Panni stesi e finestre nei caruggi

E questi sono panni stesi e finestre sotto il cielo limpido di Genova.
E all’improvviso un soffio di vento e una danza lieve in Vico di Campopisano.

E azzurro e diverse sfumature d’arancio in Piazza dei Truogoli di Santa Brigida.

Là dove i colori sono intensi e così vivaci.

E una corda tesa tra i palazzi in Vico degli Indoratori.

E poi ancora le tinte pastello di Piazza Pinelli.

E aria e sole e candore in questa prospettiva di Via della Concezione.

E poi persiane spalancate e luce che cade a fendere l’ombra in Piazza Grillo Cattaneo.
E questa bellezza radiosa di panni stesi e finestre nei caruggi di Genova.

Genova, 1418: la tragica storia di Luca Pinelli

Questa è la vicenda tragica di un nobiluomo vissuto diversi secoli fa.
Luca Pinelli appartiene alla blasonata famiglia che ancora oggi dona il nome a una bella piazza dei caruggi sulla quale si affacciano magnifici palazzi.

Luca Pinelli vive in un’epoca difficile e turbolenta: è il 1418 e Doge della Superba è Tomaso di Campofregoso.
Nemici del Doge sono certi nobili fuoriusciti che tramano contro di lui e trovano un forte e potente alleato in Filippo Maria Visconti duca di Milano.
Per poter conservare il suo potere Tomaso di Campofregoso si vede così nella necessità di trovare a sua volta un appoggio e dei fondi per la difesa: si rivolge così alla città di Firenze alla quale propone la vendita di Livorno in cambio 100.000 fiorini d’oro.
Il Doge chiede anche certi privilegi come l’immunità per i genovesi a Pisa, Livorno e Porto Pisano, domanda anche che i fiorentini che portino le loro mercanzie verso le Fiandre usino le navi dei genovesi, vuole infine che nessun ribelle possa restare nella città di Pisa e nei suoi dintorni per più di tre giorni.
Le notizie, si sa, volano veloci di bocca in bocca, a quanto ne riferisce il Marchese Girolamo Serra nel suo volume La Storia della Antica Liguria e di Genova, il fatto giunge persino alle orecchie del Visconti il quale rilancia immediatamente: lui sarebbe disposto persino a donare Livorno ai fiorentini ma costoro, cogliendo una buona opportunità nella proposta del Doge genovese, accettano la sua offerta.
E ritorniamo così nella Superba, nel giorno in cui Tomaso di Campofregoso presenta in Consiglio la sua proposta.

Un uomo, uno soltanto, osa contrastare il Serenissimo Doge: è lui, Luca Pinelli.
Con nobiltà e autorevolezza egli si alza in piedi e pronuncia un accorato discorso nel quale esplica tutte le sue contrarietà in merito alla vendita di Livorno.
Perdere quei privilegi per puro interesse non sarebbe cosa nobile, sostiene Pinelli.
È fiero e orgoglioso Luca Pinelli, l’aristocratico pronuncia quelle parole con ardente amore per Genova e per la grandezza del suo nome.
La patria ha bisogno di denari per la sua difesa? Luca Pinelli è generoso e assicura che lui e i suoi amici sono disposti a offrire un consistente aiuto finanziario donando tutto ciò che hanno nel Banco di San Giorgio, aggiunge che di certo quella cifra non sarà pari al denaro dei fiorentini ma sarà più che sufficiente per la la pubblica difesa.
Dice anche che, vendendo Livorno, magari di lì a poco sarebbe stato necessario vendere Genova stessa e che questo sarebbe stato un gran disonore.
È un discorso accorato e potente di fronte al quale il Doge resta nel suo criptico silenzio, in quella circostanza la vendita di Livorno non viene approvata.
Scese poi la notte, il buio ammantò le strade di Genova e avvolse anche la bella dimora di Luca Pinelli in Via San Luca.
Quel buio sinistro segnò il destino di colui che aveva osato contrastare il Doge: il mattino seguente un raggio di luce rischiarò la città e illuminò anche la nostra Piazza Banchi, allora tetro e cupo scenario della fine tragica di Luca Pinelli.
Egli era là, senza più vita, crocifisso sulla pubblica piazza e ai suoi piedi era stato posta la seguente lugubre iscrizione:

Quia locutus est verba quae non licet homini loqui.
Perché ha pronunciato parole tali che non è lecito ad uomo.

Il giorno stesso fu approvata la vendita di Livorno, nessuno osò più contraddire il Doge.
Quando passate a Banchi ricordate che qui avvennero fatti tragici che oggi non sappiamo immaginare eppure appartennero al nostro passato.
Qui, nel 1418, trovò la sua fine il nobile Luca Pinelli.

Miei amati specchi

Miei amati specchi, vetri incantati della Superba che racchiudete immagini tremule di solidi marmi, di croci e azzurro cielo.
Miei amati specchi, effimeri e gloriosi.

Miei amati specchi che raccontate una città nascosta, riservata ai sognatori e a coloro che camminano piano e sanno intravedere stupori incastonati tra pietre antiche.

Piazza Soziglia

E facciate dipinte, panni stesi, semplicemente vita.

Piazza Pinelli (1)

E grandezze fastose nelle piazze dei caruggi.

Piazza Pinelli (2)

Miei amati specchi che celate amori, abbracci, sorrisi, prime colazioni, facce assonnate, stanchezze, entusiasmi, lacrime, desideri e gioie, ninne nanne e promesse.

Piazza delle Erbe (1)

Miei amati specchi, tra persiane che appaiono come inattese esitazioni.

Piazza delle Erbe (2)

Miei amati specchi di stagioni generose e limpide, nel tempo che permette di attendere e aspettare per poi lasciare che gli occhi trovino questa bellezza.

Piazza delle Oche (1)

Miei amati specchi che ospitate l’immagine della Chiesa delle Vigne.

Piazza delle Oche (2)

Miei amati specchi, tra luci e ombre.

Piazza delle Erbe (3)

Splendori brillanti nell’inquieto agitarsi delle bandiere in Strada Nuova.

Via Garibaldi

Miei amati specchi che raccontate mattine di sole, ringhiere, pianticelle verdi.

Piazza della Nunziata (2)

Miei amati specchi dove si riflette il campanile della Chiesa della Nunziata, miei amati specchi che siete una realtà diversa, effimera ed immaginata, sempre nuova e così mutevole.

Piazza della Nunziata (3)

E vi cerco sempre, voi che donate a noi scorci di candide nubi e cielo turchese.
Miei amati specchi, finestre di Genova.

Piazza della Nunziata (14)

Riflessi, tulipani e panni stesi

Al di là dei vetri, dietro le finestre, ci sono le vite degli altri.
A volte però a me affascina ciò che è davanti a certe finestre, in vicoli e scorci di caruggi, quando brilla il sole.
Magari là, in Piazza Pinelli, dove lo sguardo trova un gioco di riflessi.

Piazza Pinelli (1)

E cielo e muri che si specchiano nei riquadri.

Piazza Pinelli (2)

C’è una realtà che vive solo per pochi istanti, poi si dissolve.

Piazza Pinelli (3)

Intanto appare come un miracolo di luce contro i vetri di questa piazza di caruggi e persino un umile straccetto può sembrare una seta raffinata.

Piazza Pinelli (4)

La bellezza si manifesta in molteplici maniere, poi resta da vedere se noi siamo abbastanza attenti da saperla cogliere.
A pochi passi da Porta Soprana una ringhiera, delle catenelle, dei vasetti per le conserve.
E l’acqua salvifica e i tulipani rosa.
La bellezza è così, semplice.

Tulipani

E in Salita di Carbonara intrepide mollette dondolano nell’azzurro cielo.

Salita di Carbonara

Altrove tengono fissati i lenzuoli alla corda da stendere, bisogna pur difendersi dal vento capriccioso!
E i colori, i colori potrete vederli solo in posti come questo, rosa e fucsia sotto a una striscia turchese.

Piazzetta della Fragola

E viola contro il rosso, sopra una scalinata impervia.

Salita della Rondinella

E diverse tonalità di verde e quel blu vivo e intenso che ci regala la tramontana di Genova.

Vico del Fico

E solo in posti così troverete tutte le sfumature di giallo e di arancio appena sfiorate da un raggio di sole che si insinua tra le case.

Salita di Montebello

Colori di primavera, storie di riflessi, panni stesi e tulipani.

Tulipani (2)

Caruggi in rosa

Dicono certi pessimisti che non sia bene vedere in rosa.
Che abbiano ragione loro?
Non saprei, lascio ad ognuno le proprie convinzioni, io, malgrado tutto, vedo sempre in rosa.

Panni stesi (2)

E a dire il vero non mi capita neanche tanto di rado, sarà una predisposizione dell’animo, certo ognuno di noi vede ciò che sa vedere.

Panni stesi (3)

Fate caso a quante sfumature di rosa possono incontrare i vostri sguardi e sono là, su una semplice corda da stendere in una piazzetta nella città vecchia.

Panni stesi (4)

Un colore, tenue e pacato di certa biancheria nella discesa di un caruggio dal nome fiabesco, questo è Vico delle Fate.

Panni stesi (6)

Rosa a volte opaco e polveroso.

Panni stesi (7)

Rosa di frange e sciarpe leggere, ma allora non ho del tutto torto a vedere in rosa!

Panni stesi (5)

Confetto, chiaro e pastello.

Panni stesi (7a)

E tra tanto azzurro e turchese, un piccolo gozzo fiero sfoggia un colore insolito, sempre quello.

Priaruggia

E poi, davanti alla mia finestra, rosa effimero e delicato di margherite che si aprono al sole.

Margherite

Destino vuole che ovunque io trovi queste sfumature chiare e non potrebbe essere diversamente in Vico di Santa Rosa.

Panni Stesi (9)

Sarà l’amore incondizionato per i caruggi e per Genova, le ho trovate tutte nel corso del tempo le diverse tonalità di rosa.

Panni Stesi (10)

E nei miei giorni d’estate in Val Trebbia?
Eh, quello è il luogo dove vedi in rosa ad ogni respiro, è pace, tranquillità e tanta bellezza.

Fontanigorda

Sarà un modo di sentire, un’inclinazione dello spirito o forse semplicemente il caso.
Certo ognuno di noi vede ciò che sa vedere.

Ortensie

Palazzo Pinelli Parodi, il colore degli azulejos

Torniamo tra i caruggi, nella bella Piazza Pinelli, uno spazio cittadino che deve il suo nome a una  nobile famiglia che diede a Genova dogi e altre personalità di rilievo.
Dopo avervi mostrato il laboratorio di Cavo che si trova in questa piazza, vi avevo promesso che vi avrei portato ancora qui e c’è più di una ragione per scoprire Piazza Pinelli.

Piazza Pinelli

E poi, come sempre, guardate in su.

Piazza Pinelli (1)

E fermatevi davanti a questo edificio, questo è Palazzo Pinelli Parodi e risale al XVI secolo.

Palazzo Pinelli Parodi (2)

Mi scusi, posso salire per le scale?
Ecco, io dico sempre così, provateci anche voi, vi attende un’inaspettata bellezza, i palazzi dei caruggi racchiudono tesori nascosti.

Palazzo Pinelli Parodi (3a)

E si spalanca il pesante portone.
Questa non è ruggine, è la poesia del tempo.

Palazzo Pinelli Parodi (3b)

Varcata quella soglia vi troverete qui, salite per quelle antiche scale fino al piano superiore.

Palazzo Pinelli Parodi (4)

Lassù in cima ci sarebbe da sedersi, che dite ci mettiamo ad ammirare l’andirivieni della piazza?

Palazzo Pinelli Parodi (5)

No, a noi interessa questo vano e e quando arriverete qui il vostro sguardo si fermerà sotto a quelle finestre.

Palazzo Pinelli Parodi (6)

Questo è uno dei palazzi dei caruggi dove ancora trovate gli antichi azulejos, piastrelle in ceramica dai  colori lucenti.

Palazzo Pinelli Parodi (7)

Ed è davvero una magnifica sorpresa vederli.

Palazzo Pinelli Parodi (8)

Osserviamo da vicino, mentre la luce fa risaltare i colori.

Palazzo Pinelli Parodi (9)

Io mi sono pure seduta sulle scale per poterli fotografare.

Palazzo Pinelli Parodi (10)

Arancio, verde, azzurro.

Palazzo Pinelli Parodi (11)

Una raffinata e antica complessità, un’arte certosina.

Palazzo Pinelli Parodi (12)

Foglie e fiori, la testimonianza di un lontano passato, gli azulejos sono tipici dell’architettura spagnola.

Palazzo Pinelli Parodi (13)

Soffermatevi sui dettagli, sulla loro bellezza e su questa perfezione.

Palazzo Pinelli Parodi (14)

Una delle piastrelle presenta una diversa decorazione, ci sarà sicuramente una storia da raccontare in proposito ed è lì, in quel disegno dai colori vivaci.

Palazzo Pinelli Parodi (15)

E poi ocra, di luce e di sole.

Palazzo Pinelli Parodi (16)

Un tesoro da difendere e da tutelare.

Palazzo Pinelli Parodi (17)

Cose che si vedono nei palazzi dei caruggi, in certe antiche e gloriose dimore.

Palazzo Pinelli Parodi (17a)

In una piazza silenziosa e affascinante, dove al di là di certi spessi muri si celano gli splendori della città vecchia.

Palazzo Pinelli Parodi (18)

Nella fabbrica dei dolci di Cavo

E’ una piazza di caruggi, uno dei luoghi che amo.
E come molte zone della città vecchia, Piazza Pinelli è scenografica e ricca di suggestioni, ci sono palazzi nobiliari che celano meraviglie, presto vi porterò su per certe scale.
Io passo spesso da quelle parti, da Via San Luca vado verso il Porto Antico.

Piazza Pinelli

E ogni volta che attraverso Piazza Pinelli mi accoglie un effluvio di profumi deliziosi che proviene dalla fabbrica dei dolci.
E insomma, era da tanto che volevo sbirciare lì dentro ed è giunto questo giorno, così oggi vi porto con me nella fabbrica dei dolci di Cavo, la pasticceria di Via di Fossatello che ben conoscete.

Cavo

Il laboratorio ha questa sede da circa quattro anni, qui si preparano le bontà che troverete varcando la soglia del locale storico di proprietà di Alessandro Cavo e Linda Celenza.
E come è logico che sia, nella fabbrica dei dolci si inizia a lavorare presto, bisogna pensare ai dolcetti per la colazione e non solo!

Cavo (2)

 Io sono arrivata a metà mattinata e in quel momento i pasticcieri erano intenti a preparare le meringate.

Cavo (4)

E ci si dava da fare con lo stampino per i canestrelli, che lavoro!

Cavo (3)

questa perfezione geometrica nel disporli sulla teglia suscita tutta la mia ammirazione.

Cavo (5)

E poi io sono curiosa, questo si sa!
Così ho chiesto che cosa fosse questo macchinario e la mamma di Alessandro mi ha spiegato che si tratta di una raffinatrice che loro hanno da diverso tempo.

Cavo (6)

Dolce, impalpabile e zuccherosa meringa.

Cavo (7)

Ovviamente servirà per decorare le torte, eccole qua!
La meringatina mignon è il mio peccato di gola preferito, lo confesso.

Cavo (9)

E qui vedete un trionfo della specialità di Cavo, gli amaretti di Voltaggio.

Cavo (9A)

Una distesa di baci di Alassio, che meraviglia!

Cavo (11)

E baci di dama, la dolcezza non finisce mai!

Cavo (10)

E ancora i canestrelli finalmente pronti!

Cavo (12)

E anche se siamo in estate, non temete, da Cavo trovate il pandolce genovese tutto l’anno.

Cavo (13)

E voilà, le meringate sono fatte, oltre che buone sono bellissime!

Cavo (24)

Nel frattempo non si smette lavorare e i pasticcieri si mettono all’opera dietro ad altre torte, questa volta alla fragola.
Che bellezza la fabbrica dei dolci, sinceramente non sapevo da che parte guardare!

Cavo (15)

 Quegli amaretti morbidi e delicati, se passate da Cavo portatevene a casa una confezione, vi assicuro che non vi durerà tanto.

Cavo (16)

 Un sacchetto trasparente, un nastro colorato e la sublime dolcezza degli Amaretti di Voltaggio, rifasciati nella carta bianca e rossa.

Cavo (17)

Dalla fabbrica dei dolci tutto questo arriva nella mia pasticceria preferita dove si può pranzare, premiarsi con una golosa merenda o prendere un aperitivo sfizioso.
E certo, da Cavo si può fare una colazione molto speciale.

Cavo (18)

Infatti qui non avrete che l’imbarazzo della scelta, provate ad assaggiate i cronuts.

Cavo (19)

E poi ci sono i chifferi e le viennesi.

Cavo (20)

E i gobeletti, tipici dolci genovesi.

Cavo (21)

E torte di tanti tipi, tra le tante in questo locale troverete la buonissima Torta Mazzini, il dolce preferito dal celebre patriota genovese.
E poi ancora, ecco le crostate con la marmellata.

Cavo (22)

A rendere tutto questo unico nel suo genere non è solo la qualità degli ingredienti e la perizia nel saper preparare i dolci e tutto il resto.
A fare la differenza è l’amore per il proprio lavoro, una grande capacità imprenditoriale, è la protervia nel coltivare un sogno bello, è  il sorriso gentile che sempre vi accoglie quando entrate da Marescotti.
Questo fa tutta la differenza, il sogno della Marescotti me lo aveva raccontato Linda tempo fa e io lo avevo scritto per voi in questo articolo.
E più nel dettaglio potrete ascoltarlo dalla voce di Alessandro che è stato protagonista di una puntata della trasmissione Sconosciuti di Rai Tre, qui trovate il link.
Ascolterete la sua voce, la storia di questo locale storico, lo vedrete camminare per le strade delle città vecchia, le stesse strade che io vi mostro spesso su queste pagine.
E’ di questo che ha bisogno la nostra Genova, di progetti che si realizzano, di idee vincenti e di belle realtà che rendono vivo il nostro amato  centro storico.
Ed è per questo che sono felice di avervi portato laggiù, nella fabbrica dei dolci di Cavo.

Cavo (23)

Da Piazza dell’Agnello a Vico Pinelli, dai caruggi all’Acquario

E torniamo qui, in Via Cairoli.
Per raggiungere l’Acquario non vorrete mica seguire quella freccia, vero?
No, venite con me, ancora una volta diamo le spalle a questo cartello.

E andiamo giù, per Via San Siro.

E scendiamo ancora, finché arriviamo in Via San Luca.

E guardate bene l’immagine soprastante, tra il palazzo verde e quello rosso si snoda un vicoletto.
E’ Vico dell’Agnello, la cui effige entrò come simbolo nel sigillo di Guglielmo Boccanegra, Capitano del Popolo nel lontano 1257.
Percorriamolo insieme e arriveremo a una piazza:  come spesso accade nella nostra città, un vicolo porta in una piazzetta che ha lo stesso nome, questa è Piazza dell’Agnello.
E’ qui un antico palazzo appartenuto alla famiglia Cicala.

Una lapide ricorda che visse qui uno dei più noti rappresentanti di questa famiglia, Lanfranco Cicala, che ebbe una vicenda umana degna di essere narrata.
Console, legista e poeta, così si legge sulla targa a lui dedicata.

E sempre in questa piazza ecco il bassorilievo con l’Agnello, simbolo delle antiche famiglie consolari.

Questa è una bella piazzetta, ma noi abbiamo una meta, no?
E allora andiamo, andiamo oltre, laggiù dove si intravede uno sbocco.

Non saprei dirvi quanti turisti passino per queste strade e a dire il vero forse anche molti miei concittadini non le conoscono, ma Piazza Pinelli, che prende il suo nome da un’altra famiglia nobile, offre vedute di una bellezza da mozzare il fiato.
Fate pochi passi e poi voltatevi indietro, a osservare quelle case, sempre protese verso l’alto.

E poi magari  soffermatevi ad osservare certi angioletti, che proteggono una casa.

Io vi porterò ancora qui, a scoprire i portoni in pietra del promontorio, i palazzi, le ricchezze nascoste.
Queste antiche dimore, tra le quali si dipana un altro vicoletto, lo vedete laggiù?

E sapete, a volte bisogna guardare verso il basso, e così dovrete fare in Vico Pinelli.

Osservate bene le pietre, guardate se notate qualcosa.

Non vedete nulla? Oh, forse occorre fare qualche passo e voltarsi indietro, guardare da un’altra prospettiva.
Le pietre di Vico Pinelli, almeno noi genovesi dovremmo conoscerle.
Le pietre, consunte dalle ruote dei carretti che passavano di qui per andare a Caricamento.

Il sudore, la fatica e il lavoro di molti hanno lasciato la loro traccia in questo vicolo.

Ma noi oggi avevamo una destinazione prefissata!
Oh sì, me ne ricordo!
E volete sapere cosa vedrete quando uscirete da Vico Pinelli?

Avete visto? Vi ho portato all’Acquario!
Sì, perché tutte le strade, come vi dicevo, conducono all’Acquario.
E allora scegliete voi quale sia la via migliore.
Alcune, seguendo certe indicazioni, vi portano lontano da tutto ciò che vi ho mostrato, ai margini della città antica.
Altre, invece, vi condurranno nel cuore di essa, tra angeli ed immagini sacre, tra dimore di nobili e di vecchi genovesi.
Sarà un cammino diverso e vi porterà in altri tempi, facendovi calpestare le pietre solcate da antichi carretti.