Una ragazza di Genova

Lei è vestita di scuro, ha i capelli raccolti in lucidi boccoli, la pelle diafana e si distingue per la grazia impareggiabile di dama aristocratica.
In posa, davanti al talentuoso fotografo Sciutto.

Lei è vestita scuro, porta gioielli preziosi e una pettinatura complicata.
E in questa altra fotografia pare accennare una sorta di espressione indecifrabile, non proprio un sorriso, non proprio una reazione spontanea.
Del resto è una ragazza di un altro tempo ed è giovane, più di quanto a noi potrebbe sembrare.

Lei poi è ritratta anche con un abito a quadretti rifinito di pizzo delicato, un capo più fresco e vezzoso del precedente.
E ha una bella spilla e certi orecchini importanti pendono dai suoi lobi.
È femminile ma austera e si adegua di buon grado ai lunghi tempi di posa all’epoca necessari per le fotografie.

E ha la vita sottile e un grande fiocco sulla schiena.

Così venne ritratta nei giorni della sua giovinezza nello Studio di Gio Batta Sciutto in Via Nuova, all’epoca si chiamava così la nostra Via Garibaldi.
Lei attraversò la strada dei rolli con il suo abito chiaro a quadretti.

E poi voltò lo sguardo, così composta, forse anche perduta nei suoi pensieri.

E poi restò in posa, con la sua leggiadra femminilità in quel giorno distante della sua gioventù.

Tre sorelle in bianco (per non parlar del cane)

Loro sono tre, furono così ritratte in un giorno del passato e della loro giovinezza, scorgo una certa somiglianza tra di loro e così ho immaginato che fossero tre sorelle.
Un candore impalpabile nei loro abiti, aggraziata gentilezza nei gesti e nella posa.
Pensieri vaghi, respiri trattenuti e sorrisi velati di timidezza.

E questa fermezza nello sguardo, sono occhi scuri e grandi i suoi.
Una collana con il ciondolo e una grazia impareggiabile.

Le altre due giovani stringono fiori tra le dita.

E tutte portano vaporosi abiti bianchi e scarpe bianche vezzosamente chiuse con un fiocco setoso.

E i loro cappelli!
Ampi, eleganti e di rara raffinatezza.
Un guizzo negli occhi, le labbra socchiuse, la dolcezza della gioventù.

E una mano sotto il mento, l’espressione saggia e pensierosa, un sorriso garbato e composto, proprio come si conviene.

Il titolo di questo post, come molti di voi avranno certamente già compreso, si ispira scherzosamente ad un capolavoro della letteratura inglese, uno dei miei romanzi preferiti: Tre uomini in barca (per non parlar del cane) di Jerome Klapka Jerome.
Le nostre tre gentili signorine, infatti, non erano sole in questa fotografia.
Insieme a loro c’era anche il loro fido amico a quattro zampe, pure lui candido candido come gli abiti delle giovani donne, sembra un tipo di buon carattere e una buona compagnia per le passeggiate rigeneranti.
E così, da un passato lontano, ho riportato qui questi sguardi: tre sorelle in bianco (per non parlar del cane).

Una giornata felice

Fu una giornata felice, in certi istanti della vita la gioia pulsa in ogni fibra vitale e così furono quei momenti in un luogo e in un anno che non conosco.
Madame e Monsieur hanno attirato la mia attenzione e così ho portato la loro fotografia qui a casa con me.
Lei sorride, ha un bel cappello chiaro e molto elegante, tiene in una mano l’ombrello e ha una camiciola di tessuto pregiato con le maniche a sbuffo.
Monsieur invece sfoggia un bel paio di baffi, porta l’orologio nel taschino e resta memorabile per quel suo gesto plateale e scenografico.
Quanto sa essere dolce la vita, in certi momenti.

È un luogo che non so riconoscere ma così vibrante di vita e di felicità da essere certo una delle mete dei miei viaggi nel tempo.
Riuscite a sentire le voci argentine dei bambini?
Laggiù in fondo è tutto un affollarsi di ragazzetti e ognuno porta il suo brio e la sua vivacità.

E ancora, la signora con la sua garbata disinvoltura, ci appare serena e divertita, in questo tempo favoloso che si riesce solamente ad immaginare.
Alle spalle di lei, all’ombra confortevole degli alberi, ci sono delle persone che chiacchierano amabilmente e sulla destra si nota un gruppetto di bimbette con le loro vestine candide.
E ancora trasprare la semplice bellezza della vita.

È questa una di quelle fotografie che incantano, raccontano e catturano l’attenzione suscitando inevitabili giochi di fantasia.
Era un tempo lontano di una giornata felice.

Ragazze semplici

Sono ragazze semplici, non sono certo abituate a stare in posa davanti a un fotografo.
Sono ragazze semplici, hanno occhi grandi e ingenui, la pelle chiara, gli orecchini piccoli ai lobi, una di loro porta un ciondolino appeso alla catenina, l’altra ha una collana con delle pietre scure.
Le ragazze semplici portano poi un fazzoletto in testa e alcuni riccioli ribelli incorniciano i loro visi.
E sono belle così, senza alcun artificio che guasti la loro naturalezza.
La semplicità è un raro pregio e una ricchezza, la semplicità è spesso anche sinonimo di sincera franchezza.
Non è banale essere semplici: nel parlare, nell’agire, nel comportarsi seguendo una linea retta e una strada illuminata.
Così, semplicemente.
Le ragazze semplici, spesso, hanno anche gusti semplici e magari sogni grandiosi che però non confidano a nessuno altrimenti c’è il timore che non si avverino.
Le ragazze semplici ridono, piangono, hanno progetti e delusioni, fiduciose speranze e felicità nascoste e sanno apprezzare le piccole gioie che la vita riserva.
E restano lì con gli occhi spalancati sui giorni che verranno, ragazze semplici di un tempo lontano.

La bambina con l’ombrellino

La bambina con l’ombrellino aveva un visetto perfetto.
Lineamenti definiti, occhi grandi, pelle diafana e chiara, la piccola imperfezione è soltanto una macchia sulla fotografia.
La bambina con l’ombrellino aveva morbidi capelli castani e una bella treccia a incorniciare il suo visino.

Il suo abito è una delizia così riccamente rifinita con bella passamaneria.
Lei sta in posa, tiene una mano sulla poltroncina e forse trattiene anche un po’ il respiro.
La bambina con l’ombrellino, io credo, sarà poi diventata una donna aggraziata ed elegante, già nei suoi primi anni le fu insegnato quel garbo che già riconosciamo in lei.

Ha la gonna ampia, la sottogonna di pizzo, le calze bianche, gli stivaletti.
E con una mano regge un ombrellino candido ed io mi sono sorpresa a rimirare la punta così vezzosamente particolare di quell’ombrello.
Sarà stato suo o magari era un oggetto di studio? Collezionando queste fotografie ormai “frequento” spesso fanciulle e signorine di quel tempo andato e ho imparato che sovente gli oggetti presenti nei ritratti ottocenteschi appartenevano al fotografo, in questo caso si trattava Giulio Rossi.
E così, magari, un giorno o l’altro mi imbatterò in un’altra Carte de Visite nella quale ritroverò proprio questo ombrellino chiaro di questa bambina.

Lei, in un giorno che non so, si recò nello studio di Rossi e con grazia e pazienza di mise accanto alla poltroncina.
Rimase seria, sbatté le ciglia, un fremito percorse le sue labbra, una fantasia di pensieri le attraversò la mente.
Aveva ancora tutta la vita davanti da vivere e auspico che sia stata felice e prodiga di gioie.
Io l’ho conosciuta così, nel tempo dei suoi pochi anni, quando ancora era la bambina con l’ombrellino.

Un giorno a San Quirico

Era un giorno di una stagione svanita.
A San Quirico, vicino agli alberi, davanti a una raffinata balaustra, nella prospettiva di un tempo diverso.
A San Quirico, un giorno.
Un gentiluomo e una giovane donna.
Lui porta il panciotto, ha un abito di buon taglio, una certa naturale eleganza e ostenta sicurezza, tiene la mano in tasca e pare impegnato in una conversazione della quale non possiamo conoscere i contenuti.
Accanto a lui c’è una giovane donna dall’aspetto composto e ritroso, porta i capelli raccolti con cura, indossa un vestito rifinito con motivi alla moda, ha una grazia garbata che nemmeno le sgualciture della fotografia possono appannare.

E a breve distanza ecco ancora lei.
Alta e slanciata, un busto stretto cinge la sua vita, sembra quasi severa nella sua posa e per lo stile del suo abito: la gonna scura, la camicia in tessuto rigato e appena una frivolezza di decorazione ad aggiungere ancora femminilità.
Lo sguardo perduto verso un punto indefinito, le labbra sottili e quel gesto quasi nervoso della mano.
È una figura ammantata di suggestioni gozzaniane, la sua leggiadra è propria di certi giorni di un secolo nascente.

Vi ho mostrato i protagonisti di una fotografia del passato che ho il privilegio di custodire, appena l’ho veduta ha suscitato la mia interessata curiosità: vorrei conoscere le storie di queste persone ma, in qualche modo, è possibile anche immaginarle.
Ciò che mi ha colpito, in particolare, è la composizione della fotografia: la postura delle persone, gli sguardi, le distanze.
E questa vaghezza imperscrutabile e al tempo stesso incantevole.
Accadde in un giorno lontano, a San Quirico.

Due sorelline

Due sorelline, una accanto all’altra.
Non so dire quante fotografie avessero del tempo della loro infanzia, forse si contavano sulle dita di una mano o forse questo è il solo ritratto di loro due e adesso sono io a custodirlo.
E forse da giovani donne avranno rivolto lo sguardo con emozione verso questa immagine di quel tempo tenero della loro vita.
Due sorelline: la più grande ha un fiocco in testa e anche il suo abito è impreziosito da fiocchi lucidi, la più piccina ha un colletto di pizzo e il motivo si ritrova anche come decorazione della sua gonna.
Due sorelline, sorridono appena, hanno gli occhi grandi, la frangetta e i capelli lisci e sottili.

Una tiene un ventaglio scuro in una mano e l’altra un ombrellino, una ha le scarpette con i bottoncini e l’altra quelle con il fiocco.
Sono due sorelline e rimasero così, nella posa richiesta dal fotografo.

Vicine, in un tempo che ormai è svanito.
Nello studio del bravo Giulio Rossi, accompagnate dai genitori.
Così obbedienti, garbate e dolci.
Due sorelline, in un giorno del passato.

La ragazza con l’abito a quadretti

La ragazza con l’abito a quadretti aveva gli occhi celesti e i lineamenti regolari, portava i capelli raccolti in una semplice pettinatura e orecchini minuti ai lobi.
La ragazza con l’abito a quadretti era così seria, con questa espressione imbronciata, eppure non dobbiamo pensare a lei come ad una fanciulla ombrosa: la ragazza con l’abito a quadretti avrà svelato, in qualche altra diversa circostanza, il suo luminoso sorriso.
Quel giorno, nello studio di Alfred Noack nei caruggi di Genova, così rimase, immobile e graziosa.
Oggi quel suo ritratto fa parte della mia piccola collezione.

La ragazza, come le sue coetanee di quel tempo, aveva quel vitino di vespa certamente dovuto alla consuetudine di indossare il bustino.
E il suo abito era delizia di sfumature differenti con una fila di bottoncini e delle bordature raffinate: da principio ho immaginato che fosse sui toni del verde prato e poi ho invece supposto che potesse essere rosso o quasi amaranto.

La ragazza con l’abito a quadretti aveva la pelle chiara e diafana e reggeva l’immancabile ventaglio, teneva poi le dita della mano sinistra posate ad arte sullo schienale della sedia, chiaramente secondo le indicazioni dello stesso Noack.
Quella sedia era un arredo di studio e compare spesso nei ritratti di Alfred Noack, lo stesso può dirsi a riguardo del grazioso cestino colmo di fiorellini che ho ritrovato diverse volte nelle fotografie in formato carte de visite di giovani donne oppure di bimbette.

Alfred Noack aveva il suo studio in Vico del Filo, un caruggio che collega San Lorenzo e Canneto il Curto e ogni volta che attraverso quella parte di Genova antica mi immagino tutta quella gente che si recava da lui: giovani madri con la loro numerosa prole, azzimati gentiluomini con cravattini lucidi e garbate signorine delle nobili famiglie genovesi.
In un giorno distante, perduto in un passato lontano, un giorno in quello studio fotografico giunse anche lei.
Si sistemò la gonna, trattenne il fiato, puntò lo sguardo verso un punto indefinito e si immerse nei suoi pensieri.
Unica, come ogni persona che attraversa questo mondo, lei era la ragazza con l’abito a quadretti.

12 Luglio 1929: giocando con la rete da pesca

Ancora un frammento d’estate, su una riva che fu scenario di istanti felici.
Acquistai questa fotografia diverso tempo fa, insieme ad altre riferibili alla zona di La Spezia, in questo caso non è specificato il luogo ma soltanto la data: era il 12 Luglio 1929.
E le ragazze erano là e ridevano e giocavano con la rete da pesca, mentre l’acqua fresca lambiva le loro caviglie.

C’è un tempo che ritorna alla mente e riaffiora gioioso e spensierato, identico a se stesso.

E in questo tempo i pescatori hanno la pelle ambrata e le canotte a righe.

Le ragazze si divertono, tutte loro hanno i costumi e le pettinature più in voga, simbolo e stile di un’epoca.

Sono aggraziate, femminili e disinvolte.
E i costumi da bagno, in questo scorcio di inizio secolo, consentono loro maggior libertà di movimento, i pesanti e ingombranti indumenti di lana sono ormai passati di moda e le ragazze se ne stanno alla spiaggia con braccia e gambe scoperte, che magnifica libertà per loro!
Un cinturino in vita, una collana che pende sul petto, l’espressione fatale e un sorriso incantevole.

E il mare d’argento è colmo di pesci.

E il tempo fluisce, inesorabile come l’onda salmastra che frizzante sfiora la pelle.

Rimane la memoria dolce di una fotografia scattata in un giorno felice, su quella riva.
E si scherzava così, con la rete da pesca.
Era un giorno d’estate, era il 12 Luglio 1929.

Cose belle per bambini

È uno dei miei negozi preferiti e si trova nella parte alta di Salita Santa Caterina e ogni volta che passo in questa elegante strada genovese mi fermo sempre ad ammirare i capi esposti e a fotografare la vetrina.
In un giorno d’estate ho pensato così di varcare quella soglia per mostrare anche a voi queste cose davvero belle per i più piccini.
Il negozio ha un nome semplice e perfetto: Bambini Genova.

Ed è un trionfo di colori pastello, sandaletti, tessuti dalle tinte allegre e vivaci.

Chiacchierando con la gentile proprietaria del negozio ho scoperto che la signora sceglie con cura le stoffe per i suoi abiti e i modelli che propone.
Che delizia quegli abitini a fiori, le tutine e le candide camicine!

Questo negozio, a mio parere, si distingue per la bellezza dei capi e per l’assoluto buon gusto.

Ecco i toni del verde menta, le scarpine con il passante, i vestitini a punto smock per piccoline ambiziose: questo stile è intramontabile, non passa mai di moda.

Ecco una tutina a quadretti.

E ancora fiori e altre tonalità di verde e di rosa.

E poi trovate maglioncini, magliettine, tutto ciò che occorre ai più piccini.
C’è anche una gonnellina vaporosa per piccole principesse.

È un negozio semplicemente delizioso come tutte le cose che vende.
Voi sapete che di tanto in tanto scrivo su queste pagine di certi negozi che piacciono a me e così questo non poteva proprio mancare.

Se cercate cose belle per bambini le trovate là, in Salita Santa Caterina.