E poi venne l’inverno

E poi venne l’inverno e portò il freddo pungente e tenace ma c’era la gioia a riscaldare i cuori, c’era l’amicizia a tenere viva ogni speranza.
E si indossavano ruvidi maglioni a collo alto, berretti, cappelli e sciarpe per ripararsi dal vento, si portavano quelle giacche strette e chiuse con un pochi bottoni e gli occhi ridevano sinceri perché certi istanti, in ogni tempo, sono pura felicità.

Era l’inverno del ‘36 e c’erano ragazzi e ragazze con la testa piena di sogni e di progetti di quelli che a volte si preferisce non rivelare, magari per il timore che non si avverino.
E intanto si resta insieme, seduti sulla neve con il sorriso sulle labbra.

Protagonisti di avventure mirabolanti sugli sci, giù per discese vertiginose con il vento che taglia la faccia.
E prova poi a raccontarla l’ebbrezza della velocità, il brivido del rischio e il senso di libertà.
Semplicemente vivere e buttarsi a capofitto nel proprio destino, alcuni sanno farlo meglio di altri, questo è certo.
E poi si resta, insieme e vicini.
E si ricorda.
Eravamo questi, quel giorno.
E tu eri così, un ragazzino timido e impacciato.
E tu invece eri ancora un bambino.

E poi, tra tutti c’è sempre uno che è più spericolato e coraggioso, è quello che non ha mai paura di niente e non conosce timore.
Sugli sci, sulla neve e forse anche nella vita.

E poi, c’erano mani e c’erano sguardi guance arrossate, guanti di lana, scarponi e calzettoni spessi.
E memorie uniche per ognuno, spensierate e malinconiche come ogni attimo che merita di essere ricordato e ancora condiviso.
Ancora con la stessa gioia, come in quel giorno d’inverno.

 

Fascia e il silenzio dei monti

C’è un orizzonte senza fine, oltre i prati e oltre gli alberi, nel silenzio dei monti che circondano Fascia.
Nell’aria calda di un pomeriggio di agosto quel silenzio è la parola dell’universo, la sua espressione più vera.
In quel verde vibrante di luce, fremente di vita nascosta.

Scivola il sole sui tetti di tegole, accarezza i muri di pietra.

Ha una gentile prepotenza il silenzio, nel continuo divenire delle stagioni e nel ciclo dei giorni che mutano piano, nel ritmo del tempo che scorre.
Ha tutte le parole che non sappiamo dire la vastità del mondo, sussurri che a volte non sappiamo sentire.
Sii semplice, sii umile davanti alla grandezza delle cose che non sai capire.

Alberi, tegole rosse e un soffio di vento leggero, cielo lucido e lucente nell’estate di Fascia.

Nel silenzio dei monti vigile è lo sguardo di coloro che in questi boschi hanno combattuto per la libertà, a Fascia c’è un monumento ad Aldo Gastaldi, il partigiano Bisagno.

C’è fierezza e intensità negli occhi di coloro che conoscono il silenzio e sanno comprendere i suoi significati.

Mentre il sole luccica tra le cime degli alberi e travolge con il suo chiarore la strada, i tetti, le case.

Nell’immensità del silenzio dei monti che abbracciano Fascia.

Il primo saluto di Fratello Sole

Il primo saluto di Fratello Sole.
Qui, in Val Trebbia.
E quella melodia in sottofondo, la musica del silenzio.
Avvolge i fiori madidi di rugiada, i fili d’erba sottili, le maestose montagne.
E al di là dei vetri un battito d’ali: leggera, una fragile farfalla.
E al di là delle mie finestre, nel fitto degli alberi, un canto.
Ed è un uccellino ciarliero, ancora non l’ho visto ma si è fatto sentire, ha cinguettato ininterrottamente fino a quando il sole è scomparso all’orizzonte.
E poi, tutto attorno, è scesa la musica del silenzio.
E i monti hanno accolto in un abbraccio il fulgore del re del cielo, nelle vaghe geometrie di nuvole evanescenti.
Il primo tramonto, qui, in Val Trebbia.
Il primo saluto di Fratello Sole.

Tramonto

Il sole tra i monti

Quando il sole tramonta sul mare spande la sua luce sulla superficie dell’acqua e la fa scintillare come un metallo prezioso, così sono abituata a vedere la fine del giorno, mentre si accendono le luci della città.
E invece là, tra i monti, il sole pare quasi infuocarsi sull’orizzonte e intanto vena di rosa e di ocra certe nuvole leggere.

Tramonto

Scende piano, dietro ai rami spogli degli alberi.

Tramonto (2)

Ed è un cielo chiaro e freddo d’inverno a salutare la maestà dell’universo.

Tramonto (3)

Lento il sole si nasconde, lo accompagna il frusciare della vita e il canto degli uccelli.

Tramonto (4)

Sempre più fioco, così l’ho visto dalla statale 45, venendo verso Genova.

Tramonto (5)

Svanisce, tra i monti, pennellando l’azzurro, nell’incanto di una magia silenziosa.

Tramonto (6)

Neve e cielo azzurro a Fontanigorda

Il primo giorno di marzo, a Fontanigorda, dopo aver percorso la strada che conduce lassù , curva dopo curva.

Fontanigorda (2)

E non mi aspettavo di vedere la neve, in lontananza pareva già del tutto svanita.
Bianca, lucente e chiara copriva il prato in mezzo alla curva del bivio.

Fontanigorda (3)

E indugiava sui tronchi tagliati, il bosco ha i suoi profumi anche in inverno.

Fontanigorda (4)

Sono tutte chiuse le case delle vacanze, serbano zainetti e scarponcini per le passeggiate, biciclette e cestini per andar per funghi nei giorni d’estate.

Fontanigorda (5)

L’inverno è alberi spogli e un confine silenzioso.

Fontanigorda (6)

E rocce e muschi e un uccello vagabondo che da lontano fa sentire il suo richiamo.

Fontanigorda (7)

L’inverno è sole e luce che rimbalza sulla sottile e soffice coltre, al Bosco delle Fate.

Fontanigorda (8)

Ancora due o tre curve e si arriva al campo da pallone dove generazioni di bambini si sono dilettate con il gioco del calcio.

Fontanigorda (9)

L’inverno, l’inverno a volte sa essere ancora più luminoso della florida estate, non ci sono rami a far ombra alla fontana della Madonnina.

Fontanigorda (10)

Ed è poca la neve rimasta ma ha tutto il fascino della sua suggestione, ricopre il tavolo e le panche di legno.

Fontanigorda

L’inverno è tutto nelle sue promesse, in ciò che ti lascerà, nei doni della terra che matureranno con il sole.

Fontanigorda (12)

L’inverno è nelle sfumature di azzurro e celeste così diverse da quelle dei mesi del solleone, sono colori evanescenti, fratelli del freddo, del ghiaccio e della neve.

Fontanigorda (13)

L’aria è leggera, pura e frizzante, ti accarezza il viso e lambisce i rami nudi degli alberi.

Fontanigorda (14)

E poi guarda, guarda le cime delle montagne.

Fontanigorda (15)

Le cime imbiancate sfiorano il cielo.

Fontanigorda (16)

E poi verde, alberi e neve.

Fontanigorda (17)

E due ghiandaie ciarliere e chiacchierone come sempre, le ho inseguite per un po’ proprio qui, davanti a questo prato.

Fontanigorda (18)

Le tegole dei tetti come spolverate di zucchero.

Fontanigorda (19)

E le case e i giardini e i terrazzi.

Fontanigorda (20)

Cammino nel mio paesino e so esattamente dove abitano le persone che conosco da tanto tempo.

Fontanigorda (21)

E poi ancora, bianco, celeste, aerei in volo e panni stesi in Val Trebbia.

Fontanigorda (23)

Tetti, orti, imposte chiuse, serrate anche quelle della mia casetta, lassù nel sottotetto.

Fontanigorda (24)

La piazza insolitamente deserta.

Fontanigorda (25)

Una stagione che non conosco, l’inverno che sta per svanire e la primavera che si avvicina, è poco distante il mio prato delle farfalle, non manca poi tanto a questo felice incontro.

Fontanigorda (26)

Il paesino silenzioso, con i suoi tetti rossi e le casette da fiaba.

Fontanigorda (27)

E l’acqua, la neve disciolta e la mia pozzanghera.
Forse voi non lo sapete ma quella è proprio la mia pozzanghera e non potrebbe essere diversamente, del resto credo che non ne esista una così speciale.
E lo è ancora di più con la piazza vuota, specchio di una certa bellezza che resta nel cuore.

Fontanigorda (28)

E poi la strada verso Genova, la via del ritorno.
E un incontro inatteso, tra i rami, il primo giorno di marzo, le creature del bosco.
Uno, due, tre e poi dieci.
Certo, erano distanti e così la foto non è perfetta ma deve stare qui perché anche loro hanno fatto parte di questa splendida giornata.

Fontanigorda (29)

Una giornata di neve e cielo azzurro a Fontanigorda.

Fontanigorda (30)

Da un diario genovese del passato: sci, tennis ed equitazione

Ritornano su queste pagine le parole di Francesco Dufour tratte dal suo prezioso diario.
Nella casa della celebre famiglia genovese si dava molta importanza allo sport, a proposito delle varie attività praticate il nostro amico ci ha lasciato i suoi particolari ricordi e naturalmente non mancano gli incidenti di percorso, la lettura di queste memorie è sempre a suo modo sorprendente.
Mica era tutto semplice, eh?
Anche  dedicarsi allo sci poteva presentare imprevisti e inconvenienti, leggete un po’ qua!

Montagna

Val Ferret – foto di proprietà di Marco Kanobelj 

Mi sono accostato agli sci la prima volta a Claviére.
Allora non c’erano scarpe da sci, avevo delle scarpe da soldato con sotto le bullette, non tenevano né l’acqua né il freddo.
Arrivato a destinazione andai in un negozio dove affittavano gli sci, questi avevano nel centro una lamina di ferro dolce che lo attraversava trasversalmente.
Posero lo sci su un’incudine e a forza di martellate adattarono la lamina alla scarpa.
Una cinghietta teneva l’attacco ma lo sci andava per conto suo.
Appena uscito dal negozio ad uno sci si spezzò la punta nella curva, questo sci era fatto di legno da casse.
Qualche volta con Antioco, Pietro e Pio siamo andato al Sassello e alla Bocchetta.
Una volta un oste in questa località mi inviò questa cartolina: “Come d’accordo, neve abbondante.”

Montagna (2)

Val Ferret – Foto di proprietà di Cesare Lombardo

Papà era un gran cultore dello sport che riteneva utilissimo per la salute.
Tutti abbiamo imparato l’equitazione da ragazzini frequentando i corsi del Collegio Calasanzio a Cornigliano.
Papà fece costruire il tennis a Cornigliano prima dell’altra guerra, venne a tracciare le righe Gigetto Drago, vecchio maestro e vecchia gloria.
Allora questo gioco era cosa per tutti nuova, si credeva che tutto consistesse nel tenere la palla in gioco il più a lungo possibile, erano ignorati i colpi tesi.
Quando si andava a giocare si portava sul campo una cassa con quattro racchette e alcune paia di scarpe, erano di pelle, solo con il tacco più largo e basso.

Fontanigorda

Il Campo da Tennis di Fontanigorda

Anche a Sestri papà fece costruire il tennis.
Venne a tracciarlo di nuovo Gigetto Drago, in questa occasione avvenne un fatto curioso.
Noi avevamo un libro con un disegno che mostrava come geometricamente si potevano fare gli angoli del grande rettangolo.
Si trattava di far coincidere degli archetti partendo dalla linea mediana.
Abbiamo lavorato tutta la mattina senza pervenire ad un risultato, il rettangolo restava sempre storto.
Solo molto tardi ci accorgemmo che una delle due rotelle metriche che avevamo invece di 20 metri misurava 18.
Papà ci facilitò sempre la pratica degli sport, riguardo all’equitazione diceva: “È bene imparare… se si dovesse scappare!”
Non ci permise mai di imparare la scherma perché temeva che la pratica delle armi ci rendesse audaci nell’accettare o nel proporre un duello.
In realtà alla nostra epoca il duello era quasi scomparso.

Casa del Romano

Casa del Romano

Ditelo, non ci avevate mai pensato all’eventualità di dover tracciare le righe per il campo da tennis, vero? Neppure io, devo dirlo!
Cose d’altri tempi, in ogni caso allora il duello era quasi scomparso ma questa è un’altra storia, un altro paragrafo di questo diario entusiasmante.

Il cielo della Val Trebbia

Il cielo della Val Trebbia, a volte, sa essere una magia incantata.
Lo vedo dalla mia finestra quando la luce si attenua e veste l’infinito di rosa.

Fontanigorda (2)

In certe sere limpide è più chiaro, il sole ci saluta e arrossa appena quella nuvola solitaria.

Fontanigorda (3)

A volte invece il cielo è una musica di azzurri e di grigi, di nubi tempestose che si confondono con le cime delle montagne.

Fontanigorda (4)

E’ un gioco di sfumature delicate, tenui ed estive.

Fontanigorda (5)

Oppure diviene un fragore di fuoco che inonda e travolge l’orizzonte.

Fontanigorda (5a)

Là, dalla mia finestra, ho veduto il bacio del secolo.
Tra gli alberi Giove e Venere, pianeti lucenti che quasi parevano sfiorarsi.

Fontanigorda (6)

Cammina, verso sera, nel rosso che preannuncia giornate terse e luminose.

Fontanigorda (8)

Un pennello d’artista, un tenue acquerello e un quadro, non ce sarà mai un altro uguale.

Fontanigorda (9)

La luce si disperde e si dirada, si affievolisce per poi svanire tra le montagne, saluta gli animali notturni e sfiora i loro occhi che si spalancheranno nel buio.

Fontanigorda (10)

Nel tempo dell’estate così è il cielo della Val Trebbia.

Fontanigorda (11)

E quando si avvicina l’ora del tramonto a volte certe nuvole assumono tinte d’arcobaleno, evanescenti, mutevoli, chiare.

Fontanigorda (12)

Si tuffano tra i monti, tra i tetti rossi delle case, vagano inquiete, sorelle del cielo e dell’aria.

Fontanigorda (13)

E io so che il cielo mi regalerà altre magie, di oro e di bronzo sfavillante.

Fontanigorda (14)

Le vedo da qui, dalla mia finestra.

Fontanigorda (15)

Canale, la casetta delle fiabe

In un fulgido pomeriggio d’estate sono capitata a Canale, una piccola frazione di Fontanigorda immersa nella verde frescura delle montagne.
Tetti di tegole rosse, alberi, cancelli e archi di rose.

Canale (2)

Cielo intenso e profondo, i colori della Val Trebbia sono vivaci e splendenti in questa stagione.

Canale (3)

E i giardini sono un trionfo di rigogliose fioriture.

Canale (4)

Toh, tra le ortensie un incontro inaspettato!
Una fagianella che se ne andava a spasso indisturbata, in realtà appena si è accorta della mia presenza si è messa a correre all’impazzata e poi ha preso il volo.
Caspita, che carattere! Neanche il tempo di fare amicizia!

Canale (5)

Ancora cancelli e ancora fiori, luglio è colorato e generoso.

Canale (6)

Una cascina circondata da gigli.

Canale (7)

E alberi, bordure e lo steccato.

Canale (8)

Una panchina, ancora vasi e persiane rosso lacca come la ringhiera.

Canale (9)

Una salita, una curva, Liguria di dolci tornanti che si inerpicano sui monti.

Canale (10)

E le imposte sono chiuse, questa casetta attira proprio la mia attenzione.

Canale (11)

E poco distante ci sono vasi con fiori in boccio dal caldo colore del sole.

Canale (12)

Lì a fianco c’è una cascina, ha di fronte un cespuglio di rose.
E tutto è incantato, come in una fiaba.

Canale (13)

Una casetta piccina, con il tetto spiovente.
No, non è fatta di mattoni, dev’essere di marzapane, miele e croccante, il tetto è di solide scagliette di cioccolata fondente.

Canale (14)

C’è un pesante ceppo, poi una carriola carica di legnetti per il fuoco e una panca dove sedersi.

Canale (15)

E naturalmente ci sono ancora altre rose che sono di finissimo zucchero filato.

Canale (16)

Di chi sarà la casetta delle fiabe?
Davvero non lo so ma un’idea me la sono fatta, non ditelo a nessuno, mi raccomando!

Nanetto

Tornerò di sicuro, magari potrebbe capitarmi di vedere Biancaneve sul terrazzino, tutto è possibile nel mondo delle fiabe!

Canale (17)

In una casetta deliziosa posta su un ripido tornante.

Canale (18)

A Canale, davanti alle belle montagne della Val Trebbia.

Canale (19)

Sulle alte vie del Tor des Géants

Questa è la storia di un’avventura, un’avventura della quale in passato ho già scritto.
Lo scorso anno ebbi occasione di intervistare per ben due volte un amico, il suo nome è Marco Kanobelj, è un grande sportivo e l’estate scorsa ha partecipato a Tor des Geants, una gara di trail che si svolge lungo le due Alte vie della Val d’Aosta.
Courmayeur è il punto di partenza e di arrivo, si tratta di una gara molto dura e impegnativa, 330 km da percorrere in 150 ore.
Marco mi raccontò la sua preparazione e a gara avvenuta tornò a parlarmi delle sue impressioni, gli articoli ai quali mi riferisco li trovate qui e qui.
Marco non era solo ad affrontare questa impresa, a competere per il Tor des Géants insieme a lui c’era un amico, Cesare Lombardo, anch’egli genovese e appassionato di sport, di escursionismo e bicicletta da montagna.
E il ricordo di quei giorni è divenuto un libro, un taccuino di viaggio di un’avventura appassionante e difficile, un confronto tra l’uomo e la natura.
Sulle alte vie del Tor des Geants, viaggio al confine tra sogno e realtà, così si intitola il libro di Cesare Lombardo che vi condurrà giorno dopo giorno sul percorso del Tor del Géants, tra ostacoli e grandi fatiche.
Il libro è corredato di suggestive fotografie scattate da Marco Kanobelj, sue anche le immagini che arricchiscono questo articolo.
L’alba, il sole che sorge tra le montagne.

alba spettacolare

Un libro che si legge d’un fiato, la sfida alla natura comporta coraggio, consapevolezza e autocontrollo.
Cala il buio e cade la pioggia, sei quasi a 3000 metri, che accade se ti scordi la luce frontale nello zaino? Devi farti forza e porre rimedio al tuo errore, altrimenti potresti correre grandi rischi.
Oltre all’indubbia capacità di proporre un racconto coinvolgente, dal libro di Cesare Lombardo spicca un aspetto prezioso del suo carattere, una maniera di sentire fondamentale per poter affrontare una simile impresa, emerge sempre una costante forma di rispettosa umiltà verso la montagna e verso la potente maestosità della natura.

la lunga strada verso il col loson

La lunga strada verso il Col Loson

E’ questa la consapevolezza, la capacità di saper vedere se stessi all’interno della grandezza dell’universo.
E allora una gara è sudore, fatica e sforzo ma è anche comunione con la montagna e il cielo e con il silenzio che ti circonda.
E lui Cesare, racconta che uno dei momenti più belli di questa esperienza è stato ritrovarsi attorno a un tavolo in un momento di sosta e ristoro insieme a tanti, diversi compagni d’avventura.
Voci del mondo, accomunate e affratellate dall’amore per la montagna.
E lui, Cesare, è andato al Tor Des Géants con la sua croce francescana al collo, non è un caso che dalle sue parole scaturisca amore vero per il creato e le sue meraviglie.

giochi di nuvole verso il col della vecchia

Giochi di nuvole verso il Col della Vecchia

In questo libro trovate entusiasmo e passione sportiva, ci sono il dolore fisico e la spossatezza, le poche ore di sonno, le incertezze e le sfide impossibili, ci sono istanti di paura e gesti di coraggio raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, c’è la stanchezza che diviene forza nel momento in cui si supera un nuovo ostacolo.
E c’è anche un altro solido pilastro tra le righe di questo libro, una delle pietre miliari della vita di ognuno di noi, alcuni sanno coltivarlo e difenderlo ed è il miglior regalo che si possa fare a se stessi.
Giorno e notte, passo dopo passo, Cesare e Marco, insieme al Tor des Géants.
Spicca reale e sincero il senso dell’amicizia, l’attenzione nei confronti dell’altro, la capacità di condividere e di aiutarsi reciprocamente.
E allora l’avventura, compiuta insieme all’amico di sempre, ha un altro sapore, si regge anche della forza che si è in grado di donarsi reciprocamente.

val d'ayas

Val d’Ayas

 Un libro per gli amanti della montagna, un libro scritto da una persona che tiene ai valori veri, basta leggere le sue parole per comprenderlo, qui trovate il libro di Cesare Lombardo, Sulle alte vie del Tor des Geants, viaggio al confine tra sogno e realtà.
Marco Kanobelj l’anno scorso non ha completato la sua gara, ha avuto la sapienza di fermarsi di fronte a un problema fisico che gli causava certe difficoltà.
E quest’anno Marco sarà di nuovo al Tor des Géants, a lui va il mio migliore augurio per questa nuova avventura.
Cesare Lombardo è arrivato sul traguardo, lì ad aspettarlo c’era lui, il suo amico Marco.
Emozioni forti, abbracci, momenti che non si dimenticano.
E lascio a Cesare le ultime parole, ripensando al termine di questa memorabile competizione, queste sue parole descrivono pienamente chi lui sia.

Mi si chiede oggi quale sia il mio ricordo più bello del Tor des Géants. Potrei parlare di una vetta, di un passaggio notturno, di un’alba o di un tramonto. Invece, tutti i miei pensieri vanno all’immagine dei miei bambini e di mia moglie. E’ stata una sorpresa, non era affatto previsto che fossero lì.
E così, quasi per assurdo, pur al cospetto di montagne dalla bellezza commovente, il ricordo dei mio Tor è legato a una striscia d’asfalto dentro Courmayeur; ma su quella striscia d’asfalto c’era tutta la mia vita.

la conca di Valtournanche

La conca della Valtournanche

Luna piena

Notti desideri segreti da confidare al cielo, è la parte sognatrice di noi a farci alzare lo sguardo verso l’infinito, verso le stelle luminose che fendono gli orizzonti notturni d’agosto.
E nella notte di San Lorenzo quest’anno il firmamento ha avuto la sua regina,  la luna bianca e chiara, splendente di bagliori d’argento, il suo chiarore ha sorpassato la luce delle stelle.
In questi luoghi, lontani dalle città, la notte ha i suoi incanti che si compiono nel volgere di breve tempo.
Luna piena, sorge piano e la sua luce rischiara il profilo delle montagne.

Luna

Eterea e ammaliante luna, l’ho osservata dalla mia finestra mentre saliva verso l’alto.
Luna piena, le sue magie sono là, nelle parole di certi poeti, in alcuni versi che narrano di noi e del nostro sentire.

It is the very error of the moon:
She comes more nearer earth than she was wont,
And makes men mad.

E’ l’errore della luna:
si avvicina alla terra più del solito
e fa impazzire gli uomini.

William Shakespeare – Othello

Luna (2)

E non resta altro che rimanere a guardare, nell’attesa che un miracolo si compia.

Luna (3)

Brilla, riluce, impera, nella notte delle stelle.
Con la sua malia, con il suo splendore magico e misterioso.

Luna (4)
E poi sale, ancora e ancora.
Domina il cielo, le montagne silenziose, i ruscelli scroscianti, le foglie tremule, i sogni, i pensieri e i desideri, lucente regina della notte di agosto.

Luna (5)