19 Marzo 1911: il Corso dei Fiori a Nervi

Nel tempo della fiorente primavera tutto sboccia, profuma e rinasce ed ogni occasione è perfetta per lasciarsi incantare dalle dolcezze di questa stagione nuova che lieve avanza.
Ed è 19 Marzo 1911, è domenica e in questa giornata di festa saranno numerosi coloro che prenderanno parte al favoloso Corso dei Fiori di Nervi.
E tutto è organizzato con cura e con amorevole attenzione.

I carri infiorati sfileranno sul Viale delle Palme, naturalmente i prezzi per partecipare varieranno a seconda del mezzo utilizzato e così chi ha una carrozza con un cavallo pagherà 5 Lire, quelli con l’automobile dovranno sborsare 20 Lire.
Attenzione però, il Comitato sarà rigidissimo: non verranno ammessi mezzo non sufficientemente addobbati, bisogna fare le cose per bene!
I primi dieci classificati verranno premiati con splendidi gonfaloni riccamente decorati.
Come si legge su Il Secolo XIX del 18 Marzo nel quale è riportato il programma nei dettagli ricordatevi che è permesso gettare esclusivamente fiori, coriandoli, ninnoli e stelle filanti.

Non mancheranno poi i trattenimenti musicali, la Filamonica Giuseppe Verdi di Nervi e altre bande offriranno un ampio programma che tutti noi seguiremo con entusiasmo.
Naturalmente, siccome si presta attenzione alle esigenze del pubblico, è previsto un numero maggiore di treni e di tram tra Genova e Nervi, quindi non preoccupatevi, sarà facile arrivare a destinazione!
E sarà una giornata magnifica, malgrado il tempo incerto, come poi si potrà leggere sempre sulle pagine del Secolo XIX nella giornata successiva all’evento (questo è il bello dei viaggi nel tempo, si può andare avanti e indietro quanto si vuole!).
E così si apprende che i Signori della Giuria sono stati accolti all’Hotel Eden per una raffinata colazione e che ad aggiudicarsi i primi premi sono stati due carri riccamente addobbati in rosa e in lilla, che incanto!
E allora, amici, cosa aspettiamo?
Un evento indimenticabile ci attende, ci vediamo là, sul Viale delle Palme, in questo luminoso 19 Marzo 1911.

Un angelo per Matilde

Il perenne sonno di Matilde è custodito da un angelo colmo di grazia, è una creatura celeste dai tratti perfetti.
Il viso dolce, le chiome morbide, lo sguardo rivolto verso l’eternità e un fremito nelle ali.
E i nastri e un fiocco a incorniciare la sua figura così scolpita in un tondo.

Di Matilde a noi resta il ricordo inciso sullo lapide.
Matilde e la sua gioventù, aveva poco più di trent’anni.
Matilde e il suo amore, il suo sposo Giuseppe.
Matilde e il suo cuore di tenera madre troppo presto strappata ai suoi piccini.
E il dolore della sua assenza è nella scelta delle parole, nel ricordo che si volle lasciare di lei e del suo tratto di strada nel mondo.

Il cippo di Matilde Fontanarossa è collocato nel Porticato Inferiore a Ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno e fu scolpito da Santo Varni nel 1860.

Un angelo, raccolto in devota preghiera, custodisce la memoria di Matilde e i suoi sogni infranti.

I piccoli pescatori della Foce

Loro sono i piccoli pescatori della Foce, se ne stanno là, davanti all’azzurro, mentre i signori del mare si lbrano sull’acqua salmastra e mentre le vele lente trovano il loro destino.

I piccoli pescatori si tengono saldi sulle loro zampette.

E di tanto in tanto uno di loro vola verso levante e magari su posa sul ramo di qualche albero.

I piccoletti, sulla barca, dondolano al ritmo della vita.

Mentre il cormorano si leva in volo sul mare, oltre la scogliera.

E il piccolo pescatore resta ad osservare, scruta lontano, verso l’orizzonte.

Davanti a questo blu, in un pomeriggio quieto di Genova.

San Pasquale Baylon in adorazione del Santissimo Sacramento

E vi porto ancora con me nella Basilica della Santissima Annunziata del Vastato, una chiesa genovese ricca di raffinate opere d’arte.
Qui, dolcemente lambita dalla luce dorata, trova posto la scultura in legno realizzata da Anton Maria Maragliano tra il 1710 e il 1713 e raffigurante San Pasquale Baylon in adorazione del Santissimo Sacramento.
È un’opera di stupefacente bellezza e di straordinaria armonia per i suoi colori, per il senso del movimento e per la vivacità dell’insieme.

Ecco il Santo con il suo saio, umile resta in preghiera a mani giunte.

E sullo sfondo un panorama rasserenante e poi nubi leggere e davanti a lui gli angeli, con la loro lievità palpitante.

Le ali aperte, gli sguardi fidenti, i manti smossi da lievissimo vento, i ricci a incorniciare i visi perfetti, le creature celesti reggono l’ostensorio davanti al quale San Pasquale rimane in devota adorazione.

Un putto e un sacro testo tra le sue manine.

San Pasquale Baylon è patrono dei cuochi, dei pastori e delle donne nubili e si celebra la sua festività il 17 maggio.
L’estro artistico e il talento di Anton Maria Maragliano ci hanno donato quest’opera intrisa di misticismo nel quale lo rivediamo davanti agli angeli.

E così potete ammirarlo nella nostra Basilica della Santissima Annunziata del Vastato.

Fratello e sorella

Sono due piccoletti ritratti insieme in un giorno lontano dal fotografo Alfred Noack.
Ho immaginato che fossero fratello e sorella e a vederli così vicini, nella foto del ricordo dei giorni d’infanzia, non penso di essere in errore.
Sono due bimbetti, vestiti con cura con abiti all’apparenza piuttosto ricercati e di buon gusto.
Sono due bimbetti di un altro tempo eppure, ad osservarli con attenzione, hanno dei visetti che ci sembra di riconoscere, sono proprio come i loro coetanei della nostra epoca.

L’espressione vivace e curiosa, un mezzo sorriso appena immaginato.
E un fiocchetto e un completo a quadretti.

E le calze bianche, gli stivaletti e i piedi incrociati che forse lui vorrebbe poter dondolare avanti e indietro.

La sorellina, con il suo vestitino chiaro tutto pizzi, tiene una manina sulla gamba di lui, ha i capelli tirati indietro e tenuti fermi da un cerchietto.
E osserva, in questa maniera.
E magari è un po’ timida e magari un po’ sogna, immagina, si perde nelle sue fantasie di bimba.

In un giorno distante, nei caruggi di Genova.
In Vico del Filo, nello studio del fotografo Alfred Noack, fratello e sorella, così vicini, con tutta la vita davanti.

La primavera

And the Spring arose on the garden fair,
Like the Spirit of Love felt everywhere;
And each flower and herb on Earth’s dark breast
Rose from the dreams of its wintry rest.

E la primavera si levò sul bel giardino,
Come lo Spirito dell’Amore sentito ovunque;
E ogni fiore ed erba dal bruno seno della terra
si destò dai sogni del suo riposo invernale.

Percy Bisshe Shelley – The Sensitive Plant

Una cornamusa fa primavera

Una cornamusa fa primavera e il suo suono, udito in lontananza, garantisce la certezza che nei dintorni deve esserci l’amico Elio Ghelli con il suo amato strumento.
E così basta seguire quelle note e quella melodia per trovare l’amico Elio e la sua cornamusa, la sua musica solenne e tradizionale è sempre un’emozione per coloro che la ascoltano.
Una cornamusa fa primavera, in Piazza De Ferrari, a Genova.

L’Oratorio di Nostra Signora del Rosario

È uno dei luoghi di lontana devozione sito nella città vecchia, l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario è un gioiello nascosto incastonato tra le case vetuste di Salita a Santa Maria di Castello e poco distante da questa antica chiesa.
Come si legge nel volume “Gli oratori di Genova” di Paolo Novella edito da Compagnia dei Librai questo luogo di fede divenne sede di una confraternita che aveva la sua origine nella metà del XVI Secolo nella Chiesa di Santa Maria di Castello.
Da principio a questa confraternita si unì la Confraternita delle Anime Purganti e nel 1690 quella intitolata al SS. Nome di Dio e infine, agli inizi dell’Ottocento, si unì anche un’altra Confraternita dedicata a Nostra Signora del Rosario e un tempo avente sede presso il perduto Convento di San Domenico.
La sede della Confraternita è questo locale raccolto e prezioso che negli anni precedenti al 1800 era parte del Monastero di Santa Maria delle Grazie.

Una mattonata, un portoncino verde e oltre quella soglia una devozione tenacemente custodita.

Un altare marmoreo, candelabri dorati, alle pareti quindici dipinti settecenteschi con i misteri del Rosario.

E questa semplice raffinatezza.

Qui si trova un Crocifisso processionale sempre settecentesco e di modeste dimensioni.

Sull’altare è posta la statua in legno raffigurante la Madonna e attribuita al valente scultore Anton Maria Maragliano.

Una grazia radiosa così rischiara il viso di Maria.

Ed è ancora la Madre di Dio ad essere effigiata in un’altra opera presente in questo oratorio: questa è la Madonna del Rosario scolpita nel legno nel 1767 da Giovanni Maragliano, nipote del già citato Anton Maria.
La statua veniva usata nelle processioni e fu restaurata nel 1840 da Paolo Olivari e nel 1880 da Gaetano Graffigna.

E così si coglie questa dolcezza sul viso di Maria.

Angeli giocosi la circondano.

Tra le dita Maria stringe il suo Rosario così come il piccolo Gesù che con l’altra mano regge il mondo sul quale è posta la sua croce.

Ed è un tripudio di angeli a cantare la gloria della Madonna.

A mani giunte, in preghiera.

Là, sul soffitto, le decorazioni ottocentesche opera di Michele Canzio.

Rimane ancora la testimonianza di questa fede antica: le cappe di colore blu dei membri della Confraternita simboleggiano la devozione domenicana alla Madonna del Rosario.

Affissa sul muro vi è poi un’antica e curiosa iscrizione con delle precise prescrizioni.
Infatti, i proprietari della casa dove si trova l’Oratorio sono obbligati a mantenere il tetto dell’Oratorio stesso e a tenere pulito e sgombro di macerie il cortile retrostante.

In un locale attiguo si conserva poi un antico carretto che in epoche difficili e molto lontane veniva utilizzato per il trasporto delle bare.

Nello stesso luogo è anche custodito lo stendardo che è opera di Giuseppe Isola e reca da un lato la bella immagine della Madonna del Rosario, dall’altro lato si può ammirare invece la figura di San Domenico.

Sono queste le molte bellezze dell’Oratorio di Nostra Signora del Rosario che si trova in Salita a Santa Maria di Castello, in questo tratto accanto alla chiesa.

Là, dove agli abitanti di questo edificio è stato lasciato il compito di prendersi cura del tetto dell’Oratorio e del cortile retrostante.

Là, dove questo marmo indica l’esistenza dell’antico Oratorio.

Qui si celebra la messa alle ore 18.00 ogni ultimo sabato del mese, l’oratorio è poi in genere visitabile il venerdì pomeriggio dalle 16.00 alle 17.00.
Il mio particolare ringraziamento va al Signor Roberto Canepa, priore della Confraternita: è stato lui a contattarmi e ad aprirmi le porte di questo gioiello incantevole dei nostri caruggi, è stato lui a svelarmi molti affascinanti misteri di questo luogo così particolare del nostro certo storico.

Anche questo è un prezioso tassello del grande mosaico della storia genovese: è l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario, un luogo vibrante di antiche e sentite devozioni.

Finestre di marzo

E sono finestre di marzo e della città vecchia, finestre racchiuse tra antichi muri di pietra, davanti al mare e davanti al blu.
E così si specchia Palazzo San Giorgio su certi vetri in Via Frate Oliverio.

Sono finestre incantate che divengono specchi meravigliosi.

E custodiscono storie di naviganti, di antichi mercanti e di vicende lontane.

Tende bianche e il riflesso di un lampione a Caricamento.

E una finestra nella finestra, in Piazza della Raibetta.

E ancora bianco e nero della nostra Cattedrale in Via San Lorenzo.

E lassù cose degli ultimi piani e terrazzini e cielo azzurro.

Queste finestre di marzo sanno essere ammalianti e lucenti come laghetti tranquilli.
Così accade, nella nostra Via Balbi.

In Piazzetta San Carlo tendine chiare oltre i vetri e poi una tremula chiave sul muro e una piccola finestrella.

C’è tutto quello che c’è e quello che a volte invece svanisce e c’è tutto ciò che sai vedere e immaginare.
Sotto questa luce, queste sono le finestre di marzo.

Anatre a Boccadasse

E arrivare una mattina di marzo a Boccadasse, è abbastanza presto e tutto è quieto e silenzioso, non c’è quasi nessuno, alcuni mattinieri passeggiano per il borgo sotto il cielo terso e lucente.

E arrivare una mattina a Boccadasse e vedere sguazzare in mare alcune splendide anatre, non mi era mai capitato prima, una circostanza fortunatissima!

Si trattava di certi eleganti germani reali che fluttuavano felici sull’acqua.

Che colori, che sfumature.

E che tinte vivaci nella nostra Boccadasse ancora un po’ assonnata sotto le luci del giorno.

E sassi, cielo azzurro e panni stesi.

E le anatre che con movenze sinuose si allontanavano verso il largo.

In uno romantico annuncio di primavera che mi ha lasciato piacevolmente sorpresa.

E le sole bagnanti, in questa mattina marzolina, erano loro: le anatre.

Una dopo l’altra, via, dietro lo scoglio.

E sull’acqua luccicante di riflessi.

E non mancavano certo i soliti bianchi gabbiani.

E il tempo era dolce, sulla spiaggia di sassi di Boccadasse.

Mentre l’onda lenta accarezzava la riva.

E certe provette nuotatrici si spostavano con eleganza sull’acqua chiara del mare.

Nella cornice incantevole della nostra bella Boccadasse in un giorno di primavera.