Il vero viaggio

Penso.
Il mio mare, in settembre, sa essere quieto o anche instabile, se soffia vento potente a volte capita così, all’improvviso.
Penso alle care botteghe dove sempre mi fermo, alle mie piazzette nascoste, ai caruggi che mai mi stanco di riscoprire.
E alle scale, alle discese, alle creuze e ai tetti di ardesia.
Poi penso a quella luce che tutto svela e rapida vira, svanendo così tra stupori e nuove aspettative.
E poi io lo so, a volte siamo noi a non saper vedere.
Camminiamo distratti e di fretta, non ci lasciamo ammaliare.
E invece occorre lentezza e attenzione e desiderio di meravigliarsi.
E allora si riscopre ogni luogo con sguardo diverso, proprio con quell’emozione che ritrovo nelle parole di un celebre scrittore.

Il solo vero viaggio, il solo bagno di giovinezza, non sarebbe quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi, di vedere l’universo con gli occhi di un altro.

Marcel Proust

Cattedrale di San Lorenzo

L’arte, infiniti mondi

L’arte, la bellezza e la sua percezione.
Quali strade conosce l’arte per suscitare tensione emotiva?
E in che misura un’opera è in grado di colpirci e smuovere dentro di noi certi sussulti?

L’arte è fatta per disturbare. La scienza per rassicurare.

E queste sono parole di Braque, le condivido.
L’arte fa anche pensare, immaginare, sognare, crea tumulti interiori e sensazioni diverse.
L’arte sa essere eterea e gentile, una figura botticelliana suscita un senso di pace e di armonia.
L’arte è invece sensuale e sinuosa nelle donne di Gustav Klimt, alcune di loro sono davvero conturbanti e misteriose.
E’ gioiosa e vitale nei quadri di Fragonard, quelle fanciulle in altalena che lui dipinse sono la personificazione della grazia, guardate qui.
L’arte è l’oscuro lato della vita nelle linee di Egon Schiele, un pittore che amo tanto, a Vienna mi sono persa a guardare i suoi quadri, quelle facce distorte e quei corpi scarni, quegli occhi stralunati e sconvolti, c’era in loro il senso di bellezza seppur così trasfigurato e particolare.
La nostra percezione dell’immagine che stiamo osservando è anche il frutto della somma delle nostre esperienze, oggi sfogliando un libro d’arte mi sono ricordata di uno studio che lessi diversi anni fa sulla morale e sulla percezione dell’arte nell’epoca vittoriana.
Un grande scultore, Antonio Canova: pensate alle Tre Grazie, io non saprei immaginare nulla di più celestiale e distante dalla dimensione terrena.
Questa è la mia percezione, Gustave Flaubert, al contrario, trovava sensuale la statua di Amore e Psiche, se non la rammentate potete vederla  qui.
Vi pare possibile?
Il nostro sentire di uomini di questo tempo è diverso e lontano da quello dell’epoca dell’autore di Madame Bovary.
E ricordo che mi colpì leggere di un pittore che alla sua epoca suscitò grande scandalo, un maestro autore di molti capolavori: Edouard Manet.
La percezione dell’immagine, la figura femminile rappresentata nella sua naturalezza, un quadro che suscitò lo sdegno di certi benpensanti, Déjeuner sur L’Herbe, lo trovate qui.
Una colazione sull’erba, una fanciulla senza nulla indosso e due giovani distinti, un cesto di vivande, un’amabile conversazione.
E lo scandalo, lo stesso che susciterà Olympia, la potete vedere qui, ancora una donna mostrata nella sua nudità, non è celeste né ideale, non risponde neppure a certi canoni di bellezza: è reale e quindi suscita sdegno.
I quadri di Manet sono esposti nei più grandi musei del mondo, il tempo è trascorso e un velo di dimenticanza è caduto sui suoi detrattori.
Il tempo rende giustizia, rende eterno ciò che merita di esserlo.
L’animo di un artista, in parte fatalmente legato alla sua epoca, è anche capace di superarla, di vivere al di là di essa, di stupire e affascinare, di trascinare e suscitare emozioni, oltre il tempo.
E questa è grandezza e immortalità.
E tanti mondi, infiniti mondi da conoscere.

Grazie all’arte, invece di vedere un solo mondo, il nostro, lo vediamo moltiplicarsi e quanti più sono gli artisti originali, tanti più sono i mondi a nostra disposizione.

(Marcel Proust)

Happy new year!

Il primo giorno di un nuovo anno.
Benvenuto vento di gennaio, che tu sia gelido o tiepido come il sole d’inverno.
Benvenuto vento del mutamento, delle cose nuove e di quelle da conservare.
Ognuno porta con sé i propri ricordi, i sogni mai svelati, i progetti da costruire.
La musica e le note, i libri e le poesie, l’allegria e la nostalgia.
Il primo giorno del nuovo anno.
E’ tempo di guardare al futuro, è tempo di propositi.
Marcel Proust, questo è il mio primo pensiero.
La ricerca del tempo perduto, quell’opera monumentale  che ebbi l’idea di iniziare lustri or sono.
Un paio di capitoli, l’odore di biancospino.
Chiusi il libro e in breve tempo dimenticai le pagine già lette.
Ho già avuto occasione di raccontavelo, quando ripresi tra le mani il romanzo non ricordavo più una parola!
Una situazione incresciosa, a dir poco.
E in seguito io e Marcel Proust non ci siamo più rivisti, ogni tanto ci incrociamo, come due vecchi amici.
E sempre ci ripromettiamo di rincontrarci, una sera o l’altra, per riprendere vecchi discorsi interrotti.
Sapete come accade, no?
E insomma, credo sia giunto il nostro momento.
Ho pronto lo stampo e la ricetta per fare le madeleine, il tè aromatizzato, una candida tovaglia, tazze di porcellana e cucchiaini d’argento.
E spero che Marcel accetti il mio invito, ça va sans dire.
E poi il nuovo anno porterà a me antiche strade da percorrere, per me sempre nuove.
E sono contenta di sapere che verrete anche voi, ve ne ringrazio, siete tutti splendidi compagni di viaggio.
E allora questi sono i miei auguri per il nuovo anno.
Con un’immagine, una soltanto.
Ha nevicato a Genova, nel mese di dicembre.
E sapete, quel giorno mi sono messa a gironzolare per la città, per i caruggi e per le piazzette.
E poi giù, al Porto Antico, dove solitamente si trova la folla.
Ed era mattina, ero da sola a guardare i fiocchi che lievi si posavano sull’acqua del mare.
Una nevicata leggera, ma davvero non c’era nessuno in giro.
Le panchine deserte, le palme che ondeggiavano al vento, il selciato bagnato, il cielo pallido e lattiginoso.
Ho girato lo sguardo ed ho scattato.
E sono per voi quelle parole, ancora non sbiadite, che sono parte della frase scritta in terra per i caruggi, la storia d’amore narrata da Rosa Matteucci, della quale vi avevo parlato qui.
Il futuro, il domani, l’anno che nasce e porta nuova vita, la vita vera che ci attende.
Da Genova di mare e d’ardesia, di scale e di salite, da questa mia città, così mia che tante volte parla per me, a tutti voi buon anno dalla vostra Miss Fletcher!

La vita vera che ci attende

Ex libris

I libri.
Io amo i classici, le biografie, i libri di storia, le memorie, la poesia.
Leggo anche alcuni autori contemporanei, accuratamente selezionati.
Io, con i miei libri, ho proprio una storia d’amore e, come tutte le fidanzate gelose, non amo prestarli, provo una certa apprensione a saperli in giro, lontani da me.
E’ capitato che qualcuno mi chiedesse in prestito persino il Rocci, il vocabolario di greco.
Chi ha posto questa domanda non mi conosce affatto, se sapesse come sono avrebbe intuito, senza spiegazioni, che, per quanto con tutta probabilità non lo riaprirò mai più, non potrei separarmi dal compagno di cinque faticosi anni, trascorsi tra aoristi e versioni incomprensibili.
I libri che amo li regalo alle persone che amo: è una maniera per condividere i pensieri più cari, per presentare, a chi sa apprezzarli, personaggi che per me sono persone, vere e reali, sebbene apparentemente sembrino solo impresse su carta.
Parimenti, non gradisco prendere i libri in prestito.
Si dirà, se hai apprezzato un testo, puoi sempre comprartelo: non è affatto così, io desidero proprio il volume che ho tenuto tra le mani, le pagine che mi sono scorse sotto gli occhi, deve essere il mio libro, un compagno per la vita e non l’avventura di pochi giorni.
Mi piacciono i libri leggeri, maneggevoli, ricordate i vecchi classici della Bur?
Sono i miei preferiti, stanno davvero in una tasca, puoi reggerli con una mano sola e la loro carta è opaca, ruvida, tendente al giallino, mentre la copertina è di semplice cartoncino, nulla a che vedere con i tascabili dei nostri giorni.
Di rado compro libri in brossura: in genere quando non vedo l’ora leggerli o se presumo che non avranno una gran tiratura, per cui non ci sarà un’edizione economica.
Una particolarità che mi infastidisce sono le note in fondo al testo, mi pare che distraggano dalla lettura, così, se per caso mi capita di trovarle, termino il capitolo e in seguito passo alle note.
Non sottolineo mai i miei libri e, se desidero mettere un segno, utilizzo dei segnapagina colorati, che mi aiutano a ritrovare facilmente ciò che mi interessa. Se me ne dimentico, ricorro a uno dei miei doni di natura: la memoria.
Infatti, per ragioni a me misteriose, se un brano ha colpito la mia attenzione, mi ricordo esattamente da che parte del libro si trovi e se sia nella parte inferiore o superiore della pagina, così per rintracciarlo mi basta sfogliare metà del volume: parrà strano ma, ad oggi, non ho mai sbagliato.
E poi ci sono i libri antichi, quelli che hanno vissuto più vite e, passando di mano in mano, per un caso del destino, sono arrivati a me, è un privilegio accoglierli nella mia casa.
Spesso poi, sbirciando tra le bancarelle, si trovano rarità che diversamente non potreste mai leggere.
E’ lì che ho acquistato testi del mio scrittore preferito, Emile Zola, non più editi dalle moderne case editrici, e adesso possiedo un’edizione malconcia de “Il sogno”, una copia di “La Terra” e anche “Il fallo dell’abate Mouret”, che ha la copertina dura color verde bottiglia e la firma del suo antico proprietario sulla prima pagina.
Mi piace gironzolare per mercatini e per librerie antiquarie, potrei passarci ore e me ne torno sempre a casa con qualche tesoro, come alcune pubblicazioni dell’Istituto Mazziniano che ho reperito di recente e di cui presto vi parlerò.
Invece, se mi portate in uno delle grandi librerie tanto in voga adesso, sono capace di girare un intero pomeriggio senza acquistare nulla.
Sicuramente c’è tutto, in quelle librerie, ma io le trovo dispersive, e non capisco perchè insieme a Baudelaire e a Victor Hugo debbano vendere piatti di carta, portachiavi e amenità varie: non fa per me.
Ho i miei posti e i miei librai: uno è apertamente filoborbonico, e facciamo sempre delle gradevoli discussioni sulla storia, un altro ha una bella libreria piena zeppa di antichi testi su Genova e da lui ho comprato un libro prezioso, “Della Vita di Mazzini” di Jessie White Mario.
E’ un volume alto, pesantissimo, e per leggerlo bisogna accomodarsi alla scrivania, ma quale magia c’è, in quel libro.
E quali amici si trovano, in certe pagine.
Amici che sanno esprimere, con infinita ricchezza, sentimenti e pensieri che sono nostri, anche se magari non lo sapevamo.
Amici che sanno interpretare le nostre emozioni e farci sentire compresi.
Amici che sanno sorprenderti e sanno spiegare quale piacere sia la lettura.
Amici che restano, nel tempo, e che ci hanno lasciato parole belle e uniche come queste.

“Forse non ci sono giorni della nostra adolescenza vissuti con altrettanta pienezza di quelli che abbiamo creduto di trascorrere senza averli vissuti, quelli passati in compagnia del libro prediletto. Tutto ciò che li riempiva agli occhi degli altri e che noi evitavamo come un ostacolo volgare a un piacere divino: il gioco che un amico veniva a proporci proprio nel punto più interessante, l’ape fastidiosa o il raggio di sole che ci costringevano ad alzare gli occhi dalla pagina o a cambiare posto, la merenda che ci avevano fatto portar dietro e che lasciavamo sul banco lì accanto senza toccarla, mentre il sole sopra di noi diminuiva di intensità nel cielo blu, la cena per la quale si era dovuti rientrare e durante la quale non abbiamo pensato ad altro che a quando saremmo tornati di sopra a finire il capitolo interrotto.
Marcel Proust, “Del Piacere di leggere”  – Editore Passigli

Mon occupation préférée: aimer

Il titolo di questo post deriva da una delle risposte che Marcel Proust diede a un gioco di società con cui ci si dilettava a quei tempi nei salotti.
Lo scrittore diede così il nome a quello che è ormai universalmente noto come il questionario di Proust.
Se siete curiosi delle sue risposte, imprevedibili e mai scontate, le trovate qui.
A sorpresa, lui ed io abbiamo risposto allo stesso modo ad una delle domande.
Se volete provarci anche voi, vi assicuro che è meno banale di quanto possa sembrare.

Il tratto principale del mio carattere
la curiosità

La qualità che desidero in un uomo 
l’intelligenza

La qualità che preferisco in una donna 
l’ironia

Quel che apprezzo di più nei miei amici
la sincerità e la bontà

Il mio principale difetto 
l’ostinata e assoluta caparbietà

La mia occupazione preferita   
pensare, leggere, ricamare

Il mio sogno di felicità
inesprimibile

Quale sarebbe per me la disgrazia più grande  
perdere le persone che amo

Quello che vorrei essere 
un viaggiatore, con uno zaino pieno solo di sogni

Il paese dove vorrei vivere
Genova, Italia

Il colore che preferisco
il rosa

Il fiore che amo
il tulipano bianco

L’uccello che preferisco
la rondine

I miei autori preferiti in prosa
Oscar Wilde, Emile Zola, Charles Dickens, Andersen

I miei poeti preferiti
William Shakespeare, Oscar Wilde, Leopardi, Montale

I miei eroi nella finzione
il coraggioso Robin Hood, l’avventuroso Huckelberry Finn, Amleto il principe del dubbio

Le mei eroine preferite nella finzione
l’innamorata Ofelia, la sfortunata Gervasie Macquart,  la romantica Marianne Dashwood, la sognatrice Amelie Poulain, l’ironica Carrie Bradshaw

I miei compositori preferiti
Chopin, Debussy, Mozart

I miei pittori preferiti
Monet, Caravaggio, Fragonard, Waterhouse, Schiele, Klimt

I miei eroi nella vita reale
i puri, tutti coloro che si ostinano a vivere onestamente

Le mie eroine nella storia
Giovanna D’Arco, Madame de Pompadour, Anita Garibaldi

I miei nomi preferiti
Emma e Pietro

Quel che detesto più di tutto
la superficialità

I personaggi storici che disprezzo di più
Hitler

L’impresa militare che ammiro di più
La conquista della Gallia

La riforma che apprezzo di più
il suffragio universale

Il dono che vorrei avere
saper vivere con leggerezza

Come vorrei morire
ridendo

Stato attuale del mio animo
creativo

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza
le mie

Il mio motto
Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste e nulla più.
(Oscar Wilde)