L’altra metà del ricordo

Il ricordo, il battito del nostro passato che ritorna davanti ai nostri occhi.
Ogni ricordo ha una sua particolare essenza, una sorta di palpabile presenza.
A volte i ricordi ci sfuggono via: vorremmo che fossero come solida roccia saldamente ancorata al suolo, inamovibile e perenne, mai sfiorata o danneggiata da sferzanti intemperie.
Il ricordo, invece, talvolta è labile ed effimero, si perde, svanisce e ci sembra confuso e indecifrabile.
Ogni ricordo è davvero nostro in quanto ritroviamo in esso alcune parti di noi che ci parevano perdute, trascorse, passate: un giorno d’infanzia felice, una cara amica adolescente che ride forte insieme a noi, un amore che ci pareva eterno.
Osserviamo noi stessi come in uno specchio che ci rimanda un’immagine di noi che non sempre sappiamo vedere così chiaramente ma resta, offuscata e nostalgica, soffusa nella penombra del nostro ricordo.
Ogni ricordo che ci riporta a una persona a noi cara è parte di un tutto che condividiamo con quella persona: c’è qualcuno che conserva l’altra metà di ogni nostro ricordo.
E non è la medesima memoria, la stessa identica sensazione, non è la stessa emozione e si compone di fotogrammi diversi: è l’altra metà del ricordo e viene custodita e preservata in maniera differente da ciascuno di noi.
Così per coloro che amiamo e che ci amano siamo in un ricordo, in una memoria, in un pensiero segreto che non sappiamo immaginare.
Il ricordo muta, tende a trasformarsi, non rimane mai identico a se stesso, a volte acquista forza e altre volte invece si affievolisce, sa essere amaro e al tempo stesso dolce, ci tocca nel profondo con la sua reale consistenza che inesorabile scivola via dalle nostre mani.
È impossibile afferrare un ricordo, lo si sfiora, lo si sente ma resta in un certo nostro altrove, in quella dimensione nutrita dall’immaginazione e dal sentimento e riaffiora insieme a certe emozioni magari grazie a un luogo del cuore, ad una musica cara o a una particolare circostanza.
Così riemerge la nostra metà del ricordo, improvvisa e reale.
Nulla è saldo e immobile come roccia: come acqua tra i sassi i ricordi scorrono impetuosi e paiono non arrestarsi mai.
E poi si fermano, svelando un immagine di noi che non sapevamo di ricordare.

Passeggiate d’estate

Le mie passeggiate d’estate mi conducono spesso su questa strada, tra i prati, passo dopo passo si arriva alla vicina Casanova.
E ho veduto, uno giorno, una rosa appena in boccio, sospesa nell’azzurro.

E la strada dolcemente si snoda, a volte in un magnifico silenzio, ad accompagnare i passi è il canto degli uccellini e il fremito della vita nel bosco.

E il mistero fragile e magnifico dei ritmi perfetti della natura.

Sotto a un cielo azzurro che appare dipinto, mentre il sole è caldo e gli alberi sono magnifico ristoro.

E la rosa magnifica si è così dischiusa nel calore dell’estate.

In questa meraviglia di verde, di quiete e di perfetta armonia.

Tutto rinasce, rivive, sboccia.

Su questa strada percorsa infinite volte: da bambina sulla mia bicicletta o di corsa insieme alle mie compagne di giochi.
Da più grande, ragazzina e adulta, ancora insieme a loro, le amiche di sempre.
È la mia strada, tortuosa e bella.
È la mia strada, ancora adesso.

E la percorro colma di gratitudine per la tanta bellezza che l’universo ci dona.

Quattro amici e quattro biciclette

Ho un po’ un debole per le fotografie nelle quali sono ritratti amanti della bicicletta del tempo passato, trovarle non è tuttavia così semplice.
Conservo nella mia piccola collezione alcune immagini di orgogliose fanciulle o di gioiosi bimbetti con le loro biciclette, hanno proprio la felicità negli occhi.
E poi sono arrivati loro: quattro amici immortalati in un momento che non saprei collocare in nessun luogo a me noto.
Che ricordi per loro, che giornata!
E che autentica fierezza sui volti, eccoli con i cappelli calcati sulla testa, i baffi importanti, quelle giacche, la maglietta a righe e quei pantaloni sotto il ginocchio.
Niente abbigliamento tecnico per questi ciclisti del tempo andato.
Che giornata fu, io chiaramente non c’ero ma giurerei che durante questo loro giro si siano poi fermati in qualche trattoria per rifocillarsi come si deve, avranno versato un vino corposo nei loro bicchieri e insieme avranno brindato alla vita, alla libertà e all’amicizia.
E poi, dopo essersi messi in posa per questa foto ricordo, si saranno salutati con la promessa di rivedersi presto per pedalare ancora insieme, uno accanto all’altro.
Alla vita, alla libertà e all’amicizia.

I miei treni

I treni: i miei non sono stati poi così tanti, non ho mai fatto lunghi percorsi in treno ma alcuni di quei viaggi però li ricordo ancora, proprio come se li avessi fatti ieri.
Inizio dell’estate: alla Stazione Principe mi attende il treno che mi porterà nella mia casa del mare sulla Riviera di Ponente.
E siamo negli anni ‘80, si viaggia leggeri, in ogni senso: porto un borsone con qualche abitino colorato, i sandali luccicanti d’argento per andare a ballare, i costumi da bagno, magliette e calzoncini corti.
Viaggiavo guardando il mare e le spiagge che si susseguivano una dietro l’altra, gli scogli, le stazioni, Albenga, Alassio, Laigueglia e così via.
Tiravo giù il finestrino, mi piaceva tanto l’aria in faccia e il panorama che scorre rapido ed erano gli anni ‘80, era davvero tutto diverso ed era un altro mondo.
E poi scesa dal treno alla stazione del mio amato paese delle vacanze andavo dritta alla solita latteria dove bevevo sempre il frappè alla fragola, una delizia.
Non esiste al mondo un frappè così buono, ne sono sicura.
Ricordo viaggi in treno condivisi con amiche care, borse di paglia, risate, zainetti, riviste e musiche che girano nel walkman.
Ricordo corse su per le scale delle stazioni, biglietti conservati qua e là e poi usati come segnalibri, ricordo persino l’orario dei treni con la copertina gialla.
Ricordo per lo più i treni di Riviera, nelle diverse stagioni.
Ricordo i treni di città, presi per coprire percorsi brevi e ogni volta, come in una filastrocca, mi ritrovo a ripetere i nomi delle stazioni: Sturla, Quarto dei Mille, Quinto al Mare, Nervi.

Ricordo i treni persi, una delle metafore più comuni della vita.
Ricordo quel viaggio breve, ed ero già più grande.
Ricordo quel treno in particolare che mi portava in un località del ponente dove trovavo una persona a me molto cara.
Ricordo quella stazione di arrivo, i binari, la biglietteria, l’edicola dei giornali.
Le caramelle alla menta, all’epoca le avevo sempre in borsa.
E poi.
Ricordo la bellezza di ritrovarsi, l’abbraccio, le parole scambiate, i sorrisi.
Non si dimentica quella cosa lì, mai.
Ritrovarsi.
Dopo un viaggio in treno.
Ti immagini?
Pensa come sarebbe se si potesse fare di nuovo.
Come una magia.
Pensa.
Un biglietto.
Un viaggio.
E ritrovarsi, ancora.
Non sono nemmeno mai più tornata in quella stazione e in quella città.
Pensa.
Le caramelle alla menta.
I tuoi occhiali da sole con le lenti scure.
Le canzoni di Venditti.
Pensa come sarebbe se si potesse fare di nuovo.

Una giornata con Els e Irene

Ed eccole: finalmente le mie amiche olandesi sono tornate a Genova.
Questo così è il breve racconto di una bella giornata trascorsa insieme tra chiacchiere, passeggiate, racconti, risate e bellezze da scoprire.
Il nostro giro è iniziato là, sotto i porticati di Staglieno e chiaramente non poteva mancare un saluto a Caterina Campodonico, ai miei angeli più amati e alle sculture più affascinanti e suggestive.

Genova ci ha regalato un clima incantevole e un radioso cielo terso, l’ideale per andarsene a zonzo.
E naturalmente siamo passate anche in Spianata Castelletto, come ben sapete da lassù si gode di un magnifico panorama e Els e Irene lo hanno apprezzato.
E così, ringhiera, mare blu, sorrisi, tetti d’ardesia e occhiali da sole.
E un caffè al tavolino e ancora chiacchiere, come si fa tra amiche vere.

E poi, ancora, salendo verso casa mia, ci siamo fermate alla solita fermata dell’autobus, proprio quella dove si trovano sempre sedie e arredi di varia natura.
E sapete una cosa? Avremmo voluto trovare un divanetto per riposarci un po’ e invece non c’era nulla!
Da qui il significativo gesto di Els che apre le braccia per indicare che il gabbiotto è proprio vuoto.

E poi per finire la giornata ci siamo concesse una piacevole passeggiata tra Boccadasse e Corso Italia e si è unita a noi anche la mia amica Anna Rosa.
E così, onde, colori di Genova, cioccolata calda al tavolino, progetti e ancora bellissime chiacchiere.
Els e Irene sono due persone fantastiche, ci siamo incontrate grazie a questo blog ed è un privilegio poter dire di conoscerle, ogni volta mi lasciano in dono buon umore e rinnovato ottimismo.
Grazie amiche care, è sempre un vero piacere passare del tempo con voi!

Ferragosto 1929 a Casa del Romano

Era il tempo della bella estate in una splendida località della Val Trebbia: tutti noi che amiamo questi posti abbiamo nel cuore la dolce armonia di Casa del Romano.
Prati verdi orlati da fitti boschi, in primavera poi tra l’erba fioriscono generosi i narcisi.
Era il tempo della bella estate del 1929 e a Casa del Romano giunsero tre giovani uomini: non so dirvi nulla di loro, a me sembrano villeggianti venuti dalla città, tre amici in gita in un posto forse caro anche a loro.
Il primo sulla destra, a mio parere, non sembra neanche avere l’abbigliamento giusto: camicia chiara, giacca e cappello posati sulla roccia alle sue spalle, in tasca l’orologio appeso a una catenella dorata.
Gli altri due uomini sembrano invece meglio equipaggiati per un’escursione sui monti, uno ha lo zaino sulle spalle ed entrambi stringono un bastone in una mano.
Era il tempo dell’amicizia, delle gioie condivise, delle ore trascorse insieme all’ombra degli alberi.
E poi si sale, forse verso l’Antola e dopo aver percorso insieme un lungo sentiero ci si ferma su un prato, dallo zaino escono gli involti con il pane casereccio, il salame e il formaggio.
E si ride, si scherza, si sogna, si immagina il futuro senza sapere che da lì a pochi anni la nazione sarà stravolta da eventi bellici ai quali nessuno potrà scampare.
Il futuro è un mistero, quando osservo fotografie di quegli anni inevitabilmente il mio pensiero va a quello che sarebbe accaduto dopo, al conflitto del quale queste persone erano all’epoca ignare.
Ed era estate, dietro a questa fotografia una mano accurata ha scritto queste parole: Casa del Romano, Monte Antola 15-16 Agosto 1929.
E c’era l’amicizia vera a unire questi cuori.
E forse era un legame speciale che nulla avrebbe mai potuto spezzare.
Era il tempo della bella estate del 1929.

Le amiche di Adelina

Tra loro avevano questa buona consuetudine: si scrivevano belle cartoline per rinnovare un affetto mai mutato, per ricordarsi reciprocamente del legame di amicizia che le univa.
E così le amiche di Adelina sceglievano per lei i disegni più belli, i cartoncini con i particolari graziosi e i fiori dai toni delicati.
E per lei era una gioia trovare quelle parole dolci nella buca delle lettere: Ada ed Elisa scrivevano spesso alla loro amica Adelina e lei ricambiava sempre la loro cortesia.
E rispondeva loro con identico garbo, era un tratto distintivo di questi scambi cortesi.
Chissà, forse era anche un piacevole passatempo scegliere la cartolina giusta e poi mettersi al tavolino davanti alla finestra e con bella calligrafia indirizzare alcune parole a persone così care.
Gentili amiche, accettate rose e baci, così scriveva Adelina.

E la cartolina che lei scelse per le sue amiche è una preziosità di colori pastello e disegni romantici, certi dettagli sono evidenziati da applicazioni di certi brillantini che restano in rilievo.
Da Adelina per le sue amiche Ada ed Elisa, questi nomi hanno tutta la dolcezza di una giovinezza vissuta in un tempo distante.

E sapete, ho chiaramente l’indirizzo delle signorine Ada ed Elisa, abitavano nel mio quartiere e ho così pensato di portare questa cartolina proprio là dove loro abitavano.
E lo so, non troverò le ragazze ad aspettarmi, eppure sarà come vederle: che felicità, è arrivata nuova cartolina dalla nostra cara Adelina!
E che splendore, quanta delicata bellezza.
Andrò proprio là, davanti a quel palazzo.
E se mi conoscete bene sapete già che lo farò davvero: io credo che anche Adelina ne sarebbe contenta.

E sorridi

E sorridi.
E tieni tra le mani quella foto e ti rivedi appena ragazzo, insieme agli amici di sempre.
E sorridi e ricordi.
La neve fredda che ti gela le dita, la brezza frizzante che ti sfiora il viso, le voci che risuonano.
E sorridi e ricordi e sospiri.
C’era anche lei quel giorno, così tu non avresti voluto essere in nessun altro luogo.
Sulle montagne, con tutti loro.
E così io ti ho immaginato: ora non è più il tempo della tua giovinezza, eri un ragazzo all’epoca della fotografia in quel 1927 sul Monte delle Figne.
Alcuni dei tuoi amici li hai persi di vista, altri non potrai più ritrovarli, altri ancora ti hanno accompagnato per tutto il corso del tuo destino.
E lei? Lei chissà, se così era scritto magari avete condiviso ogni giorno della vostra vita.
E sorridi, forse ti commuovi.
E ricordi, con una certa nostalgia.
E sei ancora tu, sempre, tu lo sai.
E ti guardi e sorridi.

Luci della ribalta

Questa è una storia di Hollywood al femminile, è una storia di amicizia e di luci scintillanti che rischiarano l’ascesa di una celebre diva del muto:

“Lei era Mary Pickford, la più amata fra le stelle del cinema! E Mary Pickford era la padrona del mondo. Non era forse vero? Aveva il mondo ai suoi piedi. Di cosa avrebbe mai potuto avere bisogno?”

Mary è la protagonista del libro Luci della ribalta e divide la scena con Frances Marion che oltre ad essere sua amica fu per molti anni la talentuosa sceneggiatrice dei suoi film.
Il volume di Melanie Benjamin edito da Neri Pozza ha una cifra stilistica fondamentale capace di trascinare il lettore nelle atmosfere di quegli anni leggendari: è la scrittura elegante e garbata, essenziale e cinematografica, mai ridondante e del tutto priva di cadute di stile.
Le due amiche si alternano come protagoniste dei diversi capitoli: Frances Marion racconta se stessa in prima persona, è invece un narratore esterno a narrare al lettore i capitoli dedicati alla Pickford.
La celebre diva è così ritratta a tutto tondo, di Mary che fu la ragazza dai riccioli d’oro e la fidanzata d’America scopriamo l’infanzia povera e triste, i primi passi da attrice bambina che per sbarcare il lunario calca i palcoscenici di certi teatri, diverrà poi una stella di prima grandezza del cinema muto.
E la sua strada verso il successo è condivisa con Marion, donna creativa e volitiva, appassionata e di grande valore, una figura che ha saputo davvero fare la differenza.
Se come me amate le atmosfere hollywoodiane apprezzerete questa lettura che scorre via lieve come un film d’epoca: ci troverete lei, la fidanzata d’Amenica e il suo mondo ormai lontano.

In questo libro ci sono gli amori e i tradimenti, i successi e le ricche dimore, ci sono le celebrità come Charlie Chaplin, Buster Keaton, Rodolfo Valentino e l’affascinante Douglas Fairbanks che fu marito di Mary.
Ci sono i tempi difficili e c’è l’America del proibizionismo, quei fotogrammi vi scorrono davanti proprio come un film:

“Ora che era entrato in vigore il proibizionismo e tutti erano tornati dalla guerra, le gonne si accorciavano e la morale precipitava. Tutti conoscevano “un tipo” capace di procurare gin o vino o qualunque altra bevanda alcolica desiderata. … Quel Paese delle meraviglie era pieno di una nuova frenetica musica chiamata jazz, di fumo di sigaretta, di ragazze con abiti sciolti e caviglie scoperte che cadevano in grembo a uomini in smoking dai cravattini sempre un po’ sghembi… “

Nel narrare le vite di Frances e Mary la Benjamin delinea il valore assoluto dell’amicizia femminile con i suoi malintesi, le inevitabili distanze e gli affettuosi ritorni a volte persino inattesi.
E c’è un percorso che non è sempre luminoso e felice, è meno facile di quanto sembri essere donne nell’industria cinematografica: Mary Pickford e Frances Marion saranno entrambe vincitrici di un premio Oscar ma entrambe, come tutti, avranno i loro dilanianti dolori.
La radiosa ascesa della diva del muto contempla anche un declino mentre il mondo cambia rapidamente: iniziano ad andare di moda i talking pictures, i film sonori che hanno un altro ritmo e una diversa velocità.
E il tempo scorre, la giovinezza svanisce, il bicchiere di Mary è spesso colmo di gin.
C’è amarezza e bellezza in questo libro, c’è il mondo del cinema con le sue imperfezioni, i suoi trionfi e le disillusioni.
E c’è la penna di Melanie Benjamin capace di restituire al lettore un romanzo intenso come un film:

Stavamo plasmando il personaggio di Mary: una bambina, non una qualsiasi, bensì la bambina, la bambina adorata dell’America, incarnazione dell’innocenza e della simpatia travolgente, della vulnerabilità e del coraggio, un personaggio che alla fine di ogni film tutti gli spettatori desideravano abbracciare, coccolare e proteggere.”

La mimosa di gennaio

Ci sono giornate più belle di altre, alcune lo sono semplicemente perché sei tu a decidere che saranno proprio così.
E ieri per me è stata proprio una di queste giornate, a metà mattinata ho preso lo scooter per andare a Castelletto, ho pure scordato di mettermi i guanti e me ne sono accorta una volta arrivata: fa più caldo, la primavera non è poi così lontana.
E poi ho incontrato una carissima amica, ci conosciamo dai tempi della scuola e parlare con lei mi ha regalato la piacevole sensazione che il tempo non sia mai trascorso.
E invece i giorni passano e le stagioni scivolano via, dopo averla salutata mi sono fermata a guardare il panorama e ho veduto una magnifica mimosa di gennaio.

Vivace, profumata e vitale, è fiorita nel cuore dell’inverno.
Abita in un bel giardino e dondola davanti a certe finestre, è gialla come il sole che la nutre e danza leggera nell’aria fresca di gennaio.

Certe giornate sono più belle di altre se sai essere felice delle piccole grandi felicità che la vita può donarti.
Perché magari incontri un’amica e passi un po’ di tempo insieme a lei.
E poi ti perdi ad ammirare l’orizzonte dove mare e cielo si sfiorano, oltre le ardesie e i campanili di Genova.
E poi resti un po’ di più alla ringhiera.
Là, dove fiorisce una mimosa di gennaio.