C’è un luogo, in Val Trebbia, che racchiude mistica e armoniosa bellezza.
Dovrete andare là, lungo la riva del Trebbia, presso il Santuario di Nostra Signora di Montebruno.
Annesso alla chiesa c’è un convento di frati agostiniani, entrambi furono fondati sul finire del ‘400, il convento è stato recentemente restaurato e ora vive una nuova stagione di splendore.
Nel cuore dell’estate il campanile si staglia contro il blu del cielo.
La Val Trebbia è prati, boschi, acque gorgoglianti, aria fresca e notti stellate.
La Val Trebbia è anche la bellezza che non ti aspetti, così si svela, affiora delicata su antichi muri.
Nella quiete silenziosa del chiostro.
E si preannuncia nella sua armonia.
Nella Cappella, un tempo adibita a refettorio, un artista di talento probabilmente vissuto nel ‘500 ha lasciato un’opera a dir poco mirabile che occupa un’intera parete.
Al di là dei vetri gli alberi che circondano la bella chiesa immersa nel verde della valle.
E davanti agli occhi la raffinatezza di questo capolavoro, L’ultima cena.
Misticismo e silenzio, nelle stanze del convento.
E simmetriche armonie in ogni luogo dove si posa lo sguardo.
Sulla parete opposta un episodio della Vita di Sant’Agostino.
La bellezza che non ti aspetti è nella semplicità, in quei gradini consunti e calpestati da centinaia di passi di umili e devoti frati.
Ed è nei chiaroscuri, nelle grate, nella reale sensazione di poter udire un rosario recitato con sentita devozione.
In queste stanze, in questo convento.
E c’è la traccia di uomo e della sua vita.
Il suo nome è Stefano Marino, ha predisposto un ricco lascito e chiede che venga celebrata una messa ogni giorno, per la salvezza della sua anima, di quella di sua moglie Selvagia e dei suoi cari.
Tempi bui, tempi difficili e di fede ardente: le speranze di Stefano risalgono al lontano 1639.
E ancora altra bellezza da scoprire, è racchiusa nella bella Sala Capitolare, se la visiterete resterete a lungo ad ammirare il soffitto.
Ai piedi della Croce di Cristo una data: 1616, gli affreschi risalgono a quell’anno.
L’incanto mistico del Convento è nei gesti devoti e semplici, nella ritualità della fede.
Tutto attorno, figure di Santi.
E sono mani giunte sul petto e aureole dalla luce dorata.
Sono volti segnati dallo scorrere degli anni, libri sacri e saggezza antica.
Sono i visi e gli sguardi della fede.
Qui, in un convento dalla lunga storia, nella pace della Val Trebbia.
Accompagnano la Madre di Dio e le sue preghiere.
Dove la luce proietta le arcate del chiostro in un perfetto gioco di ombre.
Sotto quel cielo turchese che da molti secoli sovrasta il Convento di Montebruno.