Via Eugenia Ravasco: l’edicola della Madonna Immacolata

È una delle belle edicole genovesi e si staglia in un tratto della Superba dove più forte si coglie il mutare dello spirito dei tempi.
Si trova infatti in Via Eugenia Ravasco, strada che dall’antica Piazza di Sarzano conduce al quartiere di Carignano, percorrendo Via Eugenia Ravasco si attraversa quel Ponte di Carignano sotto il quale un tempo si snodava la popolosa Via Madre di Dio.
Erano strade affollate di vita, di persone operose e di sogni, poi come sappiamo quel quartiere venne spazzato via per lasciar posto a freddi e anonimi edifici moderni.
E così visse un altro tempo anche l’edicola di Via Eugenia Ravasco verso la quale si alzarono molti occhi devoti.

L’opera risale XVII o XVIII secolo ed ha beneficiato di un recente restauro che di certo ne esalta le armonie.
Così nella nicchia si ammira la bella statua marmorea: Maria tiene le mani al petto e il capo così dolcemente reclinato.

Ai piedi di lei e sotto la nuvola sulla quale si posa ecco certi piccoli putti come spesso si trovano in simili rappresentazioni della Madre di Dio.

Il palazzo sul quale potete ammirare questa raffinata edicola è il medesimo sul quale è affissa la targa dedicata a Giulio Cesare Drago della quale scrissi diverso tempo fa in questo articolo.

Sotto la luce di Genova, come in anni lontani, in Via Eugenia Ravasco lo sguardo ancora ritrova la grazia e l’armonia della Madonna dell’Immacolata.

Le Mura del Barbarossa

Gli affascinanti misteri dei caruggi, io ho iniziato a scoprirli da ragazzina.
Avevo 15 anni e me andavo in giro per la città vecchia in cerca di luoghi mai veduti, uno dei miei posti preferiti era la zona di Ravecca.
Su e giù, per tutte le traverse come faccio ancora adesso.
E poi là, sopra le antiche mura della Superba, le mura del Barbarossa.
Allora quella parte di Genova era diversa, c’erano ancora molti edifici da ristrutturare e il mio ricordo fa riemergere un’impressione di suggestiva decadenza.
Su e giù per le mura poi un brutto giorno, ahimè, sono state chiuse da cancelli e rese inaccessibili.
Ditemi, negli ultimi anni avete per caso visto una tizia seduta per terra lì davanti?
Ecco, si trattava di me, ho passato ore in paziente attesa che il caso mi facesse incontrare qualcuno in possesso delle chiavi per poter entrare.
E orfana della mia passeggiata preferita ho scattato diverse foto da quest’unica prospettiva sulle mura del Barbarossa.

Mura del Barbarossa (2)

Ora è nuovamente possibile visitarle, purtroppo restano chiuse al libero accesso ma c’è maniera di effettuare un percorso sulle mura e oggi vi porterò proprio là sul camminamento dove i soldati un tempo facevano la ronda per assicurare la tranquillità ai genovesi.
Da Via Ravasco si sale verso Passo delle Murette, su per una scala di ferro, fermatevi ad osservare il muro che la costeggia, ci sono i resti delle antiche tubature in terracotta e non si trovano solo in questo punto ma anche altrove, presto vi mostrerò altre immagini.

Mura del Barbarossa (3)

Ecco il cancello.

Mura del Barbarossa (4)

E non sapete la mia gioia di vederlo alle mie spalle!

Mura del Barbarossa (5)

Le antiche mura di Genova costruite in sua difesa a partire dal 1155 contro un temibile nemico, il Barbarossa con le sue minacciose truppe.
Le mura vengono edificate a ridosso di Porta Soprana che già esisteva nel X secolo, la sua costruzione venne ultimata in quel 1155.
Tutto il popolo accorre in soccorso, si lavora senza sosta, si elevano palizzate e si usano gli alberi delle navi, nel 1159 l’opera è terminata.

Mura del Barbarossa (6)

Di quelle mura che cingevano la città ne resta una parte, il camminamento si addentra tra le case e non potete dire di aver veduto Genova se non siete stati qui, in una delle sue parti più antiche e ricche di storia.

Mura del Barbarossa (7)

E guardate in ogni direzione, voltatevi indietro e vedrete il mare e le campate del ponte sotto il quale brulicava di vita la ormai perduta Via Madre di Dio.

Mura del Barbarossa (8)

Usate la vostra fantasia e allora vedrete la gente di Genova di un altro tempo, sentirete le voci delle popolane e udirete il clangore delle armature di quei temerari soldati che presidiano le mura.

Mura del Barbarossa (9)
Case alte e svettanti, le potete vedere dai caruggi che salgono da Ravecca da dove si ammirano le mura del Barbarossa da una diversa prospettiva.

Mura del Barbarossa (10)

Camminate nel vicolo stretto che si snoda tra curve e saliscendi.

Mura del Barbarossa (10A)

E guardate verso la strada che avete già percorso.

Mura del Barbarossa (12)

E davanti a voi, tra antiche case color ocra e rosa di Liguria.

Mura del Barbarossa (13)

E poi affacciatevi sulle piazzette e sui caruggi circostanti, su queste ardesie e su questi colori, ho iniziato a innamorarmi di Genova scoprendo questi suoi vicoli nascosti, ora immacolati e rinati a nuova vita.

Mura del Barbarossa (14)

Un luogo che appartiene a un’altra epoca eppure è in perfetta sincronia con il nostro tempo.
Arancio, giallo e grigio di cielo plumbeo.

Mura del Barbarossa (15)

Curve, finestre e mura.

Mura del Barbarossa (16)

Persiane, panni stesi e sfumature della città vecchia.

Mura del Barbarossa (17)

Guardate ancora indietro, la veduta della città in salita.

Mura del Barbarossa (18)

E scale e gradini da scendere.

Mura del Barbarossa (19)

Su e giù per le mura del Barbarossa, tra le case della vecchia Genova.

Mura del Barbarossa (20)

Qui, in questo tratto, concedetevi una deviazione, alcuni scalini vi porteranno al lavatoio di Salita di Coccagna, ve ne parlai in questo articolo, lo avevo fotografato dal vicolo rimanendo al di là del cancello.

Lavatoio

I muri raccontano storie, celano testimonianze di giorni che noi non abbiamo vissuto.
Osservate con attenzione, qui ci sono le derivazioni dell’antico acquedotto.

Lavatoio (2)

E ci sono anche piccole targhe in marmo sulle quali sono riportati i numeri degli antichi bronzini.

Lavatoio (3)

Il tempo che non abbiamo vissuto è scandito dagli scrosci d’acqua, dal profumo del sapone e dalle chiacchiere delle lavandaie.

Lavatoio (4)

Il tempo che non abbiamo vissuto resiste con protervia, è l’immagine di una giovane donna curva sul lavatoio, sfrega con energia i suoi panni, ha il volto affaticato, arrossato e stanco eppure sorride.
Abita qui, nei dintorni.
E il suo tempo vissuto è per noi soltanto immaginato ma ha una cifra di realtà e la leggi sul muro, incisa nel marmo.

Lavatoio (5)

Anche i secoli si coprono di ruggine ma se guardi con occhi nuovi tutto sembrerà vero e presente.

Lavatoio (6)

Scale, finestre, Genova: da un lato c’è Via del Colle e dall’altro c’è Via Ravecca.

Mura del Barbarossa (21)

E ancora uno sguardo indietro verso le splendide angustie della Superba, in una giornata di sole qui la luce rimbalza sui muri rossi.

Mura del Barbarossa (22)

E si incontra ancora un altro cancello, al di là di esso prosegue la camminata sulle mura del Barbarossa.

Mura del Barbarossa (23)

E sopra c’è una lapide dove si leggono parole in latino: ad beneplacitum patrum communis che significa con il  beneplacito dei padri del Comune.

Mura del Barbarossa (24)

Varcherete questo cancello e vi troverete nel tratto che conduce alle torri di Porta Soprana.

Mura del Barbarossa (25)

Sono a breve distanza da voi, ancora pochi passi e potrete salire sulle torri da dove si domina il magnifico scenario della Superba vista dall’alto.

Mura del Barbarossa (26)

Diverse epoche di una città convivono fianco a fianco.

Mura del Barbarossa (27)

Case dai tetti spioventi si affacciano sulle mura e le sovrastano.

Mura del Barbarossa (28)

Termina qui il percorso sulla mura del Barbarossa, un’esperienza che consiglio a genovesi e visitatori, vi calerete in un’atmosfera dalle suggestioni intense.
E come vi ho detto all’inizio questo post l’accesso alle mura è reso ora possibile da una cooperativa che ha in gestione alcune interessanti realtà cittadine.
Le mura sono visitabili nel contesto di un pacchetto che comprende la visita al Museo di Sant’Agostino, alle torri di Porta Soprana e alla Casa di Colombo, per tutte le informazioni e i dettagli guardate qui.

Mura del Barbarossa (29)

Io sono tornata nel luogo delle mie prime emozionanti esplorazioni.
Ho un ricordo preciso di me, ho lo zainetto sulle spalle e corro su per Salita della Fava Greca, mi guardo intorno e tutto è stupore e meraviglia.
Io sono rimasta uguale, Genova è rimasta uguale, tutta da scoprire.

Porta Soprana

Il Ponte di Carignano e Giulio Cesare Drago, ragguardevole mercadante

Dalla Piazza di Sarzano, che è di considerevolissima lunghezza, entrasi per una gran bella strada larga e spaziosa al ponte di Carignano, magnifico monumento dell’arte che i due colli di Sarzano e di Carignano ammirabilmente congiunge. … E’ composto da sette archi … è tanto largo che quattro carrozze possono passarvi di fronte. …
Il viaggiatore che sia quivi condotto ha di che rimaner sorpreso al vederne la prodigiosissima altezza sulla strada dei Lanieri, che passa al di sotto: puossi calcolarla al di là dei trecento palmi.
Fa orrore affacciarsi ai parapetti del ponte per contemplare un così sorprendente spettacolo.

Così scriveva un viaggiatore che visitò la Superba nel 1818.
Di lui non si conosce il nome, ma ha lasciato una diario con le sue impressioni sui luoghi da lui visitati noto come Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, un testo prezioso che vi porta per le strade e le piazze che ancora adesso frequentiamo.
E questo è il ponte che lui descrive.

Ponte di Carignano (2)

Il borgo dei Lanieri del quale narra l’autore purtroppo non esiste più, è caduto sotto i colpi del piccone insieme al quartiere di Via Madre di Dio.
A quei tempi una passeggiata sotto il ponte di Carignano offriva questa prospettiva.

Ponte di Carignano

Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri

Il ponte di Carignano venne edificato su progetto di De Langlade tra il 1718 e il 1724 e commissionato della famiglia Sauli.
Quella parte della città da allora è molto mutata ma il ponte ha conservato la grandezza e l’imponenza che colpirono l’attenzione dell’anonimo.

Ponte di Carignano (2)

Un’opera di pubblica utilità che assunse una grande importanza per la città, grazie al ponte ci si muoveva più agevolmente tra i due colli, evitando così un faticoso saliscendi.

Ponte di Carignano (3)

Un altro viaggiatore dell’Ottocento ne parla con entusiasmo, magnificando le splendide vedute che si potevano godere da lassù: sotto al ponte era tutto un brulicare di fitte case e dal lato del mare la vista si perdeva a cercare l’orizzonte.

Genova

Come rimarca il medesimo autore, il ponte ebbe anche un’altra sinistra funzione: a causa della sua stupefacente altezza divenne il luogo prescelto da coloro che intendevano togliersi la vita.
E lo fu in particolare nell’anno 1800, quando la città era alla fame a causa del blocco di Genova, una delle pagine più cupe della storia di questa città.

Ponte di Carignano
Il ponte dei suicidi, un luogo talmente utilizzato per buttarsi di sotto da originare un noto detto popolare “Piggiâ o ponte de Caignan pe-o schaen da porta” ovvero prendere il ponte di Carignano per lo scalino della porta.
E giunse l’anno 1877.
Un ricco genovese, Giulio Cesare Drago, pensò che era necessario porre rimedio a quella tragica situazione e a proprie spese dotò il ponte di un’altissima ringhiera che ancora oggi è presente.

Ponte di Carignano (4)

Il generoso benefattore volle rimanere anonimo.
Le inferiate che si elevano sui parapetti del ponte furono un valido deterrente.

Ponte di Carignano 6

Alla sua morte la città di Genova volle ricordare la magnanimità di questo cittadino.
Su un palazzo di Via Ravasco venne affissa una lapide in sua memoria.

Via Ravasco

Vi si legge del suo gesto, mosso da pietà e da generosità, vi si legge di lui, Giulio Cesare Drago, ragguardevole mercadante genovese.

Giulio Cesare Drago

Perché non passi in consuetudine
l’esempio antico e recente
di gittare disperatamente la vita
dai ponti di Carignano e dell’Arco
 GIULIO CESARE DRAGO
ragguardevole mercante genovese
negli anni 1877 e 1879
con largo dispendio provvide
che di ferrea cancellata ne fossero barrate le sponde
volle rimanere finché visse benefattore ignorato
Morto in Firenze il 9 agosto 1880
il suo testamento lo fe’ manifesto
il Municipio di Genova
per la meritata e ricusata onoranza
gli decretò questa lapida
il 16 Agosto 1880