“La New York dei teatri, dei cinema, dei libri; la città del New Yorker, di Vanity Fair e di Vogue.
Un faro, una guglia, un faro in cima a una guglia. Una luce che brilla continuamente in lontananza, visibile persino dai campi di mais dell’Iowa, dai monti del Dakota, dai deserti della California, dalle paludi della Louisiana. Un invito incessante. Un richiamo per gli insoddisfatti, una lusinga per gli illusi.”
Nel luccichio sfolgorante della Grande Mela si svolge la vicenda del libro I cigni della Quinta Strada di Melanie Benjamin pubblicato in Italia da Neri Pozza e Beat Edizioni.
Un romanzo della disillusione che si incentra sull’alta società tra gli anni ‘60 e gli anni ‘70, il mattatore sulla scena è lo scrittore Truman Capote, anche detto Cuore Sincero dai suoi Cigni.
I Cigni di Truman sono le indiscusse protagoniste del jet set newyorkese e rispondono ai nomi di Babe Paley, Slim Keith, Gloria Guinness, C. Z. Guest, Gloria Vanderbilt, Pamela Harriman, Marella Agnelli.
I Cigni sono le socialite, dettano le mode e le sue regole, una di loro si è inventata il vezzo di annodare il foulard alla borsa, sono belle, ricche, sofisticate, celebri ed eleganti.
Truman Capote, lo scrittore eccentrico e particolare, autore tra il resto di Colazione da Tiffany, è il loro amico e il loro confidente, tutti loro paiono vivere un’esistenza di agi dorati ma la felicità non è poi così scontata.
Truman ha un compagno ma nutre anche una predilezione particolare per uno dei suoi cigni: la miliardaria Babe Paley alla quale lo unisce un sentimento complesso e profondo, un misto di fratellanza, passione e attaccamento totalizzante.
La bellissima Babe, donna affascinante e di classe, è la moglie di Bill Paley, fondatore della CBS che l’ha resa immensamente ricca ma non le risparmia certo i tradimenti con le attrici che incrociano il suo cammino.
Babe ricambia l’affetto di Truman, a lui lo lega una sorta di misteriosa affinità:
“Truman era esattamente uguale a lei. Entrambi inconsueti, esotici, eppure al contempo così scombinati e ordinari.”
Ed è Babe, con la sua grazia raffinata, a comparire sulla copertina del libro.
Tra feste, mondanità e ricevimenti i cigni vivono la loro epoca dorata di esclusivi privilegi.
E Truman c’è, lui c’è sempre.
Ascolta, raccoglie le loro confidenze, custodisce le loro parole, fa tesoro delle loro memorie, trattiene i fili delle loro storie.
E traspare, sempre, un amaro disincanto che è il filo conduttore del romanzo:
“Perché sotto la scorza della bellezza erano tutte maledettamente sole.”
Vita reale e finzione letteraria si intrecciano abilmente tra le pagine di questo romanzo dove fanno la loro comparsa diverse celebrità come ad esempio Frank Sinatra, Henry Mancini e Mia Farrow.
Un intero mondo è destinato ad andare in frantumi e crollano infine tutte le certezze quando un giorno si consuma il più perfido dei tradimenti: tra le pagine di Esquire viene pubblicato un articolo di Capote dal titolo La Côte Basque 1965.
Ah certo, Truman è stato astuto, ha usato dei nomi di fantasia ma i cigni si sono riconosciuti, ognuna delle sue amiche ritrova la propria storia messa nero su bianco e ora nota a tutti: si alza il velo sulle debolezze di ognuna, sui tradimenti e sui segreti sempre taciuti.
E questa è la fine dell’illusione, c’è un senso di perdita tanto potente da far pronunciare queste parole a una nostalgica Slim Keith:
“Mi ripeto quanto fosse meravigliosa la vita a quell’epoca, un’epoca in cui nessuno diceva la verità agli altri, senza che questo avesse la minima importanza. Era tutto bellissimo. Non è così forse? Tutto gradevole, elegante, raffinato.”
Si compie così il destino di Truman Capote e dei cigni, la Benjamin restituisce al lettore un romanzo avvincente dal ritmo sostenuto, dai dialoghi vivaci e fortemente evocativi.
Tutto svanisce e a tutto si ritorna con un senso di rimpianto, anche al ricordo di quella bellezza che ai cigni della Quinta Strada ha donato un senso agli istanti della vita.
“La meraviglia di appartenersi, di sentirsi accettati, apprezzati, desiderati.
La grazia di un fiore uno stelo di mughetti dalle campanelle bianche come la neve che spiccano sul verde lucido delle foglie. Un fiore reso ancor più prezioso dalla mano amica che ce lo offre teneramente, un dono capace di lenire il nostro dolore. … La bellezza di uno svolazzo di taffetà, di un tintinnio di campanellini, di un barbaglio di diamanti e smeraldi: la bellezza di un fiore di carta ancora intatto. La bellezza.”