Un terrazzino sopra Via San Luca

Accadde un po’ di tempo fa: ero sulla terrazza panoramica del Museo di Palazzo Spinola di Pellicceria.
E lì di fronte c’è un terrazzino.
Sapete, una di quelle meraviglie incastonate tra i tetti e l’azzurro del cielo.

Tetti di Genova (3)

Faccio una foto, la condivido su Twitter e scopro che questa è la casa di coloro che dispensano preziosi consigli sulla Superba: Genova4Tourist, dritte e bellezze per chi visita Genova direttamente da chi vive in città.
E ieri, sotto un sole scintillante, sono salita lassù.
E così oggi vi racconto Genova da quel terrazzino, è sempre un’emozione grande scoprire la Superba da un nuovo punto di vista.
Una scaletta, le geometrie spioventi del tetto, qualche gradino.

Tetti di Genova (4)

E ad ogni passo Genova si svela.

Tetti di Genova (5)

Guarda, ecco la celebre terrazza di Palazzo Spinola, è a breve distanza.

Tetti di Genova (5a)

Cielo azzurro, niente vento, il caldo d’inizio estate.

Tetti di Genova (6)

E i consueti stupori.
Da un palazzo all’altro, nella città vecchia, il panorama muta e ogni volta puoi scoprire nuove bellezze.
E vedi la linea del mare,  la vita di una città portuale, la curva della sopraelevata che si snoda tra le case alte.

Tetti di Genova (7)

Guarda lassù, i palazzi della Spianata e l’ascensore di Castelletto.

Tetti di Genova (8)

Mentre sbocciano i fiori e davanti a te si estendono gli splendori della Superba.

Tetti di Genova (9)

Ed è un continuo susseguirsi di campanili, finestrelle, altri terrazzi, il tempo di Genova sfiora il cielo.

Tetti di Genova (10)

E svetta maestosa la Torre degli Embriaci.

Tetti di Genova (11)

A sinistra dell’immagine si vede parzialmente la chiesa di San Luca, su tutto predomina la Cattedrale di San Lorenzo.

Tetti di Genova (12)

E poi persiane aperte ed abbaini.

Tetti di Genova (13)

Vicoli, caruggi e piazzette sono sotto di te.
Ed è proprio quella città, la sua poesia è in certe parole di Giorgio Caproni che amo sempre citare:

Genova città pulita.
Brezza e luce in salita.
Genova verticale,
vertigine, aria, scale.

Tetti di Genova (14)

E se hai un terrazzino come questo cosa fai?
Ci metti un tavolino, le sedie e ti lasci accarezzare dalla luce delle calde sere d’estate.

Tetti di Genova (15)

Tra comignoli, profili di caruggi ed ancora campanili.

Tetti di Genova (16)

E non potrai mai dire di aver veduto Genova se non hai ammirato la distesa dei suoi tetti, lo sanno bene i visitatori che salgono la scaletta che porta al terrazzino di Palazzo Rosso.

Tetti di Genova (17)

C’è un silenzio magico sopra San Luca, mentre osservo la città nella cornice della ringhiera.

Tetti di Genova (18)

Sono queste le armonie che svelano la sua identità, il suo spirito fiero, quella bellezza che dovremmo saper esaltare.

Tetti di Genova (19)

Cartoline da Genova, da un terrazzino sopra i tetti, in una mattina di giugno.

Tetti di Genova (19a)

E tutto attorno è un trionfo di fiori, piante e alberelli che respirano l’aria del mare.

Tetti di Genova (20)

Genova d’azzurro, di acqua e di cielo.
Si staglia candido il profilo di Palazzo San Giorgio, non lo avevo mai veduto da questa prospettiva.

Tetti di Genova (21)

E poi.
E poi, chiacchiere tra amici, ancora ardesia, estate e focaccia.
Lassù, sui tetti.

Tetti di Genova (26)

E petali che si aprono al sole e si dischiudono generosi.

Tetti di Genova (23)

Le campane suonano, i gabbiani si librano alti e un aereo sorvola la città.

Tetti di Genova (24)

Ringrazio gli amici che mi hanno ospitato, mi hanno regalato ancora nuove meraviglie.
Questa è la mia Genova, la città che amo, vorrei che tutti potessero vederla così.
Splendente, nella sua unicità.
Vera e Superba, da un terrazzino sopra Via San Luca.

Tetti di Genova (25)

Da un diario genovese del passato: la tavola delle feste

Le feste si avvicinano e per tutti noi presto sarà tempo di trascorrere giornate con i nostri parenti.
E non dimentichiamo gli amici: qui, su queste pagine, tornano le memorie di un caro amico, sono le parole tratte dal diario di Francesco Dufour.
E allora facciamo piano, con la dovuta discrezione entriamo in casa di questa famiglia genovese e scopriamo insieme la tavola delle feste.

Natale 2014 (17)

In occasione delle grandi feste, Natale, Pasqua e per i compleanni e onomastici dei “grandi” si faceva un gran pranzo.
Nei primi anni eravamo una ventina di persone comprendenti la nostra famiglia e quella dello zio.
Il tavolo della salle a manger veniva allungato al massimo con le prolunghe, la nonna aveva delle tovaglie lunghe anche 7 metri.

Servizio

Servizio di porcellane francesi di Laurent II Dufour, antenato di Francesco
Esposto a Palazzo Spinola di Pellicceria

Sulla tavola si deponeva la tovaglia e lo chic era che le pieghe restassero ben rilevate, la zia Amalia con il ferro caldo spianava il lino tra una piega e l’altra.

Ferri da stiro

Vecchi ferri da stiro di casa mia 

Sulla tavola venivano messi i candelabri d’argento, poi le bocce dell’acqua e del vino molto vicine, tra un commensale e l’altro, poi molte alzate di dolci e frutta.

Servizio (2)

Servizio di porcellane francesi di Laurent II Dufour, antenato di Francesco
Esposto a Palazzo Spinola di Pellicceria

Fra un oggetto e l’altro un filo di mediola.
La mediola era una pianta che i giardinieri facevano crescere verticalmente avvolta ad uno spago, si presentava come un filo di edera con le foglie piccolissime.

Via Garibaldi 12

Via Garibaldi 12

C’era un favoloso servizio di baccarat a canne d’organo e venivano sempre messi i 5 bicchieri.
L’etichetta voleva: una minestra che spesso era consommé con pasta reale, poi un piatto di pesce e uno di arrosto intervallato da piatti di mezzo.
Poi dessert e frutta di ogni genere.

Romanengo (3)

Romanengo 

La nonna mandava l’Oreste a comprare il vino che era sempre di gran marca, spesso Bordeaux o Borgogna.
La nonna in queste occasioni quasi non mangiava perché stava attenta a regolare il servizio, aveva in grembo un campanello elettrico con il quale dava il segnale del cambio delle portate.
Riporto qui il menu del pranzo offerto in occasione della mia Prima Comunione.
I commensali erano 34, di questi 21 erano al tavolo d’onore e gli altri erano ad un tavolo in salotto.

Natale 2014 (14)

Così finisce il racconto dedicato alle tavole delle feste di Casa Dufour e per terminare questo articolo pubblico proprio quel menu citato nelle ultime righe.
È battuto a macchina, come tutto il resto del diario, scritto con cura e pazienza da una persona che riteneva preziosi i ricordi di famiglia e così ha fatto in modo che questi giungessero a coloro che sono venuti dopo di lui.
In alto i calici, nel tempo delle feste.
Ovunque lei sia, Buon Natale di cuore, caro zio Francesco.

Menu

Un signore di altri tempi nei caruggi

Quei caruggi dove ti ritrovi ad inseguire un raggio di sole prima che svanisca, già lo sai, durerà poco.
E tu da lontano lo intravedi così segui il suo rapido virare contro i muri che alti sempre regalano l’ombra a questi vicoli.

Vico di Pellicceria

E poi ti trovi là, in Piazza di Pellicceria.
Questi sono i miei posti, questa è una delle piazzette della città vecchia dove amo fermarmi.
Mettiti al centro e guarda in su, a Genova devi sempre guardare il cielo, quando è così azzurro la cornice dei palazzi crea geometrie inimitabili.

Piazza di Pellicceria (2)

E poi, le persone che si incrociano nei caruggi.
Qui, in questa piazza.
A volte qualcuno ti colpisce, considero certi incontri un caso fortunato e un piacevole privilegio.
Lui era proprio un signore d’altri tempi, un ragazzo dai capelli bianchi.
Elegante con il suo completo chiaro, il capello in testa, stringeva il suo bastone in una mano e con l’altra reggeva il giornale.
Non c’era nessun altro, soltanto lui.
E l’edicola, uno scorcio della bella facciata di Palazzo Spinola, la prospettiva della città vecchia.
E poi lui.
Un giorno per caso, nei vicoli di Genova,  un signore di altri tempi nei caruggi e un istante di perfezione assoluta.

Piazza di Pellicceria

Per le strade della Superba con Gustave Flaubert

Bientôt la rade apparaît et l’on voit la belle cité assise au pied de sa montagne.
Le phare de la Lanterne, comme un minaret, donne à l’ensemble quelque chose d’oriental, et l’on pense à Constantinople.

Presto il porto appare e si vede la bella città assisa ai piedi della montagna.
Il faro della Lanterna, come un minareto dona all’insieme qualche cosa di orientale, e si pensa a Costantinopoli.

Notes de voyages, queste sono le memorie di un celebre viaggiatore, lo scrittore Gustave Flaubert.
Era il 1845 quando l’autore francese giunse nella Superba, era primavera e la città lo accolse con quel fascino che a lui apparve esotico.
E’ il suo animo poetico a fargli cogliere dettagli affascinanti e piccoli particolari.
Come osserva il mondo colui che ha reso viva e reale Madame Bovary?
Cosa vede nelle strade e nelle piazze? Dove si posa il suo sguardo?
Visita le celebri dimore di Genova, da Palazzo Rosso a Palazzo Reale.
E in una lettera indirizzata ad Alfred Le Poittevin si leggono queste parole:

On marche sur le marbre, tout est marbre : escaliers, balcons, palais. Ses palais se touchent les uns aux autres; en passant dans la rue on voit ces grands plafonds patriciens tout peints et dorés.

Si cammina sul marmo, tutto è di marmo: scale, balconi palazzi. I suoi palazzi si toccano gli uni con gli altri; passando per la strada si vedono i soffitti patrizi tutti dipinti e dorati.

Palazzo di Tobia Pallavicino

Palazzo di Tobia Pallavicino (2)

Palazzo di Tobia Pallavicino – Camera di Commercio

I suoi occhi incontrano l’arte, lo scrittore annota minuziosamente le sue impressioni sulle opere di celebri pittori come Van Dick e Guercino, Tiziano e Tintoretto.
E sono ritratti, Flaubert li dipinge di nuovo con le sue parole, si sofferma sul colore degli abiti, su un’espressione, sui tratti del viso.
Osserva, scrive e racconta.
E così accade con le persone.
Palazzo Spinola, lì davanti, ricorda Flaubert,  c’era una donna che vendeva fiori.

Palazzo Spinola di Pellicceria

E poi quel domestico magro, dal viso dolce,così affezionato ai suoi padroni da non parlare che di loro.
Quadri, persone e vita.
Non può mancare una visita alla dimora di Andrea Doria, una terrazza perfetta per le passeggiate lente e pigre, così scrive lo scrittore francese.

Palazzo del Principe (24)

Cammina per le magnifiche sale, lo colpisce una portantina nera e rossa rifinita d’oro che si trova all’ingresso.
Che sia proprio questa?

Palazzo del Principe (18)

E ancora, le chiese, prima fra tutte la Cattedrale.

L’église Saint-Laurent : toute blanche et noire ; trois portails byzantins. C’est une église italienne où l’on aime à entrer parce qu’on est bien à l’ombre de ses marbres.

La chiesa di San Lorenzo: tutta bianca e nera, tre portali bizantini. E’ una chiesa italiana dove si ama entrare perché si sta bene all’ombra dei suoi marmi.

C’è una maniera di guardare che non è di tutti, ci sono occhi che sanno catturare ogni istante e fermarlo nella memoria.
E poi raccontano a te, lettore, ciò che hanno veduto.

San Lorenzo (2)

E un giorno solenne, si tiene il funerale di un notabile della città.
E Flaubert è lì, in cattedrale.
Forse sarà rimasto in disparte, sul fondo, all’ombra di una colonna.
Vede i monaci vestiti di scuro che con una mano reggono un cero e con l’altra dei fiori, dietro di loro ci sono preti con la tonaca scarlatta, sono paffuti e incedono come se fosse un corteo reale.
E poi ancora, Flaubert segue un altro funerale, alla Chiesa della Nunziata.
Si tratta di un religioso, un monaco in tonaca grigia accompagnato dai canti e dalle preghiere dei suoi confratelli, nella splendore di questa chiesa.

La Nunziata

Una maniera particolare di osservare la vita, nel silenzio sacro di un luogo di culto.

À Gênes, j’aimais à aller dans les églises.
A Genova amavo andare nelle chiese.

E così va ad ascoltare i vespri, in Carignano, tra le dame velate di bianco.
All’ingresso si affittano le sedie, il servizio è curato di una donna che attira l’attenzione dello scrittore francese.
Ed è un’altro ritratto: è vestita di blu, ha la gonna corta e grossi cammei pendono dai suoi lobi, ha scarpe di cuoio opache, una donna del popolo poco curato nell’aspetto.
E potrebbe essere il personaggio secondario di un romanzo, non credete anche voi?
E poi le mura, le strade strette e il mare che d’un tratto compare dove non te lo aspetti.

Quelle mer ! on la voit parfois dans les percées de ces rues noires et humides.

Che mare! Si vede a volte tra gli squarci di queste  strade nere e umide.

Dal Ponte di Carignano

Che soggiorno per il nostro Flaubert!
Non si fece mancare le passeggiate a cavallo sulle colline e poi via, lungo il Corso del Polcevera, concedendosi una sosta all’osteria per bere un bicchier d’acqua.
E penso all’ostessa, lei non sapeva certo di aver di fronte Gustave Flaubert!
E che dire delle serate mondane? il nostro turista se ne va a teatro, al Carlo Felice va in scena La sonnambula e lui è tra gli spettatori.

Carlo Felice

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Una sera invece si gode il teatro all’aperto all’Acquasola ed è lì che avviene un incontro fatale.
Una donna, di carnagione chiara con gli occhi blu e il naso sottile, vestita a lutto con il capo coperto di un velo bianco bordato di nero.
Batte il tempo con la testa e lui la osserva, la scruta.

Je crois que c’est la plus belle femme que j’aie vue, je m’abreuvais à la contempler comme on boit à pleine poitrine d’un vin dont le goût est exquis.

Credo che sia la più bella donna che abbia mai veduto, mi abbeveravo a contemplarla come si beve a piena gola un vino il cui gusto è squisito.

Un quadro, forse un romanzo.
E uno sguardo che scopre e disvela, non tutti gli sguardi sono uguali quello di Flaubert era certo speciale.
E’ tempo di partire, di lasciare la Superba.
E allora immagino Flaubert seduto al tavolino della sua camera d’Albergo, al Croce di Malta, a Caricamento, un luogo che ospitò molti celebri scrittori, come già vi ho raccontato in questo articolo.

torre-dei-morchi[1]

Si affaccia dalla finestra, guarda verso il mare, osserva.
E la memoria resta, impressa nelle sue parole.

…une ville tout en marbre, avec des jardins remplis de roses; l’ensemble en est d’un chic qui vous prend l’âme.
Pour moi, c’est Gênes, Gênes avant tout ce que j’ai vu.

…una città tutta di marmo, con giardini ricchi di rose; l’insieme è di una bellezza che ti prende l’anima.
Per me è Genova, Genova prima di tutto ciò che ho veduto.

(Lettera a Ernest Chevalier, 15 Giugno 1845)

Genova

Palazzo Spinola di Pellicceria, la terrazza e la città dei tetti

Lo spazio sopra di noi, dove il cielo incontra i caruggi la città offre disegni inaspettati e geometrie di azzurro.
Ma il nostro cielo  è anche lo scenario di uno spettacolo magnifico: i tetti di Genova.
Lassù, dove si sovrastano le piazzette e i vicoli, i portoni di pietra nera di promontorio e le persiane spinte in fuori a ricercare la luce.
Lassù, sopra i tetti.
E ci sono molti luoghi dai quali si può ammirare la Superba in questa sua splendida prospettiva, un punto di osservazione privilegiato è certamente la terrazza di Palazzo Spinola di Pellicceria.
Salite la scala anche voi, vi troverete qui.

Palazzo Spinola di Pellicceria

Cosa racconta la città dei tetti?
La città dei tetti narra del profilo delle alture velate di rosa, di ardesie spioventi e di grondaie.
E’ tavolini e sedie, è vasi di fiori e piante.

Tetti di Genova (4)

A volte è il contrasto tra il moderno e l’antico.
E allora è vetro e riflessi ma il Campanile delle Vigne svetta vittorioso, la sua maestosa bellezza non teme confronti.

Tetti di Genova (3)

La città dei tetti è una sfumatura di pesca sul mare e la vita del porto laggiù, in lontananza.

Tetti di Genova

E’ gradini, finestre e imposte chiuse, case vicine, unite una all’altra.
E’ scalette e terrazzini, vorresti contarli ma poi ti perdi a seguire le ardesie e i comignoli, cerchi un percorso tentando di immaginare come sia là sotto, dal fondo del vicolo.
E a volte non riesci a capire quale punto della città tu stia guardando, la città dei tetti è misteriosa, ha una prospettiva insolita, a volte mai veduta.

Tetti di Genova (5)

E’ panni stesi, muri freschi d’intonaco e abbaini.
E lassù, sopra i tetti, il vento soffia potente.

Tetti di Genova (6)

Lo spazio sopra di noi e lo spazio tra le case.
E lo sguardo incontra Spianata Castelletto, il punto panoramico più spettacolare su questi tetti e su queste ardesie.

tetti di Genova (7)

La città dei tetti è foglie rosse e ringhiere, finestre di ogni misura e il cielo come vicino di casa.

Tetti di Genova (8)

Non te ne andresti mai da qui.
Sotto ci sono le botteghe e i caruggi che brulicano di gente, Via San Luca e Fossatello, Via della Maddalena e Piazza Cernaia.
Ma quanto è diversa da quassù la città?
E quanto tempo occorre per indovinare ogni angolo ed ogni incrocio?

Tetti di Genova (9)

Non te ne andresti mai da qui.
Resteresti ancora sulla terrazza di Palazzo Spinola di Pellicceria, un edificio regale nel cuore della città vecchia, un gioiello dei nostri caruggi che ospita un prestigioso Museo del quale presto vi parlerò.

Palazzo Spinola di Pellicceria

Resteresti qui, a camminare avanti e indietro,  mentre lo sguardo cerca ciò che già conosci bene ma che pare così differente da quassù.
Tra le ardesie e il cielo, dove si svela la città dei tetti.

Tetti di Genova (10)