Non tutte le creuze sono uguali, talune precipitano verso il mare e terminano davanti agli scogli battuti dalle onde, altre paiono salire all’infinito.
Passeggiando in Via Domenico Chiodo in un soleggiato giorno d’autunno la luce rimbalza sulla strada.
E davanti a te c’è il panorama immenso di Genova.
Non tutte le creuze sono uguali, certe sono dedicate a personaggi che si distinsero per il loro valore, di Emanuele Cavallo tornerò a parlarvi.
Sale la creuza e pochi forse rammentano che questa viuzza ripida e caratteristica ha un sinistro passato.
Gradino dopo gradino conduce lassù, verso le Mura delle Chiappe e di Sant’Erasmo.
Io ho percorso l’altro tratto che scende e la collega a Salita Accinelli, ho camminato tra le case rischiarate dal sole e nulla svela ciò che vi accadde in altri secoli.
Come narra Amedeo Pescio un tempo questa via ariosa era denominata Salita dell’Agonia in quanto veniva percorsa dai condannati a morte che trovavano la fine sulle forche rizzate al Castellaccio.
Lunga e faticosa era la strada verso il supplizio finale, ai nostri giorni è svanita la memoria di quegli anni cupi e Salita Emanuele Cavallo si perde nel blu del cielo sereno.
L’autunno sulle creuze ha i colori dei boschi e della pioggia.
E ha muraglioni rivestiti di foglie.
E non c’è vento, resta immobile sospeso nell’aria un ramo arrossato dal tempo.
E trovi sempre qualcuno che cerca il suo posto al sole.
Un portone, i vasi con le piante grasse.
I colori di una stagione che muta, nei tronchi degli alberi, nelle case, nei mattoni.
E foglie vivaci contro il turchese del cielo.
Terrazzi, portoni e laggiù l’orizzonte del nostro mare.
E l’autunno avanza, trova il suo modo per manifestarsi nella bella creuza dal tragico passato.
C’è un tratto dove la via si biforca, alla vostra destra si imbocca Salita Accinelli.
Non tutte le creuze sono uguali, se tu guardi indietro alcune paiono non finire mai.
E anche la salita dedicata allo studioso Francesco Maria Accinelli ha un tetro passato, un tempo era detta Montà da Morte, era la strada che si usava per riportare giù i cadaveri di coloro che erano stati giustiziati al Castellaccio, quegli stessi uomini dolenti che con fatica erano andati incontro al loro destino percorrendo Salita Emanuele Cavallo.
Il tempo cancella le memorie e posa un velo sulla nostra storia lontana, in Salita Accinelli fioriscono i ciclamini e le piantine poste nei vasi fissati al muro.
E poi d’un tratto, tra le case, emerge il profilo delle alture perduto in certe nuvole vaghe.
Salita, scalini e cielo.
C’è ancora un tratto di Salita Accinelli che scende verso Castelletto, ho percorso tante volte i gradini di questa creuza, mi ricordano gli anni della mia prima adolescenza.
E mi rammentano corse a perdifiato con le amiche di allora, festicciole dove c’era sempre qualcuno che suonava la chitarra e canzoni di Lucio Battisti cantate a squarciagola.
Non tutte le creuze sono uguali, alcune le percorri sul filo delle tue memorie.
E poi ti volti indietro e sai che i posti che per te hanno un significato possono essere nulla per gli altri.
I ricordi sono come le foglie cadute sulla creuza, basta un soffio di vento e tornano a turbinare.
E restano nei luoghi ai quali appartengono, luoghi che nel passato lontano sono stati scenario di tetre inquietudini.
E il tempo posa il suo velo sottile sopra ogni istante trascorso, mentre continuano a ad arrossarsi le foglie sulla creuza.