Sfumature e panni stesi al Carmine

E poi semplicemente sfumature e panni stesi al Carmine, scendendo da Salita di Carbonara, come sempre faccio durante le mie passeggiate.
E c’è un tricolore e poi corde tese davanti alle persiane, tetti, ardesie e sole.

E luce, magliette dalle tinte vivaci e asciugamani messi ad asciugare.

E poi non si sa come accada eppure spesso i panni stesi sono in armonia con i colori delle facciate e così , ancora scendendo. ho trovato toni di pesca e di albicocca.

E vento che sollevava i lenzuoli contro il cielo turchese.

E rosso e appena una brezza leggera.

E ancora rosa, un solo asciugamano dal colore delicato così steso sotto l’archetto.

L’edicola sulla Piazza del Carmine, le persiane spalancate, il profumo del pane e della focaccia, la semplicità della bellezza della vita.

E i vasi e le piante nell’accogliente Piazza della Giuggiola, i capi leggeri di questo scorcio d’estate al sole ad asciugare.
Sono le belle sfumature e i panni stesi al Carmine, un luogo che è sempre nel mio cuore.

Un vecchio amico al Carmine

E rieccomi a percorrere i soliti caruggi, creuze e discese, mattonate che si tuffano giù sovrastate da tetti spioventi di ardesia che incorniciano l’orizzonte e il mare.
Scendendo verso il centro storico passo dal Carmine, dalla solita, cara Salita di Carbonara.

E poi, come sempre, finisco per fare qualche deviazione di qua e di là, nei soliti vicoletti e in certe amate piazzette.
Così, come tante altre volte ieri sono passata da Vico del Cioccolatte, anche nei posti dove si ritorna spesso del resto c’è sempre qualche diversa sfumatura o qualche gioco di luce sempre nuovo e sorprendente.

E siccome qui vengo spesso, sovente vi ho portato con me e forse alcuni miei affezionati lettori avranno memoria di certi incontri dei quali ho avuto modo di scrivere qui.
Chi si ricorda del gatto del melograno di Vico del Cioccolatte?
Oh, mica è uno che si fa dimenticare, son certa che vi sia rimasto impresso!
Ecco, il melograno in questa stagione non ha più i suoi frutti ma il gatto è sempre lì, eh, si vede che quel tratto di muraglione è una delle sue postazioni preferite.

Di piantone e attentissimo a tutto quel accade attorno, si direbbe che non gli sfugga proprio nulla!

E infatti poco dopo si è pure accorto di me che stavo proprio lì sotto.
Chissà, mi avrà mica riconosciuta?
Va quindi detto che lui non è soltanto il gatto del melograno, in realtà è un gatto per tutte le stagioni, ecco.

A questo punto la prossima volta che passerò da quelle parti non mancherò certo di alzare lo sguardo verso la sommità del muraglione e sarò felice di ritrovare il solito vecchio amico di Vico del Cioccolatte.

Una storia di luce e panni stesi

In certi periodi grigi e piovosi mi tornano alla mente, come una gioia ritrovata, certe belle giornate di luce radiosa e panni stesi.
Quando i lenzuoli sventolano sotto il cielo del Carmine per poi attorcigliarsi alle corde.

Quando un trionfo di bucato ondeggia sospeso nella ristrettezza di una creuza.

Sono così certe mattine di sole, perfette per far risaltare una sequenza armoniosa di colori pastello.

E in Piazza Lavagna si ritrova una sinfonia di toni lilla e verde prato.

Luce improvvisa filtra leggera in certi caruggi e così si posa, sul giallo e il turchese.

Le storie di panni stesi non sono mai uguali, basta un soffio di vento a sollevare candide lenzuola e a creare una prospettiva mai veduta nella città vecchia.

E quello stesso vento frizzante come il mare scompiglia il bucato steso davanti alle case di Boccadasse.

E accade così, nel tempo delle nuvole e della pioggia ripenso a certi squarci di azzurro, alle geometrie delle case antiche, a quelle infilate di magliettine, asciugamani e tovaglie.
Semplicemente i colori della vita e delle nostre giornate.

Semplicemente le corde che si incrociano, la purezza del bianco, la perfezione del cielo, sotto il sole di Genova.

Bellissimi incontri al Carmine

E poi, come sempre, ritrovarsi al Carmine.
È una delle mie vie di accesso ai caruggi, di solito scendo giù da Via Pertinace, arrivo in Corso Carbonara e poi ancora giù, per le creuze di mattoni che portano a questo quartiere così amato.

E sempre, quando torno dalle vacanze, vado a salutare gli amici e così ho fatto anche stavolta, sono così andata a trovare quel maestoso melograno così prodigo dei suoi frutti.

Vico del Cioccolatte (1)

E l’ho trovato come sempre ricco e generoso di doni e di tanta bellezza.

Vico del Cioccolatte (2)

E poi, dato che mi trovavo al Carmine, ho pensato di portare i miei omaggi anche all’antico giuggiolo che ha persino regalato il nome alla caratteristica piazza del quartiere e così ho imboccato la salita che porta lassù.
E svoltato l’angolo ecco la sorpresa, un benvenuto migliore di questo è difficile immaginarlo!

Salita di Monterosso (1)

Il fiero felino si è accorto subito della mia presenza ma devo dire che non si è scomposto più di tanto.
I gatti del Carmine hanno carattere e questo qui non ha fatto un plissè, non si è manco spostato per farmi passare!

Salita di Monterosso (2)

E là sopra, i rami del giuggiolo fitto di foglie.

Salita di Monterosso (4)

E il mio piccolo amico intanto è andato a mettersi ai piedi della scala, in un magnifico contrasto di colori.

Salita di Monterosso (3)

E questa chiaramente è una storia di creuze, di alberi e panni stesi sempre perfetti nella Piazza della Giuggiola.

Piazza della Giuggiola (1)

Dove trionfa sempre l’albero carico dei piccoli frutti che devono ancora maturare.
Il giuggiolo è un antico signore e pare che abbia circa 500 anni ma se li porta proprio bene!

Piazza della Giuggiola (2)

E così l’ho salutato e sono ritornata sui miei passi, il micio nel frattempo aveva preso posto su uno scalino e di tanto in tanto infilava la zampa nella fessura sotto la porta, evidentemente là dietro doveva esserci qualcosa di interessantissimo!

Salita di Monterosso (5)

Ho lasciato il fiero felino alle sue avventure, è sempre una vera fortuna imbattersi in tipi come lui.

Salita di Monterosso (6)

E così ho continuato la mia passeggiata mattutina sotto ai ritagli di azzurro nelle magnifiche prospettive del Carmine.

Salita San Bernardino

Al Carmine, aspettando la primavera

L’altro giorno scendendo verso il centro sono passata dal Carmine, ormai lo sapete, è una delle mie passeggiate preferite.
E così l’ho veduto, l’albero con i suoi rami carichi di fiori rosa si stagliava tra le case di Salita di Carbonara.
Qui, al Carmine, in questo fazzoletto di Genova dove il verde non manca, qui dove abita un grande melograno e un giuggiolo dalla storia centenaria, come natura vuole ognuno di essi ha la propria stagione.

Marzo di cielo di turchese e di rami generosi.

Il re di questo giardino è un pruno, in questi giorni sembra nel pieno della sua fioritura.

Bellezza vera, splendore di rosa.

Con i suoi rami protesi verso il cielo azzurro.

E poi, salendo verso San Bartolomeo dell’Olivella dove hanno casa gli ulivi ho trovato ancora fiori dalle tinte tenui, davanti a una finestra.

E corolle color del sole sopra una grondaia.

Pianticelle, foglie e panni stesi.

E fresie candide e profumate che si affacciano sulla creuza.

Ancora non è primavera ma al Carmine già ci sono i suoi colori e i suoi profumi.

Restano chiusi gli ombrelloni dalle tinte vivaci, presto verranno aperti per donare piacevole ombra.

E poi, qui, dove cammino sempre volentieri.
Una bamboletta, un cestino e altre sfumature di rosa.

Fanno capolino i rami spogli del giuggiolo.
E il cielo è così blu, sa essere così semplice e immediata la bellezza, naturale e viva.

Torno, torno sempre in Piazza della Giuggiola e ritrovo la consueta sinfonia di Genova.
Una Madonnetta, fili da stendere, una piazzetta che amo particolarmente.

E la pura freschezza degli agrumi.

A marzo, qui, limoni e panni stesi.

E ancora fiorellini e vasetti di coccio.

Non è ancora primavera ma si attende il suo arrivo con garbo, preparandole lo scenario, contribuendo a rendere questi luoghi ancor più incantevoli.

Siamo noi a dover portare un pizzico di fatata magia nelle nostre vite, secondo me certi sanno farlo meglio di altri.

Qui, a marzo, quando manca davvero poco alla stagione dei fiori: la si aspetta, seduti ad un tavolino in un giorno di sole, in Piazza del Carmine.

Dell’autunno

Dell’autunno amo i colori, i toni caldi del primo albero ad ingiallire mentre i suoi rami sono scossi dal vento inquieto.

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E amo le foglie tenaci che arrossano i muri, abbarbicate come speranze eterne.

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E le foglie cadute, piccole meraviglie avventurose.

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E quelle leggere che intatte si posano sulla strada e si lasciano sollevare dal soffio del destino.

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Dell’autunno amo i profumi e i sapori, una passeggiata al Mercato Orientale dona tutte le preziosità di questa stagione dai toni dorati.
E sono pannocchie gialle e lucenti.

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E zucche screziate di verde e d’arancio.

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E fichi d’India succosi e densi di sole, si assaporano già sul finire dell’estate ma l’autunno è il loro trionfo.

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E poi i funghi odorosi e deliziosi.

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Io non ho l’abitudine di acquistarli, mi piace trovarli così, nel bosco.

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Aroma di autunno, profumo inconfondibile ed impagabile.

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Dell’autunno amo le castagne.
E quando ero ragazzina mi piaceva comprarmi un cartoccio di caldarroste, poi per sbucciarle mi ritrovavo con le mani tutte nere ma la questione, nel complesso, era poesia pura.
Una delle gioie vere della vita, a dir poco.

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L’autunno è uva dolce e pampini.

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E in certi quartieri questa stagione veste le piazze e le vie con i suoi colori intensi, al Carmine è il tempo del giuggiolo e dei suoi piccoli doni.

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Ed è anche il tempo del melograno proteso verso l’azzurro.

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Questo albero temerario si affaccia da un giardino, dondola sulla creuza con i suoi rami carichi di frutti.
In tono con le case, una magia.

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E un altro melograno ravviva un tratto di Via Pagano Doria, sono rimasta a guardare a lungo la sua prepotente bellezza.

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Dell’autunno amo le sfumature delicate ed intense.
E una porta.
E una persiana e i vasetti di coccio.
E un cestino appeso ad una corda.

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E un rampicante avvinghiato alla ringhiera.
Le foglie ingiallite, il mare sullo sfondo, il cielo terso.

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Dell’autunno amo profumi, colori e atmosfere.
E il cielo che si veste di oro e d’arancio, nell’intensità delle sere d’autunno.

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Incontri d’autunno al Carmine

Scendendo al Carmine, un pomeriggio di settembre.
E già ci sono le suggestioni d’autunno, sulla creuza, sui muretti, alle finestre.
Ancora.
Ancora una finestra, questa.

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Mi sono soffermata ad osservarla perché vestiva i colori della nuova stagione.
Bruno, arancio e ocra.
E poi, dopo, mi sono accorta che su quei rami c’erano diverse graziose ospiti, le tortore.

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Heilà, Miss Fletcher, qual buon vento ti conduce da queste parti?

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Indaffarate, instancabili, ho provato a contarle ma non ci sono riuscita.

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Da un ramo all’altro, un continuo gioioso andirivieni.

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Un battito d’ali, un fremito tra le foglie.
Al Carmine, un pomeriggio di settembre.

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Quadri di stagione.
Il caso.
In autunno.

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E certo, le tortore avevano le loro buone ragioni per saltellare su e giù.
Ora di cena.
Un pomeriggio di settembre.

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Con i colori intensi dell’autunno.

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L’autunno di Genova, tra foglie e tortore, in Salita di Carbonara.

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Ritorni

Ritorni.
Come ogni weekend.
Gli amori a distanza non sono per me.
Eppure.
Eppure c’è quel tuo lavoro a 200 chilometri da qui.
E tutto quel tempo di mezzo da colmare di parole, pensieri, sensazioni da trattenere in quegli attimi sospesi.
Poi, sempre ritorni.
La casa profuma di spezie, di tè e della nostra musica.
Ritorni.
Sulle note di Sittin’ on the dock of the bay.
Apro la finestra, mi sporgo, guardo verso Piazza del Carmine.
Spero che il treno non sia in ritardo, dovresti essere già qui.
I minuti scorrono.
E poi.
Tu.
Hai la gonna rossa che ti sfiora le caviglie, gli occhiali con le lenti scure, i capelli raccolti.
Tu.
E come sempre un ricciolo ribelle ti cade sulla tempia.
Sorridi.
E lo sai, sono un uomo così, gli amori a distanza non fanno per me.
Tu.
Ritorni.
Come il sole che batte vittorioso sulle mie finestre.

Salita di Carbonara

Riflessi, tulipani e panni stesi

Al di là dei vetri, dietro le finestre, ci sono le vite degli altri.
A volte però a me affascina ciò che è davanti a certe finestre, in vicoli e scorci di caruggi, quando brilla il sole.
Magari là, in Piazza Pinelli, dove lo sguardo trova un gioco di riflessi.

Piazza Pinelli (1)

E cielo e muri che si specchiano nei riquadri.

Piazza Pinelli (2)

C’è una realtà che vive solo per pochi istanti, poi si dissolve.

Piazza Pinelli (3)

Intanto appare come un miracolo di luce contro i vetri di questa piazza di caruggi e persino un umile straccetto può sembrare una seta raffinata.

Piazza Pinelli (4)

La bellezza si manifesta in molteplici maniere, poi resta da vedere se noi siamo abbastanza attenti da saperla cogliere.
A pochi passi da Porta Soprana una ringhiera, delle catenelle, dei vasetti per le conserve.
E l’acqua salvifica e i tulipani rosa.
La bellezza è così, semplice.

Tulipani

E in Salita di Carbonara intrepide mollette dondolano nell’azzurro cielo.

Salita di Carbonara

Altrove tengono fissati i lenzuoli alla corda da stendere, bisogna pur difendersi dal vento capriccioso!
E i colori, i colori potrete vederli solo in posti come questo, rosa e fucsia sotto a una striscia turchese.

Piazzetta della Fragola

E viola contro il rosso, sopra una scalinata impervia.

Salita della Rondinella

E diverse tonalità di verde e quel blu vivo e intenso che ci regala la tramontana di Genova.

Vico del Fico

E solo in posti così troverete tutte le sfumature di giallo e di arancio appena sfiorate da un raggio di sole che si insinua tra le case.

Salita di Montebello

Colori di primavera, storie di riflessi, panni stesi e tulipani.

Tulipani (2)

Italino, il bimbo che giocava con il cerchio

Questa è la storia vera di un bambino vissuto nel secolo scorso.
Siamo nell’anno 1925, è un caldo pomeriggio d’agosto, il clima estivo invoglia a restare all’aperto.
E come tutti i bimbi il nostro piccolo protagonista ama correre e giocare in libertà.
Ha appena 5 anni, il suo nome è Italo ma in famiglia tutti lo chiamano Italino, è un piccino gioioso ed allegro.
Abita in un quartiere che in molte sue parti è rimasto immutato, Italino è un bambino del Carmine e la sua casa è in Piazza di San Bartolomeo dell’Olivella.

San Bartolomeo dell'Olivella (8)

Per la precisione  al civico numero otto e così quando Italino va a giocare se ne esce di corsa da questo portone.

Piazza di San Bartolomeo dell'Olivella

Presto, presto, giù per la creuza, i suoi passi di bimbo rimbombano sopra i mattoni e le pietre!

Piazza di San Bartolomeo dell'Olivella (2)

Italino non ha più la mamma e mai ha avuto il calore del suo abbraccio, lei è morta nel darlo alla luce e qui al Carmine, dove tutti si conoscono, le donne del quartiere sono affettuose e dolci con lui.

Piazza San Bartolomeo dell'Olivella

Presto, presto  la strada che Italino percorre sbuca in Salita di Carbonara.

Salita di Carbonara

Qui, dove si sale verso i giardinetti.
Lo sguardo attento del papà segue il piccolo Italo che va incontro al suo destino.

Salita di Carbonara (2)

Il bimbo ha con sé uno dei suoi passatempi preferiti, il cerchio.
E gioca a spingerlo e a farlo andar lontano, in questi giardinetti.

Giardini di Carbonara

Corri, corri! Una curva dopo l’altra, che felicità!

Giardini di Carbonara (2)

E d’improvviso accade l’imponderabile, per sventura il cerchio va a finire tra le gambe di un giovane uomo.
Costui posa il suo sguardo sul bimbo ed i suoi modi sono così calmi e tranquilli che Italino non ha nessuna reazione particolare, non sembra affatto spaventato.
L’uomo solleva il piccino tenendolo sotto le ascelle e il padre di Italo che da lontano assiste alla scena non percepisce alcun pericolo, semplicemente crede che il giovane voglia dire due parole al bimbo in merito al fatto che l’ha urtato con il cerchio.
E invece l’uomo alza ancor più in alto Italino e con un gesto rapido quanto inatteso lo butta giù dal muraglione, da un’altezza di 15 metri.

Piazza San Bartolomeo dell'Olivella

La storia tragica di questo bimbo genovese mi è stata raccontata dal mio amico Eugenio, io avevo il desiderio di conoscere i dettagli e così sono andata a consultare l’archivio storico del quotidiano Il Secolo XIX sul quale è riportata la drammatica notizia, Eugenio poi mi ha inviato altri articoli tratti da diversi giornali.
I cronisti narrano con partecipazione anche ciò che avvenne dopo.
Chi ha ucciso il piccolo Italino? E perché?
Il responsabile è un uomo di Rivarolo affetto da disturbi mentali, si chiama Ludovico e in passato è stato ricoverato in manicomio.
Si viene a sapere che il giorno precedente aveva dato segni di squilibrio,  si era presentato dai Carabinieri dicendo di aver buttato una bambina giù dal muro di Corso Mentana, aveva poi ritrattato ma in quell’occasione era stato posto in osservazione presso la Croce Verde e in seguito rilasciato.
Ludovico è incapace di intendere eppure, malgrado i suoi problemi, in qualche maniera comprende la gravità del suo gesto.
E mentre in diversi si affrettano a soccorrere il bimbo, Ludovico si getta in una fuga disperata, si scapicolla giù per il Carmine e ad inseguirlo sono le persone che hanno assistito alla drammatica scena.
Nessuno sa che quell’uomo è gravemente malato, tutti credono che abbia agito solo per crudeltà, Ludovico viene travolto e percosso da una folla inferocita.
Sopraggiungono anche le autorità e riescono a sottrarre Ludovico alla furia della gente, lo caricano su una macchina pubblica e lo portano nello stesso Ospedale dove viene assistito Italino.
Il bimbo è grave, ha delle fratture e delle ferite che lasciano poca speranza, il padre di lui è al suo capezzale e quando apprende che il responsabile di quella tragedia non è in sé pronuncia parole che stupiscono gli astanti, chiede che egli venga curato con lo stesso amore e con la stessa dedizione riservati ad Italino, nella sua voce tremula e addolorata non vi è ombra di risentimento.
Italino Iacomelli, di anni 5, lasciò questo mondo in quella stessa notte.
Ebbe un destino amaro al quale era corso incontro inseguendo il suo cerchio e se andrete a Staglieno è così che lo troverete, intento nel gioco mentre mani inconsapevolmente crudeli lo strappano alla vita.

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Giglio immacolato, così si legge sulla sua lapide che ricorda la tragedia che pose fine alla sua breve esistenza.
Al suo funerale giunsero migliaia di cittadini, al passaggio del corteo funebre i negozi abbassarono le serrande delle loro botteghe.
E ci sono dei fiori, qualcuno li ha lasciati per lui.

Italino Iacomelli

Questa è la storia di un bimbetto del Carmine che in un pomeriggio d’estate se ne andò ai giardini di Carbonara.
E resterà per sempre Italino, il bimbo che giocava con il cerchio.

Italino Iacomelli (3)