Una targa per Pittamuli

Era un eroico ragazzo, era poco più che un bambinetto, si dice che Pittamuli avesse circa 10 anni.
Vi ho già narrato la sua vicenda, in questo vecchio post.
Questo ragazzino detto Pittamuli brillò per il suo coraggio nei giorni di dicembre del 1746, in quella stagione infiammata dalle gesta del Balilla.
Eccolo Pittamuli, è svelto e indomito, lui agisce dalle parti del Ponte di Sant’Agata, i soldati austriaci cercano di superare la Val Bisagno per entrare in città e nello strenuo tentativo di tenere la posizione si asserragliano in un’osteria, la popolazione è terrorizzata.
Ci sono poi quelli che invece non si fanno intimorire e uno di questi è Pittamuli, lui va là davanti e appicca un incendio con una fascina e poi con le armi e insieme ai suoi concittadini difende la città dal nemico che viene così ricacciato indietro.
La memoria di questo ragazzo è rimasta nelle vicinanze di quei luoghi che lo videro protagonista.
Per leggere il suo nome dovrete varcare la soglia di questo edificio di Piazza Manzoni dove si trovano ai nostri tempi gli uffici del Municipio Bassa Val Bisagno.

L’eroismo di un ragazzino e il nome con il quale è da sempre ricordato brillano in lettere dorate sulla targa apposta nell’atrio.
Per il suo valore Pittamuli viene paragonato ad Andrea D’Uberdò e a Pier Maria Canevari, anch’essi eroi di quei giorni difficili: il primo era un calzolaio ed era soprannominato lo Spagnoletto mentre il secondo era un nobile, potrebbe sembrare ai nostri occhi che non potessero esserci persone più distanti tra loro.
Entrambi, invece, combatterono per lo stesso ideale e per cacciare gli austriaci dalla città, entrambi morirono con le armi in pugno e furono onorati per il loro ardimento.
Al loro coraggio è così accostata l’audacia del giovane Pittamuli, un ragazzino di Genova che si distinse in quei tempi difficili del 1746.

I custodi di Via XX Settembre

I luoghi a volte nascondono segreti, a volte invece celano soltanto un messaggio che noi non sappiamo leggere e ne siamo in qualche modo colpevoli, quanto meno a causa della nostra distratta disattenzione.
Vi porto in Via XX Settembre, centrale arteria cittadina sorta in un periodo di grande fermento, sul finire dell’Ottocento la città aveva bisogno di una strada ampia e vasta e la nostra Via XX Settembre fu edificata sul tracciato dell’antica Via Giulia e della scomparsa Via della Consolazione.
Sorsero, nel corso degli anni, gli edifici che ancora vediamo e che rendono maestosa ed elegante la strada dello shopping e dei negozi.

Tutti noi genovesi siamo passati decine di volte sotto l’arco che collega due edifici di Via XX Settembre, quanti di noi però si sono mai soffermati a chiedersi chi siano coloro che lo presidiano?

Sono i custodi di Via XX Settembre o per lo meno a me piace pensare che sia così, nel marmo infatti sono effigiate due figure importanti per questa città, ho scoperto di chi si tratta leggendo un libro di grande pregio, è il volume curato da Franco Sborgi dal titolo Il Mito del Moderno – La cultura liberty in Liguria.
Su queste pagine ho letto che fu l’artista Arnaldo Fazzi a realizzare le sculture poste ai lati dello stemma di Genova, esse svettano sopra noi passanti distratti che non le notiamo.

Ha sguardo saldo e fiero il prestante Mercurio, stringe uno dei suoi simboli, è il bastone alato sul quale si attorcigliano due serpenti e rappresenta la prosperità.
Mercurio è il dio del commercio e fu così scelto per vigilare su questa strada dai molti negozi, è una presenza beneaugurante.

E ancor di più lo è il giovane che si trova sul lato opposto, lui è un ragazzo caro a tutti i genovesi: è il nostro Balilla, colui che diede l’inizio alla rivolta dei genovesi contro l’invasore austriaco.

E come tutti sapete, oltrepassando quell’arco si giunge nella zona di Portoria che fu un tempo scenario di quell’epico episodio che vide come protagonista il nostro Balilla.
La statua stringe in una mano un sasso, quello che il ragazzo lanciò contro i nemici, il simbolo del suo eroismo.

La vita, poi, scorre.
E il tempo fugge proprio via, noi ci dimentichiamo certi istanti della nostra storia.
E forse abbiamo anche scordato quella sensazione che noi non abbiamo vissuto: il cambiamento e le novità di un nuovo secolo, il fascino del progresso e le sue ammalianti stranezze.
Trovo spesso negli scritti di quel tempo un senso di ottimismo e di speranza per il futuro, c’è una sensazione di straordinarietà e straordinaria fu anche l’innovazione urbanistica di questa città.

Si guardava al domani tenendo nella memoria il passato, senza mai dimenticare i giorni più difficili.
Perché poi siamo stati anche quelli lì, quelli di Portoria.
Genova città di indomite fierezze antiche, Genova città di commerci: nel nuovo secolo ha una nuova strada che sfavillerà di vetrine eleganti e tutto è in qualche maniera eccezionale.
La nostra Via XX Settembre ha così i suoi orgogliosi custodi, vegliano su di lei dagli inizi di un altro secolo.

L’Imperatrice Sissi per le strade di Portoria

È la memoria di un celebre cronista genovese a tramandare un episodio poco noto che ci porta ancora al passato.
A narrare questo aneddoto è lo straordinario Amedeo Pescio in un articolo inviatomi dal mio amico Eugenio, dal ritaglio non si evince la testata del quotidiano ma presumo che il pezzo sia tratto da Il Secolo XIX in quanto Pescio scrisse a lungo per questo celebre giornale della mia città.
E dunque, andiamo ad altri anni.
II nostro Amedeo ricorda un giorno della sua giovinezza, lui all’epoca era appena un ragazzino e se ne andava a zonzo in Via Roma in compagnia di uno sgamato giornalista che gli insegnerà i trucchi del mestiere.
D’improvviso l’esperto cronista ha una stupita reazione di entusiasmo, in Via Roma incedono aggraziate due dame molto eleganti che attirano la sua attenzione.

Via Roma

Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo

Una delle due lo colpisce in modo particolare: indossa un abito scuro, un cappellino da viaggio e regge un ombrello con il manico d’argento.
Ha una bellezza diafana ed eterea, sebbene non sia più così giovane è sempre una donna affascinante.
Osserva le vetrine della lussuosa via genovese, indugia incuriosita davanti al Magazzino Viennese.

Via Roma

E poi ancora, insieme a colei che l’accompagna, si sofferma ad ammirare una mostra di fiori, quindi posa lo sguardo sulle lussuose vetrine di Issel.
Il giornalista segue con gli occhi l’illustre visitatrice, non la perde mai di vista.
E d’un tratto, trafelato, gli viene incontro un collega, così i due cominciano a confabulare tra di loro:
– Ma è lei? – domanda uno.
– Certo che lo è! – risponde prontamente l’altro.
Incuriosito da questo scambio di battute il giovane Pescio chiede di chi stiano parlando e il famoso cronista senza esitazione ribatte:
– L’Imperatrice d’Austria!
Sì, era proprio la celebre Sissi che all’epoca viaggiava in incognito con il suggestivo pseudonimo di Lady Parker, di quei suoi giorni genovesi vi ho già ampiamente parlato in questo articolo.
Torniamo all’interessante racconto di Pescio, per l’appunto è lui a ricordare un fatto poco noto, egli stesso scrive che non è stato tramandato dalle cronache ufficiali.
Eccola Sissi, in compagnia della dama e di una guida si avventura alla scoperta della città, chiede di visitare una particolare parte di Genova, domanda di vedere Portoria.

Portoria

La guida affabile la conduce per quelle strade, le mostra l’Ospedale di Pammatone, si dilunga a narrarne le vicende.
E insomma, cerca di sorvolare su un argomento che potrebbe essere spinoso: in quella zona c’è una memoria storica di rilievo, quel luogo ricorda il gesto di Balilla, simbolo della ribellione dei genovesi al nemico austriaco.

Portoria Balilla

E Sissi è Imperatrice d’Austria, pertanto è necessaria una certa cautela, si rischia l’incidente diplomatico.
Eppure è proprio lei a chiedere di vedere la statua del prode ragazzino, Sissi desidera essere condotta al suo cospetto.

Balilla (2)
E non ha neanche bisogno che le si racconti la storia, a quanto pare conosce bene le vicende di quel periodo.
E pronuncia una frase in proposito, queste parole che meritano di essere ricordate:
– Non si può comandare in casa degli altri!
Non è la sola traccia del suo passaggio nella mia città, i cronisti dedicarono diversi articoli a quei suoi giorni nella Superba.
Di quella sua visita nella zona di Portoria scrisse Amedeo Pescio, grande giornalista e incomparabile narratore della storia di Genova.
Era un aneddoto rimasto nella sua memoria, risaliva ai tempi della sua fanciullezza.

Piazza Pammatone (2)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Il Magnifico Cristoforo Spinola e la sua prigionia

Torniamo ad anni cupi, al tempo in cui a Genova si usava rinchiudere i debitori nella sinistra prigione della Malapaga.
Nel passato, narrano gli storici, certi incarceramenti erano ben studiati: erano note le risorse dei generosi amici del condannato e si confidava così nel prodigo soccorso di costoro, certo avrebbero provveduto a coprire il debito del malcapitato per restituirgli così la libertà.
Gettato in un’umida e triste cella finì anche il Magnifico Cristoforo Spinola, rappresentante di una blasonata famiglia e importante uomo affari.
Eccolo il nostro Cristoforo, anch’egli varca la soglia della Malapaga, forse i suoi occhi si posano proprio su quella lapide dove sono elencate le mercedi dovute al custode o forse ai suoi tempi ne trova una diversa da questa.

Malapaga

Beh, il nostro Spinola non tirerà fuori un soldo per uscir di galera e non saranno neppure i suoi amici ad aiutarlo.
Dovete sapere che è finito là dentro per aver mal risposto la sua fiducia nella persona sbagliata, nihil sub sole novi, verrebbe da dire.
E infatti tra il 1742 e il 1743 a Venezia operava un tale che curava gli affari del nobiluomo genovese e non lo faceva certo in maniera cristallina: pare che abbia raggirato e truffato decine di persone!
Ovviamente la legge non ammette ignoranza e le reazioni dei creditori non si sono fatte attendere, uno per uno tutti sono andati a batter cassa da Cristoforo.
Lo Spinola, non sapendo che pesci pigliare, pensò di affidarsi a qualcuno che potesse districare lo spiacevole impiccio e chiese l’intervento di una personalità di riguardo: Carlo Goldoni, all’epoca console di Genova a Venezia, vi ho già narrato i dettagli su questo suo incarico in questo articolo.

Vico Sant'Antonio (2)

Vico Sant’Antonio – lapide per Carlo Goldoni

Malgrado cotanto interessamento lo Spinola non ebbe fortuna e una volta tornato a Genova per l’appunto finì in gattabuia.
Tuttavia i suoi creditori stavano in guardia, non c’era da fidarsi della sicurezza della Malapaga.
E così, tutti d’accordo, scrissero una bella lettera ai Serenissimi Senatori chiedendo che lo Spinola venisse trasferito nella prigione del Palazzetto Criminale dal quale Cristoforo non sarebbe certo riuscito ad evadere.

Salita all'Arcivescovato (4)

La storia è narrata con ricchezza di particolari dal meraviglioso Amedeo Pescio nel suo Croce e Grifo, io possiedo questo prezioso volumetto che è stato stampato in 25 copie, ho scovato una di esse nello scaffale di una libreria dell’usato.
La prigionia di Cristoforo Spinola ebbe un esito imprevisto, state un po’ a sentire cosa accadde.
Mentre lui era ancora dietro le sbarre, a Genova imperversava la rivolta contro l’invasore austriaco, il 5 dicembre 1746 un ragazzo noto come Balilla lanciò un sasso e diede inizio alla ribellione della gente di Genova.

Balilla (2)

Nei giorni che seguirono il  popolo si riversò nelle strade, un’orda furiosa travolse persino la Malapaga e vennero liberati tutti prigionieri, si voleva che questi si unissero ai genovesi per scacciare i nemici austriaci.
E così le porte della cella si spalancarono anche per il nostro nobiluomo, l’ineffabile Amedeo Pescio dice che i popolani si rivolsero a lui con queste parole:
– Scia vegne sciö Cristoffa!
– Venite con noi signor Cristoforo!
Ebbe così fine la disgraziata prigionia del Magnifico Cristoforo Spinola, finito in carcere per i suoi debiti.

Portoria Balilla

5 Dicembre 2013, A Compagna e la statua di Balilla

Immaginate un giorno d’autunno, nel quartiere di Portoria, nell’anno 1881.
Ci sono le autorità, la fanfara dei pompieri, i servitori con la livrea di gala,  ci sono diverse associazioni, ognuna reca il proprio stendardo.
Si inaugura il nuovo basamento della statua di Balilla, il ragazzino che il 5 dicembre 1746 scagliando un sasso diede il via alla rivolta del popolo di Genova contro gli austriaci.
E si suonano canti patriottici, si sosta in Vico Capriata, dove un tempo era la casa di Balilla.
E poi viene posta ai piedi della statua una corona arricchita di nastri.
Portoria è un tripudio di gioia e di orgoglio.

Piazza Pammatone (2)

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Le finestre sono tutte illuminate, tremano le fiamme delle candele, Via Roma è uno sfavillio di archi luminosi e in cima alla strada trionfa una stella d’Italia tricolore e al di sotto, a grandi lettere, si legge il nome di Balilla.
E poi ancora, luci bianche, rosse e verdi lungo i viali dell’Acquasola.
E gente che si riversa per le strade del quartiere, nei caffè e nelle locande, a sera i  fuochi artificiali rischiarano il cielo.
Una grande festa in nome di Balilla.
Il racconto di quella giornata è riportato da un anonimo giornalista sul Caffaro del 3 Ottobre 1881.
Ne sono venuta a conoscenza grazie al mio amico Vittorio Laura, collezionista di storie e di cimeli genovesi.
Vittorio ha pubblicato questo articolo in un libretto di otto pagine, il così detto ottavino.
I suoi ottavini sono delle vere perle, io li possiedo tutti perché Vittorio me li ha regalati e lo ringrazio ancora di avermi donato un prezioso cofanetto ricco di notizie rare su Genova come questo racconto che ci conduce a Portoria, nel 1881.

Piazza Pammatone

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

E veniamo ai giorni nostri, al 5 Dicembre 2013, il giorno dell’anniversario del gesto di Giovanni Battista Perasso, detto Balilla.
E a Portoria c’era tanta gente.
L’Associazione A Compagna, per festeggiare il 90°anno di attività, ha donato alla città di Genova il restauro del basamento marmoreo della statua di Balilla e ha adottato l’aiuola nella quale è posto il monumento.
Una giornata in memoria di un bambino chiamato Balilla.

Balilla (2)

A Compagna è un’associazione culturale che promuove la conoscenza della storia della città, delle sue tradizioni e del dialetto genovese.
E ai piedi della statua che troneggia in Portoria c’era uno di loro a reggere lo stendardo.

Balilla (3)

C’erano le autorità e ognuno ha parlato ricordando la figura di Balilla e il suo valore nella cultura di questa città.

Balilla (4)

Nell’immagine sottostante vedete il promotore di questa splendida iniziativa, il Gran Cancelliere di A Compagna Maurizio Daccà insieme a Franco Bampi, presidente dell’Associazione.

Balilla (5)

E la bandiera con la Croce di San Giorgio è stata fatta cadere e il monumento si è mostrato agli occhi del pubblico in tutto il suo rinnovato splendore.

Balilla (6)

Ed è giusto rendere merito a chi ha reso possibile tutto questo.
La scritta sul monumento fino a poco tempo fa era in queste condizioni.

Iscrizione Momumento a Balilla

Adesso chi passa in Portoria può leggere le parole che ricordano un bambino genovese che è passato alla storia per quel gesto che ha cambiato il corso degli eventi di questa città.

Balilla

Una splendida iniziativa che restituisce a Genova un monumento importante, una testimonianza preziosa del nostro passato.

Balilla (7)

Una giornata da ricordare,  una corona e  i colori della nostra bandiera per celebrare il piccolo coraggioso che è nel cuore dei genovesi.
Come in quel giorno del 1881, quando tutta la città era in festa per Balilla.

Balilla (9)

Portoria è cambiata, non ci sono più le vecchie case di Piazza Pammatone, ora questo è un quartiere moderno, in questo post vi avevo portato a fare una passeggiata virtuale tra quelle antiche strade che non ci sono più.
C’è ancora Balilla, con il braccio alzato, il sasso nella mano.
Pronunciò poche parole in genovese e scatenò la rivolta, quelle parole letteralmente significano: la comincio?
Che l’inse?
A Portoria, il 5 Dicembre 1746.

Balilla (10)

Per le strade della vecchia Portoria

Oggi vi porto per le strade della vecchia Portoria, un balzo nel tempo ci condurrà attraverso vie che non esistono più.
Alcune di queste strade non le abbiamo mai vedute, tutto è mutato in quel quartiere e sebbene la moderna Piccapietra sia un quartiere elegante e gradevole io vorrei poter camminare ancora per quelle antiche  strade.
Il viaggio inizia qui,  partiamo dalla piazza centrale di Genova che ancora si presenta come in anni lontani e andiamo verso Portoria.
Ci sono le carrozze, le prime automobili e i tram.
Oh, c’è un gran via vai!

Piazza De Ferrari

E noi attraversiamo il salotto buono della città, tra uomini d’affari con la bombetta e persone affaccendate nelle loro commissioni.
Oh, ma cos’è questo dolce profumo di zucchero?
Da dove proviene?
Ah, già! Dalla grande fabbrica di frutti canditi!
Fornitori del Sovrano e della Reale Casa di Savoia!
E che aromi deliziosi invadono le strade!

Pubblicità

Scendiamo piano, giù per Via XX Settembre, mi raccomando, fate attenzione ai carretti, per carità!

Via XX Settembre

Camminando nel passato di Genova si incontra una bimba.
La vedete anche voi?
Sotto al braccio porta una piccola cesta.
E lei è minuta, indossa un vestitino celeste, la stoffa è da poco prezzo a dire il vero, si sgualcisce in fretta.
Ma lei pare davvero una piccola principessa delle fiabe, ha occhi scuri, profondi come un pozzo nel quale si specchia la luna.
E occhi come i suoi davvero sanno scrutare l’imperscrutabile.
La bambina di Portoria mi porta con sé, su per una scalinata ripida.
Questa è Vico Tintori, un vicolo per un antico mestiere, come spesso accade a Genova.

Vico dei Tintori

La bimba cammina in fretta, i suoi tacchi battono sugli scalini e i capelli ondeggiano sulla sua schiena.
E si ferma.
In questa piazza, dedicata a un ragazzino coraggioso.
Il piccolo Balilla è nel cuore di tutti a Genova!

Piazza Pammatone (2)

E certo non è strano che qui esercitino la loro professione diverse levatrici, qui c’è l’ospedale si Pammatone.
C’è una trattoria e ci sono diverse botteghe.
E la bambina con quegli occhi scuri scruta l’imperscrutabile.
Cosa osserva?
Si gioca attorno al monumento dedicato al piccolo patriota, certe piccine portano un grembiulino bianco, forse bordato di pizzo delicato.
E la ragazzina più grande ha un abito chiaro, sembrerebbe piuttosto ricercato.
L’infanzia è lieta in Piazza Pammatone.

Piazza Pammatone

Oh, ma poi da queste parti si può anche mangiare un buon gelato!
La dolce panera che si può gustare a Genova, c’è un cartello sul muro, sotto l’insegna della latteria.
E certo se la pregusta quel ragazzo dal  visetto sbarazzino, indossa calzoni scuri, giacchetta e un cappello calcato sulla testa.
Monelli di Portoria e adulti che sfoggiano baffi importanti.

Piazza Pammatone (3)

E poco distante voci allegre e compiaciute!
Tutti in posa per la fotografia!
Al Ristorante Cinotto è un gran giorno: un bicchiere in mano per brindare al futuro luminoso che riserva ineguagliabili soddisfazioni.
E che classe ed eleganza!
La clientela del resto non è da meno, c’è da dirlo.

Ristorante Cinotto

Corre.
Ancora corre la bambina di Portoria.
E io la seguo, per le strade di questo quartiere.
Una creuza, un lampione a illuminare Via delle Fucine.
Poco distante da Vico  Tintori, le Fucine richiamano appunto le officine di questi artigiani.

Vico delle Fucine

La città cambia, muta e diviene un luogo diverso.
E ci sono strade che non ho mai veduto: Vico Agogliotti, Vico Pevere, Vico Pellissoni.
Beh, vi regalerò una cartina, non vorrei che vi perdeste!

Cartina

Seguo la bimba con il cestino.
E passiamo là, sotto la Porta Aurea.
E sotto alla Madonnina la bimba si fa il segno della Croce, raccomanda il suo cuore pulito alla Vergine Maria.
Un passo, una discesa più ripida e io provo ancora a seguire la bambina in quelle strade che non ho mai veduto.
Ma in un istante lei scompare, si dissolve come uno sogno evanescente.
E con lei le creuze, i caruggi, le botteghe di anni passati.

Porta Aurea

E’ un mondo mai vissuto che abita le mie fantasie, quando cammino sotto i Portici di Via XII Ottobre, tra belle vetrine e la gente a passeggio.
Penso.
Penso a com’era, a com’è adesso.
E poi ci sono questi modi per viaggiare nel tempo, osservando le immagini di quegli anni, in passato già vi mostrai Via Madre Dio, qui trovate l’articolo che racconta di quella strada tanto rimpianta.
E’ la mia maniera di sognare ed immaginare.
La cartina e la pubblicità sono tratte dalla mia Guida Pagano del 1926.
Le cartoline che avete visto invece appartengono a Stefano Finauri, un giorno gli ho chiesto di mostrarmi la vecchia Portoria e lui, generoso e gentile come sempre, ha cercato per me queste cartoline nel suo immenso archivio.
E lo ringrazio, è merito suo se ho potuto camminare per queste strade.
Luce e ombra, caruggi e panni stesi.
A volte è tutto come allora.

Genova

Le palle di cannone nei muri di Genova

La storia della città si può leggere per le sue vie, su quelle case antiche e alte, dentro i portoni e su per le scale.
E per le sue strade, a volte non notiamo certi particolari eppure sono ben presenti.
Sui muri della città ci sono testimonianze di momenti tragici vissuti dai genovesi del passato: ribellioni, insurrezioni e tracce della storia di tempi lontani.
Era il mese di dicembre del 1746 quando Genova insorse contro gli odiati austriaci ed è nella memoria di tutti il coraggio del piccolo Balilla, di lui e del suo gesto vi ho già parlato qui.
Caddero palle di cannone sulla Superba in quei giorni.
Alcune sono tuttora visibili, eccole qui, si trovano esattamente una accanto all’altra.

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E vennero altri giorni, nell’aprile del 1849 la città venne pesantemente colpita ed aggredita dai Bersaglieri del Generale La Marmora, i cannoni spararono contro le case e le chiese, Genova visse ore drammatiche delle quali presto vi parlerò più ampiamente.
Oggi osserviamo ciò che è rimasto, le palle di cannone che i genovesi vollero mettere nei muri a memoria di quanto accaduto.

Dearmissfletcher

Una  si trova accanto ad un’edicola, chissà quante preghiere e suppliche sotto a questa sacra immagine.
Speranze e dolori, sospiri e sussurri.
Ci pensate mai a questo?
Quando passate sotto ad un’edicola pensate mai a chi si fermò proprio lì, dove voi siete, per chiedere una grazia o la protezione divina?
A me accade, sempre.

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E ancora altrove, altre sorprese, dove proprio non si penserebbe mai di trovarne.

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Avrete notato che non ho citato nomi di strade.
Forse alcuni di voi avranno avuto modo di vedere una puntata di Presa Diretta che ho fatto per Primocanale: durante una passeggiata per la città insieme a Giovanni Giaccone ho presentato alcune palle di cannone che vedete in questo post, sono forse le più note e ben si conosce la loro collocazione.
In un secondo tempo mi sono state mostrate le altre e riguardo a quest’ultime mi è stato fatto notare che vanno in qualche modo difese e tutelate, in quanto non sono collocate tanto in alto.
E credo che forse sia meglio non specificare qua sopra la loro esatta posizione, questa è la ragione per la quale ho impiegato tanto tempo per scrivere questo post, alla fine ho deciso di mostrarvele comunque senza svelare dove si trovino.
E ogni tanto mi guardo intorno, sapete?
Cammino per i vicoli, per questa mia bella Genova, cerco le tracce di ciò che è stato.
Forse nascosta in qualche muro, vicino all’immagine di un santo, tra le pietre o sotto alle finestre c’è una palla di cannone posta lì da chi ci ha preceduto.
C’è un palazzo, nel cuore della città.
E nel portone, appesa a un muro, si trova una palla di cannone collocata in quella posizione da chi un tempo visse in questa casa.

Dearmissfletcher (2)

Gli anni scorrono, la memoria di quelle ore infuocate e del sangue versato è incisa sul marmo.
Questa è la storia della città che si legge per le sue strade.

Targa

QUESTA PALLA FU LANCIATA IN
QUESTA CASA DALLA BATTERIA DELLA
LANTERNA DAI SOLDATI DEL GENERALE
ALFONSO LA MARMORA
IL 5 APRILE 1849

Un ragazzino chiamato Pittamuli

 La storia a volte è fatta di piccoli gesti eroici.
La storia a volte si compie grazie ai più giovani, è il caso del celebre Balilla, a Genova tutti conoscono il suo nome.
Balilla, il ragazzo che scagliò verso gli odiati austriaci il sasso che diede il via alla rivolta del dicembre del 1746.
La sua vicenda è nota, se volete leggerla l’ho già raccontata in questo post.
E oltre a lui vi fu un altro bambino che fece la sua parte e diede il suo prezioso contributo.
Si sa poco di lui, si sa che aveva circa dieci o undici anni, lo chiamavano Pittamuli e aveva il coraggio e la sventatezza della sua giovane età e questo è ciò che avvenne in quei freddi giorni d’inverno.
Una rabbia crescente alimentava i cuori, i soldati austriaci che si trovavano in Val Bisagno tentavano di entrare in città ma a contrastare la loro azione trovarono il popolo di Genova.
Tumulto, disordine e confusione, la buona gente del quartiere era in allarme, alcuni dei soldati nemici armati fino ai denti avevano preso possesso di un’osteria che si trovava dalle parti del Ponte di Sant’Agata, non c’era verso di stanarli da lì.
E allora sapete cosa accadde?
Tra coloro che reagirono contro gli austriaci c’era proprio questo ragazzino soprannominato Pittamuli.
Eccolo, si fa largo tra i suoi concittadini e giunge proprio di fronte all’osteria.
Mi pare di vederlo, un piccolo coraggioso che nulla teme, in mano regge una fascina alla quale appicca il fuoco.
Ha anche un’arma, una pistola con la quale sparerà al primo austriaco che gli si parerà davanti.
E poi insieme agli altri che erano con lui sparerà ancora, getterà la sua fascina accesa nel locale appiccando così un incendio.
E il drappello di soldati nemici verrà sconfitto proprio grazie al gesto eroico di un ragazzino.
In uno dei miei libri ho trovato una poesia dedicata al giovane Pittamuli, è ricca di parole che ne esaltano il coraggio e la grandezza d’animo.
Lesto il piè, destra la mano, questo è un verso di quel componimento.
Riguardo a quei giorni di dicembre presto vi mostrerò una curiosità che ho scoperto da breve tempo, qualcosa che mi ha davvero sorpreso.
Al piccolo eroe fu dedicata una strada in Val Bisagno e un vico dalle parti di Via Colombo.
Aveva dieci anni e tutti lo chiamavano Pittamuli.

Via Pittamuli

Via Pittamuli  – Cartolina appartenente alla collezione di Stefano Finauri

Genova, 10 Dicembre 1847: Goffredo Mameli e i giovani che cambiano il mondo

I giovani cambiano il mondo.
I giovani hanno risorse che gli adulti non sanno comprendere, hanno istinti che li spingono verso ciò in cui credono, hanno l’incoscienza e la protervia di certi anni belli.
Sì, sono sempre i giovani a rovesciare il destino dell’umanità, da tempo immemore.
I giovani a volte leggono libri che infiammano i loro cuori e accendono le loro menti.
A volte si ritrovano in certi pensieri, nel quali riconoscono la propria identità.
Trascorreranno anni, e l’ideale e il reale collimeranno, per sovrapporsi in un lento divenire.
I giovani, i libri, le idee.
E la memoria di un gesto, di un evento.
Genova, 1746, la cacciata degli Austriaci, al quale è legata l’epica figura di Balilla, qui trovate la sua vicenda.

La targa che vedete si trova sul muro esterno di Via Balbi 5, dove è situata la facoltà di Legge.
Tanti studenti varcano quel portone, salgono la scala di marmo bianco, forse alcuni si soffermano a leggere, ho questa speranza.

Studenti in questa facoltà furono due giovani amici, in anni di grandi fermento.
Il primo ebbe per destino l’esilio, divenne il fuggiasco più ricercato d’Europa.

L’altro studente, Jacopo era il suo più caro amico, finì i suoi giorni in questo luogo. Studiò anche lui qui, come i suoi fratelli.

I giovani cambiano il mondo, sempre.
Tra i molti studenti della facoltà di Genova, ve ne fu un terzo che ebbe l’onore del ricordo nel luogo dove aveva compiuto i suoi studi.

Ed è a lui che torniamo, a Goffredo Mameli.
E all’inverno pungente del 1847, in quel 10 dicembre nel quale cade l’anniversario della cacciata degli austriaci.
Un corteo di cittadini parte alla volta del Santuario d’Oregina, dopo 101 anni lo scopo è rinnovare il ringraziamento alla Madonna per la liberazione della città dal nemico, ma in realtà si vuole dimostrare quanto gli italiani siano uniti nel desiderio di una sola nazione, è questo il grido, questo il messaggio che si leva dalla folla che procede verso Oregina.
La manifestazione è stata decisa da un gruppo di ardimentosi, tra i nomi di spicco figurano Nino Bixio, Gerolamo Ramorino e Goffedo Mameli.
Quest’ultimo ha vent’anni.
I giovani cambiano il mondo, ricordate?
Alle otto del mattino, i partecipanti si danno appuntamento all’Acquasola.
E un corteo affollato, che raccoglie grande partecipazione di pubblico, si tratta di ben 35.000 persone.
Marinai e commercianti, notai ed avvocati, ogni gruppo ha la propria bandiera.
Si sale verso Oregina, passando per Strada Nuova.
E alla testa del corteo c’è lui, Goffredo.
E intona il suo canto, ai tempi proibito, parole che diverranno l’Inno di questa nazione così poco patriottica.
E’ il canto della ribellione, perché i giovani cambiano il mondo.
Genovesi che salgono verso Oregina, compatti ed uniti, ridiscenderanno giù passando per la Nunziata, per Caricamento, Via San Lorenzo e poi fino a Portoria sotto la statua di Balilla.
Un corteo per la libertà e per l’Unità.
Un corteo guidato da un ventenne, perché i giovani cambiano il mondo.
E sventolano le bandiere e risuonano le voci che salgono potenti e sovrastano un’intera città e il destino di una nazione.
E tra le molte insegne, nella folla di gente, per la prima volta sventola il tricolore.
Sono due le bandiere, le reggono due universitari, uno è lui Goffredo Mameli, l’altro è il suo compagno di studi Luigi Paris.


Università di Genova, Facoltà di Legge, Via Balbi 5 

I giovani cambiano il mondo e non hanno paura di nulla.
I giovani intonano canzoni vietate, come il Canto degli Italiani.
La bandiera di Luigi Paris si trova esposta al Museo del Risorgimento.
Il tricolore di Goffredo Mameli, in quel dieci Dicembre, venne donato dal patriota al Rettore dell’Università di Genova ed ancora oggi si trova in quell’edificio.
La gioventù è caparbia, sventata, imprevedibile, scevra di ogni timore.


Domenico Induno – Ritratto di Goffredo Mameli
Opera esposta al Museo del Risorgimento Istituto Mazziniano di Genova

Chi oggi ha vent’anni forse non si riconosce in Goffredo Mameli, non vede in lui un suo simile, un fratello, un compagno di studi.
Ma il tempo non separa le generazioni, le unisce.
Libertà, democrazia, indipendenza.
Non sono parole vuote, non sono conquiste da dare per scontate, come spesso accade.
E le dobbiamo anche a lui, a Goffredo Mameli.
Nostro amico, fratello, compagno di studi.