Vi porto ancora nella città vecchia, sui passi di un genovese che alla sua epoca ebbe uno sfolgorante successo.
Ludovico Lavagnino nasce nel 1821, sono anni complicati e turbolenti ma lui in qualche modo è destinato a lasciare il suo segno.
Cresce tra buone letture e con autentico amore per i libri, sua madre ha una libreria sotto i portici dell’Accademia Ligustica e da qui inizierà l’avventura del nostro nel mondo dell’editoria, a 28 anni Ludovico rileva la tipografia di Nicolò Dagnino.
In linea con i tempi il giovane imprenditore dà voce alla politica dell’epoca, stampa giornali ed almanacchi di ispirazione democratica.
E non solo, pubblica anche guide e orari del treno, quanti mi piacerebbe avere uno di quei testi!
La sua impresa coinvolge la moglie e il figlio, Lavagnino ha entusiasmo e spirito d’iniziativa, la chiave del suo successo è nell’interesse costante per l’innovazione, sono per lui fonte di ispirazione le belle edizioni illustrate dei Fratelli Treves.
E come dargli torto?
Io possiedo un volume del romanzo L’Ammazzatoio di Emile Zola edito da Treves e le illustrazioni sono un vero valore aggiunto.
Gli affari vanno bene così il nostro Lavagnino acquista due appartamenti al numero 1 di Vico Vegetti.
In quei locali dal 1871 avrà la sua sede il glorioso Stabilimento Tipografico di Ludovico Lavagnino, rotative nuove di zecca permettono di sveltire le pubblicazioni.
E sono celebri i giornali da lui pubblicati, basti citare Pensiero ed Azione, Il Caffaro e il Dovere.
Ed è lui a dare vita a Il Mondo Illustrato, un settimanale diretto da Luigi Arnaldo Vassallo.
Ed è ancora lui a pubblicare L’Epoca nel quale le notizie sono arricchite da belle illustrazioni, uno stile vincente che verrà adottato anche dalla celebre Domenica Del Corriere.
Lungimirante e intuitivo Lavagnino ha le doti dell’editore di successo: sceglie i macchinari migliori e si avvale dell’uso del telegrafo, ha sempre un occhio di riguardo per le novità e per la valorizzazione delle immagini, è anche un abile uomo di marketing e fa ottima pubblicità ai suoi giornali.
Tuttavia la sua carriera conoscerà anche delle ombre, Lavagnino dovrà affrontare la pesante accusa di frode fiscale e sul finire dell’Ottocento il suo astro perderà il suo fulgore.
A farmi conoscere questa vicenda è stata la Professoressa Marina Milan, docente di Giornalismo Internazionale e di Storia del Giornalismo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova, colgo l’occasione per ringraziarla in quanto è un vero piacere averla tra i lettori di questo blog.
Tutte le notizie che avete letto in questo articolo sono tratte da un suo saggio dal titolo “Carte d’archivio e giornali. Fonti inedite per la storia del giornalismo” pubblicato in Le Eredità della Liguria. Viaggio nell’Ottocento attraverso i documenti fiscali – Catalogo della Mostra organizzata dall’Agenzia delle Entrate di Genova (Palazzo San Giorgio – autunno 2004), Genova, 2004, pp. 81-90.
Ovviamente il testo della Professoressa Milan è molto più approfondito e tocca anche altri argomenti, io ho soltanto raccolto alcune notizie per presentarvi questa figura di un altro tempo.
E dovete ancora conoscere la chicca di tutta la vicenda, cari lettori, non è mica finita!
Torniamo là, in Vico Vegetti.
L’edificio che ospitava la Tipografia ha una bellezza speciale per me.
Amo questo caruggio e le sue suggestioni, questo palazzo poi ha un piccola corte nella quale c’è un’edicola, per l’occasione ho trovato anche una bicicletta in questo luogo dal fascino antico.
E insomma, dovete sapere che all’epoca delle glorie di Lavagnino non tutti erano così felici del suo produttivo successo, diciamolo.
Eh questi genovesi, sempre a mugugnare!
Infatti in Vico Vegetti serpeggiava lo scontento, gli abitanti erano piuttosto inviperiti!
Possibile che non si possa più neanche stare in pace in casa propria? Son cose da non credere, eccoli lì i benefici del progresso!
Ah beh, ma non è mica finita qua, vedremo!
Insomma, immaginatevi una serie infinita di assortite lamentazioni all’indirizzo di Lavagnino, quelli della zona mugugnavano per l’intollerabile frastuono che proveniva dallo stabilimento tipografico.
Le due rotative lavoravano di continuo, senza mai fermarsi.
Santo cielo, che rumore, che insopportabile fracasso!
Ma insomma, la gente deve pur dormire, no?
E così via, per lunghissimo tempo, poi alla fine quelli di Vico Vegetti in nome della pubblica quiete trascinarono il Lavagnino in tribunale, ecco lì!
E lui come l’avrà presa?
Beh, non posso che riportare qui la sagace osservazione della Professoressa Marina Milan alla quale non manca certo un fine senso dell’ umorismo.
E infatti lei sostiene che il Lavagnino non avrà fatto una piega e forse, rivolgendosi ai suoi accusatori, avrà anticipato la celebre battuta di Humphrey Bogart scandendo queste parole:
– È la stampa, bellezza!
Già, la stampa e la gloriosa impresa di Ludovico Lavagnino in Vico Vegetti.