L’Oratorio di Morte e Orazione in Piazza Santa Sabina

Se il passato resta ancora tra noi, siamo noi a dover saper leggere i suoi simboli e scoprire le sue storie.
Alcuni luoghi e alcune figure ci portano ad un passato lontanissimo, ad un tempo in cui la vita era più fragile ed esposta a letali pericoli.
Camminando in Via delle Fontane e fermandosi all’altezza di Piazza Santa Sabina ci imbatteremo in un vetusto edificio di recente restaurato che conserva la traccia della sua originaria destinazione.
Qui vi fu un tempo l’Arciconfraternita di Morte e Orazione, fu il Cardinale Arcivescovo Antonio Sauli ad approvarne i capitoli nel lontano 1587 e in seguito, intorno al 1591, l’Arciconfraternita fu aggregata alla confraternita omonima che si trova nella città di Roma.

Per amor di precisione è bene puntualizzare che nell’Arciconfraternita di Morte e Orazione confluirono due diverse istituzioni genovesi: la Confraternita di Santa Lucia con sede nella Chiesa di San Vittore e la Compagnia del Venerdì con sede nel Chiostro di Santa Maria di Castello.
La meritoria istituzione si era assunta un compito quanti mai gravoso e doloroso e certamente molto utile per la salute pubblica: i membri della Confraternita, come narra Federico Alizeri, si impegnavano infatti a dare pietosa sepoltura ai cadaveri dei condannati al remo.

In seguito essi estesero la loro opera misericordiosa a tutti i poveri della città.
L’oratorio fu edificato nel 1641 e, scrive il professor Poleggi, venne in parte distrutto durante la II Guerra Mondiale e riedificato conservandone il disegno originario.
Con tutta evidenza, si collegano alla pietosa attività della Confraternita le funeree rappresentazioni di teschi così cupamente sinistre che ancora decorano la facciata dell’edificio.

A partire dal 1604 i confratelli ottennero di indossare la tunica nera al posto di quella bianca e rossa usata fino a quel momento.
La confraternita ottenne anche diversi privilegi, ad esempio avevano la libertà di celebrare funzioni e messe private.

Inoltre, dalla metà del ‘600 una bolla di Urbano VIII consentì ai membri della Confraternita di aprire le chiese per seppellire i morti al loro interno.
Facevano parte di questa confraternita molti rappresentanti delle nobili famiglie genovesi, codesti benemeriti cittadini si dedicarono inoltre anche in altre maniere ai bisognosi e furono prodighi di provvidenziali elemosine.
Il tempo, implacabile, scivola via.
E scorre, fluisce, come sabbia che cade inesorabile nella clessidra.

Quel tempo, nei secoli passati, ebbe diversi protagonisti, alcuni dei loro nomi sono stati dimenticati, non tutte le vite passano all’onore della storia e della memoria, la maggior parte di coloro che attraversano questo mondo resta ignota al ricordo dei posteri.
L’oratorio, all’interno del quale sono conservate pregiate opere d’arte, fu scenario della vita cittadina, da qui si mossero pietosi coloro che non sapevano ignorare il compiersi del ciclo della vita.
Quanto passate in Santa Sabina, alzate lo sguardo: sotto il cielo di Genova ancora resta l’Oratorio dell’ Arciconfraternita di Morte e Orazione.