Finestre di marzo

E sono finestre di marzo e della città vecchia, finestre racchiuse tra antichi muri di pietra, davanti al mare e davanti al blu.
E così si specchia Palazzo San Giorgio su certi vetri in Via Frate Oliverio.

Sono finestre incantate che divengono specchi meravigliosi.

E custodiscono storie di naviganti, di antichi mercanti e di vicende lontane.

Tende bianche e il riflesso di un lampione a Caricamento.

E una finestra nella finestra, in Piazza della Raibetta.

E ancora bianco e nero della nostra Cattedrale in Via San Lorenzo.

E lassù cose degli ultimi piani e terrazzini e cielo azzurro.

Queste finestre di marzo sanno essere ammalianti e lucenti come laghetti tranquilli.
Così accade, nella nostra Via Balbi.

In Piazzetta San Carlo tendine chiare oltre i vetri e poi una tremula chiave sul muro e una piccola finestrella.

C’è tutto quello che c’è e quello che a volte invece svanisce e c’è tutto ciò che sai vedere e immaginare.
Sotto questa luce, queste sono le finestre di marzo.

Alberghi, caffè e negozi: consigli per turisti inglesi a Genova nel 1858

In un tempo diverso dal nostro ecco arrivare nella Superba viaggiatori provenienti dalla Terra di Albione: giungono dopo un lungo viaggio, nel cuore serbano curioso interesse per la città che si apprestano a scoprire, Genova è rinomata ed apprezzata dai turisti inglesi.
E allora mescoliamoci tra loro, nella seconda metà dell’Ottocento molti visitatori arrivano nella Superba con un libro prezioso che li aiuterà a districarsi per le strade della città: si tratta del volume Handbook for travellers in Northern Italy pubblicato dall’editore londinese John Murray nel 1858, la guida è una miniera di informazioni e consigli per i viaggiatori che trascorrono le vacanze in Italia e dalle sue pagine sono tratte le notizie che leggerete.
Sorvolerò sulle indicazioni di carattere artistico e sui luoghi da visitare e invece scopriremo insieme dove alloggiare in questo glorioso 1858.
Raccomandatissimo è l’Albergo d’Italia di recente rinnovato e particolarmente apprezzato dalla clientela inglese, offre colazione con le uova, una comoda smoking room e una fantastica vista sul porto e sulla Lanterna.
Celebre anche l’Hotel de La Ville, il proprietario tra l’altro si occupa anche del commercio della preziosa filigrana genovese.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Per un soggiorno in centro città si può scegliere l’Hotel Feder, l’albergo si trova nella centralissima Via al Ponte Reale ed è stato più volte nominato su queste mie pagine.

Celebre e apprezzatissimo è anche l’Hotel Croce di Malta già molte volte citato su questo blog: il Croce di Malta si trova a Caricamento nella Torre dei Morchi e nel tempo sarà meta di scrittori e celebrità, in questo albergo le signore troveranno anche il più celebre negozio di filigrana premiato persino con una medaglia alla Grande Esposizione di Londra del 1851.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

C’è poi l’Hotel de France che si trova di fronte al Feder, non dimentichiamo inoltre il Quattro Nazioni che è sempre nelle vicinanze.
Colui che compilò la preziosa guida non manca di sottolineare che questi alberghi nei pressi di Sottoripa godono tutti di una vista straordinaria sul porto ma bisogna prestare attenzione ai piani bassi dove il panorama è coperto dalle grandiose terrazze di marmo che si stagliano davanti a quegli edifici.

Fotografia di proprietà di Vittorio Laura

Ricordiamo poi anche l’Albergo Nazionale in Piazza dell’Acquaverde e la Pensione Svizzera che sarà resa celebre da un suo illustre ospite: lo scrittore Stendhal.
Degno di menzione è certamente anche l’Albergo della Vittoria in Piazza della Nunziata.

Tre sono i caffè raccomandati: il Caffè della Concordia in Strada Nuova, il Gran Cairo vicino alla Borsa e il Gran Corso nei pressi del Teatro Carlo Felice.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Non mancano certo i consigli a proposito dei negozi: Genova è celebre per le filigrane, come già si è detto, per gli ori, gli argenti e anche per i fiori artificiali.
Gli amanti delle antichità vadano in Piazza della Stampa oppure dal Signor Maggi, in Via Carlo Felice, la strada che verrà poi denominata Via XXV Aprile.

Per le sete e i velluti bisogna andare dal Signor Ferrari in Via Orefici o da Riccini in Campetto, i libri si trovano da Beuf, in Strada Nuovissima, l’attuale Via Cairoli, quella libreria resisterà negli anni e tuttora la conosciamo come Libreria Bozzi.
I dolci e i canditi si acquistano da Romanengo e anche questa, come ben sapete, è ancora una bottega storica tra le più apprezzate di Genova.

L’attentissimo autore della Guida, poi, non manca infine di avere un occhio di riguardo per le debolezze dei suoi connazionali, in fondo quando si è in viaggio capita spesso di sentire nostalgia di casa e delle proprie buone abitudini.
E così, ai viaggiatori inglesi che sentissero necessità di un buon tè o di qualche altro articolo della madrepatria viene raccomandato un certo negozio proprio alla Nunziata, sulla Guida si legge che i prezzi sono anche piuttosto convenienti.
Osservando la città dalle pagine dei libri del passato si scopre una diversa Genova con i suoi alberghi eleganti, le sue botteghe caratteristiche, i caffè che offrono delizie ai visitatori: e allora è come ritrovarsi là, in un altro tempo, come turisti inglesi del 1858 a Genova.

 

Ritornare nei caruggi

E ritornare, di nuovo, ancora nei miei amati caruggi.
Con la luce di primavera, con l’aria ancora fresca, attraversando Piazza Fontane Marose così vuota.
E ritornare, di nuovo qui.

E giù per Via Luccoli, di primo mattino, sotto il cielo disegnato tra le antiche case di Genova.
E un cielo come questo, anche se lo hai veduto già mille altre volte rimane ancora e sempre nel cuore e nelle emozioni.

Camminando, nei miei luoghi cari, per le mie care strade.
Camminando, con il pensiero rivolto a queste bellezze, ai vicoletti tante volte percorsi, agli archetti, alle finestre socchiuse, agli affreschi che si intravedono sui soffitti di dimore vetuste, alle scale impervie e ripide, ai terrazzini in cima ai tetti.
Camminando, una volta in più.

Con lo sguardo che cerca le nuvole leggere che fluttuano nel cielo chiaro oltre le ardesie dei caruggi.

In una mattina di maggio poi, arrivare così davanti a San Giorgio, con questa prospettiva ampia e spaziosa.
In questa nostra terra così tenacemente fiera, nel cuore della mia amata città.

E ancora, così, ritornare.
Davanti al mio blu, in uno dei luoghi delle mie consuetudini, dopo tanto tempo ritrovato, ancora come sempre in ogni altro giorno già vissuto.
E restare, per qualche istante.
Qui, al cospetto di fratello mare, a lui ho portato il mio saluto.

La disavventura di Gio Batta

Questa è la disavventura di Gio Batta che se ne venne a Genova da Masone.
Accadde nel mese di settembre del lontano 1914 e provate a immaginare il nostro Gio Batta: lui doveva essere un uomo laborioso e instancabile, onesto e genuino, uno che a Masone probabilmente c’era nato e secondo me amava pure rimanerci.
Sapete, alcuni non son fatti per il frastuono e il trambusto della città, taluni amano il silenzio dei boschi e la quiete dei prati ed io ci giurerei, il nostro Gio Batta era uno di questi.
Inoltre da buon contadino egli conosceva certi segreti che mai avrebbe svelato ad orecchie indiscrete, ad esempio sapeva bene dove raccogliere i funghi.
E così, in un bel giorno di settembre, il nostro se ne arrivò a Genova di buon mattino con la sua cesta colma di profumati funghi da vendere.

E con sua grande soddisfazione Gio Batta riuscì nell’impresa, la vendita dei funghi gli fruttò un bel gruzzoletto.
In cuor suo davvero non vedeva l’ora di tornarsene nella sua Masone ma purtroppo la stanchezza del viaggio lo tradì!
Gio Batta pensò così di riposarsi un po’ prima di tornare al suo paesello e si appisolò nei giardini che all’epoca c’erano a Caricamento.
Eh, poverino, la notizia finì persino sul giornale ed è pubblicata su Il Lavoro del 16 Settembre del 1914.
E il giornalista scrive, con un certo rammarico, che il povero Gio Batta si addormentò proprio là a Caricamento e uno sconosciuto gli sottrasse il portafoglio dove erano riposte ben 55 Lire.
Immaginate l’amarezza di Gio Batta al suo risveglio!
E così finì la brutta disavventura di Gio Batta che se ne tornò sconsolato al suo paese senza i funghi e senza i soldi, lui che era arrivato in città e, come scrive il cronista, credeva che Genova fosse come Masone dove si dice che siano tutti galantuomini.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

A pranzo da Panino Marino

Sabato scorso ero al Porto Antico, dopo un giro per caruggi io e la mia amica siamo andate davanti al mare.
E sì, come evitarlo?

Era anche l’ora giusta e così abbiamo pensato di provare un posticino dove non ero mai stata anche se l’ho sempre guardato con una certa curiosità.
Questo è uno di quegli indirizzi “giusti”, perfetto per foresti e genovesi.
Panino Marino si affaccia su Caricamento, lo vedete sullo sfondo, alle spalle dell’imponente statua che ritrae Raffaele Rubattino.

Un posto ideale per un pranzo veloce e di ottima qualità.
Da Panino Marino troverete dei panini speciali con i profumi e i sapori del mare, dal salmone allo sgombro, dal merluzzo al polpo, con abbinamenti gustosi e particolari.

Il locale è aperto ogni giorno a pranzo e a cena, dopo le 18.30 potrete provare i loro aperitivi, si può scegliere anche il pesce crudo.
E potrete accomodarvi sugli sgabelli che si affacciano sulla prospettiva di Genova e su San Giorgio.

Oppure potrete prendere posto nella saletta che è accogliente e curata e ha i toni e i colori del mare.

C’è anche una balena sorridente, eccola qua!

Noi abbiamo scelto di sederci fuori, nelle giornate d’estate mangiare all’aperto fa sempre piacere.

E ci siamo concesse un pranzo veramente sfizioso: voilà, fritto misto di gamberi, calamari e acciughe.
Leggero, croccante e saporito, un pranzo delizioso!

Non manca una buona scelta di bevande.

E aggiungeteci pure che i gamberi sono sapientemente sgusciati e questo vi evita inutili acrobazie.

C’è spesso tanta gente da Panino Marino, se passate da queste parti tenete presente questo posto, io sicuramente ci tornerò.
Bella atmosfera, semplicità e le bontà del mare davanti al mare di Genova.

Un’antica trattoria in Sottoripa

L’ho cercata.
Sono andata là, sotto i portici di Sottoripa.
Camminando piano, un passo alla volta, sperando di trovare il civico corrispondente, in fondo non è nemmeno passato poi tanto tempo, mi dicevo.
E così i miei occhi hanno cercato le tracce della gloriosa Trattoria Monticelli, l’ho anche immaginata, naturalmente.
Un soffitto con le volte, i tavoli di solido legno scuro, le tovaglie spesse, le stoviglie bianche e le brocche di vetro trasparente.
E le voci festanti e rumorose, le frasi pronunciate in dialetto e le risate fragorose, espressione di gioia e di convivialità.
In alto i bicchieri, si brinda alla bellezza della vita e alle fortune che il destino concede!
Qui si servono porzioni abbondanti e generose, dalla cucina escono piatti ricolmi di vere delizie.
E lui, il proprietario, se ne sta dietro il bancone, con un certo compiacimento osserva i suoi clienti soddisfatti, già la vita riserva tante amarezze ma i momenti di gioia bisogna pur saperli apprezzare.
Ho trovato notizie su questa trattoria tra le pagine di uno dei miei libricini, Genova e Dintorni, Guida Popolare Illustrata edita agli inizi del ‘900 dai Fratelli Dell’Avo.
E così eccomi in Sottoripa, vado su e giù e nel mio sognante girovagare ho trascurato di considerare la realtà: la celebre trattoria, infatti, si trovava in quel tratto dove oggi svetta un edificio moderno, il palazzo che un tempo la ospitava ormai non esiste più.

E cammino in Sottoripa, a dire il vero sono piuttosto contrariata.
Non posso trovare neanche un’insegna sbiadita o un locale rinnovato che con la potenza della fantasia potrei provare ad immaginare diverso.
Eppure.
C’era tutta quella folla, gli affezionati avventori tornavano sempre da Monticelli.
Gente di mare e di vicoli, gente dalle facce pulite e dai sorrisi aperti.
Ad una certa ora fuori dalla porta si formava la coda per assicurarsi un tavolo.
Da Monticelli nella stagione calda il locale era rinfrescato da ventilatori elettrici, avevano molto a cuore il benessere della clientela!

E che dire del negozio di vino?
Le due pubblicità sono sulla stessa pagina della Guida, ne ho dedotto che appartenessero alla stessa famiglia.
Il premiato negozio era a breve distanza, si trattava di una bottega di lunga tradizione specializzata in vini particolari, sono certa che i proprietari ne andassero particolarmente fieri.

Attiva dal lontano 1840, caspita!
Ben prima dell’Unità d’Italia, stai a vedere che le Camicie Rosse di Garibaldi sono passate pure da Monticelli?
Non mi stupirebbe affatto, del resto lì vicino c’era l’Albergo del Raschianino dove soggiornarono i prodi che seguirono il nizzardo nella sua impresa.
Certo, se potessi far due chiacchiere con il Signor Monticelli mi sarebbe tutto più chiaro!

Ho tentato di seguire il filo del tempo, sempre avvalendomi della mia Guida Pagano.
E posso dirvi che nel 1926 sia la trattoria che il negozio erano ancora fieramente al loro posto.
E la concorrenza era forte, Sottoripa era pullulante di negozi e botteghe, solo in quel breve tratto c’erano ben due osterie e guardate quante botteghe diverse facevano i loro affari davanti al mare di Genova.
Io avrei particolare interesse per il negozio di un certo Signor Guani, costui vendeva crine, certo quella è tutta un’altra storia!

Poi il tempo passò, venne la guerra, caddero le bombe e cambiarono in parte il profilo della città.
Sulla Guida Pagano del 1957 non c’è più traccia di gloriose attività della Famiglia Monticelli, forse cessarono molto tempo prima, non saprei dirvelo.
Eppure.
Là c’era un continuo andirivieni, io ne sono sicura.
Provate ad immaginare di esserci stati anche voi.
In un altro tempo, in Sottoripa.

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Piazza della Raibetta, camminando nel nostro passato

Vi porto ancora a fare un viaggio nel passato, in una parte della città che non è poi mutata così tanto.
Andremo alla Raibetta, un tempo questa zona era sede di mercato, spiega il solito impareggiabile Pescio che l’origine di questo toponimo è araba e si riferisce alla vendita dei legumi e della biada.

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La mia personale macchina del tempo funziona perfettamente, si direbbe.
E quei colori che ora ravvivano le case e la prospettiva davanti a San Giorgio lasciano il posto al bianco e nero di antica memoria.
Tic tac, così gli anni scorrono, all’indietro.

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E ad attraversare la Piazza è un signore immerso nei suoi pensieri.
Ferve la vita e ha i suoi ritmi definiti, si snodano a terra certe rotaie, penso che siano quelle del tram.
E i giorni fuggono, non si saprebbe nemmeno dire in quale maniera accada.

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E poi le finestre.
Aperte, spalancate ad accogliere una ventata di aria intrisa di profumo di mare mentre le voci della strada pervadono le stanze.

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Le case antiche celano notti insonni, promesse e parole.
E lacrime di gioia e addii, il pianto di un neonato che viene alla luce, l’ultimo respiro di un uomo che lascia le cose del mondo.
Le case antiche conservano vite e ricordi che nessuno sa più ricordare, a volte.
E quelle finestre sono ancora identiche, solo il lume della pubblica illuminazione non c’è più, una diversa luce rischiara questa zona.

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Sembra che tutto sia rimasto immutato eppure ad osservare con attenzione si notano alcune differenze.
L’arco del portico, in questo scorcio di un altro secolo.

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E come è adesso, sgombro della parte superiore.

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E ancora una finestra dietro alla quale respira la vita.
Un manifesto pubblicitario: da Gilardini si vendono ventagli e paracqua, ombrellini e pelletteria, un negozio chic che soddisfa le ambizioni delle signore di Genova!

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Serve un albergo? C’è l’Hotel Nettuno!

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E non mancano i profumi e i belletti di gran marca, nell’elegante Via Roma c’è il negozio delle macchine da cucire Singer e chi volesse rincuorarsi con un buon Fernet sceglierà certo un marchio ancora adesso celebre.

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Tic, tac, il tempo vola via.
Come tutti coloro che affollano la via, un gentiluomo con un’elegante bombetta e un soprabito di buon taglio segue il suo destino, poco distante una coppia di sposi se ne va a passeggio.
Li osserviamo di spalle, senza conoscere i loro volti.
E resta una domanda, un interrogativo sospeso senza risposta.
Per loro cosa era la felicità?
Una casa accogliente, una famiglia, un lavoro sicuro, i bambini che crescono sani e sereni.
Una vita tranquilla, insomma.
Poi, sai, la felicità è quasi sempre simile a se stessa, in ogni tempo.

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Sotto al portico, fianco a fianco, due amiche si concedono un pomeriggio per negozi.
Superano il posto dove si vendono i vini, sospetto che non fosse proprio il luogo adatto a due signorine perbene!
E sentite le loro voci?
Parlano piano, come si conviene, con il giusto garbo, una certa inflessione dialettale tradisce la loro origine, le due signorine sono proprio genovesi.

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Il tempo trascorso e il tempo presente si assomigliano, si sovrappongono, si sfiorano e quasi si confondono.
In questo tratto di strada che così spesso percorriamo.

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Così era ieri, in un tempo distante che non abbiamo vissuto.

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Un’importante elezione a Palazzo San Giorgio

Se ne parlò per giorni di quell’elezione.
Certo, il metodo prescelto per assegnare la carica era da sempre stato quello, imparziale e corretto, a suo modo.
Tuttavia, in città si rumoreggiava.
Chi sarà l’eletto? Chi andrà a coprire quella carica?
Accadeva diverso tempo fa, a Palazzo San Giorgio.

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Il Grimaldi aveva un’idea tutta sua, se fosse dipeso da lui si sarebbe usata ben altra maniera, non faceva che dirlo a tutti eppure pareva che nessuno volesse dargli retta.
Anche quel giorno ribadì il suo pensiero, continuava a ripetere che era necessaria una maggiore accortezza.
Si accalorava, era un tipo dal carattere fumantino e quando c’era da difendere le proprie opinioni non si tirava certo indietro.
E parlava, parlava e intanto saliva le scale, con il fiato spezzato dalla fatica, il Grimaldi aveva una certa età.

Palazzo San Giorgio

Così, si trovarono tutti nuovamente riuniti nella Sala delle Compere e si levò un frusciante brusio.
Ognuno diceva la sua, certi non vedevano l’ora che si sbrigasse tutta la faccenda, era un dovere esserci ma ciascuno di loro aveva importanti affari di cui occuparsi.

Palazzo San Giorgio (3)
La gente che a Genova fa girare i denari e produce ricchezza è quasi tutta lì, signori, a Palazzo San Giorgio.
D’un tratto il silenzio: vengono fatti girare i bussolotti.

Palazzo San Giorgio (4)

E il Grimaldi è seduto là, in prima fila.
Lo vedete? E’ quello che scuote il capo in maniera sconsolata.
E accanto a lui c’è un gruppo di persone, tra loro ci sono alcuni dei candidati, si è tutti in fremente attesa dell’esito di quell’estrazione.
Il bussolotto si ferma, una mano raccoglie il nome del destino e termina così la tanto sospirata elezione.

Palazzo San Giorgio (6)

Il Banco di San Giorgio ha una lunga storia, emetteva anche moneta, fu sede della Compagnia di San Giorgio anche nota come Casa delle Compere e dei Banchi di San Giorgio.
Per risolvere certe avversità economiche il Governo dal XII secolo aveva stabilito l’usanza di chiedere prestiti ai privati, questi in cambio ricevevano i proventi di alcuni dazi, le così dette Compere.
Potete leggere la storia e le storie di questo celebre palazzo genovese qui, a questo link  invece trovate alcuni eminenti protettori del Banco di San Giorgio, sono effigiati in statue esposte nella Sala del Capitano.

Sala del Capitano (6)

La vicenda che avete letto è un mio gioco di fantasia, Grimaldi è il nome di un’importante ed abbiente famiglia genovese, il personaggio interprete di questo scritto è del tutto immaginario.
E’ vera e reale la suggestione della Sala delle Compere, presto vi farò conoscere le figure scolpite in quelle statue marmoree.

Palazzo San Giorgio (5)

E là, in quella sala, ci sono i bussolotti, risalgono al XVIII secolo, erano detti “Seminari” e venivano utilizzati per assegnare alcune cariche del Banco di San Giorgio.
E se anche voi andrete là vi parrà di assistere a quell’estrazione, tutto attorno sentirete rumoreggiare e poi d’improvviso cadrà il silenzio.
Accadeva diverso tempo fa, a Palazzo San Giorgio.

Palazzo San Giorgio (2)

Villa Negrotto e i sospiri di Mary Shelley

C’è una casa, a Genova, che fu scenario di giornate tristi.
E’ situata in un quartiere elegante a poca distanza da Corso Italia, qui giunse nel settembre del 1822 la scrittrice Mary Wollstonecraft Godwin, da poco vedova del celebre poeta Percy Bisshe Shelley.
Mary ha il cuore gravato dal peso di un dolore indicibile, l’abisso le ha portato via il suo compagno e con la spuma del mare si è dissolta anche la sua gioia di vivere.
Accadde in questo giorno, era l’8 Luglio del 1822 quando il mare ghermì il giovane poeta e il suo genio, alla tragica e prematura fine di Shelley ho già dedicato questo post che narra il tempo di lui e Mary a Casa Magni, a San Terenzo.

San Terenzo (2)

Il destino sa essere amaro e imprevedibile: Mary ha 25 anni ed è sola, Mary ha un figlio, un bambino di nome Percy Florence, Mary sa bene che ha il dovere di vivere per lui.
L’estate calda è per lei cupa e angosciante, è agosto quando in una sua lettera scrive queste parole:

All that might have been bright in my life is now despoiled.
Tutto ciò che poteva essere luminoso nella mia vita è ora distrutto.

Condivide questo momento difficile con Jane Williams, anch’essa ha perduto il marito Edward nel naufragio che ha spezzato il respiro di Shelley.
E’ tempo di lasciare i luoghi del dolore, Jane partirà alla volta di Londra e Mary invece si fermerà a Genova, in primo luogo soggiornerà all’Hotel Croce di Malta, a Caricamento, di questo albergo vi ho già parlato diverse volte in quanto ospitò molti celebri viaggiatori.

Hotel Croce di Malta

Mary cerca una casa, resterà in questa dimora per diversi mesi e con lei abiteranno gli amici Hunt con la loro numerosa prole, non sarà una convivenza facile.
Avrà il conforto di un caro amico, Lord Byron, sarà proprio Mary a trovare per lui la casa nella quale Byron abiterà, si tratta di Villa Saluzzo Mongiardino, un magnifico edificio in Via Albaro.

Villa Saluzzo (2)

Byron le commissiona la trascrizione di alcuni suoi testi, le presta libri e penne, la corrispondenza di Mary parte dalla casa di lui.
Su Villa Saluzzo c’è una targa che ricorda il soggiorno del poeta inglese, naturalmente questo tema merita il dovuto approfondimento e mi riprometto di scriverne presto.

Villa Saluzzo

A breve distanza, in Via Zara 24 b, si trova Villa Negrotto, la dimora che ospitò Mary Shelley.

Villa Negrotto (3)

E’ una zona tranquilla e affascinante, ricca di ville e giardini, nell’Ottocento doveva essere ancor più bucolica e quieta.
E malgrado tutta questa dolcezza i giorni genovesi di Mary Shelley furono amari, non c’era bellezza che potesse consolarla.

Fiori

Del resto, per quale ragione era giunta lì?
Percy era morto travolto dalle onde e Genova per Mary era una condanna.
Lo si evince dalle lettere che lei scrive da questa casa in Albaro, detestabile questa città che per lei è sinonimo di tristezza e solitudine, nelle sue missive ricorre spesso il termine malinconia.
Qui, scrive Mary, nulla mi parla di lui, soltanto il mare infido, il mare che lo ha ucciso.

Mare

E’ una donna ferita e carica di dolore e non trova conforto neppure nella comunità di inglesi residenti a Genova che le sono apertamente ostili.
Genova è solitarie passeggiate, rimpianto e isolamento.
Sola, le poche persone che frequenta non sembrano comprendere il vuoto che la pervade.
Sola, sola con gli scritti di Percy, tra quelle righe c’è tutto l’afflato della vita.

Villa Negrotto (4)

Sola, in un inverno amaro sferzato dal vento.
La sua giornata inizia alle nove del mattino, Mary scrive e studia, copia gli scritti di Shelley e si dedica al greco, ma la sua disperazione pare non abbandonarla mai.
Eppure, malgrado ciò, quando ormai sarà lontana da Genova in una sua lettera ne scriverà con nostalgia, ricorderà gli alberi fuori dalla sua finestra e il cielo splendente, il grande mare e le alture sinuose.

Villa Negrotto

E ci sarà Genova in uno dei suoi racconti dal titolo Transformation.
Sulla casa che la ospitò è stato apposto un marmo, in memoria di quel tempo che lei trascorse in questa città.

Villa Negrotto (2)

Lasciò Genova per tornare a Londra, nella capitale inglese l’attendeva il successo della rappresentazione teatrale del suo Frankenstein.

Villa Negrotto (5)
L’Italia con le sue dolcezze non seppe lenire il dolore della sua perdita, un amore trascinato via dalle onde, nel mare di Liguria, l’8 Luglio 1822.

San Terenzo (7)

Casa Magni – San Terenzo

Gente comune nelle cartoline di Genova antica

A volte in certe immagini del passato trovi un mondo che diversamente non potresti mai vedere, a volte  puoi scorgere certi dettagli nelle strade percorse dalla gente semplice e comune.
Così nasce questo post, osservando le cartoline di Stefano Finauri mi sono accorta di una particolare figura ritratta dai fotografi e ho iniziato una piccola ricerca dedicata a una precisa categoria di lavoratori.
E poi fatalmente altre persone hanno colpito la mia attenzione, accade sempre.
Venite con me, andiamo indietro nel tempo e iniziamo il nostro breve viaggio in Piazza della Nunziata, come sempre c’è un gran viavai.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E al centro dell’immagine si nota una donna ritratta di spalle, lei da sola è già un romanzo tutto da scrivere.
Chi sarà mai costei? E’ una levatrice, una sarta, una lavandaia?
E cosa c’è il quella sua borsa voluminosa che sembra così pesante?
Lei per me è la Scià Colomba, sono quasi certa che questo sia il suo nome, la conoscono tutti da queste parti.

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Lì accanto a lei, impegnati in un lavoro faticoso e sfibrante, ci sono alcuni uomini ed è proprio a loro che è dedicato questo articolo, sono gli spazzini della vecchia Genova.
Con tutti quei cavalli c’era bisogno di una certa solerzia per tenere pulite le strade e qui sono addirittura in tre a darsi da fare, sullo sfondo si nota un tizio che sembra osservare il loro lavoro, a dire il vero pare un po’ perplesso.

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E sull’angolo con Via Polleri si nota l’insegna dell’ufficio postale, lì sotto c’è pure la gente in coda!

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Spostiamoci in una piazza lussuosa ed elegante, a Fontane Marose ci sono uomini d’affari e ragazzini vestiti con l’abito da marinaretti.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E sì, ci saranno avvocati, notai, alcuni forse discutono di alta finanza e c’è anche una figura non meno importante: lo spazzino.

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In un altro scatto di Fontane Marose si nota un curioso particolare: nei pressi del lampione ci sono il cesto e la ramazza, poi c’è uno strano contenitore.
Che sia un cassonetto d’epoca? E se non lo è qualcuno di voi sa di cosa si tratti?

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Scendiamo in San Lorenzo e qui la folla è ancora numerosa.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E ancora ecco l’uomo che fa in modo che le dame genovesi non si sporchino il bordo dell’abito, è grazie a lui se le strade sono pulite.

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E poi se scendete a Caricamento ecco cosa vedrete, all’epoca questa era Via Carlo Alberto.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Fate caso alla parte sinistra dell’immagine, in ombra c’è un uomo seduto su un gradino.
Sarà un mendicante?
Certe vite vengono dimenticate, restano lì, in un angolo.
Eppure c’è anche lui in questa fotografia, c’è anche l’uomo seduto per terra.

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E ci sono le insegne, tra le altre una indica la trattoria e una si riferisce a un negozio che vende turaccioli di Spagna.

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Un cavallo, un calessino e lì accanto chi c’è? Sempre lui, lo spazzino!

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E ancora, andiamo in Piazza del Principe.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Un carro con le botti, un altro mezzo che ha come destinazione Rivarolo e poi gli uomini con la ramazza e il cesto, uno dei due sembra che si sia accorto del fotografo.
E osservate la strada, mi sembra piuttosto pulita.

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E questa è Corso Andrea Podestà, nel quartiere di Carignano.
Si va al passeggio, c’è chi porta fuori il cane e i bambini giocano per la strada.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Marito e moglie camminano fianco a fianco, lui pare avere un bastone.
E lì in primo piano ci sono due bimbetti e ancora l’uomo con il cesto e la scopa.

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E naturalmente se si va a zonzo con me si finisce sempre nei caruggi!
Eccoci in Soziglia, in un giorno qualunque, come sempre qui c’è un sacco di gente, questi siamo noi, in un altro tempo.

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Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E anche nei vicoli si incontrano vite che sono romanzi, poesie e supposizioni.
C’è la bimba con il cagnolino al guinzaglio e una donna di una certa età dall’aspetto severo, sembra immersa nei suoi pensieri.

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La ragazza con lo scialle è innamorata, ne sono certa, ha quel fare quasi svagato, pare che quasi non si accorga delle persone che la circondano.
E colei che invece si vede di spalle al centro della foto è una madre di famiglia e corre a casa dai suoi bambini, ha il passo svelto e deciso.

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E poi c’è un gruppo di amiche.
Sono eleganti e raffinate, indossano vezzosi cappellini, direi che sono uscite insieme a far compere.
In mano reggono dei pacchi, secondo me hanno comprato delle stoffe per rinnovare il guardaroba.
E chiacchierano, lo shopping non è ancora terminato, ci giurerei!
Chino sulla strada, di fronte a loro, c’è un uomo.
Ha la scopa, il capiente secchio e una paletta.
E compie il suo lavoro a beneficio di tutta la comunità.
In quanti scatti ho trovato gli spazzini!
In ogni strada e in ogni piazza della Superba c’erano anche loro, preziosi custodi della bellezza di Genova.

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