Una piccola scoperta in Piazza San Lorenzo

Ed è sempre con stupore che mi sorprendo a scoprire cose mai vedute in questa città mille volte percorsa e in questi caruggi ammirati, amati e a me così cari.
In Piazza San Lorenzo mi fermo spesso a guardare la nostra cattedrale e la sua magnificenza, i recenti restauri le hanno restituito il suo antico splendore.
E così alzo lo sguardo e resto a contemplare cotanta bellezza.

In Piazza San Lorenzo, poi, si osserva scorrere la vita.
Ecco i passanti, genovesi e visitatori: ognuno ha un passo diverso e uno sguardo differente sulla città.
E così a volte mi metto seduta vicina al leone e resto ad osservare la gente passare.
Alcuni cercano di orientarsi, altri sanno perfettamente dove andare, si guardano intorno, chiacchierano, scoprono la città e le sue antiche bellezze.
Ed io li osservo, dalla mia splendida postazione accanto al leone.

E poi da quel punto si gode in effetti di una prospettiva straordinaria sulla piazza e sul porticato di fronte alla cattedrale.
Il porticato: mai avrei detto che mi avrebbe riservato una splendida sorpresa e invece è stato proprio così!

L’altro giorno mi trovavo lì e stavo camminando lentamente, percorrevo il tratto finale davanti al quale sbuca il nostro antico Vico del Filo.
E là, su un gradino, la traccia di lontani divertimenti.
Ho già avuto modo di parlarvi in passato di disegni come questo, ce ne sono diversi nei vicoli di Genova e di alcuni di questi ho già avuto modo di scrivere in questo post, tra l’altro se ne trova uno anche vicino al mio amato leone!
Come già scrissi in passato, alcuni attribuiscono a questa forma significati vari legati al mondo dei Templari, a me piace soltanto immaginare i bambini di Genova chini su questo gradino a giocare a tela.
E ridono, si divertono, pare proprio di vederli!

E ditemi, quante volte siete passati in Piazza San Lorenzo senza notare questa testimonianza del nostro passato?
Quando sarete da quelle parti rallentate il passo e andate a cercare il gradino alla fine del porticato, là vedrete una semplice ed insolita traccia di un’antica quotidianità genovese.

Alzando lo sguardo in Canneto il Lungo

Ritorniamo a camminare nei miei caruggi, in un giorno di primavera scendevo giù da Via San Lorenzo e mi sono fermata nei pressi di Vico di Nostra Signora del Soccorso.
E lassù i palazzi si sfiorano e lo sguardo trova una diversa prospettiva della Cattedrale.

Uno squarcio di luce, la brevità del caruggio e laggiù il nostro Canneto il Lungo.

E c’è una Madonnetta, consueta testimonianza di una devozione antica.

E là si trova uno stemma nobiliare che da qualche tempo ha riconquistato colore e vivacità.

Siamo in questo punto di Canneto il Lungo, qui dove la luce gioca con l’ombra dei caruggi.

E alzando lo sguardo verso il palazzo che fa angolo con Vico di Nostra Signora del Soccorso ecco una particolarità degna di nota: un marmo nel quale sono raffigurati l’Agnello di Dio e alcuni stemmi.

È davvero in alto, quindi non si scorgono troppi particolari o dettagli.

Sono così le bellezze nascoste della città verticale.

Sono così le meraviglie che trovano coloro che amano alzare lo sguardo verso il cielo di Genova.

Sulla Cattedrale di San Lorenzo

Molte sono le storie che si possono leggere sulla Cattedrale di San Lorenzo, restano scolpite nella pietra e nel marmo e ancora si svelano ai nostri occhi.
E così a volte ci soffermiamo ad ammirare i dettagli e sempre ritroviamo nuovi stupori.
Scendendo dal lato di Via San Lorenzo, ad esempio, alzate lo sguardo e noterete un marmo che ci restituisce la vicenda di San Giorgio.
Al di sotto si trova invece una statua della Madonna con Gesù e San Giovannino.

Eccolo il temibile drago, minaccioso sfida San Giorgio.

Il Santo nulla teme e così lo affronta, mentre il vento solleva il suo mantello.

E ancora una volta ritroviamo così l’episodio della vita di un santo caro ai genovesi e tante volte replicato sugli antichi portali della città, scolpito nella pietra o nel marmo.

Sulla nostra Cattedrale di San Lorenzo.

Dove si incontra lo sguardo dolce e materno di Maria.

E dove si staglia un prode cavaliere che un tempo sconfisse un terribile drago.

Piero Tafur: descrizione di Genova nel 1435-1436

Questo è il diario di bordo di un viaggiatore, lo scrittore spagnolo Piero Tafur che vide Genova nel 1435-1436 e la descrisse lasciando ai posteri la memoria di ciò che vide e lo impressionò.
Il brano in questione è riportato in lingua originale con traduzione a fronte nel preziosissimo libro “Genova medievale vista dai contemporanei” della Professoressa Giovanni Petti Balbi e edito da Compagnia dei Librai.
Incontriamo così il nostro viaggiatore che giunge nella Superba via mare da Savona e pare lasciarsi affascinare dal panorama:

“… ce ne andammo lungo la riviera di Genova che sono 40 miglia fino alla città, la cosa più bella al mondo a vedersi: a chi non la conosce sembra che sia tutta una città tanto è popolata e ricca di case.”

L’ingresso nel porto della città è reso gradevole da una buona accoglienza, la prima meta del nostro Piero è il Santuario di Coronata, egli scrive di aver promesso di recarsi là durante una minacciosa tempesta che li aveva sorpresi durante la navigazione.
E così, da insolito turista di un secolo tanto lontano, il nostro visitatore descrive Genova in una maniera che sappiamo riconoscere:

… tutte le case sono torri di quattro o cinque piani ed anche più; le strade sono strette e molto difficili gli ingressi…”

E se la terra è povera e non così prodiga dei suoi frutti i genovesi hanno dalla loro parte un forte senso della laboriosità e se ne vanno in giro per il mondo procurandosi tutto ciò che a loro occorre.
Luccica nel porto della città la fida Lanterna che guida i naviganti, il nostro nomina anche l’antica Torre dei Greci che serviva ad agevolare l’ingresso nel porto.
Tutto questo, scrive l’autore, è stato realizzato con grande dispendio di denaro.

Joinville – Ingresso del Porto di Genova
Opera esposta alla Mostra La Città della Lanterna a Palazzo Reale di Genova

Il viaggiatore scrive inoltre che a Genova ci sono molte ricche e belle chiese e non manca certo di citare la Cattedrale di San Lorenzo e il Sacro Catino in essa custodita, la reliquia portata dalla Terra Santa dal nostro Guglielmo Embriaco ricorre spesso nelle memorie degli antichi visitatori.

Di Genova e della sua gente scrive ampiamente il nostro Piero Tafur e sottolinea l’industriosità e l’abilità nell’acquisire ricchezze e conquiste, cita Chio, Metellino, la città di Famagosta e Pera.
Le donne di Genova sono poi molto virtuose ed attente, di rado le vedove si sposano nuovamente e se lo fanno è con grande vergogna.
Molte sono le lotte che Genova dovette affrontare, il nostro narra di conoscere le vicende di Opizzino di Alzate  avvenute proprio mentre Tafur era in città e dice anche di aver veduto il carcere della Malapaga.
E più di tutto, a colpire l’attenzione dello straniero è il carattere dei genovesi: dice che essi sono molto industriosi e hanno pochi vizi, la loro tempra è data anche dalla terra in cui vivono.
Inoltre sottolinea che, sebbene siano ricchissimi, sono gente con un buon senso della misura e cercano di evitare gli eccessi del lusso oltre il consentito, ben consci che altrimenti dovrebbero pagare delle belle somme e qui l’autore si riferisce alle antiche leggi suntuarie in vigore nell’antica Repubblica, tali leggi andavano appunto a tassare i lussi.
Genova di gente di mare e di fieri condottieri, così descrive i genovesi Piero Tafur, così la gente di questa città rimase impressa nella sua memoria:

“È gente molto potente sul mare; soprattutto le sue carrache sono le maggiori del mondo e se non fosse per i grandi dissidi che fa tempo antico hanno avuto ed hanno oggi tra di loro, il il loro dominio si sarebbe esteso di più nel mondo.”

La visita ai Sepolcri nelle Chiese di Genova

La visita ai Sepolcri è uno dei riti di questo tempo che precede la Pasqua: il Giovedì Santo è infatti usanza allestire nelle chiese gli altari della Reposizione dove viene posta l’Eucarestia.
Gli altari, abbelliti con fiori e foglie, restano così fino al Venerdì Santo, la consuetudine vuole che se ne visitino in numero dispari e ho già avuto modo di mostrarveli in passato ma quest’anno desidero farlo di nuovo.
E allora vi porterò con me a visitare sette chiese di Genova, con la speranza che queste immagini siano gradite a tutti voi e in particolare ai genovesi lontani dalla Superba.
Il mio giro è iniziato dalla Chiesa di San Camillo, sulla balaustra delle ortensie rosa e a terra un grande mazzo di ulivo.

Ricco e suggestiva, come sempre accade, è la composizione esposta nella Chiesa del Gesù dove spiccano una grande ancora e le parole: in te Domine confidemus.

È invece all’insegna della sobrietà l’allestimento che ho trovato nella Chiesa di San Matteo.

Luccica di ori la ricca Cattedrale di San Lorenzo ed è la semplicità dei fiori ad abbellirla.

Candidi petali bianchi sono invece là, nella Chiesa di Nostra Signora del Carmine e di Sant’Agnese.

Candele accese e un’armonia di colori ravvivano la magnifica Chiesa di San Bartolomeo degli Armeni.

E infine ecco ancora i toni della primavera, nella Chiesa di San Donato che è a me tanto cara: così si è svolta la mia visita ai Sepolcri nel Giovedì Santo di questo tempo così particolare.

Museo del Tesoro: la statua della Madonna Immacolata

È una delle opere magnifiche che trovate esposte in una delle sale del Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.
In una suggestione di luci e ombre, nella soffusa atmosfera dell’antica Cattedrale della Superba, luccicano gli ori e gli argenti qui custoditi: vi sono pregiate arche processionali e vetusti reliquiari tempestati di pietre preziose.
E tra le molte meraviglie riluce magnifica una statua della Madonna Immacolata.

Opera dello scultore Francesco Maria Schiaffino fu da lui realizzata su commissione del popolo genovese che volle donarla al Doge Giovanni Francesco Brignole Sale come ringraziamento per il suo ruolo negli eventi che portarono alla cacciata degli Austriaci al tempo del celebre gesto del Balilla nel lontano 1746.
Schiaffino forgiò quindi questa meravigliosa opera in argento sbalzato e il Doge ne fece dono alla Cattedrale di Genova.

Sotto i piedi di Maria, così posati con grazia sulla falce di luna, il serpente sul quale Lei vince.
E poi teste di angeli, secondo la classica iconografia.

Un capolavoro di argenteria che da solo merita una visita al Museo del Tesoro.

E la luce sfiora il devoto viso di Maria, le sue mani giunte e le stelle brillanti che incorniciano il suo capo: questa è la dolcezza armoniosa della Madonna Immacolata di Francesco Maria Schiaffino.

Il piatto di San Giovanni Battista

È una raffinata preziosità, un pezzo di rara bellezza giunto a noi da tempi molto lontani e conservato in una delle sale del Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.
Genova ha un profondo legame con San Giovanni Battista: il santo è il patrono della città e nel corso del tempo nella Superba sono stati condotti in diversi momenti reliquie e oggetti collegati alla figura del Battista.
A proposito del pregiato piatto si narra che esso sia stato usato per raccogliere la testa di San Giovanni Battista dopo la sua decapitazione.
Come si legge sulla breve ma esaustiva Guida Sagep dedicata al Museo del Tesoro, il piatto è di calcedonio e di produzione romana del I secolo d.C., mentre invece la decorazione che funge da cornice e la testa posta al centro del piatto sarebbero successive e di fattura francese del XV secolo.
È poi interessante scoprire come questa pezzo così particolare e sia giunto nella Superba.
A donarlo alla Protettoria della Cappella di San Giovanni Battista fu Papa Innocenzo VIII, il pontefice apparteneva alla nobile famiglia genovese dei Cybo e nel 1492, quando ormai era in punto di morte, volle così riaffermare il suo attaccamento alla sua città e destinò a Genova quel pezzo così pregiato e unico per la valenza religiosa che lo contraddistingue.
Così, da quel tempo, è conservato nella cattedrale della Superba, nella città dove sono numerosi i cuori devoti a San Giovanni Battista.

Il Presepe della Cattedrale di San Lorenzo

È un antico presepe in stile napoletano e così è custodito ed esposto agli sguardi dei fedeli nella magnificente Cattedrale di San Lorenzo.

Sotto questa luce chiara ecco compiersi, ancora una volta, il mistero della nascita di Gesù al quale si rivolgono i cuori speranzosi e gli occhi colmi di meraviglia.
Sono belle e raffinate le statuine di questo presepe settecentesco, i loro abiti sono ricchi di dettagli e curati con particolare attenzione.

Spiccano i colori delle stoffe preziose, nel carretto e nei sacchi sono esposti i doni della terra in gran quantità.

Sa essere dolce la vita mentre si culla un bimbo venuto alla luce nello stesso tempo del piccolo Gesù.

E lenti si incede, in devoto e rispettoso silenzio, ripetendo preghiere e avvicinandosi alla Sacra Famiglia.

E i magi si inchinano al cospetto di Lui, colpisce la loro armonia di gesti, il senso di stupore e meraviglia, pare di udire i sussurri e le voci che accolgono il Redentore.

E la vita scorre, nelle case, nelle botteghe, nel semplice fluire del quotidiano, con le sue piccole gioie e le sue fatiche.

Tra la gente semplice e tra coloro che attendevano con emozione la sua nascita, ecco la luce del Figlio di Dio nella mistica bellezza dell’antico presepe della Cattedrale di Genova.

Giocando nel passato nei caruggi di Genova

Sono tracce del lontano passato e noi non possiamo conoscere i nomi di coloro che le scolpirono sulle pietre antiche di Genova ma quei segni sono ancora ben visibili in certi luoghi del nostro quotidiano e vederli regala un senso di sorprendente stupore.
I disegni che vi mostrerò li ho trovati per caso andando a zonzo per caruggi e guardandomi intorno, l’unico del quale già conoscevo l’esistenza è quello che si trova su un gradino della cattedrale, tutti gli altri invece li ho veduti senza neppure cercarli.
Accadde un giorno, molto tempo fa, mentre mi stavo recando nella bella e raccolta chiesetta dedicata ai Santi Cosma e Damiano.

Su uno degli scalini della chiesa spicca un disegno a tutti noi molto famigliare, alcuni attribuiscono a questa forma significati legati al mondo dei Templari, io mi limiterò a cogliere il senso ludico di questo disegno: a Genova viene detto tela, in altre città è noto con altri nomi e non è poi così difficile immaginare i bambini di un altro tempo seduti sui gradini di una bella chiesa intenti a dilettarsi con questo gioco.

Spostiamoci quindi in San Lorenzo, maestosa cattedrale della Superba.

Osservate bene i suoi gradini bianchi e neri, anch’essi riservano sorprese.

Il medesimo disegno è stato così tracciato sulla pietra antica.

Avvicinatevi poi al fiero leone posto a guardia della Cattedrale.

Alle sue spalle ecco ancora il solito quadrato.

Passiamo poi nella piccola e raccolta piazzetta di San Giovanni Vecchio attigua a San Lorenzo.

E ancora su uno di quei gradini laggiù ecco una traccia del nostro passato.

Girovagando nella città vecchia capita di trovare tracce del tempo lontano che suscitano la nostra meraviglia, ho poi scoperto che ne esistono davvero moltissime in giro per Genova ma come vi dicevo ho voluto mostrarvi soltanto i disegni che ho trovato da sola e per caso.
Se doveste trovarvi dalle parti di Via Prè fate bene attenzione, proprio in questo punto dove è presente questa balaustra.

Là, in quel tratto più vicino alla Chiesa di San Sisto, ecco ancora un segno tracciato in tempi lontani.
E sembra di immaginare mani bambine, risate e occhi luccicanti per la bellezza di un semplice gioco nei caruggi della nostra Genova.

Ritornando in Piazza Umberto I

Ritornando, ancora, in Piazza Umberto I.
Indietro nel tempo, all’inizio del secolo scorso, in quella che oggi conosciamo come Piazza Matteotti.
Indietro, indietro, insieme a questa signora intenta a occuparsi delle sue commissioni, in questo giorno qualunque che è composto di suoni diversi dai nostri e di vite differenti, magari per certi versi più semplici ma anche più complicate e faticose.
Ruote di carretti, cavalli, nitriti, voci di bottegai in questa piazza centrale di Genova.

E così è la vita, un continuo fluire e un ininterrotto movimento: ognuno per qualche tempo è attore sulla scena che la trama dell’esistenza destina in sorte.
Incede sicura la signora con l’abito scuro, pare tenere in una mano un ombrello chiuso, là dietro c’è un tale vestito di chiaro che invece se ne sta appoggiato al carro.
Passi, voci, visi, parole scambiate, sorrisi e occhi che si incontrano.
Lo scenario della vita, per qualche tempo.

E ci si finisce dentro così: osservando.
E ci si ritrova immersi tra le chiacchiere di due amiche che camminano vicine, nulla le distrae.
Guardo e a me restano alcune domande senza risposta.
Ad esempio, cosa contiene quella cesta posata a terra?
È tutto un via vai di gente, nessun si ferma a spiegarci quelle ore quotidiane.

Credo di poter dire che tra queste persone ci sono benestanti e persone comuni, uomini di affari e gente del popolo, camalli e notai, levatrici e nobildonne.
Lo scenario è uguale per tutti, uguale l’aria che respirano.
Ognuno poi ha il proprio cammino e gli altri non possono conoscerlo.

In questa folla di persone sconosciute due sono le figure che più hanno attirato la mia attenzione.
Lei si vede appena, la sua figurina esile e graziosa si distingue in lontananza.
Cammina sola e attorno a lei c’è tutto questa questo turbine di gente: i tre uomini che confabulano tra di loro, le donne ferme al chiosco là di dietro, altri che ancora camminano in ogni direzione.
E lei, sola.
Dove te ne vai tutta sola, in Piazza Umberto I?
Chi ti attende a casa?
E in quella mattina ti sei svegliata, ti sei guardata nello specchio e ti è piaciuto quello che hai veduto?
Domande, ne avrei a decine, a dire il vero.

L’altra persona sulla quale mi sorge spontaneo fantasticare è il ragazzo che sta seduto sul carretto e dà le spalle alla cattedrale.
Lui è uno di quelli che si guadagna la vita con il sudore della fronte: ha un cappello calcato sul viso, tiene una gamba piegata e con una mano si tiene al carro.
Dove abita?
Si chiamerà Giobatta, Pietro, forse Bernardo.
Magari vive giù al Molo e prima di andare a casa la sera si ferma all’osteria dove tutti lo conoscono.
Sa leggere?
Quanti fratelli ha?
Ha dei sogni, cose segrete che non ha detto a nessuno, questo è certo, li abbiamo tutti.
E poi, domande.
Forse lui si sarà poi voltato per guardare la ragazza della quale vi parlavo prima?
Per intenderci, quei due non hanno niente in comune e tuttavia in un giorno imprecisato si sono trovati sulla stessa piazza e più di cento anni dopo qualcuno si chiederà se i loro loro sguardi si siano incrociati almeno per qualche istante.


E non potrò fare a meno di pensarci, ogni volta che passerò a Matteotti.
C’era una cesta posata in terra, c’erano quelli che lavoravano giù al porto e altri che andavano verso i loro scagni, c’erano bambini, carrettieri, bottegai e madri di famiglia.
E forse c’era questo cielo blu, anche anche allora.

C’era anche un fotografo di nome Neer, lui è l’autore dello scatto riprodotto su questa bella cartolina che venne spedita per certi auguri speciali.
Lui potrebbe dirci cosa accadde in quel giorno, in Piazza Umberto I.