Una curva gentile e d’improvviso appare Monterosso, la prima località delle Cinque Terre che incontrerete venendo da Genova.
Lo sguardo di ognuno, nel medesimo luogo, si posa su dettagli diversi.
Io vi racconterò cosa hanno veduto i miei occhi, una domenica d’ottobre, a Monterosso.

L’insenatura sinuosa, le case, la striscia di sabbia e le rocce.

E’ affollata Monterosso, ci sono turisti di ogni nazionalità, due gioviali signore inglesi paiono proprio di casa, credo abbiano scelto di vivere qui.
E come non comprenderle?
E’ calda e caratteristica Monterosso, ha l’anima dei borghi liguri appoggiati sulla costa come pietre preziose incastonate nella roccia.

Una corda da stendere e una finestra chiusa, l’estate è finita.

Caruggi, panni stesi e tricolori.
Qui si è liguri e cittadini del mondo perché qui arriva il mondo intero a scoprire le bellezze delle Cinque Terre.

Porte chiuse, piante grasse e archetti.

E ombrelloni, tralci di vite, botti e fiaschi.
Qui, nella terra dell’uva, dei pampini e dei vini ricercati.

L’estate è finita eppure a Monterosso c’è una gioiosa confusione, i ristoranti sono aperti, sulle lavagnette sono esposti i menu, si gustano le delizie della cucina ligure vicino al mare.
Una luce chiara illumina il cielo delle Cinque Terre, si sentono risate e chiacchiere.
E’ una domenica perfetta.

La vita qui sa essere lieve e dolce come una pedalata giù da una discesa con il vento in faccia.

E in certi angoli sa essere anche silenziosa e semplice come una comune rete da pesca.

Vasi, piante e gradini.
Le scale infinite di Liguria rischiarate dal sole.

E piazzette e case tipiche di un borgo di pescatori che oggi è una meta turistica di grande rilievo.

Gironzolo per i caruggi.
E trovo creuze di mattoni e case dalla facciate dipinte di rosso.

E ancora scale e cassette ricolme di piccole piante.

Tintinnano le piccole conchiglie donate dalle onde del mare.

La bellezza è tutta lì, nelle piccole cose semplici che non hanno prezzo.

Portici, ombra e colore.

E ancora biciclette, quante ne ho viste per le stradine di Monterosso!

Geometrie di Liguria, linee verticali che sono una sinfonia di tinte calde.

E poi cammino, mi infilo su per le stradine dove le case hanno tutte le tonalità del giallo.
E crederesti che sia stato un artista a creare questa magia di toni.

Un profumo delizioso si spande per il caruggio, vedo una porta aperta al piano terra.
E no, io davvero non posso essere diversa come sono.
Mi conoscete ormai, io sono quella che entra in tutti i palazzi!
E così varco quella soglia e trovo un gentile signore intento a produrre il più delizioso dei vini, lo schiachetrà, il passito delle Cinque Terre.

Mi racconta che fa il vino soltanto per sé, seguendo certi antichi metodi.
Una chitarra, una bicicletta e i grappoli d’uva.

E damigiane, imbuti e tappi.

Segreti di antiche tradizioni ed effluvi dolci e delicati.

Per le strade di Monterosso, c’è sempre un filo da stendere verso il quale alzare gli occhi.

E c’è una tenda trasparente e leggera.

Ma Monterosso è anche la fotografia che non vorresti mai scattare.
Eppure si deve, in questa parte di Liguria che tanto è stata ferita dagli eventi alluvionali che hanno portato fiumi di fango in queste strade.
Si deve ricordare perché queste terre devono essere difese, protette e tutelate.
Osservate questa immagine, osservate le due targhe poste sul muro.

Segnano il livello dell’acqua durante le passate alluvioni.

E adesso guardate questa bella chiesa.

E’ tornata al suo antico splendore grazie alla caparbietà degli abitanti di Monterosso, perché i liguri sono gente tosta che sa rimboccarsi le maniche e rialzarsi.
E’ rinata Vernazza ed è rinata Monterosso, la memoria di ciò che è accaduto deve insegnarci a fare in modo che non accada mai più.

Rifulge della sua colorata unicità la bella Monterosso.

Tra scorci, curve e terrazzini.

Palazzi che disegnano i contorni dell’infinito.

In riva al mare, non saprei pensare a nulla di più adatto come sovraporta!

E osservo tra le case, verso quel turchese abbagliante.

E credo davvero che potrei rimanere qui, a osservare le nuvole che scorrono sui caruggi.

E’ allegra e solare questa domenica mattina, la gente passeggia tra i vicoli e si sofferma a scegliere le ceramiche.

Botteghe e negozietti di prodotti tipici, ad ogni angolo ne trovate uno.

Caruggi, lampioni e salite.

E poi? Ancora una porta aperta!
Ah, i pesci pronti da essere buttati in padella!

E oggetti di terracotta e borse di paglia, l’estate sarà pure lontana ma non si direbbe.

Mi perdo, tra luce e ombra.

Archetti, muri di pietra, rampicanti e biciclette.

Persiane aperte e il sole che filtra, caruggi e piante grasse.

E ringhiere, scale, ancora biciclette, vedete quante ce ne sono?

Il mare brilla e luccica, la spiaggia è deserta e il mare è calmo e piatto.

Le barche sono tirate a riva.

E forse presto prenderanno il largo.

Questo è il mio sasso.
In ogni spiaggia c’è un sasso per me.
Trascinato sulla sabbia dalla marea e caldo di sole, questo è il mio sasso.

Salgo, guardo il mare tra gli alberi.

Seguo il profilo della costa che si perde all’orizzonte.

E l’azzurro prepotente si staglia tra i rami.

Si intravedono le belle case di Monterosso.

E poi la vista si apre sulla costa, la spiaggia e il paese così dolcemente posato tra il verde.

E lassù, davanti al mare aperto, si erge una statua di San Francesco.
Ed è silenzio.
Ed è pace.

Il giorno riluce, nella quieta tranquillità del golfo.

Un gabbiano si libra sulle acque turchesi del mare di Monterosso.
Il suo volo è una danza, un inno alla vita e alla bellezza delle Cinque Terre.
