Genova, 1857: cuori mazziniani al Teatro Carlo Felice

Accadde a Genova nel lontano 1857.
Erano giorni tempestosi e complicati, erano tempi di trame carbonare e di riunioni segrete e chi credeva in certi ideali di assoluta libertà riaffermava con le azioni la propria fede politica.
In certi momenti di quel secolo distante una musica soave riecheggiò al Teatro Carlo Felice mentre il pubblico fremeva e trepidava.

Nel bel mezzo della rappresentazione, con consistente ritardo, varcarono la porticina di un palco due spettatori particolari: si trattava del Marchese Ernesto Pareto e della sua gentile consorte.
Pareto era da poco uscito di prigione dove era stato portato per aver offerto aiuto a colui che allora era considerato un pericoloso criminale e una minaccia per l’ordine pubblico: il patriota Giuseppe Mazzini.

I due si erano conosciuti a Londra dove Mazzini era esule e nel giugno del 1857 il nobiluomo non aveva esitato a spalancare le porte della sua dimora all’amico che cercava riparo dalla polizia.
Scendendo da Via Martin Piaggio osservate il palazzo con le persiane color ocra: questa era la casa del Marchese Pareto e qui giunse un giorno il nostro Giuseppe Mazzini.

La questura però era in allarme e la polizia andò ben due volte a cercare il fuggiasco senza mai trovarlo.
E così, dopo la seconda visita delle autorità, Mazzini pensò bene di filarsela altrove e uscì dal palazzo in pieno giorno.
Con mirabile sangue freddo varcò la soglia dell’edificio dando il braccio a Cristina Profumo, figlia della sua cara amica Carlotta Benettini, poi passò accanto ad un poliziotto che stava lì a vigilare e gli chiese di accendergli il sigaro.
Quindi salì in carrozza e se ne partì alla volta di Quarto dove si rifugiò in una dimora messa a disposizione proprio dalla Benettini.
E là, sulla casa del Marchese, una targa ancora attesta la presenza del patriota.

Le guardie tornarono per la terza volta a casa del Pareto e non trovando il fuggitivo arrestarono il Marchese ma poi lo lasciarono andare, convinti di essersi sbagliati sulla presenza di Mazzini nella sua casa.
E così ritorniamo su quel palco al Carlo Felice dove, come vi dicevo, i coniugi Pareto giungono con un certo ritardo, attirando l’attenzione degli altri spettatori.
I Pareto non sono soli, insieme a loro c’è una gran dama con un ricco mantello di velluto.
Lei si avvicina al parapetto, si slaccia il mantello e resta con le spalle nude e un abito candidissimo, spicca su di lei una vistosa sciarpa tricolore.
Il pubblico in sala, attonito e ammirato, scoppia in un applauso fragoroso e ne consegue, chiaramente, l’inevitabile intervento delle autorità.
L’indomita dama che senza titubanza aveva osato mostrarsi con il tricolore rispondeva al nome di Arethusa Milner Gibson, era inglese ed era legata da profonda amicizia a Giuseppe Mazzini e alla sua causa, tanto da avere il vezzo di farsi soprannominare “l’italianissima”.
L’aneddoto particolare è riportato tra le pagine del libro “Storia di un teatro: il Carlo Felice” di Giovanni Monleone edito da Erga nel 1979, le varie notizie sul Marchese Pareto sono riferite negli scritti di Giuseppe Mazzini medesimo.
Accadde molti anni fa, nel 1857, a Genova: in quel tempo cuori mazziniani battevano forte al Teatro Carlo Felice.

Le Signore del Gran Bazar di Londra

E finalmente verrà il giorno del Gran Bazar!
Vi prego, prestatemi attenzione, ho comunicazioni molto importanti da darvi e sono certa che tutti voi aderirete con entusiasmo a questa splendida iniziativa.
L’invito è esteso a tutti, per cui diffondete la voce, è per una buona causa.
E voi, gentili signore e signorine, ascoltate, siete chiamate a contribuire con le vostre opere.
Beh, c’è tempo, il Gran Bazar si terrà in Febbraio.
E sapete, si può partecipare con ogni genere di manufatto e conoscendo la perizia di alcune di voi, sono sicura che il risultato sarà garantito!
Pizzi e ricami, è scritto chiaro e tondo sull’invito!
E allora cosa state aspettando? Mettete mano alla cesta del lavoro e iniziate la vostra opera di ago e filo, la esporrete al Gran Bazar!
Chi lo desidera può portare altri tipi di merce, ad esempio vino ed alimentari, cose buone che attireranno la gola dei visitatori.
Si possono anche vendere fotografie o statuette, autografi di personaggi importanti, se li possedete portateli a destinazione, sarà un sicuro successo!
Ma chi organizza questo Gran Bazar del quale si parla tanto in città e persino sui giornali?
Beh, sapete, l’evento è stato organizzato da certe signore molto note, ognuna di esse è parte attiva in questa opera benemerita!
I loro nomi? Oh, certo li conoscerete!
E sapete, sono tutte amiche di lui!
Del comitato fanno parte le signore Elena Sacchi, Carlotta Benettini, Maria Serafini e Colomba Dagnino.
E poi, sapete che tipo è lui, lui è uno che ama il popolo, e membro attivo del comitato è anche la Signora Caterina Gasperini.
Sì, lo so, la conoscete tutti, è quella che ha lo spaccio di caffé in Via dei Giustiniani, proprio lei!
Ecco, ve le ho presentate, ma come vi dicevo sono personalità note qui in città.
Ah, dimenticavo!
Dovete portare i vostri manufatti e tutto ciò che desiderate offrire per il Gran Bazar a un indirizzo preciso: presso la bottega del sellaio Michele Tassara in Salita Santa Caterina 23 a Genova.

Entro il 15 Gennaio, che sbadata, scordavo di dirvelo!
Ma qual è lo scopo di questa eccezionale vendita? A cosa serviranno i denari che verranno raccolti?
E’ una buona causa, fidatevi di me.
E le signore che vi ho nominato si spendono e si danno un gran da fare, sapete?
Dovreste vederle, un’organizzazione perfetta!
Sarà perché credono in ciò che fanno, è la passione a unire queste anime, un unico intento.
E le signore che ne fanno parte, come vi dicevo, sono tutte amiche di Giuseppe Mazzini.
Pizzi e merletti signore, mettetevi all’opera per la Patria, il frutto delle vostre fatiche servirà a finanziare i moti di Roma e Venezia.
Un fine nobile, da qui a gennaio ci sono giorni e giorni, lavorate alacremente, senza sosta, sono certa di poter contare su di voi!
Appuntamento per il 15 gennaio 1863, allora, vi aspetto alla bottega di Michele Tassara, sellaio.

Carlotta Benettini, una genovese da ricordare

Vi sono personaggi della nostra storia sui quali è calato un velo, la patina del tempo ha come oscurato il loro ricordo e quasi se n’è quasi persa la memoria.
Questo ingiusto destino è toccato anche a una donna, una donna che ebbe un’esistenza avventurosa, vissuta sotto il segno del coraggio, nel rispetto del proprio pensiero e delle proprie azioni: il suo nome era Carlotta.

Carlotta Benettini
Ho scoperto la vicenda di Carlotta Benettini grazie a un volumetto trovato su una bancarella, si tratta di una pubblicazione del 1974, a cura di Giuseppe Marasco dal titolo “Carlotta Benettini, una Storia Genovese” edita dal Comitato per le Celebrazioni Mazziniane.
Ho letto questo libro e, incuriosita, ho cercato altre tracce di lei, nei siti specializzati e tra i faldoni dell’Archivio di Stato e vi assicuro che non è stato semplice trovarle, ma poi lentamente, da pagine ingiallite e polverose è emersa l’immagine di questa genovese, e insieme a lei la sua affascinante storia.
Nata a Sampierdarena nel 1812, era figlia di un notaio.
Ancora bambina conobbe Giuseppe Martini, colui che nel 1826 diverrà suo marito. Secondo l’uso del tempo, il matrimonio era stato combinato dalle famiglie dei due giovani e, per i primi anni, i due sposi vissero separati per lunghi periodi.
Insieme alla madre Carlotta venne a vivere a Genova, in una casa di famiglia in Salita Sant’Anna.

Sal. Inf. di S. Anna (19)

E qui, racconta Marasco, Carlotta comincia a leggere giornali pericolosi, quello che preferisce è “L’indicatore genovese”, un foglio sul quale scrivevano, sembra in forma anonima, sia Giuseppe Mazzini che uno dei fratelli Ruffini.
E a Genova, passeggiando per i vicoli, in quegli anni, si facevano incontri rischiosi. Accadde a Carlotta, in Banchi, nel maggio del 1833, quando uno sconosciuto le porse un foglio con un proclama che inneggiava alla libertà.

Piazza Banchi (2)
In quegli anni, nella casa di Sant’Anna, le Benettini avevano subaffittato un stanza a un ufficiale piemontese, un certo Brunone Boglione, che lì dimorava con il suo attendente, Giuseppe Gasparino. Una sera, in preda agli accessi della febbre, l’ufficiale mandò Gasparino dalla padrona di casa:  chiede un po’ brodo, per trovare sollievo dalla sua malattia.
Carlotta, solerte, si reca nella stanza dell’ospite ma addosso, per sicurezza, porta il proclama, quello in cui si parla di libertà e rivoluzione. Le cade in terra: lo trova, per disgrazia, l’attendente che, non sapendo leggere, lo affida al Boglione.
Questi, con uno stratagemma, si mette a frugare in casa delle Benettini ma non trova null’altro. Denuncia comunque Carlotta e la giovane finisce nel carcere di Sant’Andrea, vi rimarrà più di tre mesi, senza mai rivelare da dove provenga il foglio che l’ha condotta lì. Anzi, ai suoi carcerieri dirà che è stata lei stessa a scriverlo, per diletto, una sorta di esercizio di composizione che non ha alcun scopo cospirativo.
Carlotta ignora chi realmente abbia scritto quel proclama, non sa che l’uomo che gliel’ha dato altri non è che Antonio Gavotti, maestro di scherma e cospiratore aderente alla Giovane Italia, che, insieme ai suoi compagni Giuseppe Biglia e Francesco Miglio, verrà fucilato proprio nel 1833 alla Spianata della Cava in Carignano.
Lasciato il Carcere, a Carlotta viene imposto il soggiorno all’Albergo di Carbonara, in seguito si trasferirà a Loano. E’ già madre di Carlo e nel 1835, prima della nascita della figlia Cristina, su concessione della polizia Carlotta torna a Genova con la famiglia.
E’ ormai intrisa di ideali mazziniani, non ha timore di nulla.

Giuseppe Mazzini (4)

Museo del Risorgimento – Istituto Mazziniano

Nel 1848 scoppia la guerra con l’Austria e Carlotta si iscrive ai Comitati di Soccorso.
Nel 1849 il Re di Sardegna firma l’Armistizio di Novara con gli austriaci: i genovesi non ci stanno, è la rivolta. E sulle barricate c’è anche la nostra giovane e coraggiosa amica.
La Benettini ormai è uno dei motori del movimento mazziniano femminile a Genova: insieme a lei ci sono Enrichetta di Lorenzo, la donna amata da Carlo Pisacane, Marietta Serafini, Elena Casati e molte altre ancora.

Carlo Benettini

Cimitero Monumentale di Staglieno – Tomba di Carlotta Benettini

Si dedica animo e corpo alla causa e diventa punto di riferimento per i patrioti: è lei a soccorrere Aurelio Saffi malato di tifo.
Ed è in casa sua che, alla morte della madre di Mazzini, il movimento stabilirà la propria sede.
E lui, Mazzini? Intratterrà con Carlotta lunghi rapporti epistolari e lei sarà per lui la sua più cara amica, la donna alla quale si rivolgerà quando nel 1856, cercherà un rifugio a Genova. Si progetta la sedizione, in concerto con l’impresa di Carlo di Pisacane e i rivoltosi, che intendono attaccare il forte Diamante, sono ospitati nelle case di Carlotta, alcuni in Sant’Anna, altri a Quarto, in questa stessa dimora dove riparerà Mazzini stesso, prima di fuggire in Svizzera.

Carlotta Benettini (3)

Cimitero Monumentale di Staglieno – Tomba di Carlotta Benettini

Carlotta è nel mirino della polizia, la tengono d’occhio. All’Archivio di Stato di Genova ho rinvenuto un fascicolo che si riferisce a lei e alla presenza di Maurizio Quadrio in una delle sue case.
Proviene dalla Cartella nr 5 Fascicolo 1757 – Regia intendenza Generale della divisione di Genova.
Il mittente è il Ministero dell’Interno, Gabinetto particolare, la data 23 Giugno 1856. Vi si legge che il Quadrio, da qualche tempo,  si nasconde in una casa nel Comune di Marassi, di proprietà della Signora Benettini e lì, in quella dimora, l’agitatore riceve gli amici nell’uccelliera, dove a volte si ferma a dormire.
La risposta da Genova non tarda ad arrivare, il 2 Luglio del 1856. Si scagiona Carlotta, questa volta, lei non abita né ha mai vissuto a Marassi, la casa dell’uccelliera è da attribuire ad altri.
Di lei, di Carlotta, qui si legge di come essa sia nota alle autorità  per la sua partecipazione all’insurrezione del 1849 e di come sia abile con le parole, imponente d’aspetto e di maniere cortesi.
Ferma nei suoi ideali, Carlotta educò i suoi figli sulla base di questi e suo figlio Carlino si arruolò tra i Mille, mentre Cristina, la figlia, sposerà Giacomo Profumo, anch’egli protagonista delle vicende del tempo.
Legata sempre, fino alla fine, a Giuseppe Mazzini, ebbe per lui, ricambiati nel profondo, affetto e stima.
Si rivedranno quando lui nel 1870 tornerà a Genova per visitare la tomba della madre e quando verrà arrestato e rinchiuso nel carcere di Gaeta, sarà sempre Carlotta ad offrirsi di assisterlo nella sua prigione, ma lui, per tutelarla, rifiuterà.
Restano, della loro amicizia,  alcune lettere e se volete potrete leggerle  cliccando qui.

Giuseppe Mazzini

Museo del Risorgimento – Istituto Mazziniano

Nelle lettere che Mazzini scrisse alla Benettini si parta di politica, di ideali, di progetti, ma anche della vita quotidiana, in occasione del battesimo del nipotino di Carlotta, Mazzini le confida che, se avesse avuto un figlio, lo avrebbe chiamato Italo, in un’altra, inviata da Londra, la ringrazia per avergli mandato la focaccia.
Giuseppe Mazzini, personaggio ascetico e ammantato da un alone di mistero, scriveva lettere belle e dense di coinvolgimento emotivo e di parole tanto semplici quanto affettuose, come questa datata 1 Novembre 1856:

Cara Carlotta,
parto per breve tempo; nondimeno, per tutti i casi che possono accadere, sento il bisogno di dirvi che non dimenticherò mai finch’io viva l’affetto ospitale che voi, la vostra Cristina, e tutti di casa vostra mi avete mostrato. M’avete trattato non come s’io fossi tra amici, ma s’io fossi in una seconda famiglia. Non vi dico di ricordarvi di me, perchè so che vi ricorderete. Vi dico solamente che una delle cose liete che avrò, sarà, tornando un giorno, quella di stringervi la mano. Possiate essere felice in Cristina, in Carlino, in tutti quelli che amate, e vedere prima di morire il nostro paese uno e libero. Lo Meritate.
Giuseppe Mazzini.

Mazzini morì a Pisa il 10 marzo 1872, Carlotta se andò da questo mondo il 23 Ottobre 1873.
Lasciò Genova, lasciò la sua casa di Sant’Anna, lasciò i suoi figli.
Lasciò una storia, la storia di una genovese da non dimenticare.

Carlotta Benettini (2)

Carlotta Benettini Martini
Nata in Genova nel 1812
Morta il 28 Ottobre 1873
Consacrò la sessantenne esistenza
Alla patria
In nome di Mazzini