozzano nel suo componimento dal titolo Alle soglie e pubblicato nel mese di giugno del 1907.
È giovane Guido, ha soltanto 24 anni ma la sua salute è malferma, il poeta soffre infatti di una lesione polmonare che lo tormenta e lo rende fragile.
E così i dottori prescrivono per lui precise indicazioni terapeutiche che dovrebbero essergli di giovamento e permettergli di rimettersi in forze, come egli stesso scrive nel seguito della poesia:

“Nutrirsi… non fare più versi… nessuna notte più insonne…
non più sigarette… non donne… tentare bei cieli più tersi:

Nervi… Rapallo… San Remo… cacciare la malinconia;
e se permette faremo qualche radioscopia…”

In quel 1907 il poeta giunge così a Genova, città che già aveva frequentato in precedenza.
Cerca ristoro per i suoi polmoni malandati nella salubrità dell’aria salmastra e trascorre così quei giorni della sua giovinezza alla Marinetta di San Giuliano, un albergo ora non più esistente.
Di quel suo periodo genovese narra diffusamente lo storico Michelangelo Dolcino nel suo libro Genova Anni Ruggenti 1900-1920 pubblicato da Editrice Realizzazioni Grafiche Artigiana di Genova, su quelle pagine è riportato anche un brano di una lettera di Guido Gozzano nella quale egli così definisce La Marinetta: Bicocca d’estate, è più bicocca d’inverno.
È piena di spifferi, Guido dice però quel luogo gli dona la vista del mare glorioso con la sua grandiosa potenza, il mare magnifico ristora e riempie lo sguardo di nuova bellezza.

La Genova che vede Gozzano è ben diversa da quella che oggi noi conosciamo, ancora non esiste il nostro Corso Italia, tra scogliere e creuze il panorama è vario e frastagliato ma Guido ama piuttosto appartarsi nelle quiete della piccola spiaggia privata.
In questa città Guido stringe amicizie con poeti e letterati, c’è una bella fotografia nella quale egli è ritratto seduto sul cofano di una vettura attorniato da alcunI eminenti rappresentanti del mondo culturale del tempo tra i quali lo scultore Eugenio Baroni e la scrittrice Flavia Steno.
Tra coloro che egli frequentò c’è anche lo scrittore e poeta Costanzo Carbone che ne tramandò un vivido ritratto:

“Guido veniva ogni anno in quell’oasi di pace a chiedere al mare un po’ di requie per i suoi polmoni malati. E invero, l’aria marina profumata dai pini gli faceva bene, lo rinvigoriva di forze e di volontà: gli restituiva il sorriso e la speranza.”

Costanzo Carbone Rivista Genova del Novembre 1951

La presenza di Guido alla Marinetta diviene memoria sacra da conservare: è sempre Carbone a narrare che il proprietario Checco Grondona guardava con apprensione al suo ospite così cagionevole di salute, lui stesso dava le giuste indicazioni per le gite ritenute inadatte alle condizioni fisiche di Guido.
A Genova il poeta si concede, almeno una volta alla settimana, una passeggiata in centro fino al Carlo Felice.

E sempre tramite Costanzo Carbone il poeta Gozzano conosce il fior fiore degli intellettuali e tra di essi i poeti Giuseppe de Paoli e Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, lo scrittore e giornalista Pierangelo Baratono e il commediografo Guglielmo Zorzi.
La bella compagnia non si faceva mancare i divertimenti e le epiche tavolate con i piatti colmi di lasagne ai tavoli della Marinetta.
Guido, poeta mai dimenticato, compose numerose poesie nella nostra città, tra di esse vorrei ricordare quella dedicata proprio all’Abbazia di San Giuliano e I colloqui dei quali fa parte il già citato Alle soglie.

Il suo stato di salute è per Guido fonte di amare frustrazioni.
Narra sempre Dolcino che Gozzano fu dichiarato inabile al servizio militare e così, mentre i suoi amici e coetanei si conquistavano la gloria al fronte, egli rimase a crogiolarsi nella sua amarezza.
Il suo contributo si limita alla confezione dei pacchi per i soldati ai quali unisce rime di suo pugno ma vuole che a firmare quei suoi versi sia una sua scolaretta: Guido è ritroso e sofferente, lo mette a disagio la dolcezza della sua scrittura paragonata al coraggio virile dei combattenti.
Ed è l’estate del 1916, la stagione fatale per il poeta piemontese.
Trascorre a Genova alcuni giorni sul finire di luglio, forse si espone troppo al sole e fa anche il bagno a Sturla ma invece di trarne beneficio la sua salute ne risulta danneggiata.
Condotto a Torino il poeta perde infine le sue poche forze ed esala il suo ultimo respiro ad appena 33 anni il giorno 9 Agosto 1916.
Breve e tormentato è stato il suo cammino nel mondo, gli eventi della sua vita lo condussero anche in luoghi a me cari.
A tutti noi ha lasciato le sue poesie venate di malinconia ma anche punteggiate di sagace ironia, con le sue magnifiche ambientazioni di inizio secolo, chiunque ami la poesia non sa dimenticare L’amica di Nonna Speranza, la Signorina Felicita e l’inafferrabile fragilità delle gioie davvero mai conquistate:

“Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state…”
Cocotte

I limoni

“Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.”

Tratto da I Limoni di Eugenio Montale

Piazza della Giuggiola