Jeanne du Barry, ascesa e caduta di una favorita

Una figlia del popolo, un fiore pronto a sbocciare alla corte di Francia.
Jeanne du Barry, ascesa e caduta di una favorita, è il libro che narra le avventurose vicende dell’ultima amante di Luigi XV.
La biografia di André Castelot, storico e stimato studioso, restituisce un ritratto vivido e vivace di un mondo e vi condurrà proprio là, nello scintillio della Reggia di Versailles con le sue dolci e ingannevoli seduzioni.
Chi è Jeanne Bécu, colei che un giorno diverrà Contessa per volere del re?
Intelligente e astuta, Jeanne è conscia della propria venustà, ha ammalianti occhi violetti, le fossette, è un petalo di rosa nel latte, qui potete ammirarla in un celebre dipinto.
Da principio lavora in un negozio di moda poi sul suo cammino incontrerà un certo Jean du Barry noto come lo scaltro, basta per capire di cosa sarebbe capace costui?
Fa girar la testa agli uomini la bella Jeanne, ben presto praticherà il mestiere più vecchio del mondo.
E’ ammaliante e bionda, frizzante e al contempo angelica come una creatura di Fragonard.
E uno sguardo si posa su di lei, è lo sguardo del destino, quello del Bien-Aimé, il Beneamato, così veniva definito Luigi XV.
E per comprendere quanto lei lo avesse stregato basta un breve aneddoto che riporto dal libro, a chi gli chiedeva come mai quella ragazza lo turbasse così tanto il sovrano rispose:

“…è la sola donna di Francia che abbia trovato il segreto di farmi dimenticare che ho sessant’anni.”

Jeanne di anni ne ha 25, a Versailles verrà osteggiata in primo luogo dalla Delfina Maria Antonietta, colei che è destinata a sposare Luigi XVI, successore di Luigi XV.

Versailles

Versailles

Ah, la futura Regina ancora sedicenne si rifiuta di parlare alla favorita, ci vorrà del bello e del buono per convincerla.
Sua madre, l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, la rimbrotta: Maria Antonietta deve compiacere il Re e mettere da parte il suo orgoglio.
La Delfina è costretta a cedere e  davanti a tutti i cortigiani che affollano la reggia dirà queste poche parole alla favorita: c’è molta gente oggi a Versailles.
Non le parlerà mai più, per il resto della sua vita.
L’esistenza di Jeanne si snoda tra luci e ombre, scintillano le sue pietre preziose, gli innumerevoli diamanti e le ametiste con cui si adorna i capelli.
E poi lei ha questo vezzo di togliersi gli anni, con il tempo prenderà l’abitudine di mentire sulla sua vera età.
E infine, ad oscurare il suo splendore, sopraggiungerà la malattia del Re.
E’ l’inizio della caduta di lei, Luigi allontana Jeanne da corte, cerca così di purificarsi dei suoi peccati terreni.
Il vaiolo uccide il monarca, Jeanne inizia la sua discesa a precipizio verso la disfatta.
Non vi svelerò troppi dettagli, il libro di Castelot è una lettura avvincente, scritta con mirabile competenza, a volte ha il ritmo di un romanzo, è il romanzo di una vita, tra le luci di Versailles e il fragore assordante della rivoluzione.
E attorno alla Contessa du Barry dame e cortigiani, tipi sinistri e approfittatori, rivoluzionari e figure che paiono uscite dalla penna di un scrittore dalla fervida fantasia.
E’ così la storia, spesso è più intricata dell’immaginazione.
E così il destino, crudele e beffardo: Maria Antonietta detestava Jeanne, entrambe finirono i loro giorni sulla ghigliottina.
Le pagine che narrano il processo, la prigionia e la condanna di Jeanne suscitano pena e commozione, la sua fine è angosciosa e straziante.
E negli ultimi istanti della sua esistenza lei piange e urla, si dice che sia stata la sola a disperarsi e a supplicare i suoi aguzzini di aver salva la vita.
La folla intorno la deride e lei, sulla carretta che la conduce al patibolo, resta saldamente avvinta alla panca, i suoi carcerieri devono tirarla via con la forza.
E’ il 1793, ha 50 anni e ha una nazione intera contro di lei, là, davanti alla ghigliottina, implora ancora il suo boia.
Ancora, con la forza che le resta.
Nella furia della rivoluzione cade anche lei, l’ambiziosa e caparbia Contessa, bella e delicata come un petalo di rosa nel latte.

Versailles (2)

Versailles

Théroigne de Méricourt, la belle liègeoise

Il suo vero nome è Anne-Josèphe Terwagne.
Théroigne de Méricourt, la belle liègeoise, la bella di Liegi, così era conosciuta a causa della sua prorompente venustà.
Figlia di un fattore, Théroigne fugge, fugge via dalla sua casa, alla volta dell’Inghilterra dove diverrà cantante.
Théroigne dai molti amanti, da cortigiana a donna che si erge sulle barricate, la ragazza di Liegi sente il prepotente richiamo della rivoluzione.
Parigi e le sedute dell’Assemblea Nazionale, Théroigne è sempre presente.
E sono giorni di fuoco e di sangue, viene il 1789 e la presa della Bastiglia.
E poi il 5 ottobre dello stesso anno, leggendario il ricordo di Théroigne de Méricourt in quel giorno a Versailles.
Ha 27 anni, è bella e fiera la ragazza di Liegi, cavalca un destriero scuro come la pece, indossa una giacca rossa e un copricapo di piume, ha due pistole e una sciabola, è l’immagine della Francia rivoluzionaria.
Insieme a Théroigne le donne del popolo di Parigi, è un evento epocale, marciano compatte verso Versailles per rivendicare i loro diritti, la loro voce reclama pane e giustizia, obbligheranno il Re e la sua famiglia a lasciare la reggia e a tornare nella capitale.
La sua parola aveva l’eloquenza del tumulto, così scrive di lei Alphonse de Lamartine.
La sua arma è la bellezza, la sua arte migliore è la retorica, con le parole sa trascinare chi la ascolta, a Parigi Théroigne apre salotto dove si ritrovano illustri personaggi quali Danton e Mirabeau.
Racconta Camille Desmoulins di un discorso che Théroigne tenne al Club dei Cordiglieri, la ragazza di Liegi, colei che non conosceva timori, sale sulla tribuna tra Danton e Marat e chiede che il Palazzo dell’Assemblea Nazionale sia costruito là dove sorgeva la Bastiglia, un luogo dal forte significato simbolico.
Altre vicende la attendono, torna a Liegi nel 1790, ma finisce nelle mani della polizia austriaca e in carcere in Tirolo con l’accusa di aver attentato alla vita della Regina Maria Antonietta.
Mancano le prove e dopo un anno la giovane viene scarcerata e così torna a Parigi, è il richiamo potente della Rivoluzione a trascinarla ancora in quella città.
Schierata dalla parte dei Girondini, Théroigne è tenace, passionale e caparbia, tenta persino di costituire un esercito di donne.
Il suo fervore le fa guadagnare soprannomi memorabili, la chiamano l’Amazone rouge e la furie de la Gironde.
La bella di Liegi ha un acerrimo rivale, è il giornalista François-Louis Suleau, un nemico degli ideali della Rivoluzione e autore di alcune articoli dai toni denigratori verso Théroigne.
E viene uno dei momenti più drammatici di quel tempo, nella notte tra il 9 e il 10 agosto 1792 una folla di popolo spinta dalla rabbia e dall’odio si muove come un’onda verso le Tuileries.
E quando vi giunge, al mattino, quell’orda armata di picche e bastoni si riversa in quelle sale, è una folla impazzita.
I nobili e i sostenitori del re vengono tratti in arresto, tra loro c’è anche Suleau.
Sarà un massacro, uno scempio di gole tagliate e lo storico Jules Michelet narra della ragazza di Liegi che inferocita e furente sferra un colpo mortale di sciabola sul suo nemico.
Una vita improntata sulla rivoluzione ma che negli ultimi anni diviene più moderata, un epilogo tragico quanto drammatico.
Théroigne non è nelle grazie di Robespierre, lui è un avversario temibile e lei lo sa bene, assapora l’amarezza quando un giorno, mentre sta ascoltando un discorso di lui, tenta di prendere la parola ma viene buttata fuori dalla sala.
E giunge la primavera del 1793.
Théroigne è sulla Terrazza dei Foglianti, parla, arringa la folla, la retorica è ancora il suo dono.
D’un tratto un gruppo di donne giacobine le si avventa contro.
La spogliano, la frustano, la colpiscono con una tale violenza da procurarle lesioni alla testa, derisa e umiliata la bella di Liegi crolla a terra priva di sensi, si dice che a soccorrerla fu lo stesso Marat.
Verrà condotta in un ospedale per poveri, il suo destino è ormai segnato.
L’amazzone di splendente bellezza a poco a poco scolora, lascia il posto a una donna che ha perso il senno e la padronanza di sé.
Trascorrerà 23 anni della sua vita nella pazzia, rinchiusa nei più cupi ospedali, per terminare i suoi giorni a La Salpêtrière, la bella di Liegi è ormai una creatura triste e cupa.
Lo storico Simon Schama delinea un ritratto tanto potente quanto vivido dei suoi ultimi anni.
Eccola Théroigne, siede a terra nella sua cella, ha il capo rasato ed è senza abiti addosso, è lei a rifiutarli malgrado il freddo pungente.
Inveisce ancora contro i nemici della rivoluzione, di tanto in tanto getta l’acqua gelata sul suo pagliericcio e quando esce in cortile beve dalle pozzanghere putride.
Inconsapevole ormai, perduta e priva della scintilla del pensiero.
Morì così, nel 1817, colei che si era distinta per il suo furore e per lo splendore della sua bellezza, la sua stella fulgida si spense ora dopo ora nella più buia delle notti.