Chiesa del Gesù: la Cappella della Vergine Assunta

È una delle chiese più ricche ed è situata nella centrale Piazza Matteotti: la Chiesa dei Santi Ambrogio e Andrea anche nota come Chiesa del Gesù è davvero uno dei gioielli di Genova e di alcune sue meraviglie ho già avuto modo di scrivere in questo articolo.
Percorrendo la navata destra soffermatevi davanti alla terza cappella che ebbe il patrocinio della famiglia Durazzo: qui potrete ammirare l’Assunzione della Vergine di Guido Reni, opera risalente al 1617.

Nella sua Guida Illustrativa del Cittadino e del Forastiero per la città di Genova e sue adiacenze del 1875 lo storico Federico Alizeri definisce l’opera di Guido Reni eccellentissima e spiega che è così sita sull’altare e ai due lati si trovano le statue di San Giuseppe e di David, entrambe sono opera della scuola dei Carlone.

Magnificenti angeli sovrastano il dipinto.

Per raccontarvi in qualche modo la splendida tela di Guido Reni ricorrerò ad una guida d’eccezione e sfoglierò con voi il volume Descrizione della Città di Genova da un anonimo del 1818 edito da Sagep nel 1974.
L’anonimo visitatore, con cura e precisione, narra le bellezze di Genova e a lungo si sofferma sulla Chiesa del Gesù dedicando alcune righe a questo dipinto che egli definisce uno dei più bei quadri dell’Italia.
Vi si ammirano, egli scrive, 26 figure e tra esse ci sono i 12 apostoli.
Sempre seguendo le indicazioni dell’anonimo ecco lo stupore e la meraviglia di San Pietro a braccia spalancate verso il cielo.

A terra un rotolo di carta, libri e chiavi, c’è da perdersi ad ammirare certi dettagli di questo quadro definito sempre dall’anonimo di grande e difficile esecuzione.

L’anonimo riferisce poi che vi si notano anche San Giacomo e San Giovanni in colloquio sopra il miracolo avvenuto.
E davvero pare di udire parole appena sussurrate e preghiere di mistico stupore.

Nel candore e nella sua assoluta lievità, tra nuvole leggere si staglia la Vergine Maria nell’istante dell’Assunzione al cielo: le braccia incrociate sul petto, lo sguardo saldo e fidente, la grazia impareggiabile della sua figura.

Tutto attorno piccoli angeli deliziosi e frementi accompagnano la Vergine.

In questa dolce e armoniosa bellezza.

Nella volta del soffitto poi si ammira l’affresco con la Santissima Trinità e la Vergine incoronata opera di Giovanni Carlone.

Tutto è ammantato da una sublime leggiadria e certo le mie semplici fotografie non possono restituire appieno cotanta perfezione.
Se vorrete coglierla con il vostro sguardo recatevi nella Chiesa del Gesù e potrete così ammirare l’Assunzione della Vergine di Guido Reni.

Con il bidone del latte in Piazza Umberto I

Vi porto ancora a ritroso nel tempo, nella cornice di una cartolina del passato che fu spedita da Genova a Camogli nel 1904.
Questo tempo, così straordinariamente diverso, più lento e più faticoso del nostro, ritorna con la sua vita che riempiva le strade cittadine, in un pullulare di uomini e donne, ognuno di essi segue la propria meta, è un percorso della quotidianità in Piazza Umberto I.

Nella prospettiva di Via San Lorenzo si scorge un chiosco, una signora con l’abito scuro incede lentamente, immersa nei suoi pensieri, mentre un uomo procede verso la Cattedrale.

La protagonista di questa storia è la figuretta femminile che si staglia in primo piano: lei è una bella ragazza alta, energica e dal carattere volitivo.
Forse abita nei dintorni, forse è la giovane mamma di uno stuolo di piccoletti, forse proviene da qualche località dell’entroterra, forse si chiama Maria o magari Amalia o Giulietta.
Come una regina lei attraversa Piazza Umberto I, con un braccio regge una cesta ricoperta da una tovaglietta a quadri certamente colma di ogni delizia, di pane fragrante e di formaggio saporito.
Porta con sé anche un ingombrante bidone del latte e immagino che una volta pieno sia stato parecchio pesante ma lei non pare davvero curarsene.

Il suo bidone del latte è molto simile al mio, io lo comprai anni fa ad un mercatino e lo tengo in cucina in bella mostra.
È un oggetto vissuto, certo in qualche epoca distante venne stretto dalle mani salde di qualche fanciulla.

Lei, la ragazza di Piazza Umberto I, è uno dei magnifici misteri che vorrei saper svelare.
Ha un nastro blu che tiene da conto in un cassetto, uno scialle scuro per quando va a messa, un piccolo crocifisso che porta sempre al collo, una camicia di sangallo che è la sua preferita.
E potrei continuare ancora e ancora, questa giovane donna da sola è già un romanzo tutto da leggere.

La sua figura aggraziata è svanita dall’orizzonte di Piazza Umberto I, ai giorni nostri poi il toponimo è mutato e questa per noi è Piazza Matteotti.

Tutto cambia ma in qualche maniera, a volte, tutto resta identico e fedele a se stesso.
E magari un giorno, passando in Piazza Matteotti, guardandovi attorno vi potrebbe sembrare di vedere certe signore con le gonne lunghe scure e poi lei, con la sua indaffarata giovinezza.
Cammina svelta, sorride, ripensa a tutte le sue incombenze quotidiane mentre con grazia attraversa Piazza Umberto I con il bidone del latte.

La Madonna della Strada nella Chiesa del Gesù

Vi porto ancora con me nella luminosa Chiesa del Gesù sita in Piazza Matteotti, ritorno spesso ad ammirare le sue molte bellezze e di alcune di esse scrissi in questo articolo.
Ampia e magnificente, la Chiesa del Gesù di Genova racchiude diverse opere d’arte di grande pregio, non a caso capita di frequente di trovare persone che si soffermano ad ammirarle.

E là, tra quelle mura, un certo dipinto ha colpito la mia attenzione, mi ha affascinata per la sua radiosa semplicità e poi quel titolo così particolare attribuito a Maria ha davvero suscitato la mia curiosità.
Rischiarata da luci che rappresentano speranze e devozioni questa è la Madonna della Strada.

Ho reperito facilmente le informazioni che cercavo, sono stampate a tergo dell’immaginetta che ho trovato proprio in Chiesa e così un semplice cartoncino devozionale mi ha svelato una bella storia a me sconosciuta.
Il titolo di Madonna della Strada risale a epoche lontane e indica l’aiuto che Maria porge ai fedeli: lei mostra la strada e li accompagna verso Gesù, inoltre è guida nel cammino degli esercizi spirituali e sulla via della missione al servizio dei più poveri e sfortunati.
Un antico e prezioso affresco della Madonna della Strada si trova nella Chiesa del Gesù di Roma, l’opera risale al XIII o XIV secolo e sembra che fosse molto amata da Sant’Ignazio di Loyola che fu il fondatore della Compagnia di Gesù.

E veniamo alla nostra chiesa genovese, per spiegare la presenza di questo quadro bisogna andare indietro nel tempo fino al 1908.
In quell’anno, infatti, i devoti gesuiti della provincia di Torino commissionarono al pittore Pio Bottoni un dipinto che fosse la copia esatta di quello conservato a Roma.
Il quadro fu dapprima sistemato nel noviziato dei Gesuiti di Cuneo, poi in quello di Avigliana, poi a San Mauro Torinese e giunse infine alla sua ultima destinazione: la Chiesa del Gesù di Genova.
Come ho detto, l’immagine qui rappresentata è la copia di quella che si venerava nella capitale.
In anni recenti l’antico affresco che fu di ispirazione per il quadro genovese e che è conservato nella Chiesa del Gesù di Roma è stato sottoposto ad un accurato e minuzioso restauro durante il quale è emerso l’antico dipinto, con pazienza certosina sono state rimosse tutte le decorazioni apposte nel corso dei secoli alle figure di Maria e di Gesù Bambino.
E così se cercherete un’immagine dell’originale Madonna della Strada di Roma dopo l’avvenuto restauro essa risulterà molto diversa da quella che abbiamo a Genova.
Nella Superba c’è la copia della Madonna della Strada nota nel 1908, il dipinto conservato nella Chiesa del Gesù di Genova restituisce agli sguardi quell’immagine di Maria per molti secoli venerata dai gesuiti e dai fedeli.
Lei resta, così rasserenante, tra i giochi di luci e di ombre e tra questi contrasti di colore, nella nostra ricca Chiesa del Gesù.
La Sua festività è il 24 Maggio, in quel giorno si celebra la Madonna della Strada.

Le meraviglie della Chiesa del Gesù

“Da Piazza Nuova entrando nella strada de’ Sellari, che rimane sotto il braccio orientale del pubblico palazzo, entrasi alla chiesa di Sant’Ambrogio. Questo vago, ricco e magnifico tempio ha una facciata in pietra con pilastri… Tre porte di marmi adorne danno ingresso a tre navi. Sopra quella di mezzo è un’iscrizione che annunzia la riedificazione della Chiesa nel 1589 per opera dei Signori Marchesi Pallavicini.”

Così narra di questa celebre chiesa genovese lo sconosciuto autore di un magnifico libro edito da Sagep nel 1974 e intitolato Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818.
Le strade hanno mutato nome, la citata Piazza Nuova è la nostra Piazza Matteotti sulla quale ancora si affaccia la splendida e ricca Chiesa del Gesù e dei Santi Ambrogio e Andrea.

Autentico capolavoro barocco, la Chiesa del Gesù racchiude opere di valenti artisti tra i quali Pieter Paul Rubens, Giovanni Andrea de Ferrari, Guido Reni, Domenico Piola, Domenico Fiasella, Simon Vouet e Bernardo Castello.
Ritorno sempre volentieri in questa chiesa, quando sono in centro mi capita spesso di entrare e di mettermi seduta, sovente mi è capitato di trovarci un ragazzo che suona l’organo ed è ancora più suggestivo ammirare certe meraviglie con un sottofondo di note.

E nell’invitarvi a visitare questa chiesa soffermandovi sulle opere dei citati artisti con questo mio racconto vorrei esortarvi ad alzare gli occhi verso l’alto, lassù c’è l’autentica bellezza e non è soltanto nei gesti di questi angeli scolpiti nel marmo.

Guardate la cupola, con i suoi colori vividi e vivaci, cielo e paradiso sono lassù e sono in questa straordinaria armonia di sfumature.

E poi giochi di luce e di ombre, sfumature di oro e gesti carichi di misticismo.

E là, nella chiesa del Gesù, dovrete guardare con maggiore attenzione, lassù, sui soffitti delle navate potrete infatti scorgere certi dettagli davvero particolari, la prima volta che li ho notati sono rimasta stupefatta.
Sono angeli e cherubini o figure diverse che appaiono staccate dallo sfondo come se fossero cartelami e cioè sagome delle quali si distinguono distintamente i contorni.
Questo stratagemma stilistico, se così si può dire, crea un gioco straordinario di proporzioni.

Osservate la grande croce così sorretta dalle molte figure celesti, in questa magnifica prospettiva.

Osservate l’angelo e notate il lembo del suo manto bianco che pare cadere sugli ori della decorazione e osservate la sua ala palpitante.

È una continua meraviglia di movimenti, sguardi e armonie.

Sono giochi di contrasti e di luci, questo è lo stupore autentico che suscita la vera bellezza, ogni volta poi per me è un continuo ricercare una nuova maniera di guardare perché, anche se a volte sembriamo dimenticarlo, siamo capaci di osservare anche con occhi diversi.

Sono sontuose e movimentate queste decorazioni, mi lascia sempre meravigliata notarle così distaccate dallo sfondo, è il tocco geniale di abili artisti e merita che lo ammiriate con i vostri occhi.

Ed è per me un magnifico privilegio poter ritornare ancora in questa chiesa e alzare lo sguardo verso questa grandiosa bellezza che qualcuno ha saputo immaginare per regalarla anche noi che apparteniamo a un tempo diverso.

Tra le statue, i marmi e i pregiati dipinti che arricchiscono questa antica chiesa genovese.

Là, dove la luce filtra e sfiora le figure che si librano sui soffitti della Chiesa del Gesù.

Gente di Piazza Umberto I

Scorre la vita, nel ritmo lento del tempo passato, mentre la gente di Genova attraversa Piazza Umberto I, zona centrale della città che verrà in seguito dedicata a Giacomo Matteotti.
È un giorno qualunque e così passa per coloro che vengono da Ravecca o da Portoria, districandosi nel dedalo di caruggi si ritrovano poi qui, a pochi passi dal Palazzo Ducale e dalla cattedrale.
Sono vite in ogni caso più complicate delle nostre, il progresso ci ha donato agi e comodità che a volte sembriamo dimenticare, li diamo quasi per scontati.
E là, in Piazza Umberto I, c’è un piccolo mondo, ognuno ha la propria storia e la propria fatica.
Sono lavoratori, affabili massaie, gente del porto e madri di famiglia.
Un ragazzino passa con una cesta sotto il braccio, due uomini di affari conversano amabilmente, cigolano le ruote dei carri sotto il peso della merce, la piazza pullula di popolo operoso e ognuno è intento nelle proprie occupazioni.
Più di uno, io credo, si fa il segno della croce passando davanti alla chiesa, alla misericordia del Signore vengono affidate le proprie speranze.
In ogni vita risiede un piccolo mistero, si condivide lo stesso scenario, magari in epoche diverse, ognuno tuttavia lo vive con le proprie emozioni.
E così, quando capito in certi luoghi della mia città che non sono poi così cambiati, provo a immaginare me stessa accanto a coloro che li vissero in epoche più lontane e mi sembra di trovare anche dei tratti in comune.
Con le nostre gioie, i dubbi e le fragilità restiamo gli stessi di allora, malgrado sia trascorso molto tempo.
Siamo ancora, in modo diverso, come la gente di Piazza Umberto I, così ritratta in un frammento fugace dell’esistenza, mentre i i carri sostano allineati in buon ordine, in quel tempo lento della Genova del passato.

Ritornando in Piazza Umberto I

Ritornando, ancora, in Piazza Umberto I.
Indietro nel tempo, all’inizio del secolo scorso, in quella che oggi conosciamo come Piazza Matteotti.
Indietro, indietro, insieme a questa signora intenta a occuparsi delle sue commissioni, in questo giorno qualunque che è composto di suoni diversi dai nostri e di vite differenti, magari per certi versi più semplici ma anche più complicate e faticose.
Ruote di carretti, cavalli, nitriti, voci di bottegai in questa piazza centrale di Genova.

E così è la vita, un continuo fluire e un ininterrotto movimento: ognuno per qualche tempo è attore sulla scena che la trama dell’esistenza destina in sorte.
Incede sicura la signora con l’abito scuro, pare tenere in una mano un ombrello chiuso, là dietro c’è un tale vestito di chiaro che invece se ne sta appoggiato al carro.
Passi, voci, visi, parole scambiate, sorrisi e occhi che si incontrano.
Lo scenario della vita, per qualche tempo.

E ci si finisce dentro così: osservando.
E ci si ritrova immersi tra le chiacchiere di due amiche che camminano vicine, nulla le distrae.
Guardo e a me restano alcune domande senza risposta.
Ad esempio, cosa contiene quella cesta posata a terra?
È tutto un via vai di gente, nessun si ferma a spiegarci quelle ore quotidiane.

Credo di poter dire che tra queste persone ci sono benestanti e persone comuni, uomini di affari e gente del popolo, camalli e notai, levatrici e nobildonne.
Lo scenario è uguale per tutti, uguale l’aria che respirano.
Ognuno poi ha il proprio cammino e gli altri non possono conoscerlo.

In questa folla di persone sconosciute due sono le figure che più hanno attirato la mia attenzione.
Lei si vede appena, la sua figurina esile e graziosa si distingue in lontananza.
Cammina sola e attorno a lei c’è tutto questa questo turbine di gente: i tre uomini che confabulano tra di loro, le donne ferme al chiosco là di dietro, altri che ancora camminano in ogni direzione.
E lei, sola.
Dove te ne vai tutta sola, in Piazza Umberto I?
Chi ti attende a casa?
E in quella mattina ti sei svegliata, ti sei guardata nello specchio e ti è piaciuto quello che hai veduto?
Domande, ne avrei a decine, a dire il vero.

L’altra persona sulla quale mi sorge spontaneo fantasticare è il ragazzo che sta seduto sul carretto e dà le spalle alla cattedrale.
Lui è uno di quelli che si guadagna la vita con il sudore della fronte: ha un cappello calcato sul viso, tiene una gamba piegata e con una mano si tiene al carro.
Dove abita?
Si chiamerà Giobatta, Pietro, forse Bernardo.
Magari vive giù al Molo e prima di andare a casa la sera si ferma all’osteria dove tutti lo conoscono.
Sa leggere?
Quanti fratelli ha?
Ha dei sogni, cose segrete che non ha detto a nessuno, questo è certo, li abbiamo tutti.
E poi, domande.
Forse lui si sarà poi voltato per guardare la ragazza della quale vi parlavo prima?
Per intenderci, quei due non hanno niente in comune e tuttavia in un giorno imprecisato si sono trovati sulla stessa piazza e più di cento anni dopo qualcuno si chiederà se i loro loro sguardi si siano incrociati almeno per qualche istante.


E non potrò fare a meno di pensarci, ogni volta che passerò a Matteotti.
C’era una cesta posata in terra, c’erano quelli che lavoravano giù al porto e altri che andavano verso i loro scagni, c’erano bambini, carrettieri, bottegai e madri di famiglia.
E forse c’era questo cielo blu, anche anche allora.

C’era anche un fotografo di nome Neer, lui è l’autore dello scatto riprodotto su questa bella cartolina che venne spedita per certi auguri speciali.
Lui potrebbe dirci cosa accadde in quel giorno, in Piazza Umberto I.

 

I colori e i profumi della Provenza

In questi giorni a Genova troverete i profumi vivaci e i colori sfumati di una terra molto amata: è la Provenza che propone ai suoi estimatori i suoi prodotti tipici ed artigianali.

E così quando vedrete la bandiera francese che sventola sugli stand davanti al Ducale non preoccupatevi: i cugini vengono in pace e portano ai genovesi le bellezze e le bontà di una regione ricca e generosa.

Bonjour Provence (1)

La Provenza è terra di odorosa lavanda.

Bonjour Provence (2)

Il fiore delicato viene racchiuso nei celebri sacchettini per i vostri cassetti.

Bonjour Provence (3)

E sono diverse sfumature di terra e di campagna.

Bonjour Provence (4)

E tinte calde per il tè da sorseggiare nei pomeriggi di autunno.

Bonjour Provence (4a)

E bastoncini di liquirizia.

Bonjour Provence (5)

Ed erbe per i vostri manicaretti.

Bonjour Provence (6)

Spezie, sale, pepe, aromi e colori.

Bonjour Provence (7)

Tutta questa bellezza che si starebbe ad ammirare per un tempo infinito.

Bonjour Provence (8)

Nei paesi e nella città della Provenza vengono prodotti anche diversi formaggi.

Bonjour Provence (9)

Non mancano i vini, le confezioni di paté, i salumi e altre specialità.

Bonjour Provence (10)

E devo dire che questi banchi con le proposte gourmet attirano molti visitatori.

Bonjour Provence (11)

Io mi sono attardata davanti ai vassoi con i biscotti della Bretagna, quanta bontà!

Bonjour Provence (12)

E ci sono anche le madeleines tanto care a Marcel Proust.

Bonjour Provence (13)

E poi frutta candita e delizie da spalmare.

Bonjour Provence (14)

Torroni, dolci di pasta di mandorle e miele alla lavanda.

Bonjour Provence (15)

E insomma, sono certa che troverete anche voi qualche golosità da assaggiare!

Bonjour Provence (16)

Non manca l’artigianato come ad esempio queste belle statuine per il presepe.

Bonjour Provence (16a)

E poi profumi dolci e deliziosi.

Bonjour Provence (17)

Sono le saponette colorate, una delle tipicità più celebri e apprezzate della Provenza.

Bonjour Provence (18)

Prodotti naturali e delicate carezze per la pelle.

Bonjour Provence (19)

E rosa, vaniglia, gelsomino e molto altro ancora, un’infinita varietà a seconda delle vostre preferenze.

Bonjour Provence (20)

Tovaglie, salviette e accessori utili per la cucina.

Bonjour Provence (21)

Vi ho mostrato alcune delle bellezze che troverete esposte nel corso di questa manifestazione che da diversi anni è un gradito appuntamento per i genovesi, Bonjour Provence et la France si protrarrà fino a martedì 23 Ottobre.

Bonjour Provence (22)

Un modo piacevole di scoprire i sapori, i profumi e i colori della Provenza.

Bonjour Provence (23)

Gozzi di città

Accade in questi giorni, per le strade di Genova.
Sventolano le bandiere nautiche contro il cielo della Superba, questi allestimenti sono il benvenuto ai visitatori del Salone Nautico che è una tradizione consolidata di questa città.
E i colori del mare si mescolano a quello che è il simbolo della fiera Repubblica Marinara, quella Croce di San Giorgio che sempre è issata sulla Torre Grimaldina.

E in Piazza Corvetto, ai piedi della monumento equestre a Vittorio Emanuele II, sono posti due semplici gozzi addobbati per l’occasione.

Piazza Corvetto (1)

A dire il vero, riflettendoci, queste non sono soltanto imbarcazioni che celebrano un evento di rilevanza internazionale nel mondo della nautica.
Questo, in qualche modo, rappresenta per me la parte migliore di noi.

Piazza Corvetto (2)

È difficile parlare di noi, a volte.
E a volte per noi parlano le azioni, quello che sappiamo mostrare delle nostre vite e del nostro modo di stare tra gli altri.
Un gozzo, per un ligure, è simbolo di lavoro e di caparbia, è un legame con la nostra terra aspra e con la sua storia.
È la parte migliore di noi, quella che non si arrende mai.

Piazza Corvetto (3)

E così, se girerete per la città, troverete queste testimonianze che narrano di noi e di come siamo.
Rudi, di poche parole, a volte scontrosi.
Veri, sempre.

Piazza Corvetto (4)

E ancora sventolano quei colori che raccontano storie di mare in Salita Santa Caterina.

Salita Santa Caterina (1)

Salita Santa Caterina (2)

E trionfano nella magnificenza ottocentesca di Via Roma.

Via Roma (2)

Tinte sgargianti, profumo di onde e di viaggi, superbe immaginazioni anche in Galleria Mazzini.

Galleria Mazzini (1)

E qui, complice l’assenza di vento, si possono ammirare magnifiche prospettive.

Galleria Mazzini (2)

Anche questa è la parte migliore di noi, rappresenta il nostro saper riconoscere chi siamo e a quale mondo apparteniamo senza mai perdere di vista i nuovi orizzonti.
Questo fa la gente di mare, parte alla ventura e poi ritorna alla propria riva.

Galleria Mazzini (3)

Tavoli all’aperto, sedie colorate e bandiere.

Galleria Mazzini (4)

E ancora, in Piazza De Ferrari, un altro gozzo.

Piazza De Ferrari (1)

Se passerete lì nel tardo pomeriggio vedrete la luce della sera che lo accarezza.

Piazza De Ferrari (2)

E davanti al Ducale è ferma un’altra piccola barchetta capace di sfidare onde agitate e venti contrari.

Piazza Matteotti (1)

Appartiene ad una terra di gente fiera e indomita.

Piazza Matteotti (2)

E quella, credetemi, è davvero la parte migliore di noi.

Piazza Matteotti (3)

Un messaggio per Lina

Accadde molto tempo fa, si era all’inizio di un nuovo secolo.
4 Febbraio 1900, questa è la data scritta con cura su una cartolina di Genova destinata ad una persona di nome Lina.
E chi era mai costei?
Eh, sarebbe tanto bello saperlo, in realtà ho solo due certezze: Lina era nubile in quanto ci si rivolge a lei chiamandola signorina e dall’indirizzo si evince che in quel momento si trovava a Siena.
E così la immagino giovane, carina, bionda e ambiziosa, non riesco a figurarmela diversamente.
Forse era originaria di questa città o magari l’aveva visitata come turista, anche lei aveva pigramente passeggiato davanti a Palazzo Ducale, facendosi ombra con il suo ombrellino.
Forse conservava un dolce ricordo, forse aveva infranto il cuore di un corteggiatore.

La piazza vi parrà identica a come la conosciamo, in effetti si può dire che non sia cambiata molto.
C’è il consueto andirivieni di gente, alcuni vanno di fretta, un papà tiene per mano il suo bambino.
E tuttavia osservate con attenzione, qualcosa è mutato: quei lampioni ai nostri giorni non ci sono più.
C’è un’altra luce a illuminare il Palazzo Ducale della Superba.

Noi però torniamo a lei, all’eroina di questa storia, lei resterà ammantata nel mistero del tempo distante in cui visse.
In questa cartolina un dettaglio ha catturato la mia attenzione: si tratta del messaggio scritto per la sua destinataria.
Curiosamente non c’è nessuna firma ma sicuramente Lina avrà capito subito chi era il mittente, solo lei potrebbe raccontarci tutto!
Forse la scrisse un innamorato respinto?
E cosa voleva dire con quelle frasi?
L’autore si riferisce a qualche evento specifico?
Io credo di sì, anche se non avremo mai modo di scoprirlo, ahimè!
Forse fu incontro fugace e l’esito non fu quello sperato.
O magari sto sbagliando tutto, sto solo cercando di venire a capo della questione!
Voi provate a immaginare Lina, tiene tra le mani questo cartoncino e legge queste parole tratte dai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni:

“…giacché è uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare e di essere odiati, senza conoscersi…
…il lupo non mangia la carne del lupo.”

Lei sorride e ricorda, forse senza nostalgia.
Forse.
Inconsueto testo per una cartolina inviata alla signorina di Siena, il suo significato rimarrà per noi un curioso enigma che non sapremo mai comprendere.
Era un messaggio per lei, una ragazza di nome Lina.

Andar per mercatini

Andar per mercatini, una delle mie passioni.
Ogni primo sabato e ogni prima domenica del mese a Palazzo Ducale c’è il mercatino dell’antiquariato e potete starne certi, io vado sempre a sbirciare su tutti i banchetti.
Le cose che hanno già avuto una vita parlano di chi le ha possedute: restano per un certo periodo nel limbo, rimangono in questa attesa, poi ritornano ad avere una nuova esistenza.

E chi va per mercatini troverà un baule di qualche nonna ricolmo di oggetti del quotidiano.

E timbri, soprammobili, collane appartenute a qualche vezzosa signorina e bastoni da passeggio di proprietà di garbati gentiluomini.

Macchine da scrivere del tempo che fu.

E oggetti una volta usati con amorevole cura da premurose massaie e madri di famiglia.

In quelle cucine c’era il lavello di marmo e c’era il mortaio per fare il pesto, in quelle cucine forse a volte sulla tavola non regnava l’abbondanza alla quale siamo abituati.
In quelle case si faticava, ogni giorno per alcuni era una conquista.

Di quelle vite, in certe circostanze, serbiamo un ricordo e in certi istanti possiamo provare a immaginarle.
In alto i bicchieri per brindare alla bellezza della vita, per festeggiare un figlio tornato dalla guerra e un nuovo nato, un brindisi per celebrare nuovi inizi e nuove fortune.

E pentolini, bilance, cose di bottegai e di famiglie.

Il servizio buono legato con i nastrini azzurri.

E i bicchieri belli, quelli che si tenevano nella credenza, si tiravano fuori solo per le grandi occasioni.

E le tipiche porcellane danesi, rosa e azzurro sotto il sole di Genova.

Valigette vissute, consunte e per questo così speciali.
E lettere d’amore, cartoline dal fronte, ritratti di famiglia, fotografie, santini.

E le bambole dei sogni di certe bambine che portavano nomi che non si usano più.

Gironzolando per il mercatino mi capita anche di fare riflessioni come queste e finisce che mi fermo a guardare anche quello che non desidero comprare.
Eh, poi mi perdo tra le pagine degli album di fotografie, è inutile che ve lo dica.

Tutto può avere una seconda possibilità, brillano le gocce dei lampadari di un tempo non tanto lontano.

Libri, scatole, portadocumenti.
E un telefono che avrà conosciuto lunghe attese: aspettando un ritorno, una notizia che non arriva, una voce tanto amata.

Passamanerie, tovaglie, cifre ricamate.
Corredi di fanciulle e sogni sconosciuti, conservati nei cassetti di legno scuro e riposti con attenzione, senza sgualcirli.
Le cose che hanno già avuto una vita parlano di chi le ha possedute.

Gli oggetti hanno destini imprevedibili, troveranno una nuova casa e mani che scostano la polvere e lucidano le cornici.
E domande, domande, domande.
Chi sei, giovane donna che sorridi in quel ritratto in bianco e nero?
Le cose che hanno già avuto una vita parlano di chi le ha possedute, raccontano la felicità di giorni che non hai vissuto.

Tra le cose degli altri, tra le cose un tempo appartenute a qualcuno che non hai conosciuto.
Lasciate a chi sa amarle ancora, a chi desidera donare loro una nuova vita.