L’amore, a volte, arriva all’improvviso e travolge i cuori come la spuma del mare che si frange sugli scogli.
Siamo circa a metà dell’Ottocento e un viaggio sulle onde sarà fatale a Elisabetta Dewar: lei è giovane, bionda e bellissima, insieme al padre è imbarcata sul piroscafo che da Costantinopoli la condurrà a Genova.

L’amore, a volte, arriva all’improvviso, lambisce gli animi come una calda brezza marina.
Parole, sguardi d’intesa, sussurri e promesse.
Colui che fa palpitare il cuore della bella inglesina è un nobile genovese: il marchese Andrea Luigi Taliacarne torna nella sua città dopo aver ricoperto il ruolo di segretario d’ambasciata nella lontana Costantinopoli.
È un affascinante gentiluomo dai modi squisiti e appartiene ad un’abbiente famiglia che possiede molte case nella zona di Salita del Prione e di Fossatello.

Il padre di Elisabetta osserva in silenzio e si avvede che la fanciulla ha un notevole trasporto per il giovane aristocratico.
Il piroscafo approda nel porto di Genova e il Taliacarne, a causa della propria professione diplomatica, è destinato a partire per un nuovo viaggio.

E lei, Elisabetta, desidera seguirlo, non potrebbe mai separarsi da lui, il sentimento che li unisce è forte ed intenso.
Il padre di lei ha qualche perplessità in quanto la figlia naturalmente è di religione anglicana mentre Andrea Luigi è cattolico.
I due innamorati però non sentono ragioni e alla fine si giunge all’agognato compromesso: Elisabetta manterrà la sua fede, la loro prole verrà educata secondo i dettami del cattolicesimo.
Vengono così celebrate le nozze, l’unione sarà gioiosa e felice, la coppia avrà due figli, una diverrà suora e il maschio si dedicherà principalmente ai viaggi.
Dopo il matrimonio la carriera diplomatica di Andrea Luigi Taliacarne decolla, il nobiluomo diventa Ministro Plenipotenziario d’Italia presso la Corte del Portogallo.
E in questo suo ruolo non mancheranno le gratificazioni, quando il Re del Portogallo viene in Italia per un suo viaggio vuole essere accompagnato proprio dal Marchese Taliacarne.
Nei giorni della vita, in ogni attimo, accanto ad Andrea c’è lei, Elisabetta.

L’amore, a volte, arriva all’improvviso ma il destino sovente non conosce misericordia.
Giunge il mese di novembre del 1867 e il diplomatico genovese si trova a Firenze, in una notte senza speranza, a soli 47 anni, esala l’ultimo respiro spezzato da una febbre tifoidea.
Elisabetta Dewar all’epoca è appena trentacinquenne e nel suo dolore desidera ricordare l’uomo amato con una testimonianza di grazia e bellezza.
Commissiona così allo scultore Santo Varni un maestoso monumento che potete ammirare a Staglieno e che viene descritto da Ferdinando Resasco che racconta questa storia nel suo libro dedicato al nostro cimitero monumentale.
Questa figura rappresenta l’angelo della religione e del dolore, sulla sommità si vede un drappo posato su una colonna sulla quale spicca lo stemma gentilizio.

E ci sono anche i simboli della carriera diplomatica di Andrea Luigi Taliacarne.

Sul basamento spezzato della colonna una civetta tiene sotto la zampa una clessidra, è la morte che artiglia il tempo della vita.

L’angelo, pensieroso ed assorto, stringe in una mano un crocifisso, con l’altra pare proteggere l’ovale sul quale sono scolpiti i tratti di Andrea Luigi Taliacarne.

L’amore di Elisabetta, colui che le rapì il cuore durante un viaggio su un piroscafo.

Quattordici anni dopo, a 49 anni, lei lo raggiunse e qui lei riposa, insieme al compagno della sua vita.

L’amore, a volte, arriva all’improvviso.
Come un temporale, una tempesta o una burrasca.
Tutto travolge e poi si placa, si naviga insieme sul mare dei giorni felici, scansando le rocce affioranti ed evitando i gorghi tumultuosi, cercando il faro che conduca a destinazione in certe notti senza stelle.
E poi ci sono le parole, gli sguardi, i sussurri.
Un angelo gentile custodisce il tempo svanito e i segreti di un amore.
