Le leggende di Palazzo del Melograno

Passando in Campetto, una delle zone centrali dei caruggi di Genova, non vi sfuggirà la vista di un edificio risalente alla fine del ‘500.
Si tratta di Palazzo Ottavio Imperiale, fu in seguito di Ottavio Sauli, della famiglia De Mari e dei Casareto.
Tutti noi però siamo soliti riferirci a questo palazzo non con il cognome dei suoi blasonati proprietari bensì citando un umile albero che ancora vi abita e che gli ha donato il nome: questo per i genovesi è Palazzo del Melograno.
E come si dice? Sic transit gloria mundi, da diverso tempo qui ha sede un grande magazzino, non so cosa ne penserebbe l’illustre Ottavio Imperiale!
E l’alberello al quale il palazzo deve il suo nome è ben visibile sopra il portale.

Palazzo del Melograno

Come è giunto un melograno nei caruggi di Genova?
Vive, prolifica, si ricopre di foglioline verdi e al riguardo ci sono diverse leggende.
Alcuni sostengono che il seme dal quale è germogliato sia stato portato qui secoli fa dal furioso vento di tramontana che sovente imperversa implacabile sulla Superba.

Melograno

E tuttavia non è l’unica ipotesi, altre storie più affascinanti narrano di rocambolesche vincite a un gioco molto in voga nei secoli passati: si tratta del biribis, un gioco che in parte ricorda la moderna roulette e anche la tombola.
Si tentava la buona sorte su un piano di gioco costituito da diverse caselle, su ognuna di esse era riportata una figura, il giocatore faceva la propria puntata e poi incrociava le dita, in un sacchetto c’erano tutti i numeri corrispondenti alle varie caselle, l’estrazione e la buona fortuna premiavano il vincitore.
Un biribis settecentesco è conservato a Villa Luxoro di Nervi, eccolo qua in tutto il suo variopinto splendore.

Villa Luxoro (15)

Dunque, la leggenda del melograno pare essere legata a questo gioco e sarebbe una vicenda che risale a secoli fa.
Uno dei suoi antichi proprietari, nel tentare la fortuna, si sarebbe aggiudicato questo palazzo proprio grazie alla carta con il disegno del melograno.
Un’altra versione assai simile riferisce che invece l’edificio sia stato acquistato in seguito ad una proficua vincita a biribis.
E certo, anche in questo caso la carta vincente è sempre quella: il dolce e succoso melograno.
Così, per festeggiare la sua buona sorte, il nostro fortunato genovese decise di piantare un alberello, quel melograno che ancora fiorisce in Campetto.

Palazzo del Melograno (3)

Le leggende hanno il fascino del mistero e di ciò che non si può davvero conoscere a fondo, è parte della loro bellezza.
Come sarà nato il melograno di Campetto?
Non so dirvelo, in verità, sono solo felice che ci sia ed è una gioia vederlo nella sua naturale collocazione, nei caruggi della vecchia Zena.

Palazzo del Melograno (2)

Il gioco del biribis e la ricca vincita di un celebre veneziano

I mali effetti del gioco, così si legge su un documento risalente all’anno 1693 che ho trovato all’archivio di Stato.
Su quel foglio sono indicate le disposizioni previste per chi si fosse lasciato tentare dal demone di un gioco che nella Genova di quel tempo imperversava: il biribis.
E traspare una viva preoccupazione per il suo dilagare, il biribis era severamente vietato e così, come si era già fatto in precedenza, venne stabilita una severa multa per coloro che non rispettavano la proibizione: cento scudi d’argento alla prima infrazione, ben duecento per la seconda.
E malgrado ciò il biribis era molto diffuso soprattutto tra i nobili i quali, tutt’altro che intimoriti dai severi moniti delle autorità, continuarono a provare l’ebbrezza dell’azzardo nel chiuso delle loro dimore.
Ma come si giocava?
Il biribis aveva alcune caratteristiche tipiche della moderna roulette e per altri versi ricorda invece la tombola, il piano di gioco era composto da diverse caselle, su ognuna di esse era riportata una figura.
Ogni giocatore faceva la propria puntata e poi si affidava alla sua buona stella, c’era un sacchetto con tutti i numeri corrispondenti alle diverse caselle e quello che veniva estratto a sorte era il vincitore.
E questa è l’immagine di un biribis settecentesco che lo scorso anno era in mostra presso un museo di Genova.

Biribis
Ah, il gioco! Che febbre contagiosa!
Vi si dilettò niente meno che il celebre seduttore Giacomo Casanova durante uno dei suoi soggiorni genovesi.
L’episodio è narrato da Michelangelo Dolcino, imbattibile cronista degli eventi cittadini del passato.
E a quanto pare Casanova partecipò a una partita di biribis che si teneva nella casa di una gran dama e  siccome  lì aveva veduto un ritratto di costei abbigliata da Arlecchino, come cortese omaggio il celebre tombeur de femmes si ostinò caparbiamente a puntare i suoi soldi su quella figura e perse miseramente.
Quando toccò a lui estrarre i numeri dal sacchetto, la fortuna passò dalla sua parte e così il veneziano si garantì una ricca vincita.
A quanto si legge si mormorò persino che Casanova non avesse giocato proprio pulito e per questo lui andò su tutte le furie.
Un gioco proibito, sul documento che vi ho precedentemente citato viene definito pernicioso, verso la fine del ‘700 si arrivò persino a ventilare per i trasgressori punizioni ancor più severe come pene corporali, carcerazione e bando.
In un certo giorno, in una casa di Genova si tenne una partita a biribis e tra i giocatori c’era anche lui, il più celebre seduttore, il veneziano Giacomo Casanova.