Colori di Via San Bernardo

Sono colori di Via San Bernardo, bianco e nero di vetusti edifici sfiorati ancora dalla luce gloriosa.

Sono colori di Via San Bernardo: persiane chiuse e facciate dalle tinte calde.

Dove i raggi del sole cadono così, a segnare il confine netto dell’ombra: è una di quelle bellezze della città vecchia che a me non stancano mai.

Negli atri di questi edifici, aperti e accessibili in occasione degli eventi della design week di Genova, si respira la storia antica della Superba.
Questo palazzo appartenne a Marc’Antonio Sauli, senatore della Repubblica e pronotario apostolico che visse tra il 1523 e il 1618.
La sua dimora ci lascia ancora entusiasti ed ammirati, io ne scrissi molti anni fa in questo post.

E il cielo che la sovrasta ha quell’azzurro impareggiabile che mai smette di affascinare.

Tra il colori di Via San Bernardo ci sono anche i toni allegri della bottega dei Fruttarelli.
E se in autunno queste ceste sono colme dell’uva fragrante, delle zucche e dei funghi profumati con la bella stagione i colori sono più vivaci e accesi.

Ed ecco le diverse sfumature di rosso delle ciliegie, delle fragole e dell’anguria.

Sono i colori della città vecchia, dove trovi l’antico e il moderno, la luce e l’ombra, i contrasti più inattesi e sorprendent e dove ti ammaliano i colori di Via San Bernardo.

Gli affitta sacchi di Genova nell’anno 1890

Ritornando a camminare nel passato potrebbe capitarvi di voler intraprendere qualche fruttuosa attività che fiorirà rigogliosa in questa città di traffici, di porto e di operose maestranze.
Pertanto potreste planare nel lontano 1890 e aver bisogno di capienti sacchi di materiale più che resistente e adatto alle vostre necessità.
E così, pensando di esservi di aiuto, eccomi qua a consultare per voi il Lunario del Signor Regina del 1890 dove la categoria degli affitta sacchi ha una sua sezione dedicata con tutti gli indirizzi utili.
Dunque, trovate sacchi in affitto a Caricamento e in Sottoripa, qua ci sono ben quattro esercizi commerciali che trattano questi articoli.

E del resto è anche logico: questa zona è il fulcro dei commerci e delle attività dei genovesi, così tutto attorno fioriscono le attività.
Ecco dunque il Signor Sessarego e il Signor Assereto che affittano sacchi in Vico del Serriglio mentre in Via al Ponte Calvi trovate il Signor Celesia.
Ci sono poi una bottega in Piazza Luxoro e una in Vico Denegri.
Ferve la vita dei caruggi, i vicoli sono un continuo andirivieni di gente affaccendata, i commerci portano lavoro, benessere e vivacità.
E se per caso vi serve affittare dei sacchi ricordatevi che in Piazza Pinelli potete rivolgervi al Signor Gazzo e ai Signori Roccatagliata e certamente troverete ciò che fa per voi!

Il Lunario del Signor Regina è un volume preziosissimo, a sfogliarlo lo sguardo si posa su un mondo ormai scomparso, a volte emergono da queste pagine termini per noi desueti e pertinenti a quell’epoca lontana.
Le strade che percorriamo ci appaiono sotto una luce diversa e in alcune di esse ritroviamo antiche attività e ci sembra di vedere i volti di quegli abili commercianti e dei loro solerti garzoni.
In quel 1890 il Lunario del Signor Regina indica 13 diversi affitta sacchi e tra questi c’era anche il signor Raffo che faceva i suoi affari in Piazza Sauli.
E anche allora, ne sono certa, il cielo là sopra era così blu.

Camminando nel passato di Piazza Cavour

Saliamo ancora insieme sulla mia macchina del tempo che ci porterà dritti in un passato che non abbiamo conosciuto tra rumori di porto, voci di lavoratori e sguardi di un tempo lontano nella nostra Piazza Cavour.

Tic tac, tic tac.
La vita freme dietro queste persiane, sono sorrisi, baci, promesse e abbracci e progetti per il futuro.

Con lo scorrere del tempo qualcosa resterà immutato e invece qualcosa cambierà aspetto.

I fregi del palazzo di Via Turati, tuttavia, sono ancora ben visibili e conservati con cura.

Camminando nel passato di Piazza Cavour troviamo una moltitudine di esercizi commerciali, Genova è una città operosa e molti sono coloro che compiono la loro quotidiana fatica davanti al nostro mare e nel porto della città.
Sfogliando il mio Annuario Genovese Fratelli Pagano del 1926 ho scoperto che in questa piazza c’erano due ottonieri, un negozio di gomma e uno di scope, c’era poi la macelleria del Signor De Luchi e la signora Rosa Gargiulo vendeva i suoi ottimi vini.
Un abile artigiano si dedicava alla pitturazione dei piroscafi ed erano ben tre le osterie dove fermarsi a mangiare, a volte poi si sentiva il profumo delizioso dei dolci e dei biscotti sfornati dalla fabbrica del Signor Garibaldi.
Là, sopra le finestre, si nota un’insegna con la scritta Forniture Industriali, un signore con la maglietta a righe se ne sta seduto sul suo carro, dietro si vede un cavallo intento a ristorarsi con l’acqua fresca.

E osserviamo meglio, questi signori con cappello e baffi se ne stanno a discorrere davanti al loro carretto, sullo sfondo una donna e una ragazzina incedono svelte.
E ancora, là dietro, la tenda di una fiorente attività: Bollo.

Si tratta di un’attività commerciale di forniture navali presente a Genova dal 1858 e così, all’epoca di questa cartolina, questo negozio aveva già una lunga storia alle spalle.
Ci troviamo nella nostra Via Turati, all’epoca questi erano i Portici Vittorio Emanuele.
E le vetrine di Bollo, da quel lontano 1858 si affacciano ancora fieramente su Piazza Cavour.

Là, davanti a quelle finestre, era tutta una lievità di lenzuoli e panni stesi.

E ancora restano perfettamente riconoscibili questi edifici storici della Superba.

Il cielo turchino sovrasta i caruggi, le sue memorie e le vicende di tutti coloro che hanno attraversato questi luoghi.

E a volte il passato e il presente si sfiorano, si sovrappongono e svelano le storie e gli sguardi delle epoche che non abbiamo vissuto.

Cose di Vico Casana

Passando in Vico Casana mi vengono sempre in mente certi ricordi belli.
In questo vicolo della città vecchia c’era un tempo il fotografo Salviati, era abitudine di mio papà portargli sempre le foto da sviluppare, era una consuetudine che poi anch’io ho mantenuto.
All’epoca l’esito di una fotografia era un insondabile mistero: non sapevi se era venuta bene fino al momento dello sviluppo del rullino.
La sensazione che ne derivava era un esercizio di pazienza e un gioco di inspiegabili aspettative.
E poi, come bonus, ogni negozio di fotografia regalava al cliente il piccolo album di plastica nel quale mettere le foto del mare, dell’estate e dei momenti felici.
E naturalmente mi ricordo di essermi fermata tante volte in mezzo a Vico Casana a sfogliare le foto appena ritirate da Salviati perché la curiosità era sempre troppa!
In Vico Casana poi c’era anche un negozietto dove mi piaceva fare acquisti: qui comprai i miei pantaloni estivi a fiori che scelsi per fare l’esame di maturità.
E forse qui iniziai una delle abitudini che non mi ha poi più abbandonato: se una cosa mi piace la compro due volte.
Anche in quel caso si trattava di pantaloni a fiori: neri con le ortensie azzurre, li ho amati tantissimo.
Percorrendo Vico Casana ad un certo punto si arriva all’incrocio con Via David Chiossone e a me viene sempre voglia di girare a destra per andare nel negozio di dischi a guardare i vinili, ho comprato lì tanti miei 33 giri, era un negozio cult per gli amanti delle musica.
E proseguendo ancora ricordo la magnifica bottigliera di Vico Casana, uno di quei negozi dove era inevitabile perdersi a guardare le diverse specialità.
Infinite sono le mie divagazioni mentre cammino per le strade di Genova.
Quante volte sarò passata in Vico Casana?
Quante volte, nei diversi tempi della vita, restando comunque sempre io?
L’ultima proprio qualche giorno fa, scendevo verso Via Luccoli e poi mi sono voltata e ho veduto loro due: incedevano con il passo deciso e fiducioso, su per Vico Casana.
Le ho osservate, ho sorriso, mi mette sempre di buon umore incontrare le suore.
Ed era nuvolo e un po’ freddo e mentre camminavo ho pensato che ognuno di noi guarda i luoghi con occhi diversi e anche noi stessi osserviamo lo stesso posto in maniera differente nei diversi momenti delle nostre esistenze.
Eppure a volte i diversi tempi delle nostre vite paiono sovrapporsi e  sembra quasi di rivivere certe stagioni del nostro passato.
Quando un vento fresco attraversa Vico Casana.

Gennaio 1923: notizie sul Ristorante Odeon

Questa è una storia di cento anni fa ed emerge dalle pagine del quotidiano Il Lavoro grazie ad un articolo pubblicato il 2 Gennaio 1923 e ad un lettera al Direttore comparsa sulle pagine del medesimo giornale il 3 Gennaio 1923.
Dunque, era appena trascorso il Capodanno e sul quotidiano si dava notizia di certi festeggiamenti costati cari a una bella compagnia di 7 giovanotti.
Questi amici avevano trascorso l’ultimo dell’anno all’esclusivo Ristorante Odeon, il cenone delizioso si era concluso con tre bottiglie di champagne e con un brindisi frizzante e gioioso.
Al momento del conto, però, ecco la sorpresa: ben 936 Lire, una cifra spropositata secondo i sette avventori che chiesero di parlare con il titolare, il Signor Burlando.
Ne nacque uno discussione fin troppo animata durante la quale andarono in frantumi anche bicchieri e bottiglie e alla fine non si giunse ad un accordo.
E insomma, i sette non volevano pagare e così finirono tutti quanti in questura dove, tuttavia, il Burlando ribadì la sua posizione e così i sette dovettero pagare il conto, riservandosi però di rivolgersi nuovamente alle autorità per far valere le proprie ragioni.
Cose di cento anni che avvenivano al Caffè Concerto Ristorante Odeon, un locale molto esclusivo che si trovava in Via Ugo Foscolo, sotto il Ponte Monumentale, ho trovato l’indirizzo esatto sul mio Annuario Genovese Guida Pagano del 1922-1923.

E tuttavia, cari amici, la vicenda non è certo finita qui!
Eh no, infatti il Signor Burlando, piccatissimo per il fatto di essere finito sul giornale per questa spiacevole vicenda, prese carta e penna e scrisse al giornale la sua versione dei fatti.
Ecco così la sua lettera dove il nostro ci tiene a puntualizzare che bottiglie e bicchieri se ne andarono in pezzi non durante la discussione avvenuta con lui ma in precedenza e la spesa non era neppure stata addebitata.
Inoltre il titolare dell’Odeon riferisce che i sette giovanotti (anche definiti i sette simpatici crapulanti) si erano dilettati dalle undici della sera fino all’alba tra musiche e danze consumando pietanze a base di pregiati fagiani e ricercatissime ombrine e brindando con ottimi vini nazionali e il già citato champagne.
Si tratta pur sempre del più bel locale per lo meno d’Italia, dice sempre il proprietario, anche se il giornalista precisa tra virgolette che questa è un po’ un’esagerazione!
E insomma, ecco lì spiegato il conto per chi desidera passare una serata al Cabaret dell’Odeon, scrive il Burlando, del resto l’Odeon prevede anche servizi meno costosi e infatti precisa che all’Odeon ci sono saloni da concerto dove il caffè al tavolino costa 70 centesimi e sul terrazzo di possono gustare una buona pastasciutta e un quarto di pollo a prezzi molto miti.
E così finisce questa vicenda, lasciando a noi genovesi di un altro secolo la curiosità per le eleganze gloriose del Caffè Concerto Ristorante Odeon.
Pensate se con la macchina del tempo potessimo varcare quella soglia e sederci a un tavolo a chiacchierare amabilmente, potremmo anche conoscere il Signor Burlando e farci raccontare da lui le storie dell’Odeon.
Eppure, in un certo senso, possiamo dire che anche i nostri occhi inconsapevoli si sono posati spesso sulla bellezza che accoglieva gli avventori dell’Odeon.
Tutti noi genovesi, infatti, una volta o l’altra abbiamo attraversato i Giardini di Piazza Verdi davanti alla Stazione Brignole e tutti conosciamo le fontane con l’acqua zampillante adornate da sculture sinuose.
Quelle statue sono opera dell’artista Edoardo De Albertis che le realizzò proprio per il Ristorante Odeon come si legge sul volume “Il Mito del Moderno – La cultura liberty in Liguria” nel capitolo curato dalla Dottoressa Caterina Olcese Spingardi.

Le cariatidi rappresentano le stagioni e rispecchiano appieno il gusto e i canoni estetici celebri in quegli anni ‘20.

E così, sotto il sole di Genova e sotto i nostri sguardi distratti ancora rimane parte di quella bellezza perduta e dei fasti del Ristorante Odeon.

Cose notevoli di Vico Superiore del Ferro

E vi porto ancora nei miei caruggi, in un semplice vicoletto a me caro, Vico Superiore del Ferro è davvero ricco di cose notevoli e così ve ne mostrerò alcune.
I genovesi amano scendere in questi caruggi, tra queste belle case color biscotto.

E il cielo su Vico del Ferro è sempre una magnifica magia.

Andremo insieme alla scoperta del secondo tratto di Vico Superiore del Ferro e partiremo dal punto in cui si trova la bella e sontuosa edicola: alla vostra sinistra trovate il Vico della Speranza e andando dritto imboccate appunto Vico Superiore del Ferro.

A vigilare su questi caruggi è la bella statua della Madonna del Carmine della quale ho già scritto in passato in questo post.

Proseguiamo il nostro cammino e alla nostra destra troveremo un magnifico portale.
Qui il passato e il presente sanno davvero coesistere in armonia, in questo luogo un tempo c’era un negozio e adesso troviamo invece un ristorante.

E l’antico portale testimonia la fierezza e la lontana storia di Genova.

Sguardi del passato rimangono così a guardia della via e di coloro che la attraversano.

Così accade, in Vico Superiore del Ferro.

E poi bisogna saper cogliere la sua scenografica prospettiva, nella sua parte finale il nostro vicoletto sbuca in Piazza del Ferro.

E così si apre sulla magnificenza dell’edificio che predomina su quella piazza.

Palazzi nobiliari, fasti antichi e panni stesi.

E qua, in Vico Superiore del Ferro, c’è un portone sul quale spiccano fiori delicati e il trigramma IHS che rappresenta il nome di Gesù.

In Vico Superiore del Ferro c’è una pregiata gelateria e in certe stagioni qui trovate la coda fuori e vi assicuro che ne vale proprio la pena!
Oltre a ciò che c’è, io amo ricordare anche ciò che non esiste più ma è strettamente saldo nella mia memoria.
In questo vicoletto fino a qualche anno fa c’era una splendida drogheria, era un negozio magnifico e non ne ricordavo il nome, così sfogliando il mio annuario Pagano del 1957 ho trovato la denominazione Drogheria Capurro, però non so precisamente se si chiamasse così negli anni in cui l’ho frequentata io.

E dovete sapere che era una meraviglia varcare quella soglia e trovarsi in quel negozio vasto e spazioso dove si veniva sempre accolti con cortesia e sorrisi, io andavo ad acquistare le caramelle a peso e gli ottimi confetti e c’erano quegli splendidi barattoli di vetro con il coperchio, mi ricordo ancora la signora che li versava sul piatto della bilancia.
E poi era una drogheria dove si vendevano tutte le cose per la casa e così c’erano i detersivi e le scope appese e nell’aria si sentiva un magnifico profumo di Sapone di Marsiglia e di pulito e vorrei proprio dire che quella bellezza lì non si può dimenticare, per me vale come i palazzi affrescati e come gli splendori dell’arte perché è semplicemente la bellezza della vita vera.

Così , attraversando Vico Superiore del Ferro, a volte mi viene un po’ di nostalgia ma poi mi lascio incantare dai miei amati caruggi che sono per me speciali anche lassù, guardando verso il cielo.

E sapete, per quanto si possa girare e ritornare infinite volte nello stesso luogo in alcuni casi si può finire per non smettere mai di sorprendersi e questo a me accade in Vico Superiore del Ferro dove non saprei finire di enumerare le cose magnifiche e notevoli.

Camminando nel passato di Via al Ponte Reale

E si torna ancora per caruggi, viaggiando con la mia personale macchina del tempo che incede con un ritmo lento, romantico e denso di nostalgia di luoghi mai veduti in una certa maniera sempre perfettamente riconoscibili.
E così, avvolti nel bianco e nero di un’antica cartolina, arriviamo in un tempo diverso di Via al Ponte Reale, la strada che da Piazza Banchi conduce a Caricamento.
È zona di porto, di lavoratori e di viaggiatori, di camalli e di scagni.
È zona di aria di mare che spira frizzante tra le strettezze di questi caruggi, è voci di pescivendoli e di besagnini, Via al Ponte Reale è così viva e vivace.

E se osserviamo la via nella prospettiva dei tempi presenti comprendiamo che non è poi così molto mutata rispetto ai giorni in cui venne scattata la fotografia impressa sulla mia cartolina.

E ritorniamo a un’epoca distante, sfogliando insieme la mia Guida Pagano del 1926 scopriremo che Via al Ponte Reale pullulava di attività diverse e ognuna è un tassello del magnifico puzzle del passato di Genova.
Qui si trovano una bottega di cereali, un parrucchiere, qui il Signor Poggio vende i suoi liquori, ci sono una cappelleria e una bottega di vini.
E c’è l’Offelleria dei Fratelli Klainguti, termine direi desueto ma tutti noi conosciamo le delizie di quel negozio e sappiamo bene che si tratta di una celebre pasticceria.
E naturalmente, in questo glorioso 1926, c’è anche la storica bottega di Busellato che produce le targhe e i timbri dei genovesi dal lontano 1896, è un negozio dalla storia magnifica che potete leggere in questo mio post.

Spicca, a caratteri tondeggianti, l’insegna che indica il pregiato Hotel De France, una struttura che ebbe l’onore di ospitare tra le sue mura lo scrittore Alexandre Dumas in certi giorni del 1860.

Esattamente di fronte ecco invece l’Hotel Feder, anche qui soggiornarono certe celebrità come Theodor Mommsen ed Herman Melville.
E al Feder si fermarono anche la scrittrice George Eliot e il patriota irlandese Daniel O’Connell dei quali ho scritto qui e qui.

Si comprende così quanto fossero vibranti le ore in quella Via al Ponte Reale che anche noi ai nostri tempi spesso attraversiamo.
Ecco un signore che incede frettoloso ma si lascia distrarre da qualcosa che attira la sua attenzione e così si volta e osserva in direzione di un gruppetto di gente, verso i portici di Sottoripa.
E c’è una ragazzina, ha l’abito scuro e il colletto bordato di chiaro, anche lei pare sporgersi, forse è lì insieme alla mamma e le due stanno facendo acquisti.
Sul muro spicca il manifesto dei Grandi Magazzini alle 7 Porte che aveva la sua sede in Via XX Settembre e doveva essere un trionfo di diverse eleganze.

Qui, in Via al Ponte Reale, ci sono anche altre insegne di attività diverse, la città è produttiva e attiva.

E ci sono i manifesti che indicano le partenze dei vapori e delle imbarcazioni che compiranno lunghi viaggi, qui tutto racconta del porto e delle sue attività.

Così, osservando e immaginando, vi ho portato con me in un frammento del passato di questa parte della città vecchia.

Il tempo a volte pare accellerare per poi svanire in fretta e divenire appannato ricordo di ciò che eravamo.
A volte, invece, pare scorrere più lento per lasciare intravedere gesti e udire voci di giorni perduti.
E allora pare di essere davvero lì, nella baraonda di questa folla trafelata, accanto al giovane uomo che incede sicuro mentre intanto si sistema il cappello.
In un tempo distante, camminando nel passato di Via al Ponte Reale.

Autunno in Via San Bernardo

Vi porto ancora in uno di quei caruggi antichi che piacciono a me, la nostra Via San Bernardo custodisce storie lontane, glorie passate e suggestioni di un tempo perduto.
E in questa stagione dai colori caldi è sempre una gioia passare davanti alla bottega dei Fruttarelli e ammirare le meraviglie che tutti noi amiamo portare sulle nostre tavole.

Ed ecco le zucche allegre e vivaci, questo è proprio il loro tempo.

Alcune ceste sono ricolme di grappoli di uva dolce e succosa, altre accolgono i freschi agrumi.

E naturalmente, come già in passato mi è capitato di scrivere, questo non è semplicemente un negozio di frutta e verdura ma un luogo che custodisce, a suo modo, parte dell’anima di questa via.
Nell’ombra dei caruggi, tra vetusti palazzi nobiliari e là dove ancora si trova un’antica edicola ormai vuota.

In questo tempo, in questo tratto di Genova qui si trovano i colori di questa stagione: questo è l’autunno in Via San Bernardo.

Agosto 1915: l’inaugurazione del Ristorante Caffè Olimpia

Fu un evento tanto atteso, vi partecipò infatti il fior fiore della buona società.
La notizia è riportata in poche esaurienti righe sul quotidiano Il Lavoro del 18 Agosto 1915 e l’affabile cronista fornisce al lettore alcuni interessanti particolari.
Dunque, all’inaugurazione del Ristorante Caffè Olimpia presero parte graziose dame e garbati gentiluomini, con le consuete eleganze riservate a queste occasioni in questa Genova di inizio secolo.
Il Ristorante Caffè Olimpia, scrive il giornalista, si trova nei locali sotto la Borsa e si distingue per fasto ed eleganza.
C’è un ampio salone dall’aspetto a dir poco regale e riccamente addobbato, scintillano le artistiche lampade di Murano, luccicano le cristallerie e le pietanze sono proposte in servizi di gran pregio.
Per non parlare poi della serra di piante verdi e fiori, un incanto e un vero stupore!
Così i genovesi convenuti al fastoso evento hanno modo di mostrare il loro gradimento per la raffinata novità e il cronista chiosa che tutti nutrono fiduciosa speranza in un duraturo successo per questo nuovo locale genovese situato in una zona centralissima della città e in posizione decisamente favorevole.
Io per parte mia mi appresto a indossare guanti e cappello e vi mando i miei saluti: mi attendono al Ristorante Caffè Olimpia, in un lontano giorno di Genova.

Genova, 1899: un parrucchiere in Strada Nuova

Ed eccoci ancora a camminare nuovamente nel nostro passato, alla scoperta delle curiosità e dei luoghi prediletti dai genovesi di quel tempo.
Elegante, fastosa e sempre alla moda ecco la nostra bella Strada Nuova con i suoi ricchi palazzi nobiliari, questa via genovese conserva intatto il suo indiscutibile fascino.

E in questo 1899, alle soglie di un nuovo secolo che sta per sbocciare, Strada Nuova è un fiorire di interessanti attività.
Vi si trovano, ad esempio, certi ricercati studi fotografici dove si recano i membri della buona società per farsi ritrarre in quelle carte de visite nelle quali verrà catturato un breve istante della loro esistenza.
E in Strada Nuova, ai nostri tempi denominata Via Garibaldi, è sempre gradita una sosta al celebre Caffè della Concordia del quale ebbi già modo di scrivere in questo articolo, si tratta davvero di un luogo leggendario di questa città.

Dunque, in questi giorni luminosi del 1899, proprio lì sotto al Caffè della Concordia, svolge la sua attività il Signor Osilia: G.B. per la precisione!
A Genova, come si sa, c’è sempre un Giovanni Battista, chiaramente Baciccia per gli amici!
Ma non divaghiamo, restiamo davanti al bel salone di Strada Nuova: il Signor Osilia è parrucchiere e profumiere e si è aggiudicato un’intera pagina sull’Annuario Genovese Lunario del Signor Regina del 1899 ed io, avendo la fortuna di possedere questo prezioso volume, posso portarvi a fare questo fantastico viaggio nel tempo.
Così il Signor Osilia, con tutti gli ossequi e le raffinatezze del caso, vi accoglierà nel suo negozio, ma all’occorrenza sappiate che è previsto anche il servizio a domicilio.

Va detto che il nostro presta notevole attenzione ad ogni dettaglio.
Ah sì, naturalmente ha molta importanza l’igiene e G.B. Osiglia ci tiene così a sottolineare la sua professionalità per la quale è certamente molto apprezzato dalla clientela.
E a colpire la mia attenzione è stato un preciso particolare, di certo molto gradito anche agli affezionati clienti del Signor Osilia: la sala da toeletta è fornita di ventilatore elettrico rotativo.
Perbacco, niente di meno!
E con il caldo incessante fa tanto piacere un po’ di refrigerio, c’è da dire che il nostro sa davvero il fatto suo e se volete far la sua conoscenza vi basterà viaggiare indietro nel tempo e arriverete così nel favoloso 1899 quando in Strada Nuova c’era un parrucchiere e profumiere di nome G. B. Osilia.