E questa, in qualche maniera, è ancora una storia di panni stesi, è una storia che vi svelerà un angolo di caruggi forse non noto a tutti.
Nel cuore di Genova, nei dintorni di Via Ravecca.
Eh, ai nostri tempi è tutto rapido e semplice, una volta invece il bucato era una fatica grande.
E allora andiamo, portiamo con noi la nostra cesta dei panni e imbocchiamo la strada che ci condurrà alla nostra meta, lasciando alle nostre spalle le torri di Porta Soprana.
Come facevano le bugaixe, è così che a Genova si chiamavano le lavandaie.
E come sempre c’è un gran via vai di gente, bambini che corrono da una parte all’altra e voci, voci squillanti e rumorose, le voci della gente dei caruggi.
E lassù i panni stesi, da una parte all’altra di Via Ravecca.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Eh, certe usanze non si abbandonano mai.
In questi caruggi, davanti alle superbe torri, ancora sventolano le lenzuola e le tovaglie.
E così è anche oltre, in questa antica strada della quale certo tornerò a parlarvi in maniera più approfondita, è una parte del centro storico che amo molto.
Oh, ma adesso abbiamo quella pesante cesta dei panni!
Non possiamo soffermarci davanti ai portoni e alle edicole, ancora pochi passi e saremo arrivati a destinazione!
E procedendo verso Sarzano alla vostra sinistra troverete Salita di Coccagna, toponimo che viene così spiegato dal Podestà:
Col nome di “Cuccagna” invece indicavasi la Ravecca alta, la zona cioè che spaziava aderente alle mura della città.
E sapete, su per questo vicoletto ho fatto un piacevole incontro.
Sono arrivata fino in cima e lassù, affacciata a una finestra, c’era un’anziana signora in vena di chiacchiere.
E sì, c’è sempre una vecchietta alla finestra che ha voglia di parlare, a me capita spesso.
Era lì, in Salita di Coccagna.
E poi mi sono ritrovata davanti a un cancello, proprio dove sto conducendo voi, dovete arrivare in cima alla salita e guardare alla vostra sinistra.
E mentre armeggiavo con la macchina fotografica tra le sbarre la signora mi urlava:
– E’ chiuso! E’ chiuso!
Eh, cose che succedono ad andar per caruggi!
E insomma, eccoci qua.
Posate a terra la cesta dei panni, avete portato spazzola e sapone, vero?
Adesso avremo il nostro bel da fare, in Salita di Coccagna si trova un antico lavatoio, rara testimonianza del nostro passato.
Altri tempi e altre fatiche, eccole le donne intente a lavare, le potete vedere in quest’altra cartolina di Stefano Finauri che ho già avuto modo di mostrarvi e che mostra il lavatoio che una volta c’era in Via Carlo Alberto, così si chiamava l’attuale Via Gramsci.
Cartolina appartenente alla Collezione di Stefano Finauri
Altri tempi, altre fatiche, suggestioni di altre epoche che sopravvivono tra i vicoli di Genova.
In Salita di Coccagna, dove si andava con la cesta dei panni.
Lavare i panni nell’acqua gelata delle fontane non era impresa da poco. Altro che i nostri cicli rapidi in lavatrice!… I lavatoi però conservano intatto il loro fascino. Buon lunedì Miss! 🙂
Infatti, anche a Fontanigorda c’è il trogolo, con l’acqua gelida.
E conosco qualcuno che ci va…follia, non lo farei mai, da farsi cadere le dita!
Un bacione a te cara!
La “bùgada” = i panni da lavare/lavati, si dice così qui a Mantova.
Le “bugandaie” erano le donne che lavavano i panni, magari in riva ai fiumi, quando ancora le loro acque non erano contaminate. Buona giornata, Miss Fletcher e complimenti per il post 🙂
Grazie Niko,anche di aver apportato notizie così interessanti sulla tua regione.
Che fatica lavare in riva al fiume!
Un abbraccio
A volte, durante qualche passeggiata nei paesi, capita che mi dicano : qui c’è la fonte dove si veniva a lavare i panni. E mi immagino sempre le donne piegate verso l’acqua a lavare, lavare. Santa lavatrice.
Stefy
Veramente, pensa che fatica!
A volte diamo scontate certe comodità alle quali non sapremmo più rinunciare.
Un bacione Stefy!
Splendidi i lavatoi….che fatica però!
I panni stesi ad asciugare da una casa all’altra è proprio un segnale di comunità….oltre che essere pura arte dal vero… 🙂
buona giornata
.marta
E sì, proprio così, un segnale di comunità, parole splendide cara Marta!
Un bacio grande a te!
se fossi vissuta a quei tempi sarei morta dopo il primo bucato… 🙂
Pure io, non ci sono dubbi 🙂
Un bacione Rosa, mi hai fatto ridere!
Finalmente riesco a trovare il tempo per venire a trovarti Miss Fletcher, da tempo ci incontriamo sul blog di Simonetta, cara amica, e sono felice di aver trovato, sfogliando tra le tue pagine, tanta tanta vecchia Genova … ebbene sì, siamo concittadine ed anche se da anni abito in campagna Genova continua a rimanere sempre un punto di riferimento per me!
Grazie
Dany
Benvenuta, Daniela! Sono felice anch’io che tu mia abbia trovata e che tu trovi qui posti che sono nel tuo cuore, grazie di cuore delle tue belle parole!
I lavatoi tematica antichissima, si è protratta fino agli anni 50 del novecento erano ancora molte le famiglie che andavano a lavare nei pubblici lavatoi, ricordo quello che c’era in via Ponterotto, la strada interna di via Canevari, era una struttura metallica simile ai trogoli di S. Brigida, con grossi serbatoi nella parte alta, mentre le vasche erano di granito, da ragazzi salivamo sul tetto a giocare.
Poi c’erano i trogoli condominiali, posti nella parte bassa delle case, uno era sempre in via Canevari difronte alla conceria Bocciardo e ora all’Istituto Alberghiero, ricordo esattamente il posto, venne demolito da mio padre su ordine del condominio nel 1967, dalla vasca ne ricavò delle lastre di granito bellissime con cui fece costruire il portone della mia casa di campagna.
Poi uno era sempre in via Ponterotto in un piccolo fondo nel vecchio stabile dove c’è l’ascensore di via Montello.
Ricordo le donne con la cesta in testa, mentre riportavano in panni in casa per stenderli sulla corda (Taggia).
Subito dopo la guerra molte persone vennero a Genova in cerca di lavoro, la fabbrica Bocciardo dava molte opportunità e così si adattarono a vivere anche in spazi riadattati che fino a quel momento erano dei magazzini, molte di queste famiglie utilizzavano i lavatoi pubblici.
Mentre per fare il bagno andavano in via Bobbio vicino alla scuola G.Da Passano che con 110 lire ci si poteva lavare, nel prezzo era compreso sapone e asciugamani, il bagno pubblico era gestito dal comune con personale proprio, tutto era perfettamente pulito, e beccavano anche dieci lire di mancia per l’ottimo servizio.
Bellissimi ricordi cara Miss.
Eugenio
Eugenio, come sempre tu mi incanti con i tuoi racconti!
Grazie, è bellissimo questo commento, una storia così ricca di ricordi e preziosi dettagli!
Ti abbraccio!
Nella mia provincia ci sono molti paesi con i lavatoi ancora intatti ma temo che non li usi nessuno, a parte i bambini. E anni fa, molti anni fa, c’erano perfino le lavandaie di Avesa, un paesino sopra Verona. Venivano in città a prendere i panni, se li portavano in paese e li lavavano e poi li riconsegnavano. In un certo senso, erano molto avanti…
Davvero, pensa un po’!
E’ bello che i lavatoi si siano conservati, è un peccato perdere tali testimonianze del nostro passato.
quando ero fanciulla e vedevo mia mamma lavare le lenzuola io mi dicevo : o non mi sposo oppure mi metto nella vasca da bagno avvolta nel lenzuolo cosi ci laviamo insieme .meno male che hanno inventato la lavatrice e lo dico con la mano sul cuore ! a guardare quei trogoli povere donne quanto era dura la vita.. e non c’ era freddo o caldo che tenesse .il lavoro era cosi. bene cara Miss anche queste foto che rispecchiano un lembo di vita lontana sono belle e fanno pensare .. un abbraccio
E davvero, meno male che c’è la lavatrice!
Felice di averti regalato uno sguardo sul passato che tu hai gradito!
Un bacione!
Ehi Miss! Se arrivata a metà di Salita Coccagna svoltavi a destra e attraversavi la piazzetta con l’ulivo ti offrivo un caffè! La mia tana è proprio lì!
Un abbraccio
Elena
Che bel posto ti sei scelta, in fatti ti ho pensata mentre scrivevo questo post, mi ricordavo che era da quelle parti la tua casetta.
Magari un giorno ci riusciamo a conoscerci, lo spero!
Un abbraccio a te Elena!
Che fascino i mestieri di una volta… perché anche lavare i panni era proprio un mestiere e di grande fatica! Ho visto di recente un servizio su un borgo del centro Italia in cui le donne a volte usano ancora l’antico lavatoio. Meno male che non sono nata a quei tempi, perché col mio fisico gracilino non sarei sopravvissuta!
Bellissime foto. Perché io non so farle così?!
Vale anche per me, cara, non oso immaginare la fatica.
Grazie delle tue parole sulle mie foto, sono felice che ti piacciano.
Un bacione!
Nella casa dove sono nata, in val Polcevera, ci sono ancora i trogoli dove mia nonna lavava i panni e dove noi bambini facevamo il bagno!
Che meraviglia, bello che si siano conservati!
Un saluto a te Alessandra, grazie!
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bellissimo post!…a Milano, invece, lavavano sui Navigli: in “genuggiun”, sul piano inclinato della “preja de bugada”… circolava anche un eloquente detto: “la cativa lavandera la troeva mai la preja giusta”…
Che fatica i lavatoi, eh? Buona giornata Sergio!
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