New York 1916

“Lasciò vagare la mente e le mani le andarono dietro, accerchiò la melodia, la inseguì, ci giocò, l’abbandonò e la riprese fino a quando quel che stava suonando non somigliava più alla musica sul leggio, fino a quando quella musica divenne jazz.”

Le dita che svelte si muovono sui tasti del pianoforte sono quelle di Monroe Simonov, inquieto venditore di canzoni sempre in cerca di successo e di una buona opportunità nella città che non dorme mai.
Monroe è uno dei protagonisti di New York 1916, superbo e intricato romanzo dell’autrice britannica Beatrice Colin e pubblicato in Italia da Beat Edizioni.
Il pianista vive una travagliata storia d’amore con Inez Kennedy, aspirante ballerina proveniente dal Midwest che sbarca il lunario come modella in un grande magazzino di mode.
Il loro è un amore fatto di contrasti, inganni e incomprensioni, di distanze e riavvicinamenti, di segreti taciuti e di imprevisti colpi di scena.
Inez troverà poi posto nella buona società sposando il ricco Ivory Price, magnate dell’areonautica sopravvissuto al disastro del Titanic, un uomo scaltro che non conosce timori.
Terza figura di rilievo è Anna Denisova, intellettuale di San Pietroburgo che nella sua terra ha lasciato un figlio tanto amato e mai dimenticato, Anna è animata da certi ideali e attende, in questo scorcio di inizio del secolo, che la sua patria sia liberata dallo zar.
Le vite dei tre protagonisti si intrecciano sapientemente nello scenario di un’epoca scandita dal ritmo di una musica nuova: è il jazz che prende piede nei locali e nei clubs, quell’azzardo di note che conquista e stravolge tutti i canoni fino ad allora conosciuti.

La Colin costruisce in maniera magistrale una trama ricca di dettagli e affresca una società che pullula di personaggi minori, la sua storia racconta l’amore, il senso dell’amicizia, le differenze sociali, il desiderio di integrazione e la disillusione dei propri ideali.
Mentre in Europa infuria la Guerra Mondiale, da questa parte dell’oceano si arruolano giovani soldati destinati a combattere in quel conflitto e tra costoro non mancano gli episodi di diserzione: Monroe è uno di questi e per lui, all’improvviso, ogni speranza pare crollare.
Nella postfazione del libro è l’autrice stessa a spiegare quale mondo abbia voluto descrivere: è quella città nella quale tramano rivoluzionari russi in esilio e anarchici di origine italiana, ognuno ha un volto e una storia che l’autrice narra con sapienza e senza tralasciare i dettagli.
Lo scenario è quella New York che la Colin sa descrivere con attenzione, rendendola viva e presente ai nostri sguardi:

Gli era sempre piaciuta quella parte di Brooklyn, le tende da sole dei negozi che pubblicizzavano servizi di tappezzeria, orologi, articoli da modista e torte di pecan, le tate con i bambini in carrozzina e le signore anziane, con i cagnolini imbacuccati in tessuti scozzesi, che indugiavano davanti alle vetrine analizzando sciarpe, cappelli o sontuosi modelli in gesso di torte parigine.”

Le vite dei protagonisti si snodano così in una ricchezza di situazioni diverse, tra intrighi e trame politiche, tra gli eventi che hanno caratterizzato un’epoca, dall’epidemia di spagnola all’avvento del proibizionismo.
Scivolano via avvincenti le oltre 400 pagine di questo libro nel quale la Colin restituisce al lettore la bellezza di un grande romanzo corale nel quale spiccano imperiose alcune voci più di altre.
Beatrice Colin, autrice di diversi testi teatrali e radiofonici per la BBC, costruisce una trama ricca e varia che sarebbe davvero una splendida sceneggiatura.
Il mondo cambia, la guerra giunge al termine e le vite di Monroe, Inez ed Anna si avviano verso esiti che il lettore non saprebbe immaginare.
Resta un finale sorprendente e inaspettato come quella musica nuova che risuona per le strade di New York.

“La vita è una serie di momenti inaspettati. Se questa fosse musica, si disse tra sé, sarebbe jazz.”

Improvvisando sulle note di Bach

Fabio Vernizzi è pianista, compositore e artista eclettico.
Ed è anche un caro amico, così oggi desidero lasciare spazio alle sue note e al suo talento ma voglio darvi anche qualche altro riferimento riguardo al suo percorso artistico.
Qui trovate il suo sito, qui la sua pagina Facebook e qui una mia intervista che riguarda il suo ultimo CD dal titolo Piano Quasi Solo.
E se non lo avete mai sentito suonare vi informo che il suo prossimo concerto si terrà giovedì 17 Dicembre alle ore 21 al Teatro di Vetro di Milano, qui ci sono tutti i dettagli.
E poi.
E poi la musica è creatività, ingegno, estro.
Se hai ingegno la musica è anche improvvisazione e chi ascolta resta semplicemente senza parole.
Fabio Vernizzi e la sua incredibile improvvisazione su una composizione di Bach, la Fuga in Do Minore dal Primo Libro del clavicembalo ben temperato.
Enjoy!

Via con me

No, non c’è altro brano che canti la seduzione meglio di questo.
Un uomo, una donna, le parole suadenti di lui.
E il sogno di una fuga, lontano, verso chissà dove.
E intanto cosa resta? A cosa si rinuncia in cambio dell’amore?

Via via, vieni via di qui,
Niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri

E la musica, questa musica, è un crescendo di emozioni e sensazioni.

Via, via, vieni con me.
Entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo.

Un pianoforte, una calda atmosfera jazz, la voce inconfondibile di Paolo Conte e un’esecuzione eccezionale da ascoltare in un loop infinito.
E intanto cosa resta? A cosa si rinuncia in cambio dell’amore?

Fuori piove, è un mondo freddo.
It’s wonderful, it’s wonderful, it’s wonderful
Good luck, my baby.
It’s wonderful, it’s wonderful, it’s wonderful
I dream of you.

 

Piano quasi solo

Oggi questo spazio è dedicato alla musica e al talento di un artista genovese, lui si chiama Fabio Vernizzi, è pianista e compositore ed è un mio caro amico.
Da poco è uscito il suo nuovo CD, Piano quasi solo.
E così ho pensato di porre a Fabio qualche domanda, sarà lui a parlare di sé e a presentare la sua musica così originale e coinvolgente.
Per voi, Fabio Vernizzi e Piano quasi solo.

Tu e la musica, se dovessi raccontare chi sei quali parole useresti?

Non mi sono mai immaginato la mia vita senza musica, a volte provo anche a pensarci a cambiare lavoro, strada e vita ma credo che in ogni caso non potrei farne a meno, in qualche modo la musica ci sarebbe sempre e andrei a cercare un pianoforte.

Ognuno di noi ha i propri riti.
E per il Maestro Vernizzi qual è il luogo perfetto per comporre? E qual è l’ora del giorno che maggiormente ti ispira per dedicarti alla musica?

Non c’è un’ora in particolare, è l’entusiasmo a farti compiere il gesto creativo di comporre.
Il posto ideale sarebbe in cima a un monte, in uno studio completamente a vetri immerso nella natura con uno Steinway a coda.
In realtà mi capita di comporre in qualunque posto mi trovi.

Parlami del tuo nuovo CD, Piano quasi solo.

Il CD è la raccolta dei brani che eseguo in concerto per piano solo, chiaramente è la raccolta del momento, il piano solo è in continua evoluzione, non so se il prossimo anno sarà ancora così.
A parte una cover di Gismonti, i brani sono tutti miei e prevedono improvvisazioni ma sono composti con strutture vicine alle forme della musica classica.

I dodici brani del CD presentano sonorità diverse, alcuni sono struggenti e malinconici, altri allegri e vivaci.
In quale ti riconosci di più?

In questo momento della vita mi vedo nei brani allegri e vivaci ma sono tutte parti di me, pertanto alla fine mi riconosco in ognuno dei miei pezzi.

C’è anche un testo che accompagna il brano Ricordi.
Mi ha piacevolmente sorpresa questa armoniosa comunione di parole e note, mi racconti come è nata?

Dovevo in qualche modo giustificare il titolo Piano quasi solo per cui avevo previsto un assolo di una tromba, poi mi è venuta l’idea di provare a riempire lo spazio con delle parole invece che con uno strumento.
Ho chiesto a un amico poeta di scrivere un testo ma la sua poesia, per quanto bellissima, connotava troppo una precisa situazione mentre io pensavo a qualcosa di più onirico e musicale così come è il linguaggio stesso della musica e quindi ho provato a scrivere qualcosa io.
E così ho tentato di descrivere la malinconica emozione di un ricordo.

Piano quasi solo

Io ho assistito diverse volte ai tuoi concerti, chi osserva non sa immaginare cosa si provi e allora è proprio questa la domanda.
Tu, il pianoforte e il palcoscenico.
Quali sono le tue sensazioni?

All’inizio del concerto provo emozione ed agitazione, a poco a poco entro completamente nella musica, tendo ad isolarmi dal contesto e a suonare più profondamente possibile.

E tu che musica ami ascoltare?

Amo ascoltare musica che in qualche maniera mi trasmette qualcosa di nuovo, per me è essenziale che la musica abbia qualcosa di originale.
Credo che la musica colta e il jazz abbiano scavato così tanto che ai giorni nostri è difficile trovare qualcosa di innovativo, un bacino di originalità per noi europei è rappresentato dalla musica etnica e questo in qualche modo ci permette di ascoltare strumenti, sonorità e convenzioni per noi nuovi provenienti da ogni parte del mondo.

C’è un compositore che ti emoziona sempre e non smette mai di stupirti?

Ce ne sono veramente tanti per poter fare un elenco, io sono molto legato ai compositori ‘900 ed agli impressionisti francesi come Ravel e Debussy.
La musica strumentale in Italia è stata molto sottovalutata poiché siamo il paese del bel canto, ultimamente mi è capitato di lavorare su brani di Casella che trovo assolutamente geniali, purtroppo un certo tipo di mentalità post bellica ha ignorato grandi artisti come lui, come del resto è accaduto per il futurismo.

Genova e la musica.
Da genovese cosa ne pensi di come si suona in questa città? E come vorresti che fosse lo scenario musicale genovese?

Senza entrare nel luogo comune, peraltro vero, di Genova fucina di talenti non considerati dalla stessa città madre, credo che oggi il problema sia soprattutto italiano e non genovese, purtroppo il basso livello culturale medio rispetto per esempio a Francia, Germania, Belgio e Olanda fa sì che la richiesta di musica sia rivolta verso prodotti commerciali vicini a fenomeni di costume e non a contenuti artistici.
D’altronde considerando l’investimento di risorse nullo e i tagli alla cultura degli ultimi governi, la quasi assenza di un progetto educativo musicale nei programmi didattici delle scuole fa sì che il pubblico medio identifichi la musica solo nella canzone dell’ultimo vincitore del reality di turno.
Tornando a Genova: musica, dove?

E ancora Genova.
C’è un luogo, una strada, un angolo di questa città che ami in maniera particolare e che senti profondamente tuo?

Non c’è un luogo specifico che sento particolarmente mio c’è però un posto dove respiro la storia, il passato e il presente di Genova ed è Spianata Castelletto.

Un nuovo disco è un nuovo inizio, quali sono i tuoi progetti e i tuoi sogni nel cassetto?

A parte le numerose e diverse collaborazioni sto lavorando su due progetti, uno in particolare l’ho in mente da tanto ed è uno studio e la mia personale interpretazione di certe sonorità etniche che apprezzo.

La tua musica è estro, talento e fantasia.
E lascio a te l’ultima parola, che cos’è il talento per Fabio Vernizzi?

Il talento è capacità di comunicare attraverso la forma d’arte che hai scelto per esprimerti.

La musica è estro e fantasia e talento e nei brani di Fabio troverete tutto questo.
Qui trovate il suo sito, qui la sua pagina facebook e vi lascio all’ascolto delle sue note, Piano quasi solo.

Ancora Alfredo, il ragazzo con la fisarmonica

Sono certa che tutti voi vi ricordiate di Alfredo, vi ho già raccontato la sua storia in questo post, oggi torno a scrivere di lui.
Come ho già avuto modo di dirvi, da ottobre collaboro con AIWC , ovvero l’American International Women’s Club di Genova, ogni mese sulla Newsletter che viene distribuita ai soci viene pubblicato uno dei miei post tradotto da me in inglese.
E non sono io a scegliere quali articoli verranno inseriti, è Mary, lettrice abituale di questo blog e curatrice della Newsletter.
E sapete qual è il primo articolo che lei ha voluto? Quello che narra la storia di Alfredo.
E di questo io sono veramente felice, in un certo senso si può dire che il ragazzo con la fisarmonica è ritornato negli Stati Uniti, vero?
Così ho pensato di riproporvi la traduzione della storia di Alfredo, chi non sapesse l’inglese vada comunque alla fine di questo post, perché vi attende una commovente sorpresa.
Per voi, the boy with the accordion.

Sometimes life writes the best plots and the most surprising stories: this is one of those stories.
It was 1942, among the soldiers of the Italian Army there was also a young man born in Genoa, his name was Alfredo.
He was 22 years old, he was trained in Alessandria and Casale Monferrato.
And one day, along with others, he left Italy from Lecce and landed in Benghazi, the boy was bringing with him a precious luggage: his accordion.
A note, a melody.
A Major heard Alfredo’s music and was strucked by it, so the young man ended up playing his accordion on Radio Tripoli.
The war and its daring events, the withdrawal of Italian troops and Alfredo’s destiny brought him to Tunis.
He became a prisoner of war by the British Army and later he transfered to the custody the Americans.
A long journey was waiting for him, it was a long journey on the ocean that led him to Norfolk, Virginia, then he went on to Hereford, Texas.
And guess what the guy with the accordion did?
He became conductor of an orchestra who reguarly played for Italian prisoners of war.
And time goes by, 1943 is the year of the armistice.
And Alfredo is there, in the United States.
He adheres to the U.S. armed forces and maintains his position, his destination is the city of Ogden, Utah.
The guy with the accordion is also a talented pianist and so he gathers a band of 35 musicians, they play Italians and Americans hymns in the military camp.
In that military camp there’s also a young woman named Carol, she works as secretary.
Sometimes destiny permits you to meet for a while some people that you will never forget even if life will tear you apart.
But how was it in those days?
Oh, in those days Carol was a singer!
And she used to sing with Alfredo’s band, they performed in Ogden, in a local church basement.
And it was jazz era, it was the era of Glenn Miller, Benny Goodman and Artie Shaw, it was the era of rhythm and dance.
Life writes the plots, sometimes takes you away and then brings you back home.
And so Alfredo Carol wrote each other for a while, in the end she married another man and had four children, the last one was named Verona, in honour of Romeo and Juliet, how romantic!
Alfredo came back home to Italy, in the month of October 1945; the year after he spent his holidays in a ligurian inland village and there he met his Evelina.
Do you know what happened?
Since then this girl and the guy with the accordion have never separated, because life writes the plots, sometimes takes you away but then it takes you back to where you are supposed to be.
And the music?
Well, the guy who played jazz in the Utah was sitting at the piano on the Caravelle’s opening night in Corso Italia.
And he continued to play for a long time with his group: a pianist, a singer and a guitarist.
And among others he met Carlo Dapporto and Natalino Otto, he’s the sort of person who has endless stories to tell.
And time goes by.
Mr. Alfredo and his Evelina met here, in Fontanigorda.
And they’re still here, together.
After all these years.
They were born in 1920, they met in 1946 and in 2013 they sit side by side in the church square to get some fresh air.
Life is a sweet music.
And sometimes life writes the best plots and the most surprising stories: this is one of those stories.

Alfredo ed Evelina hanno da poco festeggiato l’anniversario di matrimonio, sono insieme dal 1946.
E se qualcuno di voi desidera lasciare qui un pensiero sappiate che a loro arriverà.
Io scatto tante fotografie, una racconta due vite intere.
Tanti auguri Alfredo ed Evelina, dal profondo del cuore!

Alfredo ed Evelina

Il ragazzo con la fisarmonica

A volte la vita scrive le migliori trame e le storie più appassionanti: questa è una di quelle storie.
E’ l’anno 1942, tra gli uomini del Genio Militare è arruolato anche un genovese di nome Alfredo.
Ha 22 anni, si è formato ad Alessandria e a Casale Monferrato.
E un giorno, insieme ad altri, parte da Lecce alla volta di Bengasi, il ragazzo ha con sé un bagaglio prezioso: la sua fisarmonica.
Una nota, una melodia.
E un Maggiore che sente la musica di Alfredo, ne resta colpito e il giovane si ritrova con la sua fisarmonica a suonare a Radio Tripoli.
La guerra e le sue rocambolesche vicende, la ritirata delle truppe italiane e Alfredo che finisce a Tunisi.
Sarà fatto prigioniero di guerra dagli inglesi e in seguito passerà agli americani.
Lo attende un lungo viaggio sull’oceano, un viaggio che lo condurrà a Norfolk, in Virginia, in seguito sarà condotto a Hereford in Texas.
Il ragazzo con la fisarmonica cosa fa?
Diventa direttore di un’orchestra che suona per i prigionieri di guerra italiani.
E il tempo scorre, giunge il 1943, è l’anno dell’armistizio.
E Alfredo è laggiù, negli Stati Uniti.
Aderisce alle forze armate americane e mantiene il suo grado, la sua destinazione è la città di Ogden, nello Utah.
Il ragazzo con la fisarmonica sa suonare bene anche il piano e così mette insieme una banda di 35 elementi, suonano inni italiani e americani nel campo militare.
E lì, al campo militare, c’è anche una giovane donna di nome Carol, lavora come segretaria.
Il destino a volte ti fa incontrare per breve tempo persone delle quali conserverai il ricordo anche se poi le vite finiscono per separarsi.
Ma allora com’era? Oh, allora Carol cantava!
E si esibiva con la banda di Alfredo, suonavano in un locale nei fondi della chiesa di Ogden.
Ed era il tempo del jazz, era il tempo di Glenn Miller, di Benny Goodmann e di Artie Shaw, era il tempo del ritmo e del ballo.
La vita scrive le trame, a volte ti porta lontano e poi ti riporta a casa.
E così Alfredo salutò Carol, si scrissero alcune lettere, lei poi si sposò ed ebbe quattro figli, l’ultima la chiamò Verona, in onore di Romeo e Giulietta, che romanticismo!
Alfredo tornò in patria nell’ottobre del ’45, l’anno successivo trascorse le vacanze in un paesino dell’entroterra ligure e lì conobbe la sua Evelina.
Sapete? Da quel giorno lei e il ragazzo con la fisarmonica non si sono più lasciati, perché la vita scrive le trame, a volte ti porta lontano ma poi ti riporta dove è destino che tu sia.
E la musica?
Beh, il ragazzo che aveva suonato il jazz nello Utah era seduto al pianoforte la sera dell’inaugurazione delle Caravelle in Corso Italia.
E continuò a suonare per lungo tempo con il suo gruppo: un pianista, un cantante e un chitarrista.
E tra gli altri conobbe Carlo Dapporto e Natalino Otto, le persone come lui hanno storie infinite da raccontare.
E il tempo passa.
Il signor Alfredo e la sua Evelina si sono conosciuti qui, a Fontanigorda.
E sono ancora qui, insieme.
Dopo tutti questi anni.
Sono nati nel 1920, si sono conosciuti nel 1946 e nel 2013 se ne stanno seduti uno accanto all’altra in Piazza della Chiesa a prendere il fresco.
La vita è una musica dolce.
E a volte la vita scrive le migliori trame e le storie più appassionanti: questa è una di quelle storie.

Maya, un viaggio tra le note

Quando non sai cos’è, allora è jazz.
E’ una delle frasi più belle e più note di Alessandro Baricco, tratta da Novecento.
Quando non sai cos’è, allora è jazz.
Quando le dita scivolano sulla tastiera del pianoforte e portano a sonorità sorprendenti.
Quando ascolti lo stesso brano, eseguito in circostanze diverse ed ogni volta ti sembra differente, perché chi lo suona cambia il ritmo, gioca con i tasti, con quella concatenazione di note che compongono il pezzo.
Quando guardi il pianista e gli altri musicisti e ti accorgi che in quell’esatto istante loro stanno in un altro mondo, in una dimensione tutta loro e ti senti già fortunata perché in parte la rendono accessibile anche a te, facendoti ascoltare la loro musica.
Quando non sai cos’è, allora è jazz.
Quando la musica diventa veicolo di espressione del proprio sentire e riesce a toccare e a coinvolgere l’ascoltatore.
Quando la musica non è solo jazz, ma anche molto altro, quando la musica trascina ed ha forte personalità.
Lui è un pianista genovese, un mio caro amico, e  il suo nome è Fabio Vernizzi.
Raffinato compositore e musicista di formazione classica, Fabio ama le sperimentazioni e le contaminazioni, e la sua musica è un viaggio tra le note.
Un viaggio tra i ritmi e i suoni, tra le emozioni che certa  musica sa suscitare.
Ed è jazz e sono assoli di pianoforte, e sono echi di tanghi argentini, accenti folk e suggestioni irlandesi.
Un viaggio tra le note.
La musica è un’avventura senza confini, è la ricerca di un’emozione e l’espressione del proprio estro.
E la musica di Fabio è romantica e coinvolgente, ha un suo stile ben definito e riconoscibile.
E molti sono i compagni di viaggio di Fabio.
Tra questi, Claudio Pozzani, poeta e direttore del Festival di Poesia di Genova che, come ogni anno, si svolgerà nel mese di giugno e che vedrà ancora  insieme Vernizzi e Pozzani incantare il pubblico nella splendida cornice di Palazzo Ducale.
L’incontro tra questi due artisti è un connubio di note e versi portati in scena in Italia e all’estero, in molti Festival di rilevanza internazionale.
Fabio collabora inoltre con Roberta Alloisio, vincitrice della Targa Tenco 2011 quale interprete di Janua, disco per il quale Fabio ha composto otto brani e arrangiato  tutte le musiche e che recentemente è stato premiato come miglior album dalla giuria del  Premio Nazionale Città di Loano per la musica tradizionale italiana.
E poi, se dovesse capitarvi di assistere ad un concerto dei Birkin Tree, band italiana di musica irlandese che si esibisce regolarmente in Irlanda, sappiate che con loro sul palco, al pianoforte, potreste trovare anche Fabio, suona spesso con questo gruppo, con il quale ha inciso il cd Virginia, per il quale è stato compositore ed arraggiatore.
Quando non sai cos’è, allora è jazz.
Quando ascolti, osservi e ti accorgi che il pianista è innamorato della sua musica, dei suoi suoni, del ritmo che fluisce dal movimento delle sue dita.
Uscirà presto un nuovo CD di Fabio e sicuramente lui andrà in giro per l’Italia per presentarlo, se capiterà dalle vostre parti, non perdete l’occasione di andare a sentirlo.
La musica, il viaggio più emozionante.
Per voi, dal palco del Teatro della Tosse di Genova,  Fabio Vernizzi accompagnato da Riccardo Barbera, Marco Fadda, Roberto Izzo e Mario Arcari, esegue Maya, brano che dà il titolo al suo primo CD.
Un viaggio tra le note di un pianista di grande talento.