Vita quotidiana nella Repubblica di Genova

Un nuovo percorso espositivo nel passato della Superba, una nuova mostra all’Archivio di Stato: Vivere nella città, obbedire alle leggi. Vita quotidiana nella Repubblica di Genova (Sec. XI-XVIII).

Mostra
Un viaggio nel tempo che potrete compiere anche voi, se andrete all’Archivio di Stato potrete ascoltare i racconti della Dottoressa Giustina Olgiati e qui la ringrazio per il tempo dedicatomi, con la sua passione per la storia di Genova vi porta davvero in epoche lontane.

Documento

E naturalmente io non posso trasferire qui la ricchezza di dettagli e la magia della sua narrazione, proverò soltanto a mostrarvi qualche istante di un’altra Genova, la Genova del tempo dei Dogi con le sue regole volte a garantire il buon funzionamento dello stato.
Ci sono volti e ci sono sguardi, alcuni sono tracciati con colori davvero vividi, su queste pagine vedete la genealogia della famiglia Spinola.

Spinola

Spinola (2)

Secolo XVII

E in quel tempo così distante dal nostro le ricorrenze religiose avevano grande rilevanza, qui troverete un antico codice sul quale sono segnate le feste cittadine.

Codice (2)

Su certe righe si scorge un inchiostro di diverso colore, la sfumatura differente dimostra che il codice è stato riutilizzato e ha avuto così una seconda vita.

Codice

E giunge il mese di giugno del 1445, è il tempo di celebrare San Giovanni Battista patrono della città e Sant’Eligio, il patrono degli Orefici.
Per l’occasione il Doge Raffaele Adorno fa diffondere un proclama che sospende provvisoriamente le leggi sul lusso.

Proclama 1445
Queste regole, dette leggi suntuarie, ricadevano sull’abbigliamento e anche sull’abbondanza di certi banchetti, avevano lo scopo di limitare la sfoggio di ricchezza, si voleva così evitare che fossero ancor più stridenti le differenze tra le varie classi sociali.
E tuttavia per la festa del patrono in quei giorni d’estate Genova sfavillò in tutta la sua eleganza: con l’avvallo della massima autorità della Repubblica le donne genovesi poterono indossare raffinate sete preziose, perle e gioielli in quantità, uno spettacolo al quale avrei voluto assistere!

Arca Processionale

Arca Processionale con le Ceneri di San Giovanni Battista

Inoltre per la festa di San Giovanni Battista di solito venivano aperte le porte del Carcere della Malapaga, la prigione riservata agli insolventi, è logico dedurre che molti di questi condannati poi non vi facessero ritorno.

Mura della Malapaga (2)

Mura della Malapaga

Come tutti ben sapete la storia non è fatta solo dai Dogi e dai nobili, la storia del mondo è costruita anche alla gente comune, da coloro che cercano di campare come meglio possono.
E il mondo a volte sa essere un posto pericoloso: nel territorio della Repubblica di Genova si proibisce severamente il possesso di armi da taglio e da offesa di lunghezza inferiore ai due palmi e mezzo,  da questo provvedimento sono esclusi i medici e gli artigiani,  coloro che per lavoro usano i coltelli sono comunque tenuti a trasportarli nel loro fodero.
In caso di infrazione di queste regole la giustizia ci andava pesante: nel ‘600 gli altolocati venivano condannati a 5 o 10 anni da scontare in Corsica, Sardegna o Sicilia, tutti gli altri finivano schiavi sulle galee.
In esposizione c’è un disegno con le armi da taglio consentite, tra di esse anche il temperino da usare per la piuma d’oca e i coltelli da cucina che comunque dovevano restare tra le mura domestiche.

Coltelli

Genova a volte cela letali pericoli.
Siamo nel 1596, lo vedete quell’uomo? Ha lo sguardo perso, è tremante di paura, cerca un modo per sfuggire alla violenza che imperversa in città.
Il suo nome è Giuseppe, fa il maestro di scuola a Banchi e rivolge un’accorata richiesta alle autorità, riporto qui alcune righe del documento sottostante:

Giuseppe Segaro che insegna a scrivere et tien scuola in Banchi, è necessitato massime nella stagione invernale andar di notte in molte case de cittadini a dar lettione a suoi scolari, e per che non si sa di notte da cui guardarsi et si vanno tirando delle pietre…

Licenza

Si, quando scendono le tenebre le strade diventano ancor più rischiose e per queste ragioni il povero Giuseppe chiede che siano magnanimi con lui: per carità, gli sia consentita una dispensa, gli sia permesso portare un’arma solo per potersi difendere!

Piazza Banchi (8)

Il mondo è fatto di gente come questa, con le sue fatiche e i suoi dolori.
E c’è Battistina, una donna che viene ammessa nell’arte dei tavernieri, alla mostra scoprirete di più su di lei e sulle donne di Genova.
Genova è città dai tanti volti, qui vivono persone che vengono da terre lontane, gi stranieri che qui aprono le loro botteghe, si sposano con le genovesi e diventano essi stessi cittadini della Superba con l’obbligo di pagare le tasse.
Una città dove c’erano i depositi da olio sotto a Palazzo Ducale.

Depositi

Un’ampia sezione della mostra documentaria è dedicata agli ebrei giunti a Genova dalla Spagna sul finire del ‘400 e alle loro difficili condizioni.
Tra loro un padre, è un ebreo convertito, sua figlia ha solo dieci anni, è battezzata e si chiama Mira.
E lui davvero non sa come prendersi cura della sua bambina così la affida a Battista Grimaldi, lui la terrà per vent’anni come serva e poi Mira sarà libera e forse il destino saprà essere generoso con lei.
E poi andiamo al 1590: c’è un medico ebreo, è molto amato dalla gente di Sarzana dove egli opera, è un dottore generoso e amorevole, si prodiga per i più sfortunati, non si può certo fare a meno di lui!
I maggiorenti della città hanno fatto una raccolta di firme e hanno ottenuto una proroga e così egli potrà restare a Sarzana, dove c’è bisogno delle sue cure.

Medico (2)

Una città di mercanti e di corporazioni, con regole e statuti da rispettare.
E guardate la bellezza e la perfezione di questa calligrafia, questo volume riguarda l’arte dei tintori della seta.

Tintori di Seta

Tintori di Seta (2)

Città di beneficenza e di ospedali, città severissima con coloro che infrangono le leggi, anche sulle pene ci sono diversi documenti interessanti.
C’è il quotidiano di un altro tempo in questa mostra, io vi ho svelato appena qualche frammento e vi ho mostrato alcuni documenti.
Numerose altre carte preziose sono esposte all’Archivio di Stato fino al 2 Luglio, è una mostra gratuita e di grande interesse, qui trovate tutti i dettagli in merito.
Ringrazio ancora Giustina Olgiati, lei sa davvero rendere reale quel mondo che non abbiamo veduto.
E magari anche voi lascerete l’archivio con un pensiero che resta.
Il maestro di Banchi avrà poi vissuto giornate meno complicate?
E a quanti bambini avrà insegnato a scrivere?
E Mira, la piccola Mira, avrà poi avuto un destino felice?
Serva a 10 anni e libera a 30, avrà avuto il calore di un amore sincero, una casa, un posto dove ritornare?
La storia non è solo un elenco di date, battaglie e trattati.
La storia del mondo è anche lei, la piccola Mira e le sue speranze di felicità nella Genova di un altro tempo.

Genova

Via Orefici, la disavventura di Sant’Antonio da Padova

Questa è una vicenda poco nota ed è una storia che merita l’onore del ricordo, vi porterà in una zona dei caruggi quotidianamente percorsa da molti di noi, Via Orefici è un punto nevralgico del centro storico di Genova.

Via Orefici

Posta ad angolo, su un vetusto palazzo, c’è un’edicola dalla storia antica.
Il breve caruggio che qui inizia e termina in Vico Indoratori con il tempo ha perduto il suo nome.
È fragile la memoria, è affidata all’attenzione degli uomini e oggi forse quasi nessuno sa che quel tratto di vicolo, ora parte di Via dei Conservatori del Mare,  in anni lontani era dedicato a Sant’Antonio da Padova, colui che è effigiato nella statuetta posta nella nicchia.

Via Orefici (2)

Da lungo tempo Sant’Antonio posa il suo amorevole sguardo su coloro che attraversano Via Orefici, in altre epoche tra le sue braccia reggeva il Bambino Gesù e sotto alla sua immagine a metà del ‘700 c’era una piccola cassettina delle elemosine dove riporre monete destinate ai bisognosi della città.
A Sant’Antonio i genovesi confidavano speranze e preghiere ma un giorno accadde un fatto strano che fece molto scalpore in città.

Via Orefici (3)

Era il mese di giugno del 1864 e sotto l’edicola, proprio come oggi, c’era una bottega; fu proprio il solerte commerciante che là faceva i suoi affari ad avere un’idea alquanto balzana.
Costui desiderava che il suo locale fosse ben visibile a tutti i passanti e così, con il favore delle tenebre, fece sparire la statua e al suo posto mise su quell’angolo l’imponente insegna del suo negozio.

Via Orefici (4)

La notte coprì il suo misfatto, la luce del giorno lo svelò.
Il mattino successivo tutti gli altri negozianti si recarono presso le loro botteghe e con rammarico si accorsero che Sant’Antonio era scomparso.
Come si poteva osare tanto? Dov’era finito il Santo di Padova?
Un brusio neanche tanto sommesso percorse i vicoli, uno sdegno unanime si levò tra la gente dei caruggi.

Via Orefici (5)

In cotanto attonito stupore si fecero avanti anche i rappresentanti della Corporazione degli Orefici, d’altra parte la statua apparteneva a loro e certo non si intendeva soprassedere: la faccenda finì sui giornali e si fece ricorso alla pubblica autorità.
Come si può ben immaginare la sentenza fu a sfavore dell’incauto commerciante e in breve tempo questi fu obbligato a risistemare la nicchia e la statua.
Nella commozione generale, per la gioia di genovesi, Sant’Antonio da Padova tornò a vegliare su Via Orefici.

Via Orefici (6)

In queste strade della città vecchia portate con voi il senso del rispetto, cercate di riconoscervi in ciò che siamo stati e in quello che ci è stato lasciato.
Vedrete botteghe che non esistono più, sentirete l’eco di voci lontane perdute nei secoli e in giorni che non abbiamo vissuto.
La vedete quella folla?
Ci sono un cartaio e un giornaliere, una besagnina e un pescivendolo, un artigiano di pregiate filigrane discute animatamente con uno stimato argentiere.
Sì, sono tutti d’accordo, Sant’Antonio deve ritornare al suo posto!
Tra quelle persone ci siamo anche noi: siamo ciò che siamo stati, i nostri occhi si posano sul nostro passato e sul viso benevolo di Sant’Antonio da Padova ricondotto qui nella sua nicchia dall’amore della gente di Genova, in un giorno d’estate del 1864.

Via Orefici (7)