Il delizioso pane dei Kunkl: una storia di Genova

Questa è una storia che inizia in un giorno lontano e in un luogo distante: è una storia di successo, intuito e intraprendenza che si dipana per le vie della vecchia Genova.
E per raccontare da capo questa vicenda bisogna andare in Tirolo, a Neumarkt, in italiano nota come Egna.
Lassù, tra quelle maestose montagne, nasce il giorno 11 novembre 1813 Giovanni Martino Kunkl, in quel periodo il territorio di Egna è incluso nel Regno di Baviera ma, dopo breve, sarà unito all’Austria.
E proprio con il suo passaporto austriaco Giovanni Martino intraprende l’avventura della sua vita: siamo nel 1847 e Kunkl parte alla volta di Genova che diverrà la sua città di adozione.
Certo non sarà stato facile per un austriaco inserirsi in una città come la Superba che con gli austriaci, come ben sappiamo, aveva avuto un passato di contrasti politici.
Giovanni Martino però è un giovane di belle speranze, ha 34 anni e porta con sé la saggezza di una professione nella quale eccelle: Giovanni Martino è panificatore e porterà la sua sapienza nei caruggi di Genova, in particolare in quella Via Lomellini a me tanto cara.

Giovanni Martino non è solo, con lui ci sono la moglie Giuseppina e le prime tre figlie nate in Austria: Maria, Vittoria ed Enrichetta, a Genova vedranno poi la luce Anna e Stefano.
Restiamo in questi caruggi, qui dove Giovanni Martino inizia la sua fiorente attività, la prima traccia della sua presenza, naturalmente con riferimento alle Guide e ai Lunari di mia proprietà, è sul magnifico libro di Edoardo Michele Chiozza dal titolo Guida Commerciale descrittiva di Genova del 1874-75.
Qui il nostro Giovanni Martino viene annoverato come fabbricante di pane di lusso ad uso di Vienna e la sua attività si trova Via Lomellini 3.

Il tempo, poi fugge via veloce e, in un giorno fatale del 1877, Giovanni Martino Kunkl lascia le cose del mondo.
Naturalmente io sono andata a cercare traccia di lui nel nostro Cimitero Monumentale di Staglieno e così ho trovato il suo nome inciso nel marmo nella Galleria Inferiore a Ponente.
È una tomba semplice la sua, simile a quella di tanti genovesi del suo tempo che qui riposano.

A succedere a Giovanni Martino nella conduzione dell’impresa di famiglia sarà Stefano, il suo ultimo figlio.
Quando il padre muore, in quel 1877, Stefano è un giovane di 26 anni: dal padre ha appreso tutti i segreti del mestiere, custodendoli e mettendoli a frutto per il bene suo e della sua famiglia.
Ed è il nome di Stefano a comparire così tra le pagine dei libri e a rifulgere nel commercio della città.
Stefano ha talento, intuito e capacità imprenditoriale, espande l’attività con successo e lo troviamo citato sui lunari del Signor Regina del 1881 e del 1887 tra i fabbricanti di paste e galette e come proprietario di due negozi, il primo si trovava in Via Lomellini 61, nella parte alta della strada.

L’altro negozio era invece in Via Roma.

Il segreto del pane delizoso e rinomato in tutta Genova risiedeva nella scelta accurata di ingredienti di prma qualità.
Stefano Kunkl, infatti, ogni estate si recava in Austria o in Ungheria per acquistare la farina da usare per il suo pane: la sua farina aveva un alto potere lievitante senza agenti aggiunti, in pratica era l’equivalente della manitoba.
Fu così che il segreto dei Kunkl portò loro il meritato succcesso, nel 1899 si aggiunse un ulteriore punto vendita, citato ovviamente nel Lunario del Signor Regina, in Via ai Quattro Canti di San Francesco.

Stefano, con il suo innato fiuto per gli affari, fu poi talmente abile da divenire, insieme al figlio Silvio, stimato fornitore della Real Casa: l’attività di famiglia sarà infatti denominata Panificio Reale Stefano Kunkl.
E in punta di piedi entriamo nell’ufficio di Stefano Kunkl: qui lo vediamo insieme al figlio Silvio.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

Come specificato, la fotografia è di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl e mi è stata inviata dall’Architetto Chiara Kunkl che un giorno è capitata casualmente su queste pagine e ha così generosamente condiviso con me questa magnifica storia di famiglia che vi racconto, la ringrazio anche da qui per questo, le molte informazioni da lei fornite e le immagini di famiglia, unite alle mie ricerche a Staglieno e tra le pagine delle guide, mi permettono di narrarvi questa vicenda.
Ecco ancora Stefano Kunkl: lui è al centro della foto vicino alla moglie Angela e tiene in braccio una nipotina.
Accanto a Stefano siede Silvia, la moglie di Silvio che è in piedi alle spalle di lei, insieme ad altri parenti.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

E riporto qui una frase tratta dal documento trasmessomi da Chiara Kunkl, queste parole riassumono interamente lo spirito dei Kunkl e il senso del loro operare: si tramanda che Stefano Kunkl raccomandasse ai suoi figli di dividere l’utile di ogni anno in due metà uguali fra loro di cui la prima doveva essere accantonata e reinvestita nell’attività mentre la seconda doveva obbligatoriamente e interamente essere spesa al fine di ricordare a se stessi quali benefici potessero portare un anno di duro lavoro.

Fotografia di proprietà delle eredi di Silvio Kunkl

Tra le notizie inviatemi da Chiara Kunkl c’è anche un articolo di Edilio Pesce dedicato allo storico panificio con l’elogio delle michette e delle rosette deliziose, con il rimpianto per gli sfilatini che si acquistavano uscendo dalla messa in San Filippo Neri.
E certamente da Kunkl avranno fatto anche la focaccia!
Va inoltre anche ricordato che furono i Kunkl a introdurre a Genova i libretti, un tipo di pane molto apprezzato dalle nostre parti.
E continuiamo il nostro giro per Genova, in cerca dei luoghi di Stefano e Silvio Kunkl.
Già nel 1913 avevano un negozio al 110 rosso di Piazza Soziglia, all’epoca i mei antenati avevano un negozio in Campetto, chissà quante volte avranno comprato il pane dai Kunkl!

Il negozio in Via Lomellini fu spostato poi al numero 48 rosso.

Il Panificio era in Via della Maddalena 29, ecco qui l’edificio.

Un altro panificio era in Vico del Fornaro, il caruggio dal toponimo perfetto!

Tutte queste notizie sono presenti sui lunari del tempo, nel 1926 c’era un Panificio Kunkl anche in Via Frugoni, traversa di Via XX Settembre.
E sul Lunario del 1902 si trovano pure i numeri di telefono.
Per dire, il negozio di Via Lomellini aveva il numero 341 e a leggerlo ho pensato: ora chiamo e ordino un chilo di libretti!

La vita non era facile per nessuno, in quel tempo, come in tutte le famiglie anche i Kunkl ebbero i loro tragici lutti.
Come vi dissi da principio, Giovanni Martino Kunkl aveva avuto 5 figli.
La seconda figlia Vittoria morì a soli quattro anni e la terza, Anna, spirò appena ventunenne.
La primogenita Maria si sposò e lasciò questo mondo ad appena 24 anni, io ho trovato la sua tomba nella Galleria Inferiore a Ponente del Cimitero Monumentale di Staglieno.
È collocata in alto, questo rende difficile la lettura della lapide e allora, in memoria di lei, la riporto per intero.

A Maria Lanfranchi nata Kunkl
figlia e sposa affettuosa ed esemplare
che immatura morte rapiva
il 6 Aprile 1867
lo sposo e i suoi desolatissimi
quale attestato di affetto questa lapide consacrano

Stefano Kunkl morì nel 1913 e in seguito alla sua dipartita il figlio Silvio prese in mano le redini dell’Azienda e divenne presidente dell’Associazione Panificatori ed insegnante, tramandando così alle nuove generazioni i segreti per fare il pane.
A Staglieno ho trovato anche la tomba di Stefano Kunkl, egli riposa nella Galleria Frontale, accanto alla moglie Angiolina.
La loro tomba è opera dello scultore Luigi Orengo.

I viaggi nel passato rappresentano l’emozione di ritrovare i luoghi che non abbiamo veduto e di osservare i volti di coloro che non abbiamo conosciuto: eppure in qualche modo ci sembrano vivi e presenti, ci osservano da un’immagine in bianco e nero e si raccontano, con sincerità e verità.
Ringrazio ancora di cuore Chiara Kunkl per aver permesso a me e a voi questo percorso a ritroso sulle tracce di Giovanni Martino e della sua numerosa famiglia.
C’è ancora un piccolo tratto di strada da fare insieme, proprio là, in cima a Via Roma.
In quello slargo oggi denominato Largo Eros Lanfranco e un tempo noto come Largo di Via Roma.
È un giorno qualunque di un tempo distante: due eleganti genovesi passeggiano vicine, chiacchierano tra loro amabilmente.
Osservate con attenzione alle loro spalle e dietro al signore con la bombetta: si vede un negozio, non è del tutto visibile l’insegna ma se ne legge chiaramente una parte, S. Kunkl, spiccano in particolare i caratteri gotici.
Ecco qui il favoloso negozio di Via Roma più volte citato e ritrovato nelle guide, l’immagine è un dettaglio di una cartolina che di seguito trovate pubblicata interamente e appartiene all’amico Stefano Finauri che qui ringrazio.

La memoria e il ricordo sono ricchezze da custodire, raccontare certe storie significa far tornare tra noi sorrisi, sguardi e vite di un altro tempo.
E quando passate in Via Roma rammentatevi che là, accanto all’imbocco di Galleria Mazzini, un tempo si sentiva il profumo del pane fragrante dei Kunkl, memoria preziosa del passato della nostra Genova.

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Le vicende di Vico Domoculta

Ritorno a parlare dei nostri vicoletti genovesi e oggi vi porto in un breve caruggio del quale, a prima vista, si potrebbe pensare che ci sia poco da dire.
In realtà ogni luogo che rimanda al nostro passato si ricollega a storie forse oggi dimenticate ma spesso affascinanti da scoprire.
E dunque eccoci in Vico Domoculta, un vicoletto che collega Via San Sebastiano a Via XXV Aprile.

Il toponimo rimanda al Medioevo e, come egregiamente spiega il magnifico Amedeo Pescio, con il termine Domoculta ci si riferiva ad una regione coltivata posta fuori dalle mura.

Scesi fino all’innesto con Via XXV Aprile soffermiamoci a leggere la targa e noteremo che un tempo il nome di questa via era Vico del Cetriolo.
Sempre grazie a Pescio scopriremo infatti che l’esistenza di questo breve vicoletto si deve alla realizzazione nel 1825 di Via Carlo Felice, strada oggi nota appunto come Via XXV Aprile.
Prima di quell’anno, infatti, c’era un unico vicolo che aveva inizio dalla nostra Via Luccoli: il Vico dell’Arancio.
Dalla realizzazione di Via Carlo Felice il Vico dell’Arancio rimase tagliato a metà: la parte inferiore mantenne l’antico toponimo che ancora conserva, la parte superiore invece venne denominata Vico del Cetriuolo.

E dunque, direte voi, come si legge sulla targa il caruggio venne in seguito chiamato Vico Domoculta e la storia può considerarsi finita.
Eh no, cari amici, la vicenda è un po’ più complicata ed io mi sono divertita molto a scoprirla dapprima sulle pagine di un antico Lunario e poi nel centro della mia città.
Proseguo così il mio racconto: dovete sapere che c’era una volta un Vico delle Figlie denominato in seguito Vico delle Belle Figlie del quale ci parla lo storico Francesco Podestà nel suo volume Il colle di Sant’Andrea in Genova e le regioni circostanti edito nel 1901.
Scrive appunto il Podestà che il particolare toponimo si doveva al fatto che tramite quel vicoletto si arrivava all’Ospedale degli Incurabili che all’epoca ospitava solo figlie.
In seguito, scrive sempre l’autore, quel vicolo cambiò ancora nome e venne denominato Vico Domoculta, per ricordare quell’antica regione che un tempo attraversava.
Ora guardiamo insieme la cartina di Genova del 1902 che è tratta dal mio Annuario Genovese Lunario del Signor Regina di quell’anno.
Osserviamo insieme questo spicchio di Genova: a destra Via Roma, poi Via San Sebastiano e a sinistra Via Carlo Felice (la nostra attuale Via XXV Aprile) e tra queste ultime due vie si notano in successione tre caruggi: Vico del Cetriuolo, Vico Spotorno e Vico Domoculta.

Siamo qui, in questo tratto di Genova, nel cuore della città.

E se percorrete Via XXV Aprile noterete che, salendo verso De Ferrari, sul lato sinistro incontrerete la nostra Vico Domoculta che un tempo era Vico del Cetriuolo e poi Vico Spotorno, non ci sono altri caruggi tra Via XXV Aprile e Via San Sebastiano.
Provate però ad osservare meglio gli ultimi due palazzi della via e noterete che c’è uno spazio tra i due edifici.

E guardate meglio da vicino: sembra proprio la dimensione di un dignitoso caruggio genovese, qui doveva trovarsi l’antico Vico Domoculta.
Ora quello spazio è di pertinenza di uno dei due palazzi e non è più una via percorribile, ospita invece certi locali di una banca.
Ed ecco come si sfiorano i tetti dei due edifici.

Andiamo ancora dall’altro lato e osserviamo con attenzione i due palazzi da Via Roma: si nota chiaramente che quello spazio poteva davvero essere un vicoletto.

E così, seguendo gli indizi trovati su una vecchia cartina di Genova sono giunta alle mie conclusioni che di seguito riassumo.
C’era un tempo Vico Domoculta che prima si chiamava Vico delle Belle Figlie.
In un’epoca che io non conosco e per ragioni a me sconosciute si decise di chiudere questo vicolo nella maniera che oggi conosciamo.
Un po’ più in giù, verso Fontane Marose, c’era quell’altro vicoletto che era noto come Vico del Cetriuolo ed era la prosecuzione dell’antico Vico dell’Arancio, si pensò così di mutarne il nome e di denominarlo Vico Domoculta, come quell’altro caruggio che non c’era più.
Certe tracce si perdono e il tempo posa il suo velo sulle vie del passato: seguire gli indizi e per quanto possibile ritrovare certi luoghi perduti è per me sempre un’esperienza emozionante.
Quando passate da quelle parti ricordatevi che per osservare il cielo sopra Vico Domoculta dovrete fermarvi là, dove quei due edifici si incontrano sotto l’azzurro di Genova.

27 Novembre 1887: Santa Teresa del Bambino Gesù a Genova

La memoria dei luoghi si affida anche alla nostra capacità di riconoscere e ritrovare i fatti accaduti  sui quali il tempo posa il suo velo inesorabile.
Torniamo al passato, alla seconda metà dell’Ottocento, seguiamo così i passi di una giovane fanciulla devota di nome Marie-Françoise Thérèse Martin, lei è originaria di Alençon dove è nata il 2 Gennaio 1873.
La storia della sua scelta è la storia di una vocazione sentita in giovane età e perseguita con passione e con ardente amore per Dio.
Eccola la ragazza devota, lei vorrebbe diventare suora carmelitana nel convento di Lisieux proprio come le sue sorelle ma è ancora troppo giovane per seguire quel suo cammino.
Giunge poi l’autunno del 1887 e Teresa, insieme ai fedeli della diocesi di Lisieux, compie un pellegrinaggio in Italia per il giubileo sacerdotale di Papa Leone XIII.
È il 20 Novembre 1887 e la ragazzina, fiduciosa e determinata, durante l’udienza concessa dal pontefice, chiede a Leone XIII di entrare nel Carmelo: Teresa ha appena 15 anni eppure sa già che quello è il suo destino.
Sulla via del ritorno, il 27 Novembre 1887, la giovane Teresa farà anche una breve sosta qui a Genova.

Ed ecco la memoria dei luoghi e delle persone che li hanno percorsi:  alcuni sono già celebri proprio nel momento del loro soggiorno, altri diventeranno poi noti per i più svariati motivi.
La giovane fanciulla di Alençon trovò ospitalità in un celebre albergo cittadino del quale spesso vi ho parlato: è il Grand Hotel Isotta di Via Roma.
Calpestò questa strada, varcò questa soglia.

Rimase, presumo, lo spazio di una notte, giusto il tempo per ritemprarsi dalle fatiche del viaggio per poi ripartire alla volta della sua città.
La memoria dei luoghi è labile, a volte svanisce e non ce ne curiamo più.
Provate a immaginare Teresa, in quella stanza di albergo, mentre recita le sue preghiere e con la mente ritorna all’incontro con il Papa.
Prega e spera, prega e sorride, anche nel cuore.
La memoria di lei e del suo passaggio è rimasta e ci ricorda che qui si fermò una fanciulla che diverrà poi nota come Santa Teresa del Bambino Gesù e del Santo Volto.

La giovane Teresa entrò nel convento di Lisieux, come desiderava, nel 1888.
Sarà breve il suo cammino terreno: Teresa di Lisieux muore ad appena 24 anni nel 1897 a causa della tubercolosi dopo una lunga malattia,
Teresa di Lisieux è Santa e Dottore della Chiesa, la sua festività di celebra il 1 Ottobre, è patrona di Francia e anche dei malati di diverse malattie infettive.
Uno dei suoi attributi sono le profumate rose.

Quando camminate in Via Roma alzate lo sguardo e troverete il luogo che in un tempo lontano ospitò Santa Teresa del Bambino Gesù.

Genova, 1899: Gio Batta Sacco, il salsamentario di Via Roma

Vi porto ancora nel passato della Superba: correva l’anno 1899, il secolo nuovo si approssimava con il suo carico di promesse e di entusiasmanti novità.
I mirabili indizi della quotidianità di quel tempo distante sono capitati tra le mie mani grazie ad un prezioso volumetto acquistato di recente: l’Annuario Genovese Lunario Signor Regina di quell’anno 1899, un’indispensabile guida che racchiude interessanti notizie sulle attività dell’epoca.
E non c’è nulla di meglio per viaggiare nel tempo, finiremo così dritti dritti nella fastosa Via Roma.

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Andiamo insieme in cerca del favoloso negozio del Signor Gio Batta Sacco, io appena ho letto sulla guida il suo nome mi sono subito immaginata un tipo gioviale, dai modi accoglienti, una persona gradevole e allegra.
Dunque, il Signor Sacco di professione è salsamentario, termine desueto e per noi piuttosto insolito: per dirlo con parole nostre il Signor Sacco è pizzicagnolo e ha la sua bella bottega per l’appunto in Via Roma.
E così immaginatevi un’abbondanza di salumi e conserve, nel periodo delle feste si fa la fila dal Signor Sacco!
Qui si trovano i migliori vini e i liquori pregiati, il miele del Monte Rosa, l’estratto di pomidoro al naturale e molte altre delizie gastronomiche, non mancano i formaggi saporiti e altre prelibatezze.
Inoltre il nostro Signor Sacco è un commerciante abile e lungimirante: come si nota offre alla sua clientela servizi a domicilio, servizi per soirée e pure spedizioni in pacchi postali.

E così, eccomi in Via Roma: armata del mio annuario me ne vado in cerca di questo bel negozio, tra le pagine del mio libro è chiaramente specificato un civico e così non sarà poi difficile trovare il punto esatto nel quale si trovava la bottega di Gio Batta Sacco.
Ho percorso tutta la strada guardando con attenzione tutti i negozi e infine, arrivata in cima, ecco la fantastica scoperta: il negozio dei Signor Sacco si trovava nei locali nei quali oggi ha sede una celebre ed esclusiva gioielleria genovese.
Caro Signor Sacco, chi lo avrebbe mai detto!

E così, d’ora in avanti, passeggiando per Via Roma, userò gli occhi della fantasia e mi immaginerò di sbirciare nelle fantastiche vetrine che c’erano un tempo in questa elegante via genovese nel lontano 1899.
Dedicato a lei e in ricordo del suo glorioso negozio, caro Signor Gio Batta Sacco, salsamentario in Via Roma.

Dicembre 1877: Adelina Patti al Teatro Paganini

Sono giorni di Dicembre del 1877 e la città è in fermento.
Si attende di assistere alle opere che vedranno come protagonista assoluta una stella di prima grandezza: è la cantante Adelina Patti, soprano di caratura internazionale che ha calcato i più importanti palcoscenici del mondo, da New York a Londra, da San Pietroburgo a Parigi, il nome di Adelina rifulge per il suo talento.
A Genova sarà in scena con la Traviata di Giuseppe Verdi e il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, il bravo corrispondente della Gazzetta Musicale di Milano del 23 Dicembre 1877 narra la serata in cui andò in scena l’opera verdiana, il palcoscenico prescelto è quello del Teatro Paganini che un tempo era in Via Caffaro.

I melomani affollano il Paganini, nei palchi c’è il fior fiore della buona società, la platea è gremita, non c’è una sedia vuota in tutto il teatro.
E poi ecco l’artista salire sul palcoscenico: la sua voce è incantevole, il suo canto armonioso.
Il pubblico è letteralmente incantato da lei, scrosci di applausi suggellano il successo della diva: lei è perfetta, meravigliosa, unica e coinvolgente, quando intona Amami Alfredo altri applausi accolgono i suoi virtuosismi.
Adelina è una magnifica Violetta, anche Verdi la adorava e ugualmente fa il pubblico di Genova che, quando cala il sipario, la acclama a gran voce.
Il critico della Gazzetta Musicale precisa che il pubblico genovese è in genere particolarmente esigente e severo ma la Patti manda tutti in delirio.
La applaudono, il teatro è un trionfo e lei viene chiamata per ben nove volte al proscenio, le dame sono tutte in piedi e sventolano i loro fazzoletti.
Adelina è idolatrata come una star e i suoi fans la attendono fuori dal teatro, c’è una ressa di gente e tutti si sporgono per ammirarla e per vederla una volta in più, lei che è una diva magnifica e così apprezzata!
E non è finita, il pubblico in delirio segue la vettura che conduce la cantante all’Albergo dove soggiorna: è il celebre Grand Hotel Isotta di Via Roma.

La via pullula di una folla acclamante, Adelina è come una rockstar.
Le voci si sovrappongono, gli applausi proseguono scroscianti e si fanno ancor più concitati quando ad un tratto una finestra si apre e appare ancora lei, Adelina sventola il suo fazzoletto e saluta il pubblico che la adora.

Collezionare antiche fotografie ci consente di incontrare sguardi e vicende di un tempo che non abbiamo vissuto.
Qualche giorno fa, per un caso del destino, ho acquisito una Carte de Visite dello Studio Calzolari di Milano nel quale è ritratta proprio Adelina Patti, la cantante al suo tempo così amata.
E allora ho voluto dedicarle questo ricordo, in memoria degli istanti dei suoi trionfi in quei giorni di dicembre a Genova.

Una cartolina dal Grand Hotel Isotta

Ritorniamo ancora una volta ad essere turisti nel passato della Superba.
Eccoci al Grand Hotel Isotta, ad averci condotto qui è la buona fama di questo albergo che si trova in una posizione centralissima, nella fastosa ed elegante Via Roma.
Sulle guide di anni distanti, infatti, l’Hotel viene per l’appunto raccomandato, ad esempio ne ho trovato notizia sulla mia Guida Treves del 1911 dove il Grand Hotel Isotta viene nominato come un albergo di prim’ordine.
E c’è da dire che i titolari certo sapevano incuriosire la clientela, a tal proposito vi mostro una loro cartolina che è parte della mia collezione, la guarderemo insieme nei dettagli.
Ah, questa Genova del passato, che magia di bellezza!
Per descriverla si ricorre all’arte del disegno e così si rappresenta questa parte della Superba.
Sullo sfondo si nota anche la Lanterna, alcune frecce indicano luoghi importanti di questo vibrante centro cittadino: da sinistra verso destra ecco il Teatro Carlo Felice, la National City Bank of New York, le Poste e i Telegrafi, il Palazzo della Borsa e infine il Palazzo della Navigazione Generale Italiana oggi sede della Regione Liguria.
Per caso vi sembra che manchi qualcosa in questa Piazza De Ferrari? Naturalmente manca la nostra amata fontana.

E ancora ecco qua un altro dettaglio dove si vede il celebre e apprezzato Grand Hotel Isotta.
Si può dire che l’autore del disegno si è lasciato trasportare in parte dalla fantasia raffigurando una Via Roma ben più ampia e larga di quanto sia effettivamente.

Le camere dell’albergo si affacciano su questa strada magnifica per passeggiare osservando le eleganti vetrine dei negozi.
Ancora è così e se vi recherete in Via Roma vedrete proprio l’edificio che ospitava il Grand Hotel Isotta, vi ricordo anche che di questa struttura alberghiera scrissi già diverso tempo fa in questo post dove troverete molte notizie e curiosità su questo albergo del passato.

Era un tempo diverso e andava ad una diversa velocità.
Ecco le poche vetture, i tram, i pedoni di un passato così immaginato, in basso a destra una freccia indica ancora la sede di una banca.
Lo scorrere degli anni ha mutato molti aspetti della città, altre parti sono rimaste uguali: da quel tempo distante ecco per voi una cartolina dal Grand Hotel Isotta.

Un soggiorno all’Hotel Concordia et France

Benvenuti cari viaggiatori di un altro tempo, la fiera Superba è pronta ad accogliervi con le sue bellezze.
E la vostra carrozza accosta lentamente nella fastosa Via Roma: trascorrerete un incantevole soggiorno in uno degli alberghi centrali della città, sarete graditi ospiti dell’Hotel Concordia et France situato in questa zona elegante di Genova.

La struttura è persino nominata nella Guida Treves del 1911 dove vengono indicati solamente alberghi di buona qualità e adatti alle signore, c’è scritto proprio così ed è già una garanzia!
E dovete sapere che i proprietari del Concordia et France ci tengono in particolar modo alla loro clientela e sono anche abili comunicatori, lo dimostra il piccolo depliant destinato agli ospiti, un bel modo per farsi pubblicità!
Innanzi tutto c’è una bella immagine dell’Hotel, qui si gode della vicinanza dell’elegante Galleria Mazzini e nei dintorni non mancano certo le occasione per lo shopping.

Come si legge sul cartoncino i proprietari della struttura sono degli imprenditori coi fiocchi e hanno alberghi in diverse parti d’Italia, persino nella nostra ridente Sanremo.
E qui a Genova si danno da fare per rendere confortevole il vostro soggiorno: il cartoncino pubblicitario dell’albergo è ripiegato più volte e nelle parti interne contiene molte utili informazioni.
Ad esempio c’è una cartina della città e se osservate con attenzione all’epoca la nostra Via Gramsci si chiamava ancora Via Carlo Alberto.

C’è poi un elenco delle cose da fare e sono indicati anche i luoghi di culto, tra i suggerimenti c’è anche il Palazzo Ducale e noterete che viene collocato in Piazza Nuova, antico nome dell’attuale Piazza Matteotti.
Le cose cambiano: nel piccolo depliant dell’albergo si suggerisce il Teatro Paganini di Via Caffaro non più esistente, tra le ville da visitare viene indicata Villa Groppallo, antica dimora che in questi tempi è l’esclusivo scenario di lussuosi ricevimenti.

Inoltre l’Hotel Concordia et France offre ai suoi fortunati ospiti diverse immancabili comodità come ad esempio la sala ristorante, il riscaldamento, il telefono e il servizio omnibus per la stazione.
Chiaramente ospitando una clientela internazionale si specifica che qui si parlano le lingue e d’altra parte questo cartoncino è in francese, si vede che al Concordia arrivano molti stranieri!

Non manca una fotografia panoramica della città, i proprietari dell’albergo sono prodighi di suggerimenti, nell’elenco delle cose da fare figurano anche le passeggiate al Righi e la visita al Cimitero Monumentale di Staglieno, non mancano le escursioni per ammirare le ville di Pegli e di Nervi.

In questo albergo incantevole, a due passi da Piazza Corvetto.

E quando verrà il tempo di tornare a casa vi guarderete indietro con nostalgico rimpianto e ripenserete al vostro confortevole soggiorno in questo albergo di Genova.

Molti anni dopo forse taluni cercheranno ancora quel fascino del tempo lontano e non trovando più quell’edificio magari rimarranno delusi, resterà soltanto la forza della fantasia per provare a immaginare di essere turisti di un altro tempo nel cuore della Superba.
Proprio là, dove in altri anni sorgeva il prestigioso Hotel Concordia et France.

Un favoloso negozio in Via Roma

C’era un tempo, a Genova un favoloso negozio dove si potevano acquistare tutte le migliori raffinatezze per le confezioni di abiti per signora e tutte le dame del bel mondo di certo lo conoscevano.
Era un posto all’ultima moda e nelle sue scintillanti vetrine venivano esposte le ultime novità in fatto di stile, doveva essere una gioia per le signore e signorine genovesi fermarsi in Via Roma da Besio per gli acquisti.

Il negozio rimase a lungo in questa via, si trasferì in seguito in un altro punto della strada ma almeno fino al 1934 si trovava ancora in Via Roma, così ho letto sulla mia Guida Pompei di quell’anno.
Noi però viaggiamo ancora più indietro nel tempo e andiamo in quel secolo di romantiche eleganze e precisamente nel 1887.
Immaginiamo quel negozio e i suoi scaffali ricolmi di ogni ben di Dio: pizzi e ricami, nastri, bottoni lucenti e ricche passamanerie.
Mi vien da dire che in Via Roma facevano concorrenza al negozio del mio avo Vincenzo che vendeva le sue raffinate creazioni in quel di Campetto, alcuni dei suoi articoli sono ancora qui con me.

A volte accade, a volte le storie si intrecciano in maniera imprevista e piacevole da ritrovare.
In quel periodo venne pubblicato un romanzo che diverrà poi un classico della letteratura: l’autore è Emile Zola e il libro si intitola Al Paradiso delle Signore.
È un autentico capolavoro e si incentra sulla vicenda di una ragazza, tra quelle pagine il lungimirante Zola narra anche il successo strepitoso dei primi magasins de nouvetés a Parigi, questi templi del lusso e della moda finiranno per mettere in seria difficoltà i piccoli negozi.
Se non avete letto il libro di Zola vi suggerisco di farlo, si tratta di uno dei romanzi che ho più amato e qui trovate la mia recensione.
Non sono certo l’unica ad aver apprezzato la lettura del romanzo dello scrittore francese, ho idea che sia piaciuto anche ai proprietari del famoso negozio, guardate con attenzione la pubblicità pubblicata sul Lunario del Signor Regina del 1887.
E immaginate di essere anche voi nella frenesia degli acquisti, le clienti esigenti trovano qui velluti e pizzi preziosi, nastri di raso, bottoni raffinati e molto altro ancora.
Insomma, un negozio delle meraviglie, per davvero!
Al Paradiso delle Signore, nel centro di Genova nel lontano 1887.

Camminando nel passato di Via Roma

Svelti, salite a bordo della macchina del tempo, vi porto con me: ci attendono altri giorni per noi ricchi di fascino nella bella ed elegante Via Roma.
Centralissima strada dalle vetrine scintillanti, perfetta per il passeggio e per lo shopping, Via Roma è una via molto importante di questa città e tutti noi genovesi la attraversiamo spesso.
E a volte andiamo di fretta, distratti dai nostri pensieri: il lavoro, l’appuntamento al quale non si può mancare, la solita convulsa quotidianità.
Sotto alla lampione a muro della pubblica illuminazione c’è una buca della lettere, grazie al cielo, ho giusto della corrispondenza da spedire!

Il tempo scorre scandito dai discorsi dei passanti, ci sono uomini d’affari che parlano fitto fitto tra di loro, ognuno è preso dalle proprie incombenze.
Laggiù, una tenda in fuori e una scritta: panetteria.
E sì, è proprio il punto dove si trova lo storico negozio di Bruciamonti che ancora vende le sue delizie ai genovesi.

Certo, passando in centro forse potrebbe venire il desiderio di rincuorarsi con qualcosa di caldo o con un dolce intermezzo che tiri su il cuore.
Il Caffè Andrea Doria potrebbe proprio fare al caso nostro!

E mentre camminiamo potremmo persino trovarci accanto qualcuno che impegna la strada con passo più deciso.

E a dire il vero, potreste vedermi attraversare Via Roma con aria svagata e persino sognante, ogni volta che viaggio nel passato della Superba provo sempre un senso di stupore e di meraviglia, vorrei girare l’angolo e vedere cosa c’è la dietro e poi ancora continuare a camminare per la città.
Laggiù si nota persino una porticina e sull’insegna si legge solamente la parola Toilettes, ho pensato che potrebbe riferirsi a capi di alta moda per signore e signorine ma non è una certezza, peccato non saperne di più!

Poi il tempo scorre, tutto cambia e tutto svanisce: il Caffè Andrea Doria, la buca delle lettere, il giovanotto in uniforme, la ragazza con l’abito chiaro e i signori con il cappello.

E poi il pensiero ritorna a certe immagini e allora, a volte, solo con la fantasia e con la tua l’immaginazione ti sembra di vedere tutto questo.
Come se davvero fossi là, con quelle persone, nel passato di Via Roma.

Le pietre d’inciampo di Genova

Oggi, 27 gennaio, si celebra la Giornata della Memoria in ricordo delle vittime dell’Olocausto.
Non si legge mai abbastanza in merito a questi argomenti, a noi che restiamo è lasciato il dovere e l’obbligo di non dimenticare affinché non accada mai più, i nomi e le storie tragiche di quegli anni non devono cadere nell’oblio.
Ho scelto questa giornata per mostrarvi alcune pietre di inciampo che potete vedere a Genova.
L’idea di realizzare le pietre d’inciampo si deve ad un artista tedesco, esse si trovano nelle nostre strade e sono segnalate da targhe in ottone, vengono posizionate in luoghi particolari: l’abitazione di una delle vittime, il posto nel quale la sua vita ha avuto fine o anche il punto nel quale è stata arrestata.
A Genova, di recente, ne è stata collocata una davanti al civico 26 di Via Carlo Barabino nel quartiere della Foce.

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Qui visse Ercole De Angelis che non fece mai più ritorno alla sua casa.

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Spostiamoci quindi in Via Roma, davanti al civico 1.
A terra luccica la triste testimonianza qui posta in memoria di un giovane uomo di appena 25 anni.

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Giorgio Labò, strappato ai suoi affetti e ai suoi sogni, membro della Resistenza e decorato al valor militare.

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A lui è intitolato anche lo slargo tra il Carlo Felice e Galleria Mazzini.

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E proprio all’imbocco di Galleria Mazzini abbassate lo sguardo, là riluce un’altra targhetta.

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Ricorda Reuven Riccardo Pacifici, rabbino capo di Genova.

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Fermatevi, riflettete, chi ha fede certo dirà una preghiera.
Alcuni libri su certi argomenti non si leggono mai abbastanza, la penso così.
Concludo questo post citando le parole tratte dal diario di Anna Frank, una ragazzina divenuta simbolo tragico dell’Olocausto e della crudeltà di quel tempo.
Le sue parole, queste parole, sono da ricordare a memoria, con la speranza che gli uomini sappiano essere migliori.

“È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere.”

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