Una bicicletta.
Il cartello che segnala la fermata della metropolitana, una geometrica precisione.
I portici dell’Accademia e il susseguirsi perfetto di quelle curve, una sequenza di linee, luci ed ombre.
Il manifesto della mostra di Giorgio de Chirico ed è coloratissimo, in realtà.
Le sedie e i tavolini al riparo.
E poi sul vetro del bar certe figurette di persone immaginarie fatte con gli stencils: un cameriere con un vassoio, i clienti seduti in amabile conversazione.
Un gioco di belle illusioni e di netti contrasti, un chiaroscuro genovese.
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Genova del passato: la favolosa merceria di Gaetano Cassini
Era un negozio magnifico, io ne sono certa: il signor Gaetano Cassini doveva essere un abile commerciante, aveva intuito, capacità dialettica e soprattutto vendeva merci di prima qualità.
Penso che in città fossero in molti a conoscerlo, anche su questo sono sicura di non sbagliarmi.
Riuscite ad immaginare il suo grande magazzino?
Decine di scatole di cartone rigido ricolme di ogni ben di Dio, matasse di lana e di cotone, nastri e pizzi, bottoni dorati e di madreperla, piccole delicate raffinatezze per abbellire gli abiti delle genovesi.
Ho trovato notizia della sua bottega sul Lunario del 1882 e precisamente nell’elenco delle Mercerie e Novità per Signora, il negozio era in una zona elegante ed esclusiva: sotto i Portici dell’Accademia.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Sul Lunario del 1894 l’attività risulta sempre a De Ferrari e in più si aggiunge un altro indirizzo: il nostro faceva i suoi affari anche in Via Giulia, la strada destinata a scomparire per lasciar posto all’attuale Via XX Settembre.
E per me un interrogativo è quasi d’obbligo: il Signor Cassini avrà mai conosciuto il mio antenato Vincenzo che era passamantiere in quel di Campetto?
Eh, chissà, del resto Genova non è una città poi così grande e quindi è molto probabile.
E veniamo alla nostra epoca e a questi giorni d’estate.
Su una bancarella del mercatino dell’antiquariato di Fontanigorda una certa persona si ritrova per le mani un piccolo gingillo che proviene proprio da quel negozio.
Forse sarà appartenuto ad una sarta o magari ad una madre di famiglia che aveva il suo bel da fare a cucire gli abiti dei suoi molti bambini.
Certi oggetti seguono percorsi misteriosi e in qualche modo arrivano a noi, le cose che hanno avuto già una vita hanno sempre grande fascino per me.
Doveva essere un modo per farsi pubblicità, io sono convinta che l’articolo in questione non fosse in vendita.
E ve l’ho detto, il Signor Gaetano Cassini era uno che sapeva il fatto suo!
Vendeva filati, mercerie e calze e così ebbe questa bella idea per far circolare il suo nome: un magnifico puntaspilli.
Sul retro c’è l’etichetta ormai ingiallita con gli indirizzi delle sue attività.
Sul bordo sono fissati alcuni spilli ormai arrugginiti, chissà quali dita operose li hanno maneggiati.
Al centro c’è un’immagine romantica, è la suggestione di un altro tempo.
Questa piccola carabattola ora appartiene a me ed è una grande gioia mostrarla anche a voi e riportare qui la memoria di quel magnifico negozio sul quale mi piace fantasticare.
Con un pensiero a lui, Gaetano Cassini, abile commerciante di quella Genova che non abbiamo mai veduto.
I successi di un editore e i mugugni di Vico Vegetti
Vi porto ancora nella città vecchia, sui passi di un genovese che alla sua epoca ebbe uno sfolgorante successo.
Ludovico Lavagnino nasce nel 1821, sono anni complicati e turbolenti ma lui in qualche modo è destinato a lasciare il suo segno.
Cresce tra buone letture e con autentico amore per i libri, sua madre ha una libreria sotto i portici dell’Accademia Ligustica e da qui inizierà l’avventura del nostro nel mondo dell’editoria, a 28 anni Ludovico rileva la tipografia di Nicolò Dagnino.
In linea con i tempi il giovane imprenditore dà voce alla politica dell’epoca, stampa giornali ed almanacchi di ispirazione democratica.
E non solo, pubblica anche guide e orari del treno, quanti mi piacerebbe avere uno di quei testi!
La sua impresa coinvolge la moglie e il figlio, Lavagnino ha entusiasmo e spirito d’iniziativa, la chiave del suo successo è nell’interesse costante per l’innovazione, sono per lui fonte di ispirazione le belle edizioni illustrate dei Fratelli Treves.
E come dargli torto?
Io possiedo un volume del romanzo L’Ammazzatoio di Emile Zola edito da Treves e le illustrazioni sono un vero valore aggiunto.
Gli affari vanno bene così il nostro Lavagnino acquista due appartamenti al numero 1 di Vico Vegetti.
In quei locali dal 1871 avrà la sua sede il glorioso Stabilimento Tipografico di Ludovico Lavagnino, rotative nuove di zecca permettono di sveltire le pubblicazioni.
E sono celebri i giornali da lui pubblicati, basti citare Pensiero ed Azione, Il Caffaro e il Dovere.
Ed è lui a dare vita a Il Mondo Illustrato, un settimanale diretto da Luigi Arnaldo Vassallo.
Ed è ancora lui a pubblicare L’Epoca nel quale le notizie sono arricchite da belle illustrazioni, uno stile vincente che verrà adottato anche dalla celebre Domenica Del Corriere.
Lungimirante e intuitivo Lavagnino ha le doti dell’editore di successo: sceglie i macchinari migliori e si avvale dell’uso del telegrafo, ha sempre un occhio di riguardo per le novità e per la valorizzazione delle immagini, è anche un abile uomo di marketing e fa ottima pubblicità ai suoi giornali.
Tuttavia la sua carriera conoscerà anche delle ombre, Lavagnino dovrà affrontare la pesante accusa di frode fiscale e sul finire dell’Ottocento il suo astro perderà il suo fulgore.
A farmi conoscere questa vicenda è stata la Professoressa Marina Milan, docente di Giornalismo Internazionale e di Storia del Giornalismo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova, colgo l’occasione per ringraziarla in quanto è un vero piacere averla tra i lettori di questo blog.
Tutte le notizie che avete letto in questo articolo sono tratte da un suo saggio dal titolo “Carte d’archivio e giornali. Fonti inedite per la storia del giornalismo” pubblicato in Le Eredità della Liguria. Viaggio nell’Ottocento attraverso i documenti fiscali – Catalogo della Mostra organizzata dall’Agenzia delle Entrate di Genova (Palazzo San Giorgio – autunno 2004), Genova, 2004, pp. 81-90.
Ovviamente il testo della Professoressa Milan è molto più approfondito e tocca anche altri argomenti, io ho soltanto raccolto alcune notizie per presentarvi questa figura di un altro tempo.
E dovete ancora conoscere la chicca di tutta la vicenda, cari lettori, non è mica finita!
Torniamo là, in Vico Vegetti.
L’edificio che ospitava la Tipografia ha una bellezza speciale per me.
Amo questo caruggio e le sue suggestioni, questo palazzo poi ha un piccola corte nella quale c’è un’edicola, per l’occasione ho trovato anche una bicicletta in questo luogo dal fascino antico.
E insomma, dovete sapere che all’epoca delle glorie di Lavagnino non tutti erano così felici del suo produttivo successo, diciamolo.
Eh questi genovesi, sempre a mugugnare!
Infatti in Vico Vegetti serpeggiava lo scontento, gli abitanti erano piuttosto inviperiti!
Possibile che non si possa più neanche stare in pace in casa propria? Son cose da non credere, eccoli lì i benefici del progresso!
Ah beh, ma non è mica finita qua, vedremo!
Insomma, immaginatevi una serie infinita di assortite lamentazioni all’indirizzo di Lavagnino, quelli della zona mugugnavano per l’intollerabile frastuono che proveniva dallo stabilimento tipografico.
Le due rotative lavoravano di continuo, senza mai fermarsi.
Santo cielo, che rumore, che insopportabile fracasso!
Ma insomma, la gente deve pur dormire, no?
E così via, per lunghissimo tempo, poi alla fine quelli di Vico Vegetti in nome della pubblica quiete trascinarono il Lavagnino in tribunale, ecco lì!
E lui come l’avrà presa?
Beh, non posso che riportare qui la sagace osservazione della Professoressa Marina Milan alla quale non manca certo un fine senso dell’ umorismo.
E infatti lei sostiene che il Lavagnino non avrà fatto una piega e forse, rivolgendosi ai suoi accusatori, avrà anticipato la celebre battuta di Humphrey Bogart scandendo queste parole:
– È la stampa, bellezza!
Già, la stampa e la gloriosa impresa di Ludovico Lavagnino in Vico Vegetti.