9 Settembre 1915: la disavventura di un oste

Questa è una piccola notizia dal passato, una di quelle faccende di cronaca di poco conto accadute in un tempo svanito ma è anche pur vero che la storia di tutto noi è fatta di ancor più piccole storie, di spiacevoli inconvenienti e di inaspettati incidenti di percorso e allora vi racconterò la disavventura di Domenico, oste nei caruggi di Genova al principio del secolo scorso.
Eccolo Domenico, se ne esce dalla sua casa in Vico Lavagna, sotto a questi ritagli di cielo.
Immagino che nel microcosmo popoloso dei caruggi della Maddalena tutti lo conoscessero e così provate a immaginare Domenico che se ne va per i vicoli e saluta i vicini e coloro che come lui si recano al lavoro.

Poi il nostro finalmente giunge presso il suo deposito in Vico dell’Umiltà, apre la porta e ha come tuffo al cuore: quattro preziose damigiane colme di barbera scomparse!
E in tutto valevano ben 120 Lire, mica bazzecole!
Domenico scende in tutta fretta in cantina per controllare la situazione e fa così l’amara scoperta: il vino nelle sue botti è stato tutto annacquato, un disastro totale.
E insomma nello sconforto generale, dopo qualche indagine, il nostro povero commerciante scopre che il colpevole del misfatto è un suo facchino, un tale che tra le altre cose vendeva erbe per decotti proprio nei caruggi.
Messo alle strette il disonesto facchino alla fine confessò a Domenico di aver venduto il suo vino ad un altro oste, furono chiamate le guardie e il ladro venne naturalmente arrestato.
La notizia venne pubblicata il 9 Settembre del 1915 sul quotidiano Il lavoro e ha suscitato la mia curiosità grazie al bravo titolista che la presentò con tre semplici parole: l’oste, il vino e il facchino.
Il nostro Domenico avrà poi assunto un facchino più fidato e si sarà procurato altro buon barbera, di certo di questa brutta faccenda se ne sarà parlato in quei caruggi della Maddalena.
Sono passati molti anni da allora e insieme a voi voglio brindare alla salute di Domenico, oste nei vicoli della Superba.

Certe sfumature di Vico Lavagna

È uno di quei posti dove sempre ritorno, in ogni stagione.
Così, semplicemente nel mio girovagare per caruggi, in uno dei miei percorsi consueti.
Una sequenza che conosco a memoria, una melodia di strade che ritrovo sempre con gioia: da Via Lomellini arrivo in Fossatello, poi raggiungo Piazza Banchi, Via Orefici, Campetto e Soziglia.
Lungo questo percorso ho i miei negozietti nei quali mi piace comprare e poi passo davanti a portoni di antica pietra, alzo gli occhi verso antiche Madonnette custodite in vetuste edicole, incontro persone che conosco con le quali mi fermo a parlare.
A volte poi mi dirigo verso i Macelli di Soziglia e per arrivare in fretta alla Maddalena taglio da Piazza Lavagna, tra l’altro io lo so che in quella piazza ariosa e vasta la primavera è una meraviglia di toni rosati e di alberi in fiore.
E così era un giorno qualunque di primavera, in Vico Lavagna.
Muri vissuti, una sinfonia di persiane semichiuse, tra sfumature di rosso e di pesca, il vicolo in pendenza e un raggio di sole che si insinua sfrontato.
Un soffio di vento ribelle, una danza di panni stesi e di colori, uno di quegli istanti perfetti e irripetibili nel cuore vero di Genova.

Una storia di luce e panni stesi

In certi periodi grigi e piovosi mi tornano alla mente, come una gioia ritrovata, certe belle giornate di luce radiosa e panni stesi.
Quando i lenzuoli sventolano sotto il cielo del Carmine per poi attorcigliarsi alle corde.

Quando un trionfo di bucato ondeggia sospeso nella ristrettezza di una creuza.

Sono così certe mattine di sole, perfette per far risaltare una sequenza armoniosa di colori pastello.

E in Piazza Lavagna si ritrova una sinfonia di toni lilla e verde prato.

Luce improvvisa filtra leggera in certi caruggi e così si posa, sul giallo e il turchese.

Le storie di panni stesi non sono mai uguali, basta un soffio di vento a sollevare candide lenzuola e a creare una prospettiva mai veduta nella città vecchia.

E quello stesso vento frizzante come il mare scompiglia il bucato steso davanti alle case di Boccadasse.

E accade così, nel tempo delle nuvole e della pioggia ripenso a certi squarci di azzurro, alle geometrie delle case antiche, a quelle infilate di magliettine, asciugamani e tovaglie.
Semplicemente i colori della vita e delle nostre giornate.

Semplicemente le corde che si incrociano, la purezza del bianco, la perfezione del cielo, sotto il sole di Genova.

Tipi che si vedono nei caruggi

Gironzolando per i caruggi faccio sempre caso a chi trovo sul mio cammino, a volte mi succede di vedere sempre le stesse persone.
Ad esempio incontro sempre un distinto signore anziano, lui porta il cappello e si regge con il bastone.
Forse amiamo gli stessi posti, forse condividiamo i luoghi del quotidiano.
Gironzolando per i caruggi, talvolta, mi imbatto in dei tipetti che non avevo mai incontrato prima.
L’altro giorno scendevo da Vico Casana e davanti alla porta di un negozio ho trovato un attento guardiano.
Stava sulla soglia, guardava da una parte e poi dall’altra, secondo me teneva sotto controllo la situazione.

In queste giornate di sole caldo è ancor più piacevole andar per caruggi e passando in Piazza Lavagna ho trovato quelle consuete sfumature di Genova che piacciono tanto a me.

E tende bianche, finestre accostate, rami di alberi, luce che filtra nei vicoli e contrasti di tinte perfette.

Anche in Piazza Lavagna c’è un fido guardiano, lui non se va mai ed è già parzialmente apparso su queste pagine.
Silenzioso e guardingo, tra stelle lucenti e bagliori di luna, tra i versi languidi di una poesia che porta davanti ai vostri occhi una certa bellezza e la nostalgia, compagna fedele di tutti i sognatori.

E là, in quella piazza armoniosa e colorata, l’ho sentito.
Canticchiava beato, passando di ramo in ramo, saltellando tra le foglie d’autunno.
Un uccellino nella città vecchia, su un albero in Piazza Lavagna.

Sono rimasta un po’ a guardarlo e poi ho continuato il mio giretto.
E come al solito, poco dopo, mi sono nuovamente imbattuta in quell’attempato signore che ormai è per me una figura consueta.
Cose belle che accadono a me, gironzolando per i caruggi di Genova.

Genova, 1876: una tragedia in Vico Lavagna

Quel giorno tra Soziglia e Via della Maddalena non si parlava d’altro.
La notizia corse di bocca in bocca tra lo stupore generale, in quello spicchio di caruggi del resto si conoscevano tutti.
Come era potuto accadere?
Maria, la besagnina, non riusciva a smettere di piangere, lacrime chiare bagnarono anche il viso scuro del carbonaio.
La Scià Colomba, proprio lei: una donna onesta e gentile, così si diceva.
Non era più giovanissima, ormai andava per i quaranta, aveva perduto il marito ed era rimasta sola con quel figlioletto che era poco più che un ragazzino.
– Che ne sarà di lui adesso? – la Teresina stava affacciata alla finestra, guardava il tramestio di Piazza Lavagna e continuava a ripetere queste parole, scuotendo sconsolata la testa.

Piazza Lavagna

Certo, dissero alcuni, forse la poverina aveva avvertito un pericolo incombente.
D’altra parte affittare camere presenta i suoi rischi, non si può mai sapere chi ti trovi in casa: la Colomba campava proprio così, affittando le stanze.
Lo straniero era un giovane di circa trent’anni.
Lo straniero era uno sconosciuto, nessuno sapeva nulla di lui.
La Colomba non si fidava, lo dicevano tutti adesso.

Vico Lavagna (2)

E infatti lei gli aveva detto di sgomberare la stanza e di lasciarla libera al più presto.
Dapprima lui aveva tergiversato, aveva fatto orecchie da mercante ed era rimasto là, nella casa di Vico Lavagna.

Vico Lavagna

Povera donna, chi poteva immaginarsi una tragedia simile!
– E nessuno sa cosa sia successo – ripeteva ancora la Teresina – Ora cosa capiterà a quel povero figliolino rimasto solo al mondo?
La Colomba tornò a farsi le sue ragioni, disse che la stanza doveva essere sgombrata, il suo tono non concedeva repliche.
Lo straniero reagì in maniera imprevista, in un impeto di crudele follia estrasse una rivoltella e fece fuoco sulla povera Colomba che cadde a terra priva di vita, quindi si mise la pistola alla tempia e si uccise.
Un dramma nel cuore dei caruggi, tutti ne parlarono per lungo tempo, in quelle strade dove tutti si conoscevano.

Vico Lavagna (4)

Accadde diverso tempo fa, in un giorno di primavera del lontano 1876.
Le chiacchiere del quartiere sono un mio gioco di fantasia, i fatti di cronaca sono reali e sono tratti da un articolo della Gazzetta di Genova inviatomi dal solito caro Eugenio.
Una madre sola, una donna sfortunata e un destino drammatico.
Ed io mi sono domandata cosa ne sia stato di quel suo unico figlio.
Il cronista della Gazzetta scrive che questa tragedia impressionò molto la gente dei vicoli, in quel giorno una folla attonita raggiunse Piazza Lavagna e un affranto brusio si levò in questa parte dei caruggi.
C’erano davvero tutti: il vermicellaio e la besagnina, il carbonaio e la Teresina.
Io li ho veduti e ho veduto anche un ragazzino con gli occhi gonfi di lacrime.

Vico Lavagna (3)

Certe finestre

Non tutte le finestre sono uguali.
Certe, se sai vederle, si schiudono su stupori e ti lasciano scorgere bellezze alle quali è facile rivolgere l’attenzione.
Se a me venisse chiesto di spiegare con una sola immagine la meraviglia dei palazzi dei Rolli sceglierei questa fotografia.
Una persiana socchiusa, colori polverosi e tutto ciò che ancora hai da scoprire.

Via Garibaldi

Certe finestre riflettono il quotidiano e il semplice fluire della vita.

Canneto il Curto

E accanto alla vita di ogni giorno scorre il tempo degli anni passati, è nel rintocco di una campana, non suona in quell’istante ma se vuoi la sentirai comunque.

Via Conservatori del Mare

Certe finestre poi svelano fenditure di caruggi.

Via Luccoli

No, non tutte le finestre sono uguali.
Alcune sono protette da creature dalle fattezze sinuose e là, dove le case sono così vicine, puoi vedere altre finestre dentro a quei vetri.

Via Orefici

Tu devi soltanto aspettare la luce, è lei a sollevare il velo che nasconde l’invisibile.

Via Orefici (2)

Certe finestre sono accarezzate da un calore fugace.

Vico Inferiore del Ferro

E altre ancora sono presidiate da figure austere che rimangono ritte accanto a certe prospettive acquose e liquide, confuse come tutto ciò che devi ancora immaginare.

Piazza delle Vigne

Certe finestre vengono travolte da una vaghezza sfumata, così effimera e rara.

Piazza delle Vigne (2)

E tutte insieme, in certi giorni, compongono un insolito mosaico, se guardi bene vedrai la basilica delle Vigne e il suo antico campanile.

Piazza delle Vigne (2a)

Arduo intuire cosa potresti vedere dentro a certe finestre, non dipende certo solo da te.
Tu intanto alza lo sguardo, sempre.

Piazza delle Vigne (3)

Certe finestre sono come musica e tu devi soltanto comporre la tua melodia, per ognuno di noi è diversa.
E il pentagramma è lì, attende le tue note.

Via della Maddalena (2)

Non tutte le finestre sono uguali.
Alcune riflettono comignoli e tetti, sono spazi aperti dentro a uno spazio immaginario.

Vico Lavagna

Certe finestre sono fatte di aria e di cielo e di arte ricreata nel marmo.
E tutto appare nella sua vera essenza, vedrai una croce tremula nei riflessi d’autunno, una corona e i putti dai gesti gentili.
E saprai anche tu che non tutte le finestre sono uguali.

Via della Maddalena

I colori di Piazza Lavagna

Torno nei miei caruggi, in quei vicoli che sono il cuore pulsante della mia Genova.
E vi porto in una piazza ampia e spaziosa, una piazza inondata di luce e di calore nelle sere di estate.
Uno degli accessi a Piazza Lavagna è Vico dei Corrieri, ancora una volta un toponimo che deriva da un antico mestiere, a Genova i corrieri esistevano già nel XV secolo e la posta viaggiava tra Genova e Milano.
Lo storico Amedeo Pescio racconta un aneddoto piuttosto gustoso e riferisce che Francesco Sforza era solito apporre sulla sua corrispondenza la seguente eloquentissima nota: presto, presto, presto, volando dì e notte, a pena della forca!
E chissà che fretta avevano i corrieri, viste le premesse!
L’ombra gioca in quella parte di Genova, così accade qui, quando si entra dai Macelli di Soziglia.

Vico dei Corrieri

Ma poi ci si volta indietro e la via si illumina di quei colori così tipici della città vecchia.

Vico dei Corrieri (2)

E davanti a voi Piazza Lavagna, con i tavolini, gli ombrelloni per ripararsi dal sole, un angolo di pace nel centro della città.
La piazza deve il suo nome alla famiglia Lavagna, uno dei suoi rappresentanti, Filippo, fu il primo a dedicarsi all’arte della tipografia nel lontano 1469, molti altri suoi parenti si dedicarono poi a questa attività.
E’ bella e ariosa Piazza Lavagna, qui una volta c’erano un paio di negozi di oggetti antichi e vecchi, potevate trovarmi spesso lì, a gironzolare tra i vecchi piatti e le porcellane della nonna.

Piazza Lavagna

Hanno queste tinte calde le case di Piazza Lavagna.

Piazza Lavagna (3)

E spiccano anche in una giornata autunnale, quando nuvole lattiginose ricoprono il cielo.
Gli alberi, le biciclette, la tranquillità.

Piazza Lavagna (4)

Su un portale la sacra immagine di Maria, con lei il piccolo Gesù e San Giovannino.

Piazza Lavagna (5)

Ed è nelle giornate terse che maggiormente si apprezza la bellezza semplice di questa piazza, i palazzi non hanno sontuose decorazioni ma portano in dote l’incanto del colore.

Piazza Lavagna (6)

E spiccano i panni scuri sull’ocra e sul rosa, questa è pura poesia, così è per me che amo ognuna di queste pietre antiche.

Piazza Lavagna (7)

Le foglie d’ottobre, una tenda color smeraldo, la facciata mattone contro l’azzurro, questi sono i colori di Piazza Lavagna.

Piazza Lavagna (2)

E non fermatevi qui, no.
Genova degli spazi aperti è al centro dell’intrico di caruggi, è stretta tra quei vicoli angusti che sempre regalano qualche stupore.
E oltre la piazza, da un lato ancora continua Vico dei Corrieri, ed è luce e ombra.

Vico dei Corrieri (3)

Sul lato opposto trovate la curva sinuosa di Vico Lavagna.

Vico Lavagna (2)

Vico e Piazza che portano lo stesso nome, anche questo accade spesso, è proprio tipico dei miei caruggi.

Vico Lavagna (3)

Uno sguardo indietro, verso questo scorcio, qui dove tutto parla, ogni muro racconta una storia, ogni finestra socchiusa ha un passato, ogni gradino consunto da centinaia di passi ha una vita.

Vico Lavagna

Fermatevi proprio lì, alle spalle della Piazza, dove Vico dei Corrieri confluisce in Vico Lavagna.
Fermatevi e alzate lo sguardo verso l’altro, Genova è verticale, Genova è sopra di voi.
Guardatela così Genova, Genova è vertigine, sempre.

Tra Vico  Lavagna e Vico dei Corrieri

E ancora oltre, verso l’infinito.
E’ lassù la mappa di questi caruggi, è in quelle geometrie di azzurro.
Vertigine di luce e di cielo, sopra i colori di piazza Lavagna.

Tra Vico Lavagna e Vico dei Corrieri