Solo i giovani hanno momenti simili, Non penso ai giovanissimi.
No, i giovanissimi, propriamente parlando, non hanno momenti. E’ privilegio della prima giovinezza vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta la bella continuità di speranze che non conosce pause o introspezioni.
Si chiude dietro di noi il cancelletto della pura fanciullezza – e ci si addentra in un giardino incantato. Persino le ombre vi risplendono promettenti.
Sì, si procede. Ed anche il tempo procede finché non si scorge dinnanzi a noi una linea d’ombra che ci avverte che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata alle spalle.
La potenza di un incipit, potrebbero bastarvi queste parole per suscitarvi il desiderio di leggere questo romanzo breve di Joseph Conrad pubblicato nel 1917 dal titolo così significativo, La linea d’ombra.
Sorpassi la linea e ti lasci alle spalle i momenti di sconsideratezza, così li chiama Conrad.
Un porto d’Oriente e una storia di mare.
E un giovane, non conosciamo il suo nome, di lui sappiamo che ha appena lasciato il suo lavoro di Primo Ufficiale sulla nave sulla quale era imbarcato.
Gli mancava l’incantesimo, parola che ricorrerà spesso nel romanzo.
La magia, la malia, la passione, questo cerca il nostro protagonista.
Cambiare vita, percorso e rotta, mutare il proprio destino.
Accetta così il comando di un’altra nave.
Un comando ha il fascino di un potente incantesimo, così scrive Conrad.
La nave, la sua nave.
E lui si sente un come un personaggio nei racconti delle fate.
Troverete questo tra le righe di questo libro, la magia.
E quella nave è grande e bella, nella stiva c’è un pesante carico di tek e camminare sul ponte è un brivido, la terra quasi non esiste più, esistono solo il mare e il vento che spinge le vele verso la meta.
La nave che lo attende, lui così impaziente di prenderne il timone.
Incantesimo e mistero cupo che avvolge la fine del precedente comandante, un uomo oltre la sessantina, un uomo arcigno, duro, intransigente.
Usava tenere la nave ferma immobile, in mezzo a mare e poi se ne andava in cabina a suonare il violino. Giorno e notte a muovere l’archetto sulla corde.
E’ Burns, il secondo ufficiale, a raccontare l’accaduto al nuovo arrivato.
Parla di un sorta di follia, racconta del senso di disfatta del capitano, della sua perdita d’interesse verso la vita e verso la navigazione.
Della sua morte, del suo desiderio di portare con sé anche la nave, voleva andarsene vagando per il mondo fino alla distruzione della nave e di tutto l’equipaggio.
E narra di una sorta di maledizione che il defunto capitano avrebbe gettato sulla nave.
C’è questo alone cupo e sinistro che aleggia sul viaggio che sta per essere intrapreso, c’è anche una sorta di rancore di Burns, il secondo ufficiale, che nella figura del protagonista vede svanire le sue speranze di avere finalmente il comando di quell’imbarcazione.
Un viaggio per mare, funestato da una tremenda epidemia che falcidia gli uomini a bordo resa ancor più cruenta dalla mancanza di chinino, a quanto pare rivenduto dal precedente capitano.
Fermento, fibrillazione, ansia.
Il capitano e la sua maledizione.
Incertezza ed esitazione, il destino che attende ognuno di questi uomini.
Sono diversi i personaggi, non ve li presenterò uno ad uno, lascerò che voi li scopriate leggendo il romanzo.
Io qui porto la nave e il suo capitano.
La nave, l’epidemia e il mare.
La superficie piatta del Golfo del Siam.
Mare senza vento, immobile.
Cosa si aspetta il nostro capitano?
Forse non m’aspettavo altro che quella speciale intensità di vita che rappresenta la quintessenza delle aspirazioni dei giovani.
Non si aspetta cicloni, in quel tratto di mare non ce ne sono.
Ma non si aspetta nemmeno di rimanere fermo, in mezzo al mare.
Cosa può fare un marinaio in questa circostanza?
E un uomo, nella sua vita, quando si trova fermo al centro dell’oceano, che può fare?
E’ la linea d’ombra questa, ognuno ha la propria.
Varcarla significa acquisire coscienza di se stessi e del proprio destino.
E poi il vento! Oh il vento che spira, ma non a sufficienza per smuovere la nave, maledizione!
Come sono i venti che ti tengono inchiodato alla linea d’ombra?
Così li definisce Conrad:
..incostanti e ingannevoli. Facevano nascere speranze unicamente per precipitarle poi nelle più amare delusioni.
Non è così anche la vita? Non sentite anche voi, a volte, certe brezze ingannevoli?
E’ questo che si trova nei grandi libri, noi stessi e il nostro navigare nel mondo.
E così ha poca importanza che io vi racconti la trama riga per riga, starà a voi scoprirla se riterrete che Joseph Conrad abbia parlato anche per voi.
Ma c’è una nave, in mezzo al mare.
Nero, buio, scuro, una notte senza stelle.
Nessuno al timone.
E un senso di inevitabilità e di sopraffazione.
Bisogna ristabilire una rotta, in qualche maniera.
E c’è un equipaggio.
E un uomo, il capitano.
Governa la sua nave, con i suoi marinai a bordo.
Governa la sua vita, al di là della linea d’ombra.
(Edizione dalla quale sono tratte le citazioni: Conrad, Romanzi della Malesia, traduzione di D.B. Orazi)