Una cheesecake a Covent Garden

È un giorno d’estate a Londra, negli anni ‘90.
Vado al mio appuntamento canticchiando una canzone di George Michael, ho sempre dietro il walkman con la mia musica.
Sarà una fantastica giornata con la zia, lei è professoressa d’inglese ed è a Londra per accompagnare i suoi alunni, io invece sono semplicemente in vacanza.
Quindi, è luglio.
E fa caldo ma c’è un po’ di arietta in questa giornata londinese.
Cammino per la città con le mie fide Superga, faccio chilometri, come sempre.
E con la zia andiamo un po’ per vetrine.
Stoffe di Liberty per lei, scelte con accurato buon gusto.
E poi libri, libri, libri, c’è da perderci la testa e da starci delle ore.
Tra gli altri, in questa occasione, mi aggiudico un volumetto con le Fate dei Fiori di Cicely Mary Barker.
Io e la zia amiamo incondizionatamente le fate dei fiori, secondo noi aiutano a vivere meglio e poi mettono di buon umore.
Mercatini, negozi di cose vintage.
In questo inizio degli anni ‘90 colleziono scatole e scatoline di latta, ne ho un’infinità e troveranno posto sul ripiano della mia libreria.
E così, tornando da Londra, nel bagaglio a mano avrò il mio bel carico di carabattole con le immagini vittoriane, un altro di quegli stili che piacciono tanto anche alla zia.
Covent Garden.
C’è un bellissimo negozio di bottoni: sono tutto colorati e di diverse forme, sono riposti in dei cassettini bianchi e starei a guardare questi bottoni per un tempo infinito.
E la giornata scorre, insieme alla zia.
Ed è ora di pranzo, la zia sceglie un posto per mangiare insieme.
E ho esattamente il ricordo preciso di noi due sedute a quel tavolo a chiacchierare, è un tempo prezioso e bellissimo.
Come dessert arriverà un’invitante cheesecake, la zia è anche provetta pasticcera e la sua versione di questo dolce britannico è una vera delizia, ve lo posso garantire!
Il tempo poi scorre, scivola, svanisce.
L’altro giorno ho preparato la cheesecake, è un dolce che adoro e la memoria mi ha fatalmente riportato subito a quel giorno degli anni ‘90.
Come allora ho ancora una predilezione per le fatine dei fiori, inutile specificarlo.
Ascolto sempre la musica di George Michael e le scatoline vittoriane della mia collezione sono tutte in fila sulla libreria.
E poi, poi, poi c’è quella sensazione inspiegabile così intensa nel ricordo.
Da qualche parte, nelle nostre vite e nella nostra memoria, c’è una porta che a volte si socchiude e ci permette di ritrovarci, quasi inconsapevolmente, in qualche luogo della nostra esistenza insieme a coloro che abbiamo amato.
E così sono ritornata di nuovo là, a Covent Garden, a mangiare la cheesecake con la zia.

Genova, 1857: cuori mazziniani al Teatro Carlo Felice

Accadde a Genova nel lontano 1857.
Erano giorni tempestosi e complicati, erano tempi di trame carbonare e di riunioni segrete e chi credeva in certi ideali di assoluta libertà riaffermava con le azioni la propria fede politica.
In certi momenti di quel secolo distante una musica soave riecheggiò al Teatro Carlo Felice mentre il pubblico fremeva e trepidava.

Nel bel mezzo della rappresentazione, con consistente ritardo, varcarono la porticina di un palco due spettatori particolari: si trattava del Marchese Ernesto Pareto e della sua gentile consorte.
Pareto era da poco uscito di prigione dove era stato portato per aver offerto aiuto a colui che allora era considerato un pericoloso criminale e una minaccia per l’ordine pubblico: il patriota Giuseppe Mazzini.

I due si erano conosciuti a Londra dove Mazzini era esule e nel giugno del 1857 il nobiluomo non aveva esitato a spalancare le porte della sua dimora all’amico che cercava riparo dalla polizia.
Scendendo da Via Martin Piaggio osservate il palazzo con le persiane color ocra: questa era la casa del Marchese Pareto e qui giunse un giorno il nostro Giuseppe Mazzini.

La questura però era in allarme e la polizia andò ben due volte a cercare il fuggiasco senza mai trovarlo.
E così, dopo la seconda visita delle autorità, Mazzini pensò bene di filarsela altrove e uscì dal palazzo in pieno giorno.
Con mirabile sangue freddo varcò la soglia dell’edificio dando il braccio a Cristina Profumo, figlia della sua cara amica Carlotta Benettini, poi passò accanto ad un poliziotto che stava lì a vigilare e gli chiese di accendergli il sigaro.
Quindi salì in carrozza e se ne partì alla volta di Quarto dove si rifugiò in una dimora messa a disposizione proprio dalla Benettini.
E là, sulla casa del Marchese, una targa ancora attesta la presenza del patriota.

Le guardie tornarono per la terza volta a casa del Pareto e non trovando il fuggitivo arrestarono il Marchese ma poi lo lasciarono andare, convinti di essersi sbagliati sulla presenza di Mazzini nella sua casa.
E così ritorniamo su quel palco al Carlo Felice dove, come vi dicevo, i coniugi Pareto giungono con un certo ritardo, attirando l’attenzione degli altri spettatori.
I Pareto non sono soli, insieme a loro c’è una gran dama con un ricco mantello di velluto.
Lei si avvicina al parapetto, si slaccia il mantello e resta con le spalle nude e un abito candidissimo, spicca su di lei una vistosa sciarpa tricolore.
Il pubblico in sala, attonito e ammirato, scoppia in un applauso fragoroso e ne consegue, chiaramente, l’inevitabile intervento delle autorità.
L’indomita dama che senza titubanza aveva osato mostrarsi con il tricolore rispondeva al nome di Arethusa Milner Gibson, era inglese ed era legata da profonda amicizia a Giuseppe Mazzini e alla sua causa, tanto da avere il vezzo di farsi soprannominare “l’italianissima”.
L’aneddoto particolare è riportato tra le pagine del libro “Storia di un teatro: il Carlo Felice” di Giovanni Monleone edito da Erga nel 1979, le varie notizie sul Marchese Pareto sono riferite negli scritti di Giuseppe Mazzini medesimo.
Accadde molti anni fa, nel 1857, a Genova: in quel tempo cuori mazziniani battevano forte al Teatro Carlo Felice.

I fratelli Lamb

“Uno dei passeggeri sulla carrozza per Stratford aveva avuto l’imprudenza di chiedergli: « Qual è dunque la vostra occupazione, signore?» Dopo averlo fissato per un istante in silenzio, Samuel Ireland aveva risposto: «Mi occupo del mestiere di vivere, caro signore.» ”

Raffinato, elegante, fortemente evocativo e squisitamente british, ecco un romanzo che delizierà gli amanti della letteratura inglese e gli estimatori della terra di Albione.
I fratelli Lamb è un raffinato romanzo storico scritto dall’ineffabile Peter Ackroyd ed edito in Italia da Neri Pozza.
Ackroyd, uno dei massimi autori britannici, offre uno spaccato straordinario della Londra del passato portando il lettore nel lontano 1795.
I protagonisti del suo volume sono persone realmente vissute: si tratta infatti dei fratelli Charles e Mary Lamb, entrambi autori di romanzi ed opere letterarie.
E tuttavia l’autore avverte il lettore: ha inventato personaggi e modificato le vicende della famiglia Lamb per amore della narrazione.
Per amore della narrazione: arte della quale Ackroyd è incomparabile maestro.

Dunque, la vicenda del romanzo è tanto semplice quanto intrigante.
Il giovane Charles Lamb lavora per la Compagnia delle Indie ma aspira a divenire un celebre scrittore, la sorella Mary condivide con lui l’amore per la poesia e la letteratura, lei è una ragazza dal viso segnato dal vaiolo e vive per lo più nell’ambiente domestico.
Per un caso del destino i due fratelli Lamb si imbattono nel giovane William Ireland, libraio con il padre Samuel a Holborn Passage.
E sapete qual è la circostanza stupefacente?
Il giovane Ireland ha scoperto per ventura alcuni manoscritti di William Shakespeare e l’emozione per tutti loro è davvero incredibile!
Sui manoscritti e sulle presunte opere shakespeariane non vi svelerò nulla di più, sappiate comunque che il colpo di scena è sempre dietro l’angolo e che anche Ireland è realmente esistito.
Questo romanzo ha il profumo della carta e degli antichi manoscritti, vi è inoltre ancora una protagonista fondamentale e nessuno come Ackroyd è capace di narrarla in tale maniera nei nostri tempi: la città di Londra.
È una città a volte fosca, caotica, complicata, per le sue vie si muovono carri e calessi, in questa Londra si incontrano poi personaggi particolari:

“Jonathan Baker era un omino tarchiato dall’aria completamente esausta, con la bocca ripiegata verso il basso e le palpebre pesanti. A Samuel Ireland sembrò una sorta di Pantalone appena uscito da una commedia. Si presentò nell’ufficio con un bizzarro berretto a punta di datazione incerta.”

E i luoghi di Londra, poi, sono descritti in maniera indimenticabile:

“Il palco Amleto odorava di paglia fradicia, cordiale alla liquerizia e ciliegie. L’odore dei teatri di Londra. A William piaceva quell’odore e si sentiva inebriato dai profumi di essenze e unguenti che si levavano a ondate dalla platea eccitata e mormorante.”

In ogni riga di questo romanzo emerge, netto ed evidente, il talento narrativo di Ackroyd e spicca la sua innata capacità di affascinare e coinvolgere in maniera totalizzante i suoi lettori.
Su ogni evento descritto tra le pagine del libro aleggia la figura misteriosa di William Shakespeare, il Bardo è a suo modo anch’egli uno dei protagonisti del romanzo I fratelli Lamb.
Adorato, amato, riletto, i suoi versi sono mandati a memoria e per sempre immortali.
E le sue opere, all’improvviso divengono persino palpabili.
Ecco la sua calligrafia, ecco le sue maniere di scrivere, ecco i personaggi riconoscibili e ritrovati in certi manoscritti davvero straordinari: un’emozione destinata a mutare il destino di certe vite.

“Dunque Shakespeare aveva tenuto quel libro fra le mani… proprio come stava facendo lui in quel momento. L’assoluta reciprocità del gesto gli diede il capogiro.”

Una cartolina per Miss Muriel

La cartolina per Miss Muriel venne spedita nell’inverno del 1926: era proprio il giorno di Santo Stefano e colui che la scrisse la inviò con lo scopo di porgere anche i suoi auguri per il nuovo anno.
Il mittente si chiamava George e si era ben sistemato qui nella Superba, dimorava infatti in una bella casa nella nostra Via Assarotti, naturalmente la sua cartolina è scritta in inglese.
Mr George, dunque, fu preso da una sorta di inevitabile nostalgia per Miss Muriel e così, per l’appunto, pensò bene di contattarla.
Ah George, a dire il vero non era poi così certo di essere rimasto impresso nella mente di Muriel e infatti glielo dice: non so se vi ricordiate di me, ma io penso spesso a quel periodo meraviglioso a Penzance.
E così, con poche parole cariche di rimpianto per il bel tempo andato, George ha suscitato la mia curiosità, figuratevi invece cosa avrà risvegliato nella mente di Miss Muriel!
La nostra eroina all’epoca si trovava a Londra, naturalmente sono subito andata a cercare le immagini dell’indirizzo riportato sulla busta e ho così trovato un’ampia strada pianeggiante, con un’infilata di edifici di mattoni rossi in stile vittoriano con le finestrelle bianche.
E naturalmente ho veduto lei: pallida, con la pelle chiara, Miss Muriel ha gli occhi di ghiaccio e i capelli molto sottili tendenti al rosso che porta raccolti sulla nuca, per leggere indossa certi piccoli occhialini.
Miss Muriel tiene saldamente tra le dita la cartolina di George e con lo sguardo segue quelle righe fitte scritte da lui.
Lui le racconta di aver trovato un buon lavoro in questo sunny south (il sud soleggiato) e tuttavia, non senza rammarico, aggiunge che molto spesso sente nostalgia per la sua cara Inghilterra.
Non so se poi Mr George e Miss Muriel si siano ritrovati, a me piace pensare che un giorno lui abbia attraversato la Manica e sia ritornato nella sua amata terra natale e insieme a Miss Muriel si sia goduto un soggiorno in Cornovaglia, nella loro cara Penzance.
Miss Muriel certo avrà avuto un bel cappello a tesa larga per ripararsi dal sole e sarà stata molto curiosa di sentire i racconti di George su quel sunny south che lui ben conosceva.
E forse, stringendo tra le dita quella cartolina di Genova, gli avrà domandato di mostrarle i dettagli di quella città a lei sconosciuta: la basilica di Carignano sullo sfondo, il porto, le colline della Superba.
Una suggestione in bianco e nero in una cartolina per Miss Muriel.

Un passato imperfetto

“Londra è ormai per me una città di fantasmi e io sono uno di loro. Ovunque vada, ogni strada, ogni piazza, ogni viale, mi parlano all’orecchio di un’altra età della mia vita. Mi basta fare due passi a Chelsea o Kensington per ritrovarmi davanti a qualche casa che un tempo mi ospitò e dove oggi sarei un perfetto sconosciuto.”

Così si apre il sipario sulla vicenda squisitamente british del romanzo Un passato imperfetto pubblicato da Beat Edizioni e scritto da Julian Fellowes, Premio Oscar per la sceneggiatura con Gosford Park e autore di Dowtown Abbey.
La storia si dipana tra un presente da decifrare e un passato non troppo distante che ancora racchiude segreti da svelare.
Il narratore della vicenda è uno scrittore che un giorno riceve una lettera inaspettata da Damian Baxter, un amico di gioventù con il quale negli anni ‘60 ha condiviso i giorni di Cambridge e di una giovinezza particolarmente mondana.
Damian non può vantare origini aristocratiche ma ha sempre avuto un particolare ascendente sulle ragazze dell’alta società e il suo amico ben si ricorda le sue molte avventure.
Damian è ora un uomo di successo e possiede un’immensa fortuna, tuttavia è gravemente malato e gli resta poco da vivere: per questa ragione, a distanza di molti anni, rintraccia il suo antico compagno di gioventù e gli chiede di aiutarlo a scavare in quel suo passato imperfetto.
Grazie a una missiva anonima, infatti, Damian Baxter sospetta che, in qualche parte del mondo, una delle ragazze che un tempo frequentava potrebbe aver dato alla luce un erede al quale Damian vorrebbe lasciare il suo patrimonio: ecco il compito dello scrittore, sarà lui a dover ritrovare quel figlio sconosciuto.
Seguiamo così il protagonista mentre riannoda i fili di lontane passioni amorose in cerca di una verità che non è affatto scontata.

Un passato imperfetto è un romanzo ricco e affollato di vicende e personaggi, Fellowes indugia con piacere in quelle arguzie tipicamente britanniche, in quello stile raffinato e sottile che lo rende un maestro nel delineare pregi e difetti di una certa upper class ferocemente ritratta con le sue manie e le sue idiosincrasie.
In questo romanzo così deliziosamente inglese ho apprezzato in maniera particolare il garbo, l’atmosfera e questa talentuosa leggerezza nel delineare le caratteristiche della buona società.
Sempre, con lievità, si coglie una nota di rimpianto e di nostalgia: non solo per la giovinezza lontana e per le occasioni perdute ma anche per un tempo più gentile e promettente, meno confusionario e caotico.
Qua e là, tra un episodio e l’altro, l’autore ci regala inoltre certe sue brevi divagazioni sullo stile, sulla moda e sulle buone maniere e non manca mai un particolare senso dell’ironia.
Un passato imperfetto è una lettura scorrevole che vi consiglio, se volete poi conoscere un’altra opinione in merito qui trovate la recensione della mia amica Stravagaria che sul suo blog ha inoltre già proposto altri celebri romanzi di Julian Fellowes.
A voi scoprire come culminerà la vicenda di Damian Baxter, in un romanzo che ha come sottofondo la musica degli anni ‘60 e la gioia di quegli anni, come scenario le strade di Londra e della campagna inglese, mentre certi cuori battono invariabilmente seguendo il ritmo della nostalgia.

“Esiste da qualche parte una religione secondo la quale si muore due volte: la seconda è quando anche l’ultima persona che ti conosceva se ne va e non rimane più nessuno sulla terra che si ricordi di te.”

Piccola grande isola

Una lettura che vi conquisterà, un’avventura in compagnia di un autore ironico, brillante e curioso del mondo: Bill Bryson vi racconta la Gran Bretagna, la Piccola grande isola protagonista del suo ultimo libro edito in Italia da Guanda.
Non è la prima volta che Bryson volge il suo sguardo a questi luoghi, sono trascorsi vent’anni dal suo Notizie da un’isoletta e se non lo conoscete vi consiglio la lettura di entrambi i volumi, lui è uno dei miei autori preferiti e gli sarò eternamente grata per certi momenti di autentico divertimento.
Giornalista e scrittore, americano di nascita e inglese di adozione, il nostro nutre un affetto profondo per la piccola grande isola, là ha conosciuto sua moglie ed egli stesso scrive che da quarant’anni è ancora profondamente innamorato di entrambe.
Il viaggio narrato dallo scrittore va da sud a nord, da Bognor Regis a Cape Wrath, lungo una linea retta da lui battezzata Bryson Line, naturalmente.
Un cammino che attraversa località celebri e piccoli paesi, un racconto che pone l’accento sul valore del patrimonio artistico e della tutela del paesaggio, dalle spiagge alla campagna, alcune pagine sono fortemente evocative e certe descrizioni a dir poco incantevoli.

londra

Londra – Richmond Park

Un libro che si snoda tra comiche disavventure e aneddoti particolari del passato e del presente, sono diversi i nomi famosi che compaiono in questo libro, da Arthur Conan Doyle a John Lennon, da George Everest a Mary Shelley.
Piacevolmente spassose sono le righe in cui il nostro mette in evidenza tutta la sua peculiare verve, Bill Bryson sa essere davvero esilarante: inseguito da un cigno o attaccato dalle mucche il nostro eroe riesce sempre a regalare un sorriso con le sue peripezie.
Immaginate la spiaggia di Brighton e i bagnanti che si godono una giornata al mare: c’è anche Bill, naturalmente.

“Lanciavano grida che allora interpretai come espressioni di piacere, ma che ora riconosco come urla di sofferenza.
Ingenuamente, mi tolsi la maglietta e corsi in acqua: fu come tuffarsi nell’azoto liquido.
In tutta la mia vita quella fu l’unica volta che mi mossi come in uno spezzone di pellicola che viene riavvolto. Mi tuffai in acqua e poi ne uscii immediatamente, correndo all’indietro, e da allora non sono mai più entrato in un mare inglese.”

Da ridere fino alle lacrime, lasciatemelo dire.
Oltre a ciò Bryson è colto e lungimirante pertanto dai suoi libri scaturiscono sempre diversi spunti di riflessione, nel caso di Piccola grande isola si coglie anche una sorta di nostalgia.
I luoghi cambiano, in certe località alcuni negozi che lui ricordava sono scomparsi, la cura e l’attenzione verso la bellezza vanno diminuendo: è un monito, un invito a difendere l’ambiente in cui viviamo, preservandone le bellezze e le particolarità.

oxford

Oxford

Uno scrittore che ama la vita e i viaggi, lui si diverte e il lettore se la spassa.
Ed ecco le mirabolanti peripezie alla stazione, le sagaci descrizioni di improbabili Bed & Breakfast, i tragicomici malintesi al pub, piccoli incidenti quotidiani che diventano a loro modo memorabili.
Vi dispiacerà arrivare in fondo al volume, ve lo garantisco, a me capita sempre con i libri di Bryson e così finisco per leggerli più volte.
Tra le sue perle vi ricordo anche Una passeggiata nei boschi, ne scrissi in questo post diverso tempo fa, solo a pensare a quell’avventura mi viene da sorridere.
L’ho già detto altrove e lo ripeto, se dovessi scegliere un compagno di viaggio non avrei dubbi: partirei con Bill, senza esitazioni.
I libri sono viaggi di parole, alcuni sanno essere speciali per merito del talento di chi li scrive.
Grazie di tutto, caro Bill, ancora una volta ci hai regalato un viaggio da ricordare.

Londra

A woman of no importance

Il suo nome è Mrs Arbuthnot, lei è una donna senza importanza.
Ma siamo proprio certi che sia tale?
O forse questa descrizione si adatta meglio ad un uomo che la nostra Mrs Arbuthnot conobbe negli anni della sua giovinezza?
A Woman of no importance è una commedia in quattro atti scaturita dalla mirabile penna di Oscar Wilde, vi troverete gli equilibrismi verbali dell’autore irlandese, le sue arguzie, il suo talento per le frasi ad effetto.
La vicenda è semplice e allo stesso tempo intricata, questa è la storia di un segreto tenuto a lungo nascosto, questa è una storia di peccato e redenzione.
Ha più piani di lettura questa commedia di Wilde, al centro della scena sono proprio le donne, è la loro voce a sovrastare il palcoscenico.
Donne aristocratiche e leziose, rappresentanti della buona società vittoriana, tra loro c’è una creatura peculiare: Miss Hester Worsley è americana, il suo punto di vista è del tutto differente, questi inglesi vivono in una dimensione che a lei è estranea.
Inghilterra e Stati Uniti, due mondi a confronto.
Donne e uomini, Lord Illingworth è un vero dandy e in quanto tale pronuncia parole come queste:

The only difference between the saint and the sinner is that every saint has a past and every sinner has a future.
La sola differenza tra il santo e il peccatore è che ogni santo ha un passato e ogni peccatore ha un futuro.

Ed eccolo alle prese con un dialogo che ancora ci regala un sorriso:

Lord Illingworth: The book of life begins with a man and a woman in a garden.
Mrs Allonby: It ends with Revelations.

Lord Illingworth: Il libro della vita comincia con un uomo e una donna in un giardino.
Mrs Allonby: Termina con l’Apocalisse.

Oscar Wilde (2)

Dublino – Monumento a Oscar Wilde

Fatale Mrs Allonby, è lei a replicare alla perfezione a Lady Stutfield che sostiene che il mondo sia fatto per gli uomini.
Non è affatto vero,  sapete perché?

There are far more things fordidden to us than are forbidden to them.
Ci sono molte più cose proibite per noi che per loro.

Donne.
Argute, affascinanti, pungenti, il ritmo dei loro dialoghi è incalzante e sostenuto.
E c’è lei, l’eroina protagonista di questa piacevole commedia: a Mrs Arbuthnot la vita non ha risparmiato le difficoltà eppure lei rimane fiera e coraggiosa, è una donna capace di affermare la propria identità.
Saggia Mrs Arbuthnot, tragicamente vere certe sue affermazioni:

A kiss may ruin a human life.
Un bacio può rovinare una vita.

Rileggo periodicamente le commedie di Oscar Wilde, lui per me è sempre una splendida compagnia.
A woman of no importance andò in scena per la prima volta nel 1893 al Theatre Royal Haymarket di Londra.
Molti anni dopo, in quello stesso teatro, The Royal Shakespeare Company mise in scena la celebre commedia di Oscar Wilde.
Io ero a Londra in quel periodo, così comprai il biglietto e andai a teatro.

Londra (2)

Rammento quel giorno con autentico affetto, ne conservo una memoria vivida e chiara.
Su quel palcoscenico salirono celebri attori, tra gli altri John Carlisle, Jaye Griffiths, Andrew Havill e Barbara Leigh-Hunt.
Ho ancora il libretto di quella rappresentazione, ho ancora il biglietto del teatro.
E allora ero proprio come adesso, sono sempre stata osservatrice.
Vedete la ragazza seduta accanto a me?
Io sì, la ricordo perfettamente, è venuta a teatro con un coetaneo, forse è il suo fidanzato.
E cosa fa questa giovane donna?
Lascia cadere a terra le scarpe e si mette comoda, posa le ginocchia contro il sedile di fronte.
Ed io penso: forse Oscar non approverebbe.
Lei è allegra e di buon umore, riflettendoci penso che il nostro Wilde avrebbe scritto per lei un ruolo in una sua commedia.
Si apre il sipario e gli attori fanno il loro ingresso.
E sono perfetti, indossano costumi secondo lo stile dell’epoca, le nobildonne hanno certe pettinature complicate, sembra di aver messo indietro la macchina del tempo e tutti noi, attori e spettatori, siamo finiti in quei giorni, nell’epoca vittoriana.
E il tempo scivola.
Ed è un tempo che regala profonde emozioni, è un frammento di vita che è rimasto un dolce ricordo, lo rivivo ogni volta che rileggo le parole di Oscar.
Momenti simili sono preziosi, vanno conservati come gemme rare.
E d’altra parte cosa è la vita?

Life, Lady Stutfield, is simply a mauvais quart d’heure made up of exquisite moments.
La vita, Lady Stutfield, è semplicemente un brutto quarto d’ora composto di momenti squisiti.

A Woman of no importance – Oscar Wilde

Londra

Chelsea – Casa di Oscar Wilde

Daniel Defoe e i malfattori di Londra

C’è gente pericolosa, a Londra.
Sono tipi astuti e lesti, sempre pronti a fregarti, sono incalliti professionisti del crimine.
Prendete John Sheppard, ad esempio.
L’elenco dei suoi delitti non finisce più, lui è un ladro matricolato, un rapinatore della peggior specie e tra il resto è pure un mago delle evasioni.
La prima volta se la filò dalla prigione nascondendosi sotto un mantello, fuori ad attenderlo c’era una carrozza.
E c’era la sua donna, una che faceva vita di strada, naturalmente.
Se ne andarono a bere con il loro compare e poi, con calma, Sheppard si liberò delle catene che ancora portava addosso.
Lo riacciuffarono e lui provò di nuovo a battersela.
Nella sua cella trovarono una lima dentro a una Bibbia, poi lo sorpresero con altri attrezzi, aveva persino un martello e un scalpello.
Un tipo tosto Sheppard, uno che non si dava per vinto.
E quando riuscì a mettere in atto la sua seconda rocambolesca evasione lasciò le guardie con un palmo di naso: mattoni smossi, una coperta assicurata alle sbarre e la fuga verso la libertà.
C’è gente pericolosa, a Londra.

Londra (2)

La trama di un libro di avventure?
No, signori, una vita vera raccontata dalla sapiente penna di Daniel Defoe, per l’occasione ineffabile cronista per l’Applebee’s Journal.
La vicenda di John Sheppard insieme ad altre è narrata nel libro intitolato I peggiori criminali del nostro tempo, dato di recente alle stampe da Edizioni Clichy.
Il genio di Defoe ci ha lasciato memorabili figure della letteratura, da Moll Flanders a Robinson Crusoe, con pari talento egli tratteggia queste figure di uomini, sullo sfondo c’è la misteriosa Londra settecentesca, una città pericolosa, ovunque si aggirano personaggi sinistri.
E i protagonisti non sono eroi, sono veri criminali.
E’ gente destinata al carcere, alla deportazione e al patibolo, faranno tutti una brutta fine.
E Defoe come li racconta?
La sua è una scrittura intensa e realistica, Defoe stesso aveva conosciuto il carcere e la gogna e sa descrivere con mirabile perfezione i lati oscuri di quel mondo, tra queste pagine troverete scenari da romanzo e delinquenti dai tratti quasi leggendari.
E così farete la conoscenza di Jonathan Wild.
I furti sono all’ordine del giorno e la gente a chi si rivolge per avere indietro la propria roba?
A lui, a Wild.
E scoprirete di cosa è capace costui, certo non è un benefattore!
E’ pure uno che piace alle donne, ha avuto parecchie mogli, Defoe ve le presenterà una per una.
Sono esistenze complicate le loro, queste giovani sono abituate a confrontarsi con uomini che vivono di espedienti e di disonestà, sono persone reali e vere ed è il talento dello scrittore a renderle tali.
Vedrete le vie eleganti di Londra e i suoi bassifondi, ladri e malfattori sono ad ogni angolo di strada, non c’è difesa.

Londra (3)

Ed ecco le carrozze assaltate con il favore delle tenebre, ecco tremanti nobildonne derubate dei loro beni.
E un gentiluomo al quale con astuta maestria viene sottratta una pregiata tabacchiera d’oro, il ladro è talmente abile che il derubato in pratica gliela lascia cadere tra le mani.
E che dire di colui che si impossessò di un bastone da passeggio dal pomo dorato?
Con mirabile astuzia e con incredibile rapidità lo sostituì con un bastone dal pomo d’ottone, dileguandosi con un prezioso bottino.
Un libro che si legge d’un fiato, scritto con una maestria non comune, propria soltanto dei grandi della letteratura.
Se amate i classici amerete questo libro.
Se amate Londra e le sue storie vi perderete tra queste pagine.
E magari tornerete indietro a rileggerne alcune, io l’ho fatto, mi capita solo con i libri che lasciano il segno.
Un mondo inquieto, sul quale aleggiano scure nuvole che passano rapide e sempre ritornano ad adombrare il cielo.
E lascio questo cielo sul finale, con una citazione che amo, sono parole tratte da uno dei più celebri romanzi di Defoe, anche in questo libro sullo sfondo c’è una prigione, la stessa nella quale vennero rinchiusi John Sheppard e i suoi compari.

I saw the cloud, though I did not foresee the storm.
Ho visto la nuvola, anche se non avevo previsto la tempesta.

(Daniel Defoe – The fortunes and misfortunes of Moll Flanders)

Londra

Le foto di Londra sono di mia nipote, grazie Maddy!

Mrs Eliza Fletcher, l’amica di Mazzini

E’ la primavera del 1837, a Londra giunge, per un soggiorno di qualche settimana, Mrs Eliza Dawson, vedova dell’avvocato Archibald Fletcher.
Eliza non è più nel fiore degli anni, è una signora ormai vicina alla settantina.
A Londra incontrerà persone interessanti, come lei stessa scriverà nella sua autobiografia dove si legge che un giorno le venne portata una lettera di presentazione scritta da una delle sue altolocate conoscenze, con quella missiva si raccomandava a Mrs Fletcher un italiano appena giunto a Londra.
E questo è il ricordo del loro primo incontro:

…a young italian who at that time was a friendless stranger in London.
I found in the drawing room a young, slim, dark italian gentleman of very prepossessing appereance.
He could not then speak English and I very imperfect French; but it was impossible not to be favourably impressed at once by his truth and his sadness.

…un giovane italiano che a quel tempo era uno straniero senza amici a Londra.
Trovai in salotto un giovane gentiluomo italiano, snello e bruno, di aspetto molto attraente.
A quell’epoca lui non sapeva l’inglese e il mio francese era molto imperfetto; ma era impossibile non essere subito favorevolmente impressionati dalla sua verità e dalla sua tristezza.

(Autobiography of Mrs Fletcher, with letters and other family memorials)

L’esule è un genovese, l’esule si batte per una causa e per degli ideali per i quali ancora ricordiamo il suo nome, l’esule è Giuseppe Mazzini.

Giuseppe Mazzini

Immagine tratta da “Della Vita di Giuseppe Mazzini” di Jessie White Mario
volume di mia proprietà

Eliza lo ascolta, lui non cerca di suscitare la sua compassione, le dice che vorrebbe avere accesso a una pubblica biblioteca per poter approfondire certi suoi studi.
Eliza lo osserva, è scossa, lo trova ombroso e cupo, lo vede così profondamente vicino alla disperazione tanto da temere che il giovane possa commettere un suicidio.
E cosa fa la gentildonna inglese?
Forte della sua saggezza e della sua esperienza scrive a Mazzini una lettera con la quale lo esorta a resistere alle difficoltà della vita e a mettere a frutto i suoi talenti e la sua forza interiore.
La risposta che riceverà sarà l’inizio di una nuova amicizia: da quel giorno, come lei stessa scrive, si incontreranno nuovamente.
Di lui Eliza apprezza la dedizione e la grandezza d’animo, la colpirà apprendere che l’esule si occupa dei bambini italiani a Londra, quei suonatori di organetto ceduti come schiavi dai loro parenti, per questi piccini Mazzini aprì la scuola di Hatton Garden della quale vi ho già parlato in questo articolo.

Giuseppe Mazzini (2)

La scuola di Hatton Garden
Immagine tratta da “Della Vita di Giuseppe Mazzini” di Jessie White Mario
volume di mia proprietà

Thus he became added to my list of heroes, così egli venne aggiunto alla mia lista degli eroi, scrive Eliza.
Ed è per le virtù del suo autore che le lettere del patriota vennero incluse nell’epistolario di famiglia, perché i discendenti di Mrs Fletcher potessero comprendere la ragione della ammirazione di Eliza per lui.
Ma cosa scrive Mazzini a Eliza nella sua prima missiva?
Cerca di spiegare a lei il suo stato d’animo, tenta di chiarire un malinteso, lui non ha mai pensato di togliersi la vita e così le scrive:

I am naturally triste, I am rendered more so by my position, by what I have suffered.
Io sono naturalmente triste, ancor più triste mi rende la mia posizione, ciò che ho sofferto.

Giuseppe Mazzini (4)

Fotografia esposta al Mueo del Risorgimento – Istituto Mazziniano

E lo incupisce il pensiero della sofferenza causata alle persone amate.
C’è poi una considerazione che svela la sua grandezza e la sua personalità, sono parole che riguardano il senso della vita, i suoi scopi e certe priorità.

Despair, neutralizing activity, appears to me the highest point of selfishness. He who despairs of things and of men, and whom despair makes inactive or leads to quit life, is a man who has wished only to enjoy, and has made that his chief thought; not being able to do that, he destroys his life, either morally or materially, as the child does its plaything. Now, I do not consider life a game, but a very serious thing : it is an office to be fulfilled in the world.

La disperazione, attività neutralizzante, mi sembra il colmo dell’egoismo. Colui che dispera delle cose e degli uomini, e che dalla disperazione è reso inattivo o conduce una vita inerte, è un uomo che ha desiderato soltanto il godimento e ha fatto di questo il suo pensiero dominante; non potendo realizzarlo, distrugge la propria esistenza, moralmente o materialmente, come fa un bambino con il proprio giocattolo.
Ora, io non considero la vita un gioco, ma una cosa molto seria: è una missione che dobbiamo esercitare nel mondo.

It is virtue, and not happiness, which ought to be the aim of life.
E’ la virtù e non la felicità, che dovrebbe essere lo scopo della vita.

(Giuseppe Mazzini a Mrs Eliza Fletcher;
Edizione Nazionale degli Scritti di Mazzini, vol. XII).

Sono parole che si sentono raramente ai nostri tempi, quante volte sentite pronunciare la parola virtù?
In questa lettere si trova la grandezza di tutte le idee di Mazzini e la vera fede nel suo credo, lui rassicura la sua nuova amica, le scrive che è ben distante dal senso di disperazione, tra i suoi propositi c’è quello di far conoscere agli inglesi la condizione dell’Italia e le sue prospettive future, accenna anche a una sua prossima collaborazione con la rivista Le Monde.

Tomba di Giuseppe Mazzini

Cimitero Monumentale di Staglieno, tomba di Giuseppe Mazzini

 Conoscevo la storia di Eliza e la sua autobiografia ma vorrei raccontarvi come questa lettera sia arrivata tra le mie mani.
Un giorno ho ricevuto una mail che si apriva con queste parole: Dear Miss Fletcher.
Me l’ha inviata la Dottoressa Raffaella Ponte, direttrice del Museo del Risorgimento, la quale mi scriveva che la Dottoressa Bertuzzi, referente per la Didattica del Museo, leggendo il mio blog si era ricordata di Eliza Fletcher.
Che curiosa e piacevole omonimia, è vero?
Il libro nel quale sono raccolte le lettere di Mazzini si trova nella Biblioteca del Museo del Risorgimento, ringrazio la Dottoressa Ponte e la Dottoressa Bertuzzi per la loro cortese attenzione, per aver pensato a me e per avermi invitato la lettera di Mazzini alla sua amica inglese, vorrei che avessero visto il mio sorriso quando ho letto il nome di Eliza Fletcher.
Lei, l’amica inglese di Mazzini, ebbe cura del giovane patriota italiano, lo presentò al poeta Thomas Campbell e gli fece avere un permesso di libera entrata alle sale di lettura della biblioteca del British Museum.
E tramandò ai posteri il suo ricordo di lui in quell’autobiografia dove di lui si leggono queste parole, the prophet of the future unity of Italy, Giuseppe Mazzini.

Giuseppe Mazzini (5)

Monumento a Giuseppe Mazzini, Piazza Corvetto

Table Talk, Oscar Wilde racconta

Table Talk, Oscar Wilde racconta, un libro di Thomas Wright che non può mancare nella libreria degli estimatori dello scrittore irlandese.
Il poeta che narra storie incantevoli, così fu definito Oscar a Parigi e così si legge nel pregevole testo di Wright, una raccolta dei racconti orali di Wilde suddivisi in aneddoti, favole e racconti biblici.
E si ritrova in queste pagine il raffinato affabulatore che amava inventare storie e poi narrarle ai suoi amici durante certe serate mondane, a quei fortunati che lo conobbero Wilde era solito raccontare anche le sue favole e le trame delle sue commedie.
Creava arguti gioielli della parola dalla struttura perfetta per poi presentarli al suo pubblico con garbo, con una certa teatralità e con la giusta modulazione della voce.
E allora immaginiamo di essere in uno di quei salotti mentre Oscar racconta Il ballo della Zia Jane.
Zia Jane vive nella sua grande casa nella contea di Tipperary e se ne sta per conto suo, con gli anni è diventata schiva, ma sapete cosa accade?
Un bel giorno arrivano i ricchi signori Ryan che sono diventati proprietari di una dimora sulla collina e intendono dare una fastosa festa.
E credete che Zia Jane possa tollerare una simile onta? No di certo, ma il finale del racconto non  è affatto scontato e non vi svelo nulla per non privarvi del piacere di scoprirlo.
C’è la vicenda dello scienziato e della sua palla magica, la favola della calamita e del mucchietto di limatura di ferro, con i granelli che parlano e borbottano.
E Wright ricorda quanto Oscar Wilde amasse inventare favole per i suoi bambini che rimanevano a bocca aperta ad ascoltarlo, viene citata la storia di certe fate che abitavano nelle bottiglie di un farmacista e davvero c’è da credere che i più piccoli potessero divertirsi un mondo ad ascoltare Oscar!


Il libro è una vera miniera di curiosi aneddoti, Thomas Wright correda ogni racconto di una breve introduzione e con grande abilità conduce il lettore al cospetto di Wilde.
E narra che i racconti di Oscar erano considerati talmente memorabili che sugli inviti alle cene veniva specificata la seguente frase: per conoscere Oscar Wilde e ascoltarlo raccontare una nuova storia.
Arguto e dissacrante, Oscar a volte proponeva alcune sue riletture personali di passi biblici e di celebri episodi della vita di Gesù.
Con il suo genio e il suo talento incantava, affascinava, riusciva persino a far sorridere coloro che avevano appena avuto un lutto, alcuni dei suoi ascoltatori annotavano ogni sua parola, altri si affidavano alla buona memoria, tra coloro che erano ammaliati dalle sue storie c’era anche André Gide che per Oscar nutriva una profonda ammirazione.
E Oscar stupiva il suo pubblico con le sue storie di spettri e fantasmi.
Una serata speciale, Oscar è ospite nella dimora dell’artista Arthur Hughes, tra gli invitati pare che ci fossero Charles Darwin e Dante Gabriel Rossetti, un parterre di gran pregio davanti al quale l’autore irlandese narra una storia, Il giovane pittore.
Un artista e i suoi dipinti, purtroppo le sue opere sembrano quasi prive di estro.
Il giovane possiede un pianoforte a coda dal quale un giorno, d’improvviso, si diffonde una musica sublime e che quadri escono dai pennelli del pittore con quelle note in sottofondo!
Ma chi sarà mai a suonare?
E che cos’è quella musica?
Il racconto viene pubblicato per la prima volta in questo volume e questo rende certo il libro ancor più attraente e accattivante per gli amanti di Wilde.
La grandezza del talento e le sue molte sfaccettature, Wilde una volta raccontò la vicenda di Narciso invitando i presenti ad ascoltare con gli occhi.
Ascoltare con gli occhi la magia delle parole, l’incanto dell’immaginazione del genio di Oscar Wilde.

Lots of people act well, but very few people talk well, which shows that talking is much the more difficult thing of the two, and much the finer thing also.

 Molte persone agiscono bene, ma sono molto poche quelle che parlano bene, questo ci dimostra che il saper parlare è la cosa più difficile tra le due ed è anche la più sottile.

(Oscar Wilde – The devoted friend)