Un genovese in America: il re della farinata

Questa è la storia di un uomo che fece fortuna in terre lontane e il suo ricordo ci è stato tramandato da un attento giornalista che scrisse la sua vicenda su Il Lavoro del 20 Dicembre 1928.
Sono passati quasi 90 anni e torniamo a quell’epoca, entriamo in un ristorante di Genova dove troviamo il nostro giornalista in compagnia di 3 persone: sono genovesi DOC, lo si capisce da come parlano in dialetto.
Uno della brigata è molto celebre: si tratta del cantante Mario Cappello, una vera icona della genovesità.
Si chiacchiera amabilmente ed è proprio Cappello a fare le presentazioni: il giornalista sa che uno dei commensali è il famoso re della farinata di Buenos Aires?
Stupore e costernazione, chi se lo sarebbe mai aspettato!
Un italiano di Argentina partito in cerca di miglior sorte, un genovese ritornato a casa sul filo della nostalgia.
Del resto anche il terzo della compagnia viene da quella città, vive là da ben 48 anni ma appena può se ne torna nella Superba a respirare aria di casa.
Il re della farinata è apprezzatissimo in quel Buenos Aires: là tutti lo chiamano Santiago ma in realtà il suo nome è Sangiacomo.

E così il cantante Mario Cappello racconta come si sono conosciuti.
Accadde durante una tournée in Argentina, Cappello narra di essersene andato a fare un giro per le strade di Buenos Aires quando ad un tratto ad attirarlo fu un profumo delizioso.
E mentre stava leggendo l’insegna del negozio sentì un uomo rivolgersi a lui con queste parole:
– Scià intre: son zeneize mi ascì!
E la frase significa: entri, sono genovese anch’io!
L’artista non se lo fece dire due volte e apprezzò talmente quella farinata tanto da dire che gli era parso di essere dalla Bedin in Piazza Ponticello!

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Ma com’era il negozio del re della farinata nella lontana Buenos Aires?
Intanto si trovava in pieno centro, in Piazza del Congresso.
E si trattava appena di una saletta senza posti a sedere, per carità!
E sapete che c’era sempre la coda? Un flusso interminabile di gente si metteva pazientemente in fila per acquistare una gustosa porzione di farinata da mangiare in piedi oppure da portare a casa.
E tra i clienti c’erano gentiluomini e signore eleganti: arrivavano in automobile, scendevano e come tutti si mettevano in coda da Santiago.
Una cosa che a Genova non poteva certo capitare, in quegli anni quelli della buona società non andavano mica a comprare la farinata in Ponticello!
Santiago aveva clienti illustri, da lui si servivano artisti e politici.
E lui parlava a tutti rigorosamente in genovese e diceva che comunque lo capivano tutti.
E sapete cosa capitava? Qualche argentino lo ripagava con la stessa moneta e prima di andarsene lo salutava così: adios, gringo.
E il nostro ci rideva su sostenendo che quello era un termine per loro affettuoso come per noi lo è la parola foresto, veniva detto per scherzo e tenendo presente che gli italiani che andavano in Argentina trovavano davvero l’America.
A quanto pare poi la nostra cucina laggiù era apprezzatissima, così scrive il giornalista.
Sembra strano, prosegue l’autore, vi sembra possibile far fortuna a Buenos Aires servendo solo della farinata e in un locale senza posti a sedere?
Eccome!
Il nostro Sangiacomo se la passava bene e gli affari andavano alla grande tanto che se ne era venuto a Genova proprio per assumere un aiuto e chissà che altro sarà capitato negli anni a seguire.
Il racconto termina qui, il lungo e interessante articolo offre il ritratto di un genovese andato in America in cerca di una vita migliore.
E certo, mentre scrivevo di lui mi è venuta in mente una canzone che tutti conoscete, la più famosa di Mario Cappello, il celebre cantante che portò all’onore delle cronache un genovese di Argentina.
In ricordo di Sangiacomo, detto Santiago, il re della farinata di Buenos Aires.

Una bottega in Piazza Ponticello

Te la racconto io la mia storia perché questa è la mia famiglia.
Quel giorno è venuto il fotografo in Ponticello, in quella piazza i miei genitori hanno la loro bottega.

Piazza Ponticello

A casa tutti mi chiamano Checchin ma il mio vero nome è Francesco.
Io lassù ci volevo proprio salire, mi hanno fatto indossare l’abito buono, mi hanno messo il basco sulla testa, poi babbino mi ha preso in braccio e mi ha fatto sedere lì.
Non sarei più sceso, l’ho detto alla mamma!

Piazza Ponticello (2)

E c’erano i miei fratelli Berto e Vincenzo, sul fondo vedete Gioacchino, il garzone di bottega.
Con loro mia nonna Serafina, la nonna non sa leggere e scrivere, mi ricorda sempre che io sono un bambino fortunato, quando era giovane lei la vita era assai più difficile.
La nonna è molto religiosa, ogni mattina va a pregare nella chiesa dei Servi, si inginocchia davanti all’altare e ripete l’Ave Maria e il Padre Nostro.
Piano piano, come fa ogni sera prima di addormentarsi.

Piazza Ponticello (3)

La nonna ha un cruccio per la sua prima figlia: la zia Colomba non si è mai sposata ma tanti anni fa aveva un galante, era uno che andava per mare e alla nonna non piaceva per niente.
Un brutto giorno lui partì per Napoli e non tornò più, quanto ha pianto la zia Colomba!
E a volte mi sembra che la zia sia rimasta malinconica, anche nella fotografia sembra quasi triste.
Accanto a lei c’è mia mamma Adele, la mamma ha sempre un bel sorriso che le illumina il volto.
E la bimba seduta sul maialino è invece  la mia sorellina Desiderata.

Piazza Ponticello (4)

Mio padre si chiama Agostino, lui mi ha insegnato che nella vita contano poche cose: l’onestà, la modestia, la pazienza e il buon cuore.
E si deve essere timorati di Dio e ricordarsi sempre dei poveri e di tutti quelli che hanno meno di te.
Il mio babbino non lo vuol far sapere ma lui aiuta sempre la Scià Luigia, quella vecchia che chiede la carità in Vico Berrettieri.
La mia è una famiglia di lavoratori e tutti si spaccano la schiena per mettere il pane sulla tavola.

Piazza Ponticello (4a)

Il nostro negozio è proprio in Ponticello, lì accanto c’è la Bedin con le sue farinate, io ogni tanto vado là, corro dietro al bancone e mi regalano anche le fregugge.

Piazza Ponticello (6)

È bella la nostra bottega, tutti vengono a comprare da noi.

Piazza Ponticello (7)

E ci lavora anche lo zio Bartolomeo, lui è bravo a tagliare la carne.
La signora vicino a lui è la besagnina Geronima, ha voluto esserci anche lei nella fotografia, era molto emozionata quel giorno.

Piazza Ponticello (8)

Sopra il nostro negozio c’è un crocifisso, Lui ci protegge tutti, la nonna dice che è stato proprio Gesù a salvarmi da quella febbre che l’anno scorso per poco non mi portava via.

Piazza Ponticello (9)

Lui è mio fratello Pietro, era fiero di tenere quel coltello tra le mani.
Accanto c’è mia sorella Filomena, lei è una ragazza timida e taciturna, ama fare i pizzi e ricamare.
Vorrebbe diventare cucitrice ma la mamma dice che qui nella bottega c’è bisogno del lavoro di tutti, Filomena è una che sogna ad occhi aperti e con i sogni non ci si riempie la pancia, così dice sempre la mamma.

Piazza Ponticello (10)

Questa è la mia famiglia.
Il mio babbino è fiero della sua bottega, siamo nati tutti qui, in Ponticello, nel centro di Genova.
Il mio mondo è dove sono la mia casa e la mia famiglia, gente semplice e onesta.
La mamma mi ha detto che questo giorno lo ricorderò per sempre, anche quando sarò grande.
E nel pronunciare queste parole mi ha messo la mano sul petto e mi ha detto:
– Tienilo qui, in un angolo del cuore.

Piazza Ponticello (3)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Le immagini che avete veduto appartengono ad un amico, sono tratte da una delle sue antiche fotografie, lui le colleziona e le custodisce salvandole dall’oblio, lo ringrazio per avermela inviata.
Le persone ritratte in questa scatto avevano vite che si possono solo immaginare, così ho inventato i loro nomi, le storie e le emozioni.
E so bene che un bambino di un altro secolo userebbe un linguaggio differente dal mio, io ho solo cercato di guardare il suo piccolo universo con i suoi occhi.
Io non ho mai usato il termine “babbino”: ho lettere e cartoline di mio nonno indirizzate a suo figlio che era mio padre e mio nonno in quelle missive si firmava così.
Le strade e i luoghi citati non esistono più, sono scomparsi per lasciar posto ad una nuova città.
La bottega si trovava all’angolo di Piazza Ponticello, osservate la cartolina che segue: nella parte destra, sul fondo, c’è un edificio ad angolo e sul muro accanto alla finestra del primo piano si nota il crocifisso parzialmente immortalato anche dal nostro fotografo.
La strada in ombra che parte da Piazza Ponticello si chiamava Via Rivotorbido, là si trovava la celebre Bedin famosa per le sue farinate, questo negozio in seguito ebbe altre collocazioni.

Piazza Ponticello (12)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Un giorno il fotografo Persico andò in questa zona viva e popolosa e ritrasse questa famiglia davanti alla porta del negozio.
E c’era una piccina, per noi è una vera stranezza ma l’hanno messa seduta proprio sul maialino.
E c’era un bambino e forse davvero si chiamava Checchin, mi piace crederlo.
Non conosco nulla di tutti loro, ho solo una incrollabile certezza: ognuno di loro ha conservato la memoria di questo istante, per sempre, in un angolo del cuore.

Piazza Ponticello (11)

Uno spuntino in Corso Paganini

Su queste pagine scrivo sempre volentieri dei negozi che piacciono a me e oggi sentirete l’invitante fragranza delle cose buone di Genova.
Se abitate in Circonvallazione a Monte certo conoscerete questo posto ma anche per i visitatori si tratta di un indirizzo prezioso, da turisti una visita in Spianata Castelletto è quasi d’obbligo, da lassù si ammirano i tetti della Suberba.
A poca distanza, in Corso Paganini, ecco Lo Spuntino di Castelletto, meta perfetta per un’ottima merenda.

Lo Spuntino (2)

Delizie assortite per tutti i gusti, questo negozio di gastronomia fa parte del quartiere dalla metà degli anni ’80.

Lo Spuntino (3)

A dire il vero è rarissimo trovarlo vuoto, mentre aspettavo la farinata ho colto l’occasione per scattare qualche fotografia per voi.

Lo Spuntino (4)

Allo Spuntino, gradita consuetudine degli abitanti di questa zona.

Lo Spuntino (4a)

Gli orari sono questi e rappresentano un’ancora di salvezza per coloro che dopo il lavoro non hanno voglia di mettersi ai fornelli, il venerdì e il sabato trovate il negozio aperto più a lungo.

Lo Spuntino (5)

Uno sguardo alla vetrina: è un tripudio di torte salate dalla sfoglia impalpabile.

Lo Spuntino (7)

Qui si compra il pane, la pasta fresca e poi siamo a Genova, vuoi che manchi la focaccia?

Lo Spuntino (8)

E le focaccine? Certo, anche alla salvia!

Lo Spuntino (9)

E naturalmente c’è la focaccia con la cipolla oltre a tantissimi tipi di ottima pizza al taglio.

Lo Spuntino (10)

Lo Spuntino (16)

E poi le crostatine per una dolce merenda.

Lo Spuntino (11)

E una semplice bontà tipicamente ligure, il sublime castagnaccio disseminato di pinoli.

Lo Spuntino (12)

E tante, tantissime delizie caratteristiche di questa città, perfette per l’aperitivo o per una cenetta gustosa, ecco le frittelle di baccalà e la panissa fritta.

Lo Spuntino (13)

Lo Spuntino (14)

E non vorrai mica che manchino i frisceu? Figuriamoci!

Lo Spuntino (15)

Ancora le torte salate, difficile trovare le parole per descrivere la bellezza di una teglia con la torta di carciofi.

Lo Spuntino (17)

Se capitate a Castelletto tenete presente lo Spuntino di Corso Paganini, sono sicura che lo apprezzerete.
E siamo in Liguria, accanto alla pizzata trovate la focaccia al formaggio.

Lo Spuntino (18)

E finalmente dal forno, calda e fumante, è uscita la teglia con la farinata, parte di essa era con le cipolline.
Lo so, a volte le immagini parlano da sole, sarete d’accordo con me.
Buon appetito con le cose buone di Genova!

Lo Spuntino (19)

Farinata dei Teatri

In Piazza Marsala c’è un piccolo locale molto noto in questa città, la sua è una lunga storia di famiglia iniziata diverso tempo fa, la famiglia Vaccari serve la farinata ai genovesi dal lontano 1861.
E così se volete gustare alcuni piatti tipici della cucina ligure non potete perdere questo storico locale, il suo nome è Farinata dei Teatri.

La Farinata dei Teatri (3)

Qualche gradino da scendere, il pavimento antico, il bancone.
Tutto come in altri tempi, tra queste mura vennero i nostri nonni, qui vennero i patrioti, la proprietaria mi ha detto che tra i clienti illustri si annovera persino Giuseppe Garibaldi.

La Farinata dei Teatri (5)

Qui vi verranno servite le delizie della cucina genovese, la sublime farinata, la panissa, i friscieu, una varietà di torte di verdure per le quali si utilizza la prescinsêua, la tipica quagliata ligure.

La Farinata dei Teatri (7)

E’  davvero un locale caratteristico, piccolo e raccolto, questa è la sua bellezza e il suo fascino.

La Farinata dei Teatri (9)

E la loro specialità è un piatto che ha una storia antica: la farinata, un tempo detta scripillita, è una tradizione genovese dal lontano 1400.
Pochi semplici ingredienti, farina di ceci, acqua, sale e olio d’oliva.
E poi una grande teglia e voilà, eccola qua, questa è una delle delizie della nostra cucina.

La Farinata dei Teatri (11)

E poi le teglie con la torta di riso appena sfornata.

La Farinata dei Teatri (4)

E le torte di cipolle, di bietole e di carciofi, una meraviglia per gli occhi!

La Farinata dei Teatri (2)

E intanto davanti al forno a legna si lavora alacremente.

La Farinata dei Teatri (19)

Lassù, sui ripiani, ci sono certi capienti pentoloni!

La Farinata dei Teatri (20)

E dal forno esce ancora una teglia immensa, con una torta buonissima e profumata.

La Farinata dei Teatri (6)

A poca distanza da qui ci sono alcuni dei più importanti teatri di Genova, l’accogliente Farinata dei Teatri è la meta prediletta degli attori e degli artisti.
E alle pareti ci sono le fotografie di alcuni di loro, felici e soddisfatti, in compagnia della proprietaria.
E tra gli altri ho i visto i visi sorridenti di Massimo Ghini, Tullio Solenghi e Paolo Rossi.

La Farinata dei Teatri (16)

E laggiù, sul muro, c’è il ritratto di un celebre genovese che veniva spesso qui, è il volto inconfondibile di Fabrizio De André.

La Farinata dei Teatri (13)

Una lavagnetta con le specialità del giorno e gli orari del locale.

La Farinata dei Teatri (8)

Ma cosa c’è sul tavolo?
E’ baccalà fritto e fumante, pronto per essere servito.

La Farinata dei Teatri (15)

Verrà riposto sulla carta.
Ecco, non era ancora ora di pranzo ma solo a vederlo mi è venuta fame!

La Farinata dei Teatri (17)

La vetrina a poco a poco si riempie, tutto è pronto per attirare l’attenzione degli avventori!
Lo conoscono tutti questo locale, mentre ero lì sono entrate diverse persone.
Una signora di una certa età è venuta a prendere la farinata, un giovane uomo ha comprato due porzioni di torta di verdura, sono usciti felici con il loro prezioso bottino tra le mani!

La Farinata dei Teatri (10)

E non mancano le pere cotte con il vino e la cannella, i gusti semplici delle cose buone.

La Farinata dei Teatri (18)

I sapori di una città, i suoi profumi, i suoi piatti tipici.
E lassù, sopra un ripiano, i misuratori dell’olio, un’antica grattugia e un bel mortaio di marmo.

La Farinata dei Teatri (14)

Tante cose parlano di Genova in questo locale così caratteristico, dovremmo avere un occhio di riguardo per posti come questo che ci legano al nostro passato, a ciò che siamo stati e a ciò che ancora siamo.
La famiglia Vaccari porta orgogliosamente avanti le antiche tradizioni, così si tutela un’eredità davvero preziosa.
E come nel 1861, possiamo ancora gustare la nostra fetta di farinata in Piazza Marsala.

La Farinata dei Teatri

Sa’ Pesta

Un intrico di caruggi a due passi dal mare, a poca distanza dall’Acquario, meta prediletta dei turisti che visitano Genova.
Se venite da fuori e siete poco esperti della zona, chiedete informazioni, da Piazza San Giorgio fatevi indicare Via dei Giustiniani, non è molta la strada che dovrete percorrere.

Sa’ Pesta vi si presenterà così, con queste due belle vetrine ad angolo.
Il nome di questa trattoria, in genovese, significa sale pestato. Ai tempi della Repubblica di Genova, il sale era una delle maggiori risorse economiche della città, c’erano luoghi, come questo, nei quali il sale, una volta pestato nel mortaio, veniva rivenduto al minuto.

L’ambiente è caratteristico, c’è un grande bancone, piastrelle bianche, le teglie di rame appese al muro.

Farinate, torte di verdura, panissa, frisceu e ripieni.
Cosa c’è di più sfizioso per ritemprarsi dalle fatiche di una giornata?

Oh, ma io ho dato per scontato che tutti sappiate in cosa consistano i piatti che qui vengono serviti! Sarà così? Per chi non lo sapesse, ecco un breve tour gastronomico tra le delizie genovesi.
I friscieu sono frittelle di verdura, croccanti e sfiziose, a base di lattuga, di bietola e di boragine.
Le torte di verdure sono uno dei piatti più tipici della tradizione ligure, si possono trovare a base di zucca, di carciofi, di cipolle, di porri o di bietole.
La farina di ceci, invece, è l’ingrediente primario della panissa.
La ricetta è semplice, per cui ve la riporto.
275 g di farina di ceci, 1 litro d’acqua, 1 limone, sale, pepe e olio extravergine di oliva.
Si prepara una sorta di pastella, mescolando l’acqua la farina e il sale, e la si lascia riposare almeno due ore. Si rimette sul fuoco e la si fa cuocere ancora un’ora, sempre mescolando, quindi la si serve calda, con olio, un pizzico di sale, il pepe e una spruzzata di limone.
Come vedete è un piatto povero, ma assai gustoso. Ed è semplice da cucinare, anche se in effetti ci vuole un po’ di tempo.
E poi, se siete proprio golosi, la panissa potete anche friggerla, fate delle striscioline e gettatela nell’olio bollente. Gioia e felicità!
Se non avete tempo da dedicare alla cucina, venite da Sa’ Pesta e accomodatevi al tavolo di legno, prendete posto sotto le volte, in questo locale davvero antico e speciale.

E poi se vi guardate intorno, alcuni particolari vi ricorderanno che siete nel cuore di una città che un tempo fu Repubblica Marinara; gozzi, galee e barche ci rappresentano sempre.

Ed è ancora la farina di ceci l’ingrediente principe della uno dei piatti più deliziosi che potrete gustare da Sa’ Pesta.
La farinata non ha bisogno di presentazioni, è nota ed è apprezzata ovunque.
Ci sono anche alcune varianti, ad esempio si può cospargerla di cipolline tagliate sottili o di fettine di carciofo.
Ed è dal 1400 che a Genova la mangiamo, a quei tempi la si chiamava scripillita.
Farina di ceci, acqua, sale e olio d’oliva, niente di più.
E qui, da Sa’ Pesta la farinata è regina indiscussa.
Sottile, unta, gustosa, il trionfo della semplicità e del gusto, una delizia per il palato, una bellezza per gli occhi.