Antonio Burlando: uno dei Mille di Marsala

La fierezza, il coraggio e un nome da ricordare: Antonio Burlando, nato a Genova il 2 Dicembre 1823, nella sua città lasciò le cose del mondo il 23 Novembre 1895.
Protagonista delle battaglie risorgimentali il suo nome risplende tra quelli di coloro che fecero l’Italia, la sua figura si staglia eroica all’ombra degli alberi del Boschetto Irregolare del Cimitero Monumentale di Staglieno dove egli riposa effigiato nei tratti dal valente scultore Demetrio Paernio.

Le parole poi, a volte, narrano di noi la nostra essenza e ciò che siamo stati.
Le parole delineano le azioni, la volontà, il segno che abbiamo lasciato nel mondo.

Per Antonio Burlando le scrisse Anton Giulio Barrili che compose il testo della lapide esaltando le gesta di lui e il suo contributo alla causa garibaldina.
E così si legge: Antonio Burlando uno dei Mille di Marsala.
Solo a leggere quella semplice frase ti accorgi che quelle parole racchiudono un intero credo e svelano il senso di appartenenza ad una schiera di intrepidi sodali uniti da una causa comune.
Uno dei Mille di Marsala, uno di loro.
Uno che combatté per la nostra bandiera e per la nostra Italia unita.
Uno che guidò i suoi compagni alla battaglia.
E solo a leggere quella frase ti pare di vederli tutti vicini quei giovani che salpano con il vento in faccia e lasciano lo scoglio di Quarto, tra di loro c’è anche lui: Antonio Burlando, uno dei Mille di Marsala.

Burlando era membro della Società del Tiro a Segno e apparteneva al Corpo dei Carabinieri Genovesi, un gruppo di valorosi così narrati dalla penna di Giulio Cesare Abba nel suo volume Storia dei Mille:

“Ora ecco i Carabinieri genovesi, quasi tutti di Genova, o in Genova vissuti a lungo, mazziniani ardenti, armati di carabine loro proprie, esercitati nel tiro a segno da otto o nove anni i più, gente che s’era già fatta ammirare nel 1859, ben provveduta, colta, elegante. “

Egli fu nelle file dei garibaldini tra i Cacciatori delle Alpi nella guerra del 1859, così luccica la sua spada sotto il sole che filtra tra gli rami fitti di Staglieno.

Se poi vi recherete a visitare il Museo del Risorgimento e Istituto Mazziniano tra i molti cimeli appartenuti agli eroi di quel tempo glorioso troverete anche la divisa del Colonnello Antonio Burlando, sulla stoffa rossa sono appuntate otto diverse medaglie.
C’è anche la sua carabina e su di essa è fissato un foglio scritto dallo stesso Burlando dove egli dichiara che l’arma gli era stata donata da Felice Orsini, Burlando la usò nelle campagne del 1859 e 1860.

L’eroico genovese riportò una ferita ad una gamba durante la battaglia di Calatafimi, da ardente patriota seguì ancora Garibaldi nel 1866 e nel 1870, in seguito fu consigliere comunale della città per la lista democratica.
E quelle medaglie fieramente appuntate sulla sua giacca rossa sono fedelmente riprodotte anche nel busto collocato a Villetta Di Negro.

E ancora sono ricordate le gesta del prode colonnello.

Ritto, nella sua sua fiera postura così è ritratto l’eroe di numerose battaglie nel monumento forgiato in sua memoria.

Il suo è un nome da onorare, lui era Antonio Burlando: uno dei Mille di Marsala.

Il Caffè della Concordia

Vi porto ancora nella via del fasto e delle dimore lussuose, questo sarà un viaggio nel passato di Via Garibaldi che per me resta tuttora Strada Nuova, amo usare ancora quel suo antico toponimo evocativo di certe eleganze inconsuete di tempi distanti.
Camminiamo insieme nei giorni di un secolo di grandi cambiamenti: nella Genova ottocentesca il Caffè della Concordia è un ritrovo esclusivo e molto raffinato.
Era collocato all’interno di Palazzo Bianco e vi si accedeva tramite una scala di marmo dai locali ora occupati da Arduino 1870, negozio di antiquariato e vintage annoverato tra le botteghe storiche.
Che atmosfera incantevole al Caffè della Concordia, da lassù si potevano ammirare le bellezze di Strada Nuova.

Si attraversava una sontuosa galleria e ai tavoli si consumavano autentiche bontà.
Delizioso era il caffè corposo e profumato, celebri erano gli spumoni, i gelati al cioccolato e alla crema, gli arlecchini di fragola e limone e ricercati certi glacés à la napolitaine.
Oltre ad essere un ritrovo molto alla moda il Caffè della Concordia fu anche scenario di certe vicende storiche, era infatti uno dei luoghi prediletti dai protagonisti del nostro Risorgimento.
Si narra che Giuseppe Mazzini si sia nascosto qui per una notte intera nel periodo in cui si organizzava a Genova la spedizione guidata da Carlo Pisacane che finì poi in un massacro nel giugno del 1857.
Lo stesso Pisacane frequentò il locale: vi si recava con la speranza di raccogliere fondi proprio per quella sua eroica impresa nella quale poi perse la vita.
Lo Stabilimento Concordia, così lo si chiamava a quel tempo, era meta di letterati e patrioti, tra gli altri ci si poteva trovare Anton Giulio Barrili, Stefano Canzio e Giorgio Asproni, anche Giuseppe Verdi amava frequentarlo.
Ecco l’insegna del Caffè e la sovrastante galleria, l’immagine è tratta da una cartolina d’epoca di mia proprietà.

Nel bel locale di Strada Nuova i clienti trovavano una bella varietà di svaghi.
Ad esempio ci si poteva accomodare nella sala medievale, così denominata per lo stile dell’arredamento, qui si esibiva una orchestrina composta da valenti musicisti che per il diletto dei presenti eseguivano pezzi d’opera e walzer di Strauss.
C’era anche una sala degli scacchi dove si potevano incontrare eminenti cittadini intenti a dilettarsi con il celebre gioco, non mancavano una sala da pranzo e una sala più piccola e riservata ai ricevimenti per i pranzi di nozze o i battesimi.

Il Caffè della Concordia era dunque molto rinomato, tra i molti mirabili eventi qui si tenne anche il pranzo offerto da Felice Cavallotti in occasione della sua elezione a senatore.
Il tempo poi passò, il nuovo secolo diede luogo ad un nuovo corso e la stella del Caffè della Concordia smise di luccicare: così accade alle cose del mondo.
Ai nostri giorni non si conserva particolare memoria di questo locale che un tempo fu così prestigioso, le notizie che avete letto sono tratte da un articolo di F. Ernesto Morando pubblicato su Il Lavoro del 13 Maggio 1926.
Quando passate in Strada Nuova alzate lo sguardo.
E immaginate una galleria, i bicchieri che tintinnano, le parole scambiate, i minuti che sfuggono.
Il tempo che non abbiamo vissuto, al Caffè della Concordia.

Un curioso aneddoto sul Marchese Gian Carlo Di Negro

E si torna al passato, a certi giorni luminosi di uno stimato genovese: il Marchese Giancarlo Di Negro.
Vi ho già raccontato le vicende della sua vita e insieme abbiamo passeggiato lungo i viali della celebre villetta del Marchese, oggi su queste pagine avrà spazio un episodio decisamente curioso narrato da Anton Giulio Barrili che lo seppe dallo stesso Marchese.
Come è noto, nelle dimora di Giancarlo Di Negro passò il fior fiore dell’alta società e un bel giorno fu sua gradita ospite la Baronessa Madame de Staël, scrittrice e donna di grande cultura.

Villetta Di Negro (2)
Eh, certi biografi insinuano che il Marchese si fosse incapricciato della nobildonna, chissà se è vero!
Fatto sta che quando lei espresse il sognante desiderio di visitare Venezia, il nostro non se lo fece dire due volte, prese armi e bagagli e i due partirono alla volta della Serenissima.
E quando si trovarono nella città lagunare lei volle visitare il Teatro La Fenice, così un pomeriggio vi si recarono insieme.
Quando entrarono udirono solo il suono melodioso di un violino: sul palcoscenico, con tanto di calzamaglia, c’era un celeberrimo ballerino intento a provare alcuni passi di danza.
E insomma, il ballerino si trovava in una fastidiosa empasse, malgrado i molteplici tentativi proprio non c’era verso che gli venisse quella piroetta!
Vi ho già detto che il Marchese Di Negro, a quanto pare, era anche un provetto danzatore?
Sì, così si dice.
E sembra che in quella circostanza, senza farsi notare da nessuno, ebbe l’ardire di salire sul palco.
E sapete cosa combinò?
Voilà, con un balzo si esibì in quella complicata piroetta che al ballerino non era riuscita!
E quest’ultimo, a quanto ho letto, rimase stupefatto e in un primo momento non la prese affatto bene.
E Madame de Staël come reagì? Caspita, non si sa!
Quindi, superato lo sconcerto iniziale, il ballerino andò a complimentarsi con Giancarlo Di Negro, pare persino che conoscesse già il suo nome, il nostro era una celebrità!
Sarà del tutto vero questo aneddoto?
Così l’ho letto e così lo racconto a voi, certo è che restituisce il ritratto di una personalità smagliante ed eclettica, il Marchese Di Negro doveva essere un gran personaggio e quando narrò ad Anton Giulio Barrili questi suoi ricordi era già avanti negli anni, aveva più di ottanta scintillanti primavere.
E forse si fece prendere da un imprevisto entusiasmo, pare che abbia tentato di ripetere la famosa piroetta ma, ahimé, l’equilibrio non era più quello di un tempo e così precipitò addosso al povero Barrili che in quel momento per fortuna era seduto, sennò sarebbero finiti entrambi allegramente a gambe all’aria.
Fervente patriota e benefattore, uomo di profonda cultura, amico di artisti e poeti, Gian Carlo Di Negro fu l’illustre proprietario della Villetta divenuta parco cittadino, un posto bellissimo per andare a giocare, amato dai bambini della mia generazione e da molti venuti prima di noi.
Il parco della dimora di lui, il Marchese Gian Carlo Di Negro.

Villetta Di Negro

Villetta Di Negro,  Cartolina viaggiata nel 1921
Cartolina appartenente alla Collezione di Eugenio Terzo